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La disciplina dell’accesso agli atti interni in generale

Nel documento Il diritto di accesso agli atti interni (pagine 137-141)

Capitolo II Gli atti interni e il diritto di accesso agli atti interni in generale

2.5. La disciplina dell’accesso agli atti interni in generale

In base a quanto appena detto è possibile analizzare la disciplina generale del diritto di accesso agli atti interni, e dunque quella stessa norma che descrive il documento amministrativo.

Nel momento in cui l’art. 22, comma 1, lett. a) della legge 7 agosto 1990, n. 241 stabilisce che il diritto di accesso ha ad oggetto i documenti amministrativi, rimanda alla definizione di documento amministrativo al fine di determinare se gli atti interni siano accessibili o meno. La lett. d) del medesimo comma 1 del citato art. 22 della legge 241 del 1990 contiene il riferimento cui dobbiamo porre attenzione. La disposizione statuisce testualmente che il documento amministrativo è rappresentato da “ogni rappresentazione

grafica, fotocinematografica, elettromagnetica o di qualunque altra specie del contenuto di atti, anche interni o non relativi ad uno specifico procedimento, detenuti da una pubblica

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Si veda quanto indicato nel paragrafo successivo, in giurisprudenza T.A.R. Lazio-Roma, sez. I, 08 gennaio 2013, n. 105, in www.giustizia-amministrativa.it, per cui “Se, dunque, la stessa definizione normativa di documento amministrativo, delineata ai fini dell'esercizio del diritto di accesso, non opera alcuna distinzione tra la natura provvedimentale o interna degli atti, i quali, se detenuti dall'Amministrazione e utilizzati ai fini dell'attività amministrativa, possono formare oggetto del diritto di accesso, non sono ravvisabili valide ragioni per sottrarre all'accesso atti aventi natura endoprocedimentale purché gli stessi siano detenuti dalla P.A. per l'espletamento delle proprie attività istituzionali”.

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Anche per il citato profilo dell’impugnabilità autonoma, per cui si veda A.POLICE,La predeterminazione delle decisioni amministrative. Gradualità e trasparenza nell’esercizio del potere discrezionale, op. cit., pag. 236 ss.

amministrazione e concernenti attività di pubblico interesse, indipendentemente dalla

natura pubblicistica o privatistica della loro disciplina sostanziale”437.

La norma, dunque, prevede un’apparente indistinzione tra gli atti “esterni” ed “interni”, utilizzando la dizione “anche interni”. Interessante è inoltre il fatto che nello stesso periodo, affiancati agli atti “anche interni” si stabilisca in aggiunta “o non relativi ad uno specifico

procedimento”. Questa precisazione potrebbe interpretarsi nel senso che invece gli atti

interni sono sempre relativi ad uno specifico procedimento, ma in questo caso si attribuirebbe alla norma un significato che la stessa non ha. Lo scopo della norma sembra invece quello di utilizzare una definizione la più ampia possibile, che eviti interpretazioni restrittive.

A parte questa considerazione di carattere generale, la norma pare prevedere una disciplina piuttosto chiara, in quanto il diritto di accesso agli atti interni è riconosciuto senza l’introduzione di alcuna eccezione438.

La definizione di documento amministrativo, pur parlando di atti interni, in realtà effettua questa precisazione al solo fine di chiarire che pur sussistendo una distinzione tra la natura provvedimentale o interna degli atti439, entrambe le categorie di atti, se sono detenuti e/o utilizzati dalla pubblica amministrazione possono formare oggetto del diritto di accesso440.

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Si tratta della già citata formulazione introdotta dalla legge 15 del 2005, cui in generale si veda V. CERULLI

IRELLI, Osservazioni generali sulla legge di modifica della L. n. 241/90, parte VI, 2005, in

http://www.giustamm.it/new_2005/Cerulli_Irelli6.pdf; S. RUSSO, Oggetto e funzione dell’accesso agli atti dei pubblici poteri nella l. 15/2005, suoi limiti, sua reclamabilità, op. cit.; L. LAMBERTI, Il diritto di accesso ai documenti amministrativi dopo la legge 15/2005, op. cit.; P. PIRAS, L’accesso ai documenti amministrativi, op. cit., pag. 211 ss.

