• Non ci sono risultati.

Altre tipologie di atti interni ed in particolare i pareri e le note, nonché la portata del

Nel documento Il diritto di accesso agli atti interni (pagine 153-161)

Capitolo III – Analisi delle singole ipotesi di atti interni e limitazioni generali al

3.3. Altre tipologie di atti interni ed in particolare i pareri e le note, nonché la portata del

Effettuate queste considerazioni è necessario proseguire nell’analisi di altre tipologie di atti interni che presentano alcun profili problematici.

Non si intende esaminare in questa sede tutte le diverse tipologie di atti interni, stante la regola già ricordata che, in generale, gli atti interni sono ritenuti accessibili seppur con il limite soggettivo del solo interessato. Si analizzeranno pertanto i casi principali che la

492

F.MERLONI, Trasparenza delle istituzioni e principio democratico, op. cit., pag.10-11.

493

M. STENTELLA, Trasparenza e anticorruzione: ma non chiamatelo FOIA!, 23 gennaio 2013, in

http://saperi.forumpa.it/story/69856/trasparenza-e-anticorruzione-ma-non-chiamatelo-foia;

494

Tali eccezioni vengono definite come excemption.

495

E. CARLONI, L’Open Government, Lezioni di Diritto della comunicazione pubblica, II parte, Strumenti e regole, op. cit., 2013.

giurisprudenza e la dottrina hanno approfondito e che hanno determinato l’eventuale disconoscimento della regola della generale accessibilità anche degli atti interni.

Nello specifico, come abbiamo già avuto modo di osservare, la normativa statale di cui all’articolo 7 della legge 8 giugno 1990 n. 142496 così come l’articolo 22 e seguenti della legge 7 agosto 1990 n. 241 affermano l’ampia portata della regola dell’accesso ai documenti.

In particolar modo proprio tale ultima norma nel fornire una definizione di documento amministrativo accessibile contempla espressamente gli atti interni. Si tratta di una scelta coerente con l’interpretazione del diritto di accesso quale applicazione del principio di trasparenza che governa i rapporti intercorrenti tra cittadini e pubblica amministrazione. In realtà, in ordine alla questione relativa all’accessibilità degli atti interni, l’originaria formulazione della disposizione normativa suindicata lasciava all’interprete ampi margini di incertezza. La norma faceva infatti riferimento ad atti anche interni utilizzati ai fini dell’attività amministrativa.

E proprio su tale formulazione erano sorti dei dubbi circa l’effettivo significato da attribuire a tale disposizione, volendo comprenderne l’esatta applicazione ed eventuali margini che consentissero di estendere l’accesso a tutti gli atti interni, a prescindere quindi dalla necessità di poter dimostrare che questi siano stati effettivamente utilizzati dalla pubblica amministrazione. In un primo momento tale normativa è stata interpretata dalla giurisprudenza in senso restrittivo, l’orientamento prevalente era infatti quello di limitare l’area degli atti interni accessibili proprio perché si riteneva che laddove non fosse possibile determinare con certezza se questi avessero effettivamente contribuito o fossero stati in grado di incidere sulla formazione della volontà dell’amministrazione non dovevano essere accessibili497.

In modo particolare si faceva riferimento alle consulenze dei professionisti, alle note tra uffici, ai promemoria498, i quali si ritenevano non accessibili proprio nell’ ipotesi che questi atti non solo non fossero stati concretamente utilizzati dall’amministrazione ai fini della decisione finale, ma soprattutto nel caso che non si potesse dimostrare che tali atti fossero stati effettivamente utilizzati dall’amministrazione nel corso del procedimento, ovvero non avessero condizionato l’amministrazione nella scelta del provvedimento finale499.

496

Poi sostituta dalla disciplina del testo unico degli enti locali, per il quale si veda supra.

497

F.FRANZOSO, Il diritto di accesso alle informazioni ambientali, in Riv. giur. Ambiente, 2004, 05, pag. 631.

