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Danno ambientale e rischio tecnologico: breve ricostruzione storica della relazione tra sostenibilità ambientale e

I L RISCHIO DI DANNO AMBIENTALE E I RAPPORTI TRA IMPRESA ED ECOLOGIA

2. R APPORTO TRA IMPRESA E AMBIENTE NATURALE

2.2. Danno ambientale e rischio tecnologico: breve ricostruzione storica della relazione tra sostenibilità ambientale e

tecnologia

Nella prospettiva d’indagine della disciplina del danno ambientale che si tenterà di sviluppare nel corso del presente capitolo, pare necessaria una breve digressione sul rapporto tra tutela ambientale ed evoluzione tecnologica.

Un aspetto centrale del dibattito circa la conciliabilità della crescita economica con la tutela ambientale è, infatti, da sempre quello della variabilità tecnologica. La tecnologia è sì la principale responsabile dei maggiori danni che oggi affliggono il nostro ecosistema – si pensi all’effetto serra e agli altri fenomeni di inquinamento su scala globale, o al degrado ambientale legato alla costante produzione di rifiuti –, ma al contempo essa è anche la principale fonte di progresso dei sistemi industriali.

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154 Tali standard, elaborati della International Organization for Standardization (ISO), sono relativi

alla gestione imprenditoriale in generale. In particolare gli ISO 1400, la cui ultima versione risale al 2015, concernono la gestione ambientale.

Si veda al riguardo, www.iso.org; mentre i dati citati sono rintracciabili a http://www.iso.org/iso/home/standards/certification/iso-

survey.htm?certificate=ISO%209001&countrycode=AF,ultima consultazione 8 febbraio 2017. Si veda altresì infra Para. 4.2, Le iniziative di reporting: gli standard ISO 14001.

Storicamente, nel rapporto tra ambiente e tecnologia possiamo individuare tre approcci distinti155. Nel periodo che va dalla rivoluzione industriale, attraverso due secoli, fino alla fine degli anni sessanta del secolo scorso, l’ambiente era percepito come risorsa sostanzialmente illimitata, nonostante forme di inquinamento e deterioramenti ambientali si fossero già manifestati a seguito dello sviluppo tecnologico156.

Successivamente, con lo sviluppo, dagli anni settanta del novecento, dei primi movimenti ambientalisti, con la loro visione di totale contrapposizione tra impresa e ambiente, emerge una forte sfiducia sociale nei confronti dell’innovazione tecnologica157. Sentimento rafforzato dai gravi incidenti industriali di Seveso, Bhopal e Three Mile Island158.

Bisognerà attendere la metà degli anni ottanta e l’elaborazione del concetto di sviluppo sostenibile affinché si formi nuovamente un sentimento di fiducia nei confronti della tecnologia, la quale diviene, in questa terza fase, uno strumento che consente di conciliare, a livello imprenditoriale, il fine della competitività con quello della tutela ambientale.

Oggi, è pacifico come l’innovazione tecnologica sia necessaria allo sviluppo sostenibile; la domanda che il legislatore nazionale e quello europeo si pongono è piuttosto relativa alle modalità di orientamento del cambiamento tecnologico e di quali siano gli incentivi più opportuni per generare e diffondere prodotti e processi a basso impatto ambientale159. Per quanto quindi l’innovazione tecnologica sia senza dubbio un presupposto essenziale al perseguimento dell’obiettivo della sostenibilità, tuttavia, si è consapevoli che ogni tecnologia interferisce con l’ambiente in modo più o meno lesivo a livello di consumo di !!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!

155 Tripartizione elaborata da N.MISANI,S.POGUTZ,A.TENCATI, Tecnologia e comunicazione nelle

gestione ambientale, cit., p. 16-17.

156 Già nel 1852 si rinviene il primo fenomeno di piogge acide a Manchester, mentre nel 1860

l’inquinamento del Tamigi, a Londra, obbligò il Parlamento inglese a trasferirsi a causa di esalazioni maledoranti. Si veda,P.PISTORIO, Azienda pulita che passione!, in L’impresa ambiente, 4, 1996, p. 48 ss.