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Cosicché non è più possibile rigettare un’istanza di accesso per la sola ragione che la stessa ha ad oggetto un “atto interno”, in quanto anche gli atti dei privati detenuti dalla pubblica amministrazione sono ormai accessibili. Per un caso del genere si veda ad es. T.A.R. Piemonte, sez. II, 24 febbraio 2001, n. 450, in www.giustizia-amministrativa.it; T.A.R. Lazio-Roma, sez. II, 30 novembre 2012, n. 10017, in

www.giustizia-amministrativa.it; T.A.R. Toscana-Firenze, sez. II, 20 ottobre 2011, n. 1518, in www.giustizia- amministrativa.it, per cui “L'ostensibilità anche degli atti interni dell'Amministrazione è espressamente prevista dall'art. 22, comma 1, lettera d) della legge n. 241 del 1990, che si riferisce ad "atti, anche interni, formati, dalla pubblica amministrazione", che siano espressione di una "attività amministrativa" (T.A.R. Toscana, sez. I, 24 marzo 2011, n. 524). A tale notazione può aggiungersi che anche gli atti interni possono assumere rilevanza per il vaglio di legittimità di un provvedimento, o per la tutela degli interessi giuridici, di talché tenuto conto delle finalità della previsione che si propone di garantire l'imparzialità e la trasparenza della pubblica Amministrazione”; T.A.R. Toscana-Firenze, sez. III, 29 gennaio 2009, n. 115, in www.giustizia- amministrativa.it.

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Ad esempio T.A.R. Lazio-Roma, sez. I, 8 gennaio 2013, n. 105, in www.giustizia-amministrativa.it.

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Detto in altri termini, l’accessibilità o meno di un atto amministrativo non dipende dal fatto che sia un provvedimento e non un atto interno, ma è essenziale che lo stesso sia materialmente detenuto dalla pubblica amministrazione, in maniera stabile o sia formato dalla stessa441. Ovvero è la semplice esistenza di un atto, a prescindere che sia interno o meno, l’elemento principale che determina la possibilità di accedere allo stesso.

Il fatto che l’atto in oggetto abbia una natura endoprocedimentale non è un motivo sufficiente per escludere il diritto di accesso in quanto sono oggetto di accesso tutti quegli atti formati o utilizzati dalla pubblica amministrazione ai fini dello svolgimento delle proprie funzioni di natura pubblicistica442.

Se quindi gli atti interni rientrano nella definizione di documento amministrativo, si dovrebbe concludere che tutti gli atti interni sono accessibili. Si tratta di appurare se questa conclusione sia del tutto precisa e completa.

Come avremo modo di vedere vi sono ancora alcuni casi di atti interni che non sono accessibili. Si dovrà dunque comprendere sulla base di quali ragioni giuridiche è prevista tale esclusione dall’accesso ed in particolare se siano dipendenti dalla loro natura di atti interni oppure da altri limiti di carattere generale presenti nel nostro ordinamento giuridico.