498

T.A.R. Liguria, sez. II, 27 settembre 1995, n. 400, in I Tar, 1995, I, pag. 4563.

499

Successivamente ci fu un’apertura da parte della giurisprudenza, che ritenne accessibili tutti gli atti interni a prescindere da un loro effettivo utilizzo da parte dell’amministrazione. Questo fu reso possibile interpretando estensivamente il disposto dell’articolo 22, comma 1, lett. d), della legge n. 241/90, che nel novero dei documenti accessibili faceva riferimento “anche” agli atti interni500.

In realtà la questione delle consulenze dei professionisti e dei pareri legali presenta dei caratteri peculiari, rispetto ai quali è necessario effettuare una particolare considerazione sul limite del segreto.

Posto che le norme suindicate e comunque l’intero capo V riconoscono l’accesso ai documenti amministrativi, al contempo però le stesse norme introducono dei limiti di carattere oggettivo, provvedendo a definire le ipotesi in cui determinate categorie di documenti sono sottratte all’accesso.

Difatti l’articolo 24 della legge 241/90 esprime tale principio stabilendo che l’accesso ai documenti “è escluso per i documenti coperti da segreto di Stato ai sensi dell'articolo 12

della legge 24 ottobre 1977, n. 801, nonché nei casi di segreto o di divieto di divulgazione altrimenti previsti dall'ordinamento”. Tale norma contemplando il segreto preclusivo

dell’accesso, potrebbe indurre a ritenere che sussistano dei varchi che consentano la riaffermazione del principio di assoluta riservatezza dell’azione amministrativa (si veda quanto espresso a tal proposito in precedenza). In realtà il legislatore e soprattutto la giurisprudenza amministrativa hanno fornito dei criteri volti proprio ad evitare che la norma di cui si discute possa consentire di aggirare la regola generale dell’accesso ai documenti e introdurre così surrettiziamente la regola opposta del segreto.

Nel considerare la circostanza che il segreto citato dalla legge n. 241/90 possa precludere l’accesso ai documenti, sono stati elaborati dalla giurisprudenza dei principi piuttosto chiari che mirano ad orientare l’interprete nell’esatta delimitazione delle discipline sul segreto non influenzate dalla nuova normativa in materia di accesso. Si fa riferimento in particolar modo alla circostanza che tale segreto deve riferirsi esclusivamente ad ipotesi in cui esso mira a salvaguardare interessi di natura e consistenza diversa da quelli genericamente

500

Cons. Stato, sez IV, 5 febbraio 2002, n. 3825, in www.giustizia-amministrativa.it, “Tale complessiva impostazione ad excludendum della visione del documento richiesto è stata condivisa dai primi giudici, non per la natura di “atto interno”, attribuita dall’Amministrazione al documento de quo (anzi, è stato ribadito che tale categoria di atti, in via ordinaria, non può essere sottratta all’accesso a mente dell’art. 22, 2 comma, della l. 7 agosto 1990, n. 241”. La massima di tale sentenza ritiene che: “Ai sensi dell’art. 22 l. 7 agosto 1990, n. 241, il diritto di accesso va riconosciuto anche ai documenti rappresentativi di mera attività interna dell’Amministrazione, a prescindere dal fatto che essi siano stati o meno concretamente utilizzati ai fini dell’attività con rilevanza esterna”.; Cons. Stato, sez. V, 8 giugno 2000, n. 3253, in www.giustizia- amministrativa.it,

amministrativi. Si tratta di ipotesi in cui il documento, sebbene sia formato o detenuto dalla pubblica amministrazione, non è suscettibile di divulgazione poiché il principio di trasparenza cede dinanzi all’esigenza di salvaguardare l’interesse protetto dalla normativa speciale sul segreto. Riflettendo su quali possano essere le possibili categorie di segreto sottratte all’accesso risulta evidente che in esse potrebbero sicuramente rientrare gli atti redatti dai legali e dai professionisti in relazione a specifici rapporti di consulenza con l’amministrazione501.

