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Il diritto di accesso alle dichiarazioni rese dal lavoratore in sede ispettiva

Nel documento Il diritto di accesso agli atti interni (pagine 161-168)

Capitolo III – Analisi delle singole ipotesi di atti interni e limitazioni generali al

3.4. Il diritto di accesso alle dichiarazioni rese dal lavoratore in sede ispettiva

Un altro caso che pare opportuno esaminare è quello dell'accesso alle dichiarazioni rese dai lavoratori in sede ispettiva le quali rappresentano l'elemento probatorio centrale dell'attività ispettiva stessa517.

Attualmente esiste in questo ambito una regolamentazione particolare, che è prevista dal decreto del ministro del lavoro del 4 novembre 1994, n. 757, e una disciplina regolamentare dell'INPS, di cui alla determinazione del Commissario Straordinario n. 1951 del 16 febbraio 1994518 la quale è molto chiara nell’affermare come la richiesta di accesso effettuata dal datore di lavoro, nei confronti delle dichiarazioni rese dal lavoratore in sede ispettiva fino alla permanenza del rapporto di lavoro ovvero fino a 5 anni dalla sua conclusione, debba essere negata. Nello specifico, gli articoli 2 e 3 del D.M. 757 del 1994, ritengono legittimo il diniego di accesso alle dichiarazioni rese dai lavoratori in sede ispettiva, “a motivo della salvaguardia di possibili azioni pregiudizievoli, recriminatorie o di

pressione nei confronti dei lavoratori e collaboratori della società”. Tale rifiuto si giustifica

in relazione alla preminente finalità di tutela del lavoratore dalle possibili ripercussioni discriminatorie del datore di lavoro. Infatti, ove queste dichiarazioni fossero liberamente accessibili, si creerebbe un effetto tale che il lavoratore sarebbe disincentivato a rilasciare le dichiarazioni che altrimenti potrebbe rendere519. L'interesse pubblico in questione, che coincide con quello privato del lavoratore, corrisponde alla necessità di acquisire tali dichiarazioni al fine di accertare la regolarità dei rapporti di lavoro520.

La disciplina regolamentare è stata peraltro oggetto dell'interesse della giurisprudenza che ha proposto differenti interpretazioni.

Da un lato si è evidenziata la posizione diretta alla disapplicazione tout court del regolamento ministeriale e il pieno riconoscimento del diritto di accesso, in base alla

517

Si veda A.SACCONE, Diritto di accesso alle dichiarazioni acquisite nel corso dell'accertamento ispettivo – Decisione del Consiglio di Stato 7678/2009, 8 gennaio 2010, in www.adapt.it

518

Sullo specifico della disciplina regolamentare sull'accesso dell'INPS si veda: F.E. CASTELLUCCI, La disciplina dell'accesso agli atti dell'Istituto Nazionale della Previdenza Sociale (INPS), con particolare riferimento ai casi di esclusione, limitazione e differimento, 10 febbraio 2005, in www.diritto.it.

519

Cons. Stato, sez. VI, 7 dicembre 2009, n. 7678, in www.giustizia-amministrativa.it.

520

disciplina generale prevista dalla legge 7 agosto 1990, n. 241521. Si è infatti ritenuto che le ipotesi previste da norme regolamentari, ai sensi del comma 6 dell’articolo 24 della legge 7 agosto 1990, n. 241, dovessero comunque soccombere alla disciplina di chiusura delineata dal successivo comma 7, ove si debbano “curare o difendere i propri interessi

giuridici”522. Ad essa si contrappone la giurisprudenza di secondo grado che sostiene

debba essere negata la richiesta di accesso del datore di lavoro alle dichiarazioni rese dai lavoratori.