157 Uno dei padri del movimento ambientalista statunitense, Barry Commoner, individuava nel

successo tecnologico la prima causa della moderna crisi ambientale. Si veda B.COMMONER, Il cerchio da

chiudere, Milano, 1987. Ma si veda anche N.GEORGESCU-ROEGEN, Energia e miti economici, Torino,

1982.

158 Si vedano i riferimenti supra nota 58.

159 Si consideri il settore chimico e le relativa esigenze di rimpiazzare componenti tossico-nocivi; il

settore agro-alimentare e i problemi relativi ai pesticidi; o ancora all’impiego di paste prive di cloro nel settore cartario; ecc. In tutti questi settori è l’innovazione che crea nuove soluzioni tecnologiche in grado di moderare il carico per l’ambiente naturale.

materie prime, di energia e di altre risorse, ovvero a livello di emissioni inquinanti e produzione di rifiuti. Non esistono, ad oggi, tecnologie completamente “pulite”, ossia prive di ogni impatto sull’ambiente naturale. Ancora, il giudizio circa la “pulizia” di determinate tecnologie è sempre relativo; esso muove da un bilanciamento dei valori in gioco e da un’analisi dei costi e benefici connessi alle possibili alternative disponibili. Tuttavia, poiché, come detto, l’evoluzione tecnologica costituisce lo strumento principe per garantire uno sviluppo economico sostenibile a livello ambientale, «un atteggiamento di rifiuto della tecnologia significherebbe rinunciare al miglioramento della qualità della vita che l’evoluzione delle conoscenze scientifiche e le tecnologie hanno sino ad oggi consentito»160.

L’utilizzo delle nuove tecnologie è, inoltre, necessario per il ripristino o per la prevenzione dei danni all’ambiente naturale. Si fa riferimento, in questo senso, alle cosiddette tecnologie ambientali, ossia agli interventi tecnologici volti a contenere il degrado ambientale. Esse comprendono le c.d. tecnologie end of pipe, ossia quelle tecniche di trattamento dell’inquinamento a valle dei processi produttivi che non richiedono una variazioni degli impianti di lavorazione, ma si concentrano sulla trasformazione delle sostanze dannose in altre meno nocive o comunque più compatibili, come ad esempio le tecnologie di depurazione delle emissioni o di smaltimento di rifiuti; e le c.d. cleaner technologies, che sono invece dei veri e propri interventi di tipo preventivo che implicano modifiche dei processi produttivi161.

La tecnologia rileva, ai fini della presente indagine, anche come fattore di incertezza. È infatti difficile prevedere gli effetti connessi allo sviluppo di nuove soluzioni tecnologiche. Ancora, è spesso complesso individuare la relazione causa-effetto, in ragione della complessità degli ecosistemi e dell’ampio orizzonte temporale in cui solitamente si manifestano e si comprendono propriamente tali effetti.

Le incertezze insite in molte soluzioni tecnologiche non devono però comportare una rinuncia all’utilizzo della scienza per la misurazione e valutazione dei rischi, ma si deve !!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!

160 N.MISANI,S.POGUTZ,A.TENCATI, Tecnologia e comunicazione nelle gestione ambientale, cit.,

p. 34.

161 Le c.d. cleaner technologies sono fortemente incentivate a livello di Unione Europea. Si veda

con riguardo alle tecnologie ambientali in generale, E. GERELLI (a cura di), Tecnologia pulite: strategie e

al contempo riconoscere la rilevanza di quella che è la percezione soggettiva e l’interpretazione culturale del rischio162.

È dunque opportuno concentrare l’attenzione sulla ricerca scientifica e ridefinire i criteri di progettazione delle nuove tecnologie, al fine di consentire analisi e valutazioni ex-ante che, da un lato, non siano di ostacolo al processo innovativo e, dall’altro, tutelino effettivamente l’equilibrio degli ecosistemi, ciò tuttavia senza dimenticare che vi è sempre un margine di discrezionalità, di incertezza, rimessa alla decisione gestoria, che potrà o meno, come vedremo, rientrare nella ambito della cosiddetta discrezionalità degli amministratori laddove l’impresa sia organizzata in forma societaria163.

3.

A

MBIENTE COME BENE GIURIDICO MERITEVOLE DI

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