La giurisprudenza amministrativa è pacifica nell’affermare la non accessibilità di tali atti in quanto trattasi di un segreto che gode di una tutela qualificata. Non solo sussiste la previsione degli articoli 622 del codice penale e 200 del codice di procedura penale ma più specificamente trova applicazione la disposizione contenuta nel DPCM 26 gennaio 1996, n. 200 che all’articolo 2 precisa che sono sottratti all’accesso i seguenti documenti: a) pareri resi in relazione a lite in pendenza o in atto e la inerente corrispondenza; b) atti defensionali; c) corrispondenza inerente agli affari di cui ai punti a) e b)502. Si tratta fra l’altro di una regola che codifica un principio generale valevole nei confronti di tutti gli avvocati siano essi del libero foro o appartenenti agli uffici legali delle pubbliche amministrazioni503.

Dall’analisi giurisprudenziale emerge però in maniera piuttosto chiara che la disciplina del segreto appena analizzata si applica in alcuni casi particolari. Si fa riferimento all’ipotesi in cui la consulenza del legale venga resa dopo l’avvio di un procedimento contenzioso ovvero in una fase successiva alla conclusione del procedimento amministrativo, ma preceda temporalmente e logicamente l'instaurazione di un giudizio o l'avvio dell'eventuale procedimento precontenzioso e non sia destinata a sfociare in una determinazione

501

Cons. Stato, sez. VI, 30 settembre 2010, n. 7237, in www.giustizia-amministrativa.it, per cui “E’ stato affermato, in tale contesto, dalla giurisprudenza sopra indicata, che, nell’ambito dei segreti sottratti all’accesso ai documenti, rientrano gli atti redatti dai legali e dai professionisti in relazione a specifici rapporti di consulenza con l’Amministrazione, trattandosi di un segreto che gode di una tutela qualificata, dimostrata dalla specifica previsione degli articoli 622 del codice penale e 200 del codice di procedura penale. Più specificamente, si è precisato che la previsione contenuta nell’art. 2 del DPCM 26 gennaio 1996, n. 200, mira proprio a definire con chiarezza il rapporto tra accesso e segreto professionale, fissando una regola che appare sostanzialmente ricognitiva dei principi applicabili in questa materia, anche al di fuori dell’ambito della difesa erariale”. Si vedano anche Cons. Stato, sez. V, 2 aprile 2001, n. 1893 e 15 aprile 2004, n. 2163; sez. IV, 13 ottobre 2003, n. 6200, in www.giustizia-amministrativa.it.

502

Si tratta del D.P.C.M. 26.1.1996, n. 200, di approvazione del “Regolamento recante norme per la disciplina di categorie di documenti formati o comunque rientranti nell’ambito delle attribuzioni dell’Avvocatura dello Stato sottratti al diritto di accesso”.

503

amministrativa finale. Ricorrendo tale ipotesi il parere legale non è accessibile504. Si tratta ad esempio del caso in cui l’amministrazione si rivolge ad un avvocato col chiaro intento di definire la propria linea di difesa e da questo punto di vista il parere viene reso per consentire all’ente pubblico di avere un’adeguata conoscenza giuridica per poter così tutelare i propri interessi. La ratio di tale diniego all’accesso è piuttosto evidente, proprio perché tale parere legale viene reso all’amministrazione affinchè questa possa esercitare il proprio diritto di difesa, protetto costituzionalmente, essa deve poter fruire di quella stessa tutela prevista dall’ordinamento giuridico per un qualsiasi altro soggetto505.