È interessante capire sulla base di quali motivazioni possa essere avallata tale ipotesi senza contraddire il principio espresso dal citato comma 7 dell’art. 24 della legge 7 agosto 1990, n. 241. Si afferma, ad esempio, che l’esercizio del diritto di accesso comprometterebbe la tutela dell’interesse pubblico volto all’acquisizione di tutte le informazioni necessarie ad accertare la regolarità di un rapporto di lavoro523. Inoltre qualora l’istanza di accesso venga presentata in una fase anteriore rispetto alla conclusione del procedimento si ritiene che il diritto di difesa in giudizio possa essere soddisfatto attraverso la motivazione posta alla base del provvedimento conclusivo del procedimento ispettivo e dalla documentazione che ogni datore di lavoro deve comunque possedere. In altri termini si afferma che il diritto di accesso, il quale in linea generale deve prevalere comunque sul diritto alla riservatezza, quando verte sull’acquisizione dei verbali di ispezione, a procedimento ispettivo non ancora concluso, soccombe in quanto il diritto alla difesa non assume i caratteri dell’attualità524. Inoltre, come si è già detto, il diritto alla difesa verrebbe comunque garantito dalla motivazione del provvedimento conclusivo del procedimento ispettivo, cosicché verrebbe meno la necessità di accedere ai verbali ispettivi al fine di difendere i propri interessi giuridici. La ricostruzione giurisprudenziale, sicuramente non pacifica, è stata oggetto di numerosi appunti critici525.

521

Per una ricostruzione si veda: A. SACCONE, Diritto di accesso alle dichiarazioni acquisite nel corso dell'accertamento ispettivo – Decisione del Consiglio di Stato 7678/2009, op. cit.; G.ESPOSITO, L’accesso agli atti dell’ispezione in materia di lavoro tra diritto di difesa del datore ed interessi del lavoratore, 2007, in

http://www.privacy.it/esposito200706.html Più in generale si veda R.PANOZZO, Il diritto di accesso dopo la legge 15/2005 – Parte Terza, 25 giugno 2009, in http://www.overlex.com/leggiarticolo.asp?id=2119

522

T.A.R. Abruzzo, sez. I, 4 aprile 2008, n. 497, in www.giustizia-amministrativa.it; Cons. Stato, sez. VI, 29 luglio 2008, n. 3798, in www.giustizia-amministrativa.it.

523

Cons. Stato, sez. VI, 22 aprile 2008, n. 1842, in www.giustizia-amministrativa.it; Cons. Stato, sez. VI, 7 dicembre 2009, n. 7678, in www.giustizia-amministrativa.it

524

Cons. Stato, sez. VI, 7 dicembre 2009, n. 7678, in www.giustizia-amministrativa.it

525

Per un approfondimento in termini critici si veda: C.M. CAMMALLERI, Accesso agli atti e ai verbali ispettivi in materia di lavoro e loro valore nel processo, in Rivista di Diritto dell’Economia, dei Trasporti e dell’Ambiente, vol XI, 2011, pag. 327 ss. ove si evidenzia come il carattere dell’indispensabilità degli atti dell’accesso è una valutazione che deve effettuarsi limitatamente al caso dei dati sensibili e giudiziari, quali

Esistono delle motivazioni che inducono a ritenere preferibile l’interpretazione che nega il diritto di accesso nel caso specifico. I principi richiamati dalla giurisprudenza amministrativa sono pienamente condivisibili. Il diritto di accesso prevale sul diritto alla riservatezza in ragione della tutela dei propri interessi giuridicamente rilevanti526. Altrettanto valida è la considerazione che le esigenze di tutela dei propri interessi giuridici, poste a sostegno della richiesta di accesso, non richiedono ulteriori specificazioni oltre l'allegazione che la conoscenza della documentazione richiesta è necessaria per approntare la difesa527.

Questa considerazione cambia nel caso in cui sussistano dati sensibili e giudiziari, poiché come sostenuto da precedente giurisprudenza vi deve essere una valutazione di indispensabilità dell’accesso in relazione a dati sensibili e giudiziari528. In quest’ultimo caso ai fini di tutela della riservatezza si potrebbe ricorrere all’utilizzo di varie tecniche che non consentono l’individuazione dell’autore delle dichiarazioni, tecniche quale può essere a titolo esemplificativo il mascheramento dei dati, perfettamente valevoli soprattutto se l’impresa è di grandi dimensioni, e che permettono di evitare di giungere agli estremi del diniego dell’accesso529. In effetti le considerazioni che potrebbero fondare la prevalenza del diritto di accesso possono essere solo quelle relative all’attualità ed alla concretezza dell’interesse fatto valere dal soggetto istante.

