I L GOVERNO DEL RISCHIO AMBIENTALE E IL RIFLESSO SULLA DIMENSIONE ORGANIZZATIVA DELLE SOCIETÀ D
2. P ROFILI DI RESPONSABILITÀ DEGLI AMMINISTRATORI DI SOCIETÀ
2.1. L’azione sociale di responsabilità: presupposti e onere probatorio
2.1.1. Da responsabilità da posizione a responsabilità da funzione
L’accertamento del nesso di casualità tra condotta gestoria e danno è, tuttavia, complesso non solo con riferimento specifico al danno ambientale, ma più genericamente per tutti i danni, stante la separazione tra “proprietà” e “gestione” che caratterizza le società di capitali e il possibile deficit informativo tra i due. In particolare, mentre nelle società di piccole dimensioni, o a conduzione familiare, ovvero in quelle società con una struttura organizzativa più semplice è più immediato accertare tale nesso; nelle società a organizzazione complessa le criticità aumentano esponenzialmente470.
!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!
Gitti, F. Delfini, D. Maffeis, Milano, 2015, p. 1965 ss.
469 Cfr. art. 157 c.p. che commisura il termine al massimo della pena edittale; termine comunque
mai inferiore a sei anni, per i delitti, o a quattro anni, per le contravvenzioni.
470 L’intero discorso che si sta per muovere assume rilievo solo in presenza di un’amministrazione
pluripersonale, collegiale in particolare. L’amministratore unico è comunque ammissibile in tutte le società ad eccezione delle s.p.a. quotate – il cui consiglio di amministrazione deve necessariamente essere composto da almeno un amministratore indipendente e uno nominato dalla minoranza, come richiesto altresì dal codice di autodisciplina – e nelle s.p.a. o s.a.p.a. che abbiamo adottato un sistema di amministrazione alternativo a quello “tradizionale”, latino.
In caso di amministrazione unipersonale, i doveri del c.d.a. si concentrano in capo all’amministratore unico il quale quindi può/deve esercitare tutte le funzioni gestorie proprie dell’organo amministrativo.
L’amministratore unico è altresì ammesso nelle s.r.l.; per tutti, G.C.M. RIVOLTA, I regimi di
amministrazione nella società a responsabilità limitata, cit., p. 517 ss.
Con riferimento, invece, alle società cooperative, la questione è dibattuta. Parte della dottrina esclude tale possibilità da una interpretazione letterale dell’art. 2542 c.c., rubricato Consiglio di amministrazione, unica norma dettata per l’amministrazione di cooperative e mutue assicuratrici del Titolo VI, così A. BARTALENA, sub art. 2519, in Commentario alla riforma delle società, diretto da P. Marchetti,
L.A. Bianchi, F. Ghezzi, M. Notari, a cura di G. Presti, Milano, 2006, p. 113 ss. Altra parte della dottrina (maggioritaria) tuttavia legge in tale disposizione la “mera” regolamentazione dell’ipotesi di aministrazione collegiale, senza però di per sé escludere un’amministrazione unipersonale, così F. VELLA,
Alla luce di tali complessità, prima della riforma dell’art. 2932 c.c., si faceva discendere dal funzionamento a maggioranza del consiglio di amministrazione una responsabilità solidale di tutti gli amministratori, indipendentemente dalla sussistenza di una loro colpa specifica. Il secondo comma dell’art. 2932 c.c. vecchia versione, infatti, disciplinava espressamente la c.d. culpa in vigilando, come di fatto, una responsabilità “da posizione”, facendo discendere la responsabilità dalla stessa qualifica di consigliere. Tutti gli amministratori erano, ossia, assoggettati al medesimo grado di diligenza e dalla semplice qualifica derivava di fatto la colpa e il nesso di causalità471, a prescindere dalla prova della colpa specifica472. Era però, già all’epoca, previsto un meccanismo di esenzione da colpa, disciplinato dall’art. 2392, u.c., c.c., che richiedeva, similmente alla versione odierna, la manifestazione del dissenso e la sua comunicazione immediata. Con la riforma dell’art. 2392 c.c. si interviene nel tentativo di predisporre una tutela per quell’amministratore diligente, che non ha in alcun modo contribuito alla verificazione del danno, per evitare che questi sia comunque chiamato a rispondere solidalmente con i colleghi, senza però al contempo svilire il diritto al risarcimento della società e dei creditori sociali. Il legislatore acquista ovvero consapevolezza della sempre più diffusa tendenza alla ripartizione di ruoli e funzioni all’interno del consiglio di amministrazione, soprattutto di grandi o complesse società, che la stessa riforma, attribuendo maggior rilievo alla procedimentalizzazione dell’attività decisoria e dando rilevanza ai
!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!
sub art . 2542, in Commentario alla riforma delle società, diretto da P. Marchetti, L.A. Bianchi, F. Ghezzi,
M. Notari, a cura di G. Presti, Milano, 2006, p. 337 ss.
471 Dottrina minoritaria faceva discendere da tale impostazione della norma, così come interpretata
dalla giurisprudenza, una sorta di responsabilità oggettiva. La dottrina maggioritaria invece, già prima della riforma, qualificava la responsabilità degli amministratori come responsabilità per fatto proprio, anche se di fatto la culpa in vigilando rendeva arduo essere scriminati in concreto. Per una ricostruzione delle diverse opinioni dottrinali sul punto, si veda B. QUATRARO, L.G. PICONE, La responsabilità di
amministratori, sindaci, direttori generali e liquidatori di società, t. I, Milano, 1998, a p. 540 ss. Per una
ricostruzione della disciplina della responsabilità degli amministratori a cavallo della riforma del 2003 si veda M.RABITTI, Rischio organizzativo e responsabilità degli amministratori, cit., in particolare p. 211 ss.
472 S. PATTI, La responsabilità degli amministratori: il nesso di causalità, in Resp. civ. e prev.,
2002, p. 601 ss. A p. 604 in particolare, l’autore osserva come, da un’analisi giurisprudenziale, emergeva un uso estremamente diffuso e distorto delle presunzioni ad opera dei giudici investiti di cause relative alla responsabilità degli amministratori, le quali non invertivano “semplicemente” l’onere della prova, ma implicavano una vera e propria deduzione del nesso di causalità: talvolta le parti, osserva l’autore, apprendevano solo al momento della lettura della sentenza che il coinvincimento del giudice si era basato su presunzioni.
responsabili di singole fasi o atti del procedimento decisorio, ha amplificato473.
Coerentemente, viene rimosso il riferimento alla culpa in vigilando e si ribadisce che l’amministratore risponde per la violazione dei propri doveri.
Tuttavia, l’art. 2381, co. 3, c.c. attribuisce al consiglio nella sua interezza il dovere di vigilare sul generale andamento della gestione, sulla base delle informazioni fornitegli dagli amministratori esecutivi. Anche in caso di delega di funzioni, infatti, il consiglio ha sempre il potere di impartire direttive, avocare le materie delegate e persino revocare la delega474. Esso ha diritto a venir periodicamente informato dagli amministratori esecutivi sul generale andamento della gestione, sulla sua prevedibile evoluzione e