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L’attività interna e gli atti interni e la nascita degli studi sull’atto interno e della sua

Nel documento Il diritto di accesso agli atti interni (pagine 119-123)

Capitolo II Gli atti interni e il diritto di accesso agli atti interni in generale

2.2. L’attività interna e gli atti interni e la nascita degli studi sull’atto interno e della sua

Prima però di approfondire il concetto di atto interno è opportuno effettuare una distinzione tra attività interna e atti interni. Per attività interna si intende l’azione concreta e reale che conduce o precede l’emanazione di un singolo atto. In questo senso per attività interna può intendersi tanto quell’attività che precede la formazione di un atto amministrativo interno al procedimento, ad esempio un parere, una proposta, quanto l’attività antecedente rispetto alla formazione dell’atto conclusivo dello stesso, ovverosia il provvedimento amministrativo373.

Nel passato agli atti e all’attività amministrativa interna non è stata mai dedicata, grande attenzione, anzi è possibile affermare che la nozione di atto interno non compare quasi mai negli scritti giuridici degli studiosi del periodo liberale. Anche in quegli scritti pubblicati successivamente alla prima guerra mondiale, l’approfondimento della categoria degli atti interni non è affatto frequente e comunque non presenta un carattere sistematico374. In alcuni casi la dottrina non contemplava espressamente l’atto interno ma faceva ad esso riferimento come all’atto che non produce effetti giuridici riguardo ad altri soggetti, né vincola l’attività di altri organi dello Stato, e dunque più che di atti interni si trattava di un fenomeno non qualificabile come un atto giuridico e di conseguenza era irrilevante per il diritto e anche il suo studio375. In altre parole si dubitava della stessa rilevanza giuridica del fenomeno che poi sarebbe stato conosciuto con la denominazione di atto interno, tanto da

372

Sui provvedimenti amministrativi si veda A.M.SANDULLI, Manuale di diritto amministrativo, Napoli, Jovene, 1989, pag. 611 ss., per cui il provvedimento si caratterizza, infatti, per il fatto che consiste in “statuizioni destinate a produrre modificazioni di situazioni giuridiche, ovvero (correlativamente) a rifiutare le modificazioni eventualmente richieste dagli interessati… o quelle che l’Amministrazione sia ex officio tenuta a decidere se operare o meno a certe scadenze o in certe situazioni indicate dalla legge”.

373

G.BARONE, Aspetti dell’attività interna della pubblica amministrazione, op. cit., pag. 4.

374

Non si fa espresso riferimento agli atti interni in A.AMORTH, voce Atti amministrativi, in Nuovo dig. it., vol. I, Torino,1937, pag. 1093.

375

giustificare la mancanza di un’analisi di tale tipologia di atti amministrativi che allora non erano considerati tali376.

La spiegazione di una concezione così radicale è abbastanza semplice, in quanto l’amministrazione, nel suo complesso, e, quindi, anche nell’attività che svolge, era guardata in quel periodo come un corpo separato rispetto alla società civile composta dai cittadini, i cui poteri andavano necessariamente contenuti.

È dunque comprensibile come non si potesse rivolgere l’attenzione agli atti che l’autorità poneva in essere al suo interno. Si riteneva che l’amministrazione nell’ambito della sua autonomia, avesse un’ampia possibilità di azione, insindacabile da parte di chiunque, purchè ovviamente non si scontrasse con i limiti esterni posti dalla legge. Pertanto, si riteneva che l’amministrazione avesse una sfera di autonomia all’interno della quale poteva svolgere l’azione che più ritenesse opportuna, senza che questa potesse essere assoggettata a sindacabilità da parte di un’autorità esterna, secondo una concezione radicale del noto principio di separazione dei poteri377. Detto in altri termini la pubblica amministrazione e i cittadini erano considerati come due corpi separati dell’ordinamento giuridico ognuno titolare di un proprio campo di azione interno del quale l’altro soggetto era opportuno si disinteressasse proprio perché ad esso estraneo378.

Infatti, se è pur vero che l’amministrazione svolgeva compiti volti a promuovere il benessere sociale comportanti un concreto intervento in vari settori della vita civile, certamente questo fatto non ha comportato un interesse dell’ordinamento generale in ordine alla fitta trama di rapporti di organizzazione interna e agli atti che precedono l’emanazione dei provvedimenti a rilevanza esterna. Si riteneva che questo settore non solo fosse rimesso solo ed esclusivamente all’amministrazione stessa ma soprattutto che fosse lontano dal potere della legge, e comunque la sua funzione preminente non supportava o forniva un impulso all’azione pubblica, ma piuttosto si poneva come suo limite379.

La nozione di atto amministrativo interno e l’esame di alcune problematiche non tardarono però ad arrivare nel dibattito della dottrina. Questo fu conseguenza sia della nascita di

376

G.B. VERBARI, L’attività amministrativa interna, Roma, 1970, pag. 1346.

377

Sul principio di separazione dei poteri si rinvia al concetto contenuto nell’Enciclopedia Treccani in

http://www.treccani.it/enciclopedia/separazione-dei-poteri/

378

G.BARONE, Aspetti dell’attività interna della pubblica amministrazione, op. cit., pag. 43-44.

379

alcune questioni che in tema di impugnativa di atti si presentavano alla giurisprudenza, sia del nascere e allo svilupparsi della nozione di procedimento amministrativo380.