Secondo questa interpretazione che nega il diritto di accesso, si può giungere a ritenere che i lavoratori coinvolti nella ispezione possiedono la qualifica di “controinteressati”, con il conseguente riconoscimento, anche dal punto di vista del procedimento amministrativo, di tutti i diritti inerenti a tale qualificazione, spettanti anche nei confronti di eventuali obbligati solidali diversi dal datore di lavoro530.

quelli in esame non possono di certo essere ricondotti (Cfr. pag. 336). In termini contrari si veda però: A. SACCONE, Diritto di accesso alle dichiarazioni acquisite nel corso dell'accertamento ispettivo – Decisione del Consiglio di Stato 7678/2009, op. cit.

526

Per un esame in ordine all’interesse giuridicamente rilevante e collegamento con la documentazione oggetto dell’istanza si veda da ultimo Cons. Stato, sez. VI, 14 agosto 2012, n. 4566, in www.giustizia- amministrativa.it.

527

Ad esempio: Cons. Stato, sez. VI, 29 luglio 2008, n. 3798, in www.giustizia-amministrativa.it.

528

Come si esprime Cons. Stato, sez. VI, 7 dicembre 2009, n. 7678, in www.giustizia-amministrativa.it.

529

Si pensi infatti alla possibilità del differimento (Cfr. art. 24, comma 4, legge 7 agosto 1990, n. 241 “L'accesso ai documenti amministrativi non può essere negato ove sia sufficiente fare ricorso al potere di differimento”) o al mascheramento dei dati sensibili (Cfr. Cons. Stato, sez. VI, 29 luglio 2008, n. 3798, in

www.giustizia-amministrativa.it;).

530

Cons. Stato, sez. VI, 31 luglio 2013, n. 4035, in www.giustizia-amministrativa.it. Sulla qualifica di controinteressati si veda anche la Circolare 43/2013 del Ministero del lavoro e delle politiche sociali, che sottolinea l’importanza che tale qualificazione riveste nel procedimento giurisdizionale innanzi al giudice amministrativo.

In realtà l’elemento centrale sul quale si fonda il diniego del diritto di accesso non ruota intorno al diritto alla riservatezza, ma sulla prevalenza dell’interesse pubblico all’acquisizione di ogni possibile informazione, per finalità di controllo della regolare gestione dei rapporti di lavoro che prevale rispetto al diritto di difesa delle società soggette ad ispezione531. Il primo di tali interessi, infatti, risulterebbe inevitabilmente compromesso dalla comprensibile reticenza dei lavoratori, se non venisse loro accordata la tutela di cui si discute, mentre il secondo, come già indicato, risulta comunque garantito dall’obbligo di motivazione per eventuali contestazioni, dalla documentazione che ogni datore di lavoro è tenuto a possedere, nonché dalla possibilità di ottenere accertamenti istruttori in sede giudiziaria532.

Anche la riservatezza riceve tutela nel caso di specie, in quanto coincide con l’interesse pubblico e la sua prevalenza al diritto alla difesa è in realtà legato al fatto che il diritto alla difesa, come anzidetto, riceve comunque un’adeguata tutela.

I lavoratori, peraltro, in quanto parte debole del rapporto contrattuale, trovano comunque tutela della propria posizione, e dunque della possibilità di presentare denunce, esposti e in generale di poter collaborare con le autorità amministrative e giudiziarie senza incorrere in conseguenze negative nel proprio rapporto di lavoro533.

Sembrerebbe quindi che il diritto di accesso non debba prevalere riguardo a tali tipologia di atti interni ovvero le dichiarazioni rese dai lavoratori in sede ispettiva.

