5.ANALISI DEGLI ALLESTIMENTI SCENOGRAFICI PER IL TEATRO, IL CINEMA E LA TELEVISIONE
L’ALLESTIMENTO SCENICO DI CEROLI PER ORGIA
Orgia è il primo testo teatrale di Pasolini che un teatro porti in scena. Ispirato alla poetica enunciata
nel Manifesto, costituisce un chiaro esempio di ciò che lo scrittore intende per Teatro della Parola. Pur nella sua violenza di linguaggio e nella sua indubbia crudeltà tematica, che sviluppa, tra i due protagonisti, un rapporto sado-masochista, l’opera, costruita con una tecnica quasi oratoriale, ha la purezza e il distacco tipici dell’intelligenza poetica del suo autore.
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Il Manifesto per un nuovo teatro è pubblicato altresì, a cura del Teatro Stabile di Torino, nel Quaderno del Teatro Stabile di Torino n. 13, 1968, pp. 45-62, insieme al primo episodio di Orgia.
364 Pier Paolo Pasolini, Manifesto per un nuovo teatro, in Teatro Stabile di Torino (a cura di), Quaderno del Teatro Stabile di Torino n. 13, cit.,
pp. 48-9.
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Berenice, Settevilente, «Paese sera», 2 novembre 1968.
366 Augusto Romano, Un’“Orgia” di parole, «L’Italia», 28 novembre 1968. 367
Autore anonimo, Con “Orgia” Pasolini dà inizio al “Teatro di parola”, «La voce repubblicana», 28 novembre 1968; Sante Pasca-Margutti, “Orgia”, «Il veltro», dicembre 1968. La medesima espressione appare anche sulla locandina dello spettacolo.
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Orgia si compone di 6 episodi che, portati in scena, vanno a formare due atti di tre episodi ciascuno.
Fra le quattro pareti di una stanza si svolgono le fasi di dialogo/monologo di un rapporto sadomasochista tra, entrambi eccezionalmente raziocinanti, un Uomo, interpretato da Luigi Mezzanotte, e una Donna, impersonata da Laura Betti, che con Ceroli ha già lavorato per il
Candelaio. Il primo atto si chiude poco prima del suicidio della Donna che, dopo aver ucciso i figli, si
toglie la vita per anomia, ossia per mancanza di legge. Rimasto solo, l’Uomo è condotto a considerare la propria “doverosità” sessuale come esigenza di libertà e, vestendo gli abiti abbandonati dalla Ragazza, prostituta interpretata da Nelide Giammarco, ad un suo tentativo di sadismo, si suicida per intolleranza e protesta nei confronti della legge vigente, in nome di tutti i diversi che nel mondo non possono far storia.
Il debutto di Orgia, terzo spettacolo nel calendario del Teatro Stabile di Torino della stagione 1968/1969, non avviene, come da programma, il 15 novembre, ma la sera del 27 – in seguito ad ulteriore rinvio della data che era stata fissata per il 25 – e va in scena, per volontà del regista, al Deposito D’Arte Presente: non un teatro, ma un luogo del tutto diverso ed estraneo ai luoghi teatrali consueti.