Si ritiene tale scelta condivisibile considerando che il diritto di difesa rappresenta un valore fondamentale in un ordinamento democratico506 espressamente contemplato dalla Carta

504

Cons. Stato, sez. V, 23 giugno 2011, n. 3812, in www.giustizia-amministrativa.it, per cui “Detto art. 13, comma 5, lettera "c", del d.lgs. n. 163/2006 non è quindi applicabile al caso di specie, in cui l'accesso è finalizzato alla predisposizione di difese nel giudizio relativo alla impugnazione dei provvedimenti n. 88 del 2010 (di annullamento in autotutela della aggiudicazione dell'appalto alla appellante) e n. 95 del 2010 (di sostituzione del punto 1 di detto provvedimento), relativi alla fase di scelta del contraente. In secondo luogo il Collegio ritiene che la norma sopra indicata non sia applicabile comunque alla domanda di accesso per cui è causa, atteso che il principio della riservatezza della consulenza legale si manifesta anche nelle ipotesi in cui la richiesta del parere interviene in una fase intermedia, successiva alla definizione del rapporto amministrativo all'esito del procedimento, ma precedente l'instaurazione di un giudizio o l'avvio dell'eventuale procedimento precontenzioso, purché il ricorso alla consulenza legale persegua lo scopo - che non coincide con quello sotteso alla richiesta del parere legale de quo - di consentire all'Amministrazione di articolare le proprie strategie difensive, in ordine ad un lite che, pur non essendo ancora in atto, può considerarsi quanto meno potenziale.”.

505

Cons. Stato, sez. VI, 30 settembre 2010, n. 7237, in www.giustizia-amministrativa.it. “Allorché la consulenza si manifesta dopo l’avvio di un procedimento contenzioso oppure dopo l’inizio di tipiche attività precontenziose e l’Amministrazione si rivolge ad un professionista di fiducia, al fine di definire la propria strategia difensiva, il parere del legale, invece, non è affatto destinato a sfociare in una determinazione amministrativa finale, ma mira a fornire all’ente pubblico tutti gli elementi tecnico–giuridici utili per tutelare i propri interessi; in tal caso le consulenze legali restano caratterizzate dalla riservatezza, che mira a tutelare non soltanto l’opera intellettuale del legale, ma anche la stessa posizione dell’Amministrazione, la quale, esercitando il proprio diritto di difesa, protetto costituzionalmente, deve poter fruire di una tutela non inferiore a quella di qualsiasi altro soggetto dell’ordinamento"; Cons. Stato, sez. IV, 13 ottobre 2003, n. 6200, in

www.giustizia-amministrativa.it, ove l'ulteriore rilievo secondo cui «Il principio della riservatezza della consulenza legale si manifesta anche nelle ipotesi in cui la richiesta del parere interviene in una fase intermedia, successiva alla definizione del rapporto amministrativo all'esito del procedimento, ma precedente l'instaurazione di un giudizio o l'avvio dell'eventuale procedimento precontenzioso, perché, pure in tali casi, il ricorso alla consulenza legale persegue lo scopo di consentire all'amministrazione di articolare le proprie strategie difensive, in ordine ad un lite che, pur non essendo ancora in atto, può considerarsi quanto meno potenziale. Ciò avviene, in particolare, quando il soggetto interessato chiede all'amministrazione l'adempimento di una obbligazione, o quando, in linea più generale, la parte interessata domanda all'amministrazione l'adozione di comportamenti materiali, giuridici o provvedimentali, intesi a porre rimedio ad una situazione che si assume illegittima od illecita”.

506

In questo senso anche una sentenza della Corte Costituzionale (n. 18 del 1992 in www.giuricost.org), sottolinea come il diritto alla tutela giurisdizionale vada considerato tra “i principi supremi del nostro

fondamentale. L’articolo 24 della Costituzione al primo comma afferma infatti “che tutti

possono agire in giudizio per la tutela dei propri diritti e interessi legittimi”. Dal tenore

letterale di tale norma emerge quindi chiaramente che riferendosi a “tutti” e non solo ai “cittadini” significa che qualsiasi soggetto, pubblico o privato, che possa vantare una posizione giuridico soggettiva di vantaggio verso altri soggetti pubblici o privati gode di tale garanzia. Ma affinché tale valore sia veramente tale è necessario che tutti siano messi nella condizione di poterlo validamente esercitare.