Infatti inizialmente venne analizzata la categoria degli atti preparatori del provvedimento finale e questi atti furono chiamati interni381. Si notò però come tali atti pur non avendo una immediata rilevanza esterna, così come invece l’atto conclusivo del procedimento, avevano comunque una rilevanza esterna mediata in quanto influivano sulla validità del provvedimento finale. Questo significa, quindi, che questi atti potevano essere chiamati interni ma senza che ciò comportasse l’esclusione della loro rilevanza nell’ambito dell’ordinamento generale, in quanto la legge assegnava a tali atti un posto prestabilito nell’ambito della sequenza procedimentale382. Si trattava, in altre parole, di quegli atti interni che potevano assumere una rilevanza esterna, di cui si è detto in precedenza. Tuttavia ad un certo punto ci si rese conto che la definizione appena fornita lasciava insoddisfatti, in quanto accanto agli atti di cui si è appena detto, esistevano comunque altri atti che nessuna disposizione di legge finale prevedeva neanche come atti di organizzazione; tuttavia esistevano e influivano sull’agire della pubblica amministrazione. La loro caratteristica fu piuttosto individuata nella circostanza che esaurivano i loro effetti nell’ambito dell’amministrazione, e ciò differenziava questi atti da quelli interni che potevano avere una rilevanza esterna. Questa tipologia di atti poteva al massimo assumere rilevanza esterna mediata solo in via meramente eventuale e col concorso di volta in volta di determinate circostanze concrete. Ma una volta stabilito che essi non erano idonei a valicare l’ambito dell’amministrazione e quindi non potevano in nessun modo incidere sulle situazioni soggettive dei cittadini, si specificò che tali atti erano qualificabili come atti atipici, e di conseguenza sottratti ad una preventiva disciplina giuridica383.

Sulla base dell’elaborazione dottrinale e giurisprudenziale nasce dunque la già ricordata concezione dell’atto interno. Come detto in precedenza il concetto di atto interno è

380

Sulla nascita del concetto di procedimento amministrativo si veda M.S.GIANNINI, Diritto amministrativo, volume II, terza edizione, Milano, 2003, pag. 91 ss. Inizialmente lo studio del diritto amministrativo era collegato alla definizione di provvedimento amministrativo, proprio per questo motivo il procedimento e gli atti interni che lo compongono non erano ritenuti rilevanti. Solo con l’introudzione dello studio e della considerazione della rilevanza del procedimento amministrativo nasce l’esigenza anche di analizzare gli atti che compongono il procedimento amministrativo, che sono infatti proprio gli atti interni.

381

G.B. VERBARI, L’attività amministrativa interna, op. cit., pag. 1346 ss.

382

G.BARONE, Aspetti dell’attività interna della pubblica amministrazione, op. cit., pag. 49.

383

tradizionalmente identificato come quell’atto amministrativo i cui effetti ordinariamente si esauriscono all’interno dell’amministrazione384.

Il rapporto dell’atto interno con l’attività interna si presenta, dunque, molto stretto, in quanto l’atto interno sarà poi disciplinato da norme interne. È stato osservato come l’atto interno può essere disciplinato unicamente da norme interne e, pertanto, esso non soggiace al principio di legalità, né di conseguenza a quello di tipicità, giacché questi principi vengono in rilievo allorché entra in gioco la dialettica autorità – libertà385.

Ebbene questa evenienza non parrebbe affatto ricorrere nell’ipotesi dell’atto amministrativo interno, in quanto questo, per sua propria natura, non incideva sulla sfera giuridica degli amministrati. Se si allarga il discorso a tutti i possibili atti interni e non solo a quelli che fanno parte di una serie procedimentale, pare chiaro che quest’ultimo punto di vista, nella concezione tradizionale dell’atto interno, non fosse del tutto veritiero o quantomeno non potesse essere considerato come una circostanza concreta che si verificava in termini assoluti. Infatti non appare riscontrabile l’esistenza di un nesso logico inscindibile tra la definizione di atto interno come atto normalmente inidoneo a produrre i suoi effetti fuori dell’apparato amministrativo e la circostanza che esso debba essere previsto e regolato non da norme dell’ordinamento generale, ma unicamente da norme interne. La produzione di effetti soltanto nell’ambito dell’amministrazione non è in rapporto necessario con il fatto che l’atto non sia previsto e disciplinato da norme di legge, ma dipende da una inidoneità dell’atto, considerato in se stesso e nel ruolo che svolge, a produrre effetti diversi e ulteriori rispetto a quelli che produce. In breve, se l’atto interno si individuava per l’ambito dei suoi effetti, quest’ambito può rimanere circoscritto ancorché qualche aspetto o più aspetti dell’atto siano disciplinati per legge386. Più precisamente era possibile affermare già all’interno della concezione risalente di atto interno che la previsione normativa di un determinato atto amministrativo, pur ove lo stesso produca degli effetti limitatamente all’interno dell’apparato amministrativo, è sicuramente possibile. In altre parole un atto interno può essere previsto e disciplinato in tutto o in parte da una norma costitutiva dell’ordinamento giuridico che non sia una mera norma interna. Questa considerazione, pur se non incide ancora sulla concezione di atto interno, che rimaneva quella appena ricordata di un atto che non produce alcun effetto nell’ambito dell’ordinamento giuridico esterno alla pubblica amministrazione, può ritenersi essere il primo piccolo spazio nel quale introdurre una concezione più evoluta di atto interno.

384

G.BARONE, Aspetti dell’attività interna della pubblica amministrazione, op. cit., pag. 48 ss.

385

M.S.GIANNINI, Attività amministrativa, op. cit., pag. 492 ss.

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2.3. La concezione tradizionale di atto interno nella sua evoluzione prima

Nel documento Il diritto di accesso agli atti interni (pagine 119-123)

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