Alberto Blandi sottolinea le caratteristiche interne del luogo che Pasolini sceglie per la messinscena dello spettacolo (fig. 2): «Uno stanzone sopra un’autorimessa, tante panchette in fila, strette e scomode, un’impalcatura di legno alta poco più di un metro. Su di essa uno scatolone bianco con il coperchio verso il pubblico: due volenterosi aiutanti lo tolgono e lo mettono come un sipario. Nella scatolona, una sedia e un letto che appena c’è spazio per due magri, e tre attori (mai più di due per volta: non ci starebbero). Di fianco, su uno sgabello, un giovanotto con la tromba: ogni tanto si alza e suona»369. Il suonatore è Tolmino Marianini, il suo intermezzo musicale serve per separare un episodio della tragedia dall’altro. Ancora una recensione è utile per ricostruire l’allestimento di Ceroli: «Il palcoscenico è qui allestito come fosse un baldacchino o altare, occupa solo un terzo, al centro della parete di fondo, un’altra parte essendo riservata all’orchestra»370. La piccola scatola bianca presenta quindi la “quarta parete”, rivolta verso il pubblico, incernierata. Fra un episodio e l’altro due inservienti, seduti durante la rappresentazione a lato del cubo, rimettono la parete, per tornare a toglierla all’inizio dell’episodio successivo. Le misure della parete mobile, come riporta Lido Gedda, sono di 1.70 metri di altezza e 2.60 metri di lunghezza: esse equivalgono quindi allo spazio luce che immette gli spettatori sulla scena. L’angusto parallelepipedo costruito da Ceroli, «sorta di tomba verginale»371, la cui profondità risulta altrettanto contenuta, è incastrato sotto una putrella del soffitto dello stanzone e poggia su una pedana alta all’incirca un metro, con una superficie di sei metri per tre: gli spettatori, posti in basso rispetto alla scena, possono vedere il soffitto della «prigione»372 costruita per il dramma di Pasolini. Al suo esterno sono collocati un faro molto forte che punta nella direzione della platea e una panca su cui siede il suonatore di tromba, situata nella parte opposta rispetto a quella dove siedono gli inservienti. L’intervento, fra un episodio e l’altro, di chiusura del parallelepipedo risulta quindi simultaneo al suono della musica di Ennio Morricone. Passando all’interno della scatola, si possono immediatamente notare gli oggetti che vengono usati durante la rappresentazione (figg. 3, 4, 5, 6): un praticabile in legno con declivio, avente la funzione di letto, in alcuni momenti occupato nella sua lunghezza dagli attori sdraiati su di esso; ai suoi piedi una sedia in stile barocco piemontese; sulla parete di fondo una porta. Dal soffitto scende un
369 Alberto Blandi, Orgia con lo squillo, «La Stampa», 28 novembre 1968. 370
Elio Pagliarini, Orgia: il no di due suicidi, «Paese Sera», 29 novembre 1968.
371 Lido Gedda, La scena spogliata, scritti sul teatro italiano del riflusso, Tirrenia Stampatori, Torino 1985, p. 27. 372 Ibidem, p. 28.
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lampadario formato da cantinelle, con tre pinze. Sotto il praticabile, appoggiati sul pavimento, sono messi in evidenza un portacenere, una corda grossa e due funicelle.
Come verificatosi già con Ronconi, Ceroli viene voluto e chiamato dallo stesso Pasolini, che aveva riscontrato una certa affinità tra le proprie concezioni teatrali e le sue sculture, in particolar modo
Piper (fig. 10 di cap. 3) e Cassa sistina (figg. 13, 14, 15, 16 di cap. 3), a cui l’artista fa espressamente
riferimento nella costruzione del parallelepipedo scenico: nel primo caso soprattutto per il rapporto tra spazio e attori - in Piper373, infatti, i personaggi sono delineati come silhouette, e sul palcoscenico
gli attori quasi non si muovono, perché l’azione è meno importante della parola -; nel secondo per l’intrinseca concezione spaziale. Intervistato da Franco Quadri, un divertito Ceroli paragona il suo allestimento ad «una scatola di carne Simmenthal dove le proporzioni dell’uomo e del parallelepipedo sono simili. Questo cubo aveva […] le dimensioni di Laura Betti, di Luigi Mezzanotte, e non aveva fondo, perché era bianco, lucido, pulito e di conseguenza quasi non riuscivi a intravvedere il disegno, lo immaginavi, lo sognavi quasi»374. Si realizza perciò un sottile gioco visivo fra interno ed esterno, ossia tra la luce in scena, bianchissima, ed i quattro proiettori di sala, di cui uno nel fondo avente una mera funzione estetica perché volutamente non usato.
Per questo spettacolo Ceroli è inoltre chiamato a creare una serie di «simboli»375, cioè di enormi maschere in legno e di calchi, sempre lignei, degli attributi sessuali maschili e femminili, che Pasolini vuole che gli attori indossino sul palco. L’artista li realizza376, come specificato pure nella locandina dello spettacolo, ma non li vede utilizzati in scena, perché durante le prove Mezzanotte, Betti e Giammarco si rendono conto dell’impossibilità di recitare con quelli addosso377.