Peraltro, anche in questo caso, le motivazioni addotte non sono riconducibili alla loro natura di atti interni, bensì ad altri principi e interessi pubblici prevalenti al diritto di accesso.

531

Cons. Stato, sez. VI, 31 luglio 2013, n. 4035, in www.giustizia-amministrativa.it, “non può però affermarsi in modo aprioristico una generalizzata recessività dell’interesse pubblico all’acquisizione di ogni possibile informazione, per finalità di controllo della regolare gestione dei rapporti di lavoro (a cui sono connessi valori, a loro volta, costituzionalmente garantiti), rispetto al diritto di difesa delle società o imprese sottoposte ad ispezione: il primo di tali interessi, infatti, non potrebbe non risultare compromesso dalla comprensibile reticenza di lavoratori, cui non si accordasse la tutela di cui si discute, mentre il secondo risulta comunque garantito dall’obbligo di motivazione per eventuali contestazioni, dalla documentazione che ogni datore di lavoro è tenuto a possedere, nonché dalla possibilità di ottenere accertamenti istruttori in sede giudiziaria”. 532

Cons. Stato, sez. VI, 31 luglio 2013, n. 4035, in www.giustizia-amministrativa.it. “Nel caso di specie, la questione del bilanciamento tra diritto di difesa e diritto alla riservatezza, che è questione di merito, non assorbe la questione processuale pregiudiziale, e cioè la mancata notificazione del ricorso di primo grado, prescritta dall’art. 116 comma 1 cpa, ai soggetti realmente controinteressati: i lavoratori”.

533

Cons. Stato, sez. VI, 24 febbraio 2014, n. 863, in www.giustizia-amministrativa.it, afferma peraltro la prevalenza del diritto alla riservatezza. Si veda infra e la nota che segue.

3.5. Limitazioni generali al diritto di accesso: Il segreto e i casi contemplati

dall’art. 24, comma 1 della legge 241 del 1990 e la questione se il diritto alla

riservatezza costituisce un limite al diritto di accesso

Come detto in precedenza per l’ordinamento giuridico italiano il diritto di accesso agli atti interni da parte del soggetto interessato è la norma. Parrebbe pertanto che se sussistono dei limiti al diritto di accesso questi non dipendono dalla natura di atti interni. Appare di conseguenza necessario esaminare queste limitazioni.

Dal caso analizzato nel precedente paragrafo sembrerebbe che secondo parte della giurisprudenza534 il diritto di accesso possa recedere dinanzi al diritto alla riservatezza. In generale esistono delle situazioni in cui la regola generale del diritto di accesso incontra dei limiti rispetto ai quali tale diritto recede535. Si è già avuto modo di accennare ai casi contemplati dal comma 1 dell'articolo 24 della legge 7 agosto 1990, n. 241, tra i quali spiccano le ipotesi di documenti coperti dal segreto di Stato e altri casi espressamente previsti dalla legge, che coprono una serie di documenti collegati a differenti forme di segretezza tutelate dal nostro ordinamento giuridico che vanno dal segreto professionale536 al segreto statistico537 e a quello bancario538.