È evidente pertanto l’intento del legislatore di tutelare, attraverso la riservatezza delle consulenze legali, non soltanto l’opera intellettuale del legale, ma anche la posizione della pubblica amministrazione507. Questo significa inoltre che il principio della riservatezza del parere legale opera, come detto, anche in tutte quelle ipotesi in cui la richiesta di tale consulenza pervenga in una fase intermedia, successiva alla definizione del rapporto amministrativo all’esito del procedimento, ma comunque anteriore rispetto all’instaurazione di un giudizio o all’avvio di un eventuale procedimento precontenzioso. Anche in questi casi si ritiene necessario tutelare la posizione dell’amministrazione la quale così come qualsiasi altro soggetto deve pianificare al meglio la propria linea di difesa. Questo comporta anche che l’amministrazione non è tenuta a rivelare ad alcun soggetto, e tanto meno ad un avversario attuale o potenziale, in termini di contradditorio, gli argomenti in base ai quali intende contestare le pretese avversarie. Pertanto si può pacificamente affermare che a prescindere dal fatto che l’amministrazione sia parte in una controversia giurisdizionale già instaurata o di una eventuale e probabile futura lite giudiziaria, se i pareri legali vengono resi solo e unicamente a scopi difensivi sono sottratti all’accesso508.

ordinamento costituzionale, in cui è intrinsecamente connesso – con lo stesso principio democratico – l’assicurare a tutti e sempre, per qualsiasi controversia un giudice e un giudizio”.

507

Cons. Stato, 30 settembre 2010, n. 7237, in www.giustizia-amministrativa.it,

508

Si veda ad esempio Cons. Stato, sez. V, 23 giugno 2011, n. 3812, in www.giustizia-amministrativa.it, per cui “il principio della riservatezza della consulenza legale si manifesta anche nelle ipotesi in cui la richiesta del parere interviene in una fase intermedia, successiva alla definizione del rapporto amministrativo all'esito del procedimento, ma precedente l'instaurazione di un giudizio o l'avvio dell'eventuale procedimento precontenzioso, purché il ricorso alla consulenza legale persegua lo scopo - che non coincide con quello sotteso alla richiesta del parere legale de quo - di consentire all'Amministrazione di articolare le proprie strategie difensive, in ordine ad un lite che, pur non essendo ancora in atto, può considerarsi quanto meno potenziale. Poiché detta regola risponde al principio di salvaguardia della strategia processuale della parte che non è tenuta a rivelare ad alcun soggetto e, tanto meno, al proprio contraddittore, attuale o potenziale gli argomenti in base ai quali intende confutare le pretese avversarie, deve invero ritenersi che i pareri legali sottratti all'accesso siano quelli che attengono alle tesi difensive, relative ad un procedimento giurisdizionale (cioè quando i pareri legali vengono redatti dopo che è già iniziata una controversia giurisdizionale) o ad una fase precontenziosa e/o ad una lite potenziale che definiscono e/o delineano la relativa strategia difensiva

Queste considerazioni ovviamente sono valevoli anche nel caso in cui tali pareri sono richiesti dalle amministrazioni locali, infatti, anche se in questo ambito l’accesso ai documenti presenta un ambito di operatività più ampio509, non sussiste nessun argomento sistematico o esegetico che consenta di affermare che la portata del segreto professionale possa assumere consistenza diversa, a seconda del tipo di amministrazione considerato510.

Sulla base di quanto esposto effettuando un ragionamento per così dire al contrario possiamo affermare che qualora il parere venga richiesto in una fase endoprocedimentale ovvero nell’ambito di un procedimento amministrativo in cui viene ad inserirsi e non è comunque collegato né con una lite attuale né con una potenziale, l’accesso a tale atto è consentito511. La ragione è piuttosto evidente perchè in questo caso non è possibile invocare a motivo della non accessibilità al documento eventuali motivazioni in ordine alla necessità di garantire la difesa dell’amministrazione. A differenza dell’ipotesi analizzata in precedenza, non sussistono quindi particolari motivazioni per escludere la ostensibilità a tali atti e contraddire il chiaro disposto dell’articolo 22 della legge n. 241/90 che prevede l’accessibilità in generale a tutti i documenti compresi quelli interni. Verrebbe in questo caso anche soddisfatta l’ulteriore condizione contenuta nell’originaria formulazione dell’articolo 22, comma 1, lett. d) che debba trattarsi di atti interni utilizzati ai fini dell’attività amministrativa. E anche la più recente giurisprudenza è piuttosto pacifica nel riconoscere che gli atti interni al procedimento (compresi i pareri) sono accessibili agli interessati, sia nel caso in cui l’atto di cui si tratti è formato dalla amministrazione ma anche nell’ipotesi in cui l’atto sia stato comunque da questa utilizzato nell’ambito della propria attività amministrativa512. Tale ultima disposizione consente inoltre di poter affermare che anche se tale parere nasce da un rapporto di matrice privatistica, normalmente caratterizzato dalla riservatezza che fonda il rapporto tra l’avvocato e il suo cliente513, qualora tale parere

e/o la futura condotta processuale più conveniente per l'Amministrazione, da assumere nella controversia giurisdizionale già instaurata o nella futura, eventuale e probabile lite giudiziaria, che il soggetto leso attiverà”. 509

Per l’analisi della materia del diritto di accesso sugli enti locali si veda supra.

510

Cons. Stato, sez. V, 2 aprile 2001, n. 1893, in www.giustizia-amministrativa.it.

511

Cons. Stato, 30 settembre 2010, n. 7237, in www.giustizia-amministrativa.it.

512

T.A.R. Sardegna, sez. II, 17 luglio 2013, n. 558, “per pacifica giurisprudenza gli atti interni al procedimento (ivi compresi i pareri) non sono sottratti al diritto di accesso degli interessati, poiché, ai sensi dell'art. 22 della L. 7 agosto 1990, n. 241, è accessibile ogni atto formato dall'amministrazione o comunque da questa utilizzato nell'ambito della propria attività amministrativa (cfr C. Si. 28/9/2012 n. 836)”.

513

T.A.R. Abruzzo-Pescara, sez. I, 23 aprile 2013, n. 240, in www.giustizia-amministrativa.it, per cui “'ipotesi in cui la consulenza legale esterna si inserisce nell'ambito di un'apposita istruttoria procedimentale, nel senso che il parere è richiesto al professionista con l'espressa indicazione della sua funzione endoprocedimentale ed è poi richiamato nella motivazione dell'atto finale; ed in tale ipotesi la consulenza

rappresenti un presupposto essenziale ai fini dell’adozione del provvedimento finale, nella motivazione cosiddetta per relationem si farà espressamente riferimento a tale parere514, il quale, a norma dell’articolo 3 della legge 241/90, dovrà essere indicato e reso disponibile. Pertanto i pareri legali che, anche per l’effetto di un richiamo esplicito nel provvedimento finale, sono acquisiti dall’amministrazione, venendo così a innestarsi nell’iter di un procedimento amministrativo in corso, sono accessibili. Trattasi di atti endoprocedimentali che rappresentano un passaggio procedimentale istruttorio, e costituiscono uno degli elementi che hanno condizionato la scelta dell’amministrazione515.

Risulta perciò fugato ogni dubbio sull’accessibilità del parere legale utilizzato dalla pubblica amministrazione nel corso di un procedimento e costituente motivo fondante della scelta finale effettuata da parte pubblica. Per quanto concerne invece le perplessità manifestate inizialmente relative all’accessibilità o meno dei pareri resi nell’ambito di un procedimento amministrativo che non siano effettivamente utilizzati ai fini dell’attività avente rilevanza esterna, in seguito alla modifica apportata dalla legge n. 15 del 2005 al

Nel documento Il diritto di accesso agli atti interni (pagine 153-161)

Outline

Documenti correlati