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In caso contrario l’accesso non è consentito, si veda ad esempio T.A.R. Liguria-Genova, sez. I, 25 giugno 2012, n. 875, in www.giustizia-amministrativa.it, secono la quale “Il diritto di accesso è infatti consentito per gli atti che l'amministrazione ha formato o che detiene "stabilmente" (art. 25 comma 2 L. n. 241 del 1990), cioè in relazione alla pendenza o comunque alla esistenza di uno specifico procedimento amministrativo. Nel caso di specie, gli atti di cui ai nn. 1 e 2 dell'istanza di accesso riguardano invece atti (un ricorso al T.A.R. e la relativa sentenza) non formati né stabilmente detenuti dal comune, che li ha soltanto "occasionalmente" utilizzati nell'ambito di un procedimento, oltretutto giurisdizionale. Nel caso del ricorso R.G. 1522/2003, si tratta addirittura di un atto formato dalla ricorrente, il che colora l'istanza di un intento chiaramente emulativo”. Questo comporta che ove l’amministrazione non abbia formato l’atto di cui si richiede l’accesso deve essere dimostrato che la stessa lo detiene stabilmente, per cui si veda T.A.R. Emilia Romagna-Bologna, sez. I, 18 marzo 2011, n. 260, in www.giustizia-amministrativa.it “5. Né vi è prova che detti elenchi siano stabilmente detenuti anche dall'A.T.O. intimata, anzi la difesa dell'A.T.O. nega formalmente che detti elenchi siano effettivamente in suo possesso, tanto più che nella citata nota del 22 dicembre 2010, prot. 1402/2010, l'A.T.O. aveva correttamente informato l'associazione ricorrente della circostanza che all'esito del tavolo tecnico tra Regione A.T.O e gestori si erano individuati questi ultimi quali soggetti tenuti l'individuazione e pubblicazione dei nominativi degli utenti interessati nonché obbligati alle procedure di rimborso. 6. Conseguentemente l'istanza di accesso ben avrebbe dovuto essere inoltrata nei confronti del gestore, come tempestivamente comunicato all'associazione ricorrente ben prima della presentazione del ricorso al T.A.R., dall'A.T.O. con la nota del 22 dicembre più volte citata, ed in tal modo, l'associazione ricorrente ben avrebbe potuto procurarsi i dati richiesti, naturalmente se dovuti”.

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Ad esempio T.A.R. Lazio-Roma, sez. II, 30 novembre 2012, n. 10017, in www.giustizia-amministrativa.it; T.A.R. Lazio-Roma, sez. I, 8 gennaio 2013, n. 105, in www.giustizia-amministrativa.it.

La questione riveste una certa importanza non solo da un punto di vista oggettivo ma anche soggettivo, in quanto la legge 15 del 2005 ha confermato il fatto che il diritto di accesso è riconosciuto non a qualunque cittadino, ma soltanto ai soggetti interessati443. Una prima conclusione deve essere sottolineata ed assume fondamentale importanza. La norma generale prevede che la qualificazione di un atto come atto interno non impedisce di per sè l’accessibilità dell’atto444. Questo assunto dovrà essere verificato per capire se le limitazioni al diritto di accesso siano solo quelle di carattere generale anche se può già anticiparsi come la norma appaia piuttosto chiara e non sembra consentire alcuna eccezione in merito.

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Che l’art. 22, comma 1, lett. b della legge 7 agosto 1990, n. 241 definisce quali “tutti i soggetti privati, compresi quelli portatori di interessi pubblici o diffusi, che abbiano un interesse diretto, concreto e attuale, corrispondente ad una situazione giuridicamente tutelata e collegata al documento al quale è chiesto l'accesso”. Si veda meglio infra.

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Oltre la giurisprudenza citata nelle note precedenti si veda T.A.R. Puglia-Bari, sez. I, 17 giugno 2009, n. 1528, in www.giustizia-amministrativa.it., secondo la quale “Quanto ai primi, il Collegio ritiene che la loro asserita natura endoprocedimentale non ne giustifichi la sottrazione all'accesso. Gli atti sottratti al diritto di accesso sono infatti solo quelli indicati dall'art. 24 della legge n. 241 del 1990 e dalle norme regolamentari di attuazione, con la conseguenza che quando non vi siano, come nel caso in esame, ragioni di garanzia della riservatezza di terzi ovvero di ragionevole differimento alla conclusione del procedimento, l'Amministrazione non può utilmente opporne la natura endoprocedimentale (cfr., tra molte, Cons. Stato, sez. IV, 11 ottobre 2007 n. 5356; TAR Sardegna, sez. I, 11 febbraio 2005 n. 172; TAR Campania-Salerno, sez. II, 14 aprile 2006 n. 497; TAR Toscana, sez. III, 7 marzo 2008 n. 269). E ciò corrisponde sia alla lettera della legge, che indica come documenti oggetto del diritto di accesso anche gli atti "interni" (art. 22, comma 1 - lett. d, della legge n. 241 del 1990), sia alle finalità cui è improntata la normativa in materia, tesa a permettere la partecipazione del privato al procedimento amministrativo anche in via di tutela anticipata dei propri interessi”.

Capitolo III – Analisi delle singole ipotesi di atti interni e limitazioni generali al

Nel documento Il diritto di accesso agli atti interni (pagine 137-141)

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