534

In particolar modo dalla citata Cons. Stato, sez. VI, 24 febbraio 2014, n. 863, in www.giustizia- amministrativa.it, “la Sezione che - alla luce del quadro normativo sopra esposto e nell'ottica di un corretto bilanciamento fra contrapposte esigenze costituzionalmente e legislativamente garantite - non può ritenersi sussistente una recessività generalizzata della tutela della riservatezza delle dichiarazioni rese dai lavoratori in sede ispettiva rispetto alle esigenze di tutela degli interessi giuridicamente rilevanti delle società che richiedono l'accesso, ma deve al contrario ritenersi in via generale prevalente, se non assorbente, la tutela apprestata dall'ordinamento alle esigenze di riservatezza delle suddette dichiarazioni, contenenti dati sensibili la cui divulgazione potrebbe comportare, nei confronti dei lavoratori, azioni discriminatorie o indebite pressioni. Ciò, in primo luogo, alla luce della considerazione, rispondente ad esigenze di giustizia sostanziale, che i lavoratori risultano la “parte debole” del rapporto contrattuale esistente fra loro e le società istanti: è, infatti, lo stesso art. 24, comma 6, lettera d) della legge n. 241 del 1990 che impone di prendere atto delle realtà dei singoli settori della vita sociale e di riconoscere rilevanza alle esigenze di riservatezza delle “persone fisiche”, e ciò a maggior ragione quando le medesime siano potenzialmente esposte ad un danno o ad un pericolo di danno connesso all’ostensione di dati a loro riferibili. (…) Sotto tale profilo, dunque, la stessa lettera d) del comma 6 del citato art. 24 deve ritenersi riferita, su un piano sistematico che procede dall’apice delle previsioni costituzionali, alla tutela della riservatezza di coloro che ragionevolmente risultano “più deboli” nell’ambito del rapporto di lavoro che, nell’ordine delle priorità costituzionali, sancite dagli stessi artt.1 e 4 Cost., è fatto oggetto di una tutela fondativa dell’intero sistema dei diritti fondamentali”.

535

In generale si veda P. ALBERTI, I casi di esclusione dal diritto di accesso, in M.A. SANDULLI (a cura di), Codice dell'azione amministrativa, Milano, 2011, pag. 1095 ss.

536

Il segreto professionale trova riconoscimento nell'art. 326 c.p.

537

Il segreto statistico è riconosciuto dal decreto legislativo 6 settembre 1989, n. 322 e successive modificazioni ed integrazioni, di cui si veda in particolare l'art. 9, il cui comma 1 prevede che “I dati raccolti nell'ambito di rilevazioni statistiche comprese nel programma statistico nazionale da parte degli uffici di

Le altre ipotesi, rispetto alle quali il diritto di accesso recede inevitabilmente, sono quelle relative ai procedimenti tributari539 e le attività dirette all'emanazione di atti normativi, amministrativi generali, di pianificazione e di programmazione540, rispetto alle quali trovano applicazione norme particolari sulla loro formazione.

Inoltre è escluso l’accesso nei procedimenti selettivi, rispetto ai documenti amministrativi contenenti informazioni di carattere psico-attitudinale relativi a terzi541.

Si tratta di casi eccezionali cui corrispondono principi ed interessi pubblici particolari non legati alla natura dell’atto come interno o meno, ricorrendo i quali è pacifico che il diritto di accesso recede542.

Il segreto non è più un segreto amministrativo generalizzato, determinato dalla natura di un atto come atto interno, ma assume ormai carattere speciale, legato a valori specifici dell’ordinamento, cosicché si può affermare che il segreto è un concetto che non si collega più agli atti interni che sono invece accessibili.

Questa problematica non richiede una particolare disamina in quanto le conclusioni riportate si basano su di una disposizione normativa piuttosto chiara.

Se il segreto e le altre ipotesi indicate prevalgono sul diritto di accesso, deve invece esaminarsi appositamente il diritto alla riservatezza che è il diritto di non far conoscere atti e documenti amministrativi relativi alla propria persona, e che si contrappone direttamente con il diritto di accesso. La contrapposizione tra i due diritti fa sì che è riconosciuta la

statistica non possono essere esternati se non in forma aggregata, in modo che non se ne possa trarre alcun riferimento relativamente a persone identificabili, e possono essere utilizzati solo per scopi statistici.” Sul riferimento alla necessità dell'aggregazione dei dati al fine di consentire il loro trattamento si veda quanto previsto all'art. 4 del codice in materia di protezione dei dati personali, il D.Lgs. 30 giugno 2003, n. 196, il cui comma 1, lett. n) definisce il dato anonimo quale “il dato che in origine, o a seguito di trattamento, non può essere associato ad un interessato identificato o identificabile”, cui consegue, all'interno dello stesso codice nel riconoscimento all'art. 3 di uno di quelli che è definito dispositivo della riservatezza che è proprio la trasformazione in forma anonima dei dati trattati in violazione di legge”.

538

I cui ambiti sono peraltro sempre più limitati come da ultimo con quanto disposto dall'art. 11, del decreto legge 6 dicembre 2011, n. 201, convertito con modificazioni con legge 22 dicembre 2011, n. 214, recante “Disposizioni urgenti per la crescita, l'equita' e il consolidamento dei conti pubblici”.

539

Si veda ad esempio A. FERRARIA, Il diritto di accesso agli atti tributari nella recente giurisprudenza amministrativa, 30 giugno 2011, in http://esameavvocato.diritto.it/docs/31905-il-diritto-di-accesso-agli-atti- tributari-nella-recente-giurisprudenza-amministrativa; G.TARES, Accesso agli atti del procedimento tributario, 2013, in www.studiocataldi.it; F.LOGIUDICE, Sul diritto d’accesso agli atti del procedimento tributario, 2010, in

http://www.altalex.com/index.php?idnot=48966

540

Sul tema si veda ad esempio P. POZZANI, Nuovi profili del diritto di accesso dopo la l. 15/05, 2005, in

http://www.giustizia-amministrativa.it/documentazione/20050913Pozzani.htm

541

Si veda ad esempio C. TAGLIENTI, Accesso ai documenti dell’amministrazione, op. cit.

542

qualificazione di “controinteressati”543 ai titolari del diritto alla riservatezza, diritto che viene compromesso ogni qual volta si riconosca il diritto di accesso.

Dopo varie evoluzioni, di natura legislativa e giurisprudenziale544, si è giunti alla definizione di un quadro piuttosto chiaro. Nel rapporto intercorrente tra accesso e riservatezza, il primo prevale in base alla generale disposizione che troviamo contenuta nell'art. 24, ultimo comma della legge 7 agosto 1990, n. 241, per cui “Deve comunque essere garantito ai

richiedenti l'accesso ai documenti amministrativi la cui conoscenza sia necessaria per curare o per difendere i propri interessi giuridici”. La disposizione riportata si pone come

norma di chiusura dell'intero sistema dei rapporti tra i due istituti (accesso e riservatezza)545. Nel codice in materia di protezione dei dati personali ovvero il D.Lgs. 30 giugno 2003, n. 196 trovano invece collocazione le diverse graduazioni tra accesso e riservatezza. Lo stesso comma 7 dell'art. 24 della legge 7 agosto 1990, n. 241 fa espresso riferimento all'art. 60 del citato codice, prevedendo che “nel caso di documenti contenenti

dati sensibili e giudiziari, l'accesso è consentito nei limiti in cui sia strettamente indispensabile e nei termini previsti dall'articolo 60 del decreto legislativo 30 giugno 2003, n. 196, in caso di dati idonei a rivelare lo stato di salute e la vita sessuale”. Pertanto se è

già disciplinato il caso dei documenti contenenti dati sensibili e giudiziari546, per quello dei dati supersensibili, ossia quelli relativi alla vita sessuale o allo stato di salute si rinvia a quanto previsto dall'art. 60 del D.lgs. 196/2003, per cui “il trattamento è consentito se la

situazione giuridicamente rilevante che si intende tutelare con la richiesta di accesso ai documenti amministrativi è di rango almeno pari ai diritti dell'interessato, ovvero consiste in

un diritto della personalità o in un altro diritto o libertà fondamentale e inviolabile”547.

Il diritto alla riservatezza trova inoltre un ulteriore riscontro nel comma 6 del medesimo art. 24 della legge 7 agosto 1990, n. 241, dove si autorizza il Governo ad adottare regolamenti

543

Così sono definiti dall'art. 24, comma 1, lett. c) della legge 7 agosto 1990, n. 241.

544

Si fa riferimento alla disciplina introdotta dalla legge 31 dicembre 1996, n. 675, avente ad oggetto “Tutela delle persone e di altri soggetti rispetto al trattamento dei dati personali” che è poi confluita nel già citato codice in materia di protezione dei dati personali. In tale situazione era stato sostenuto anche che il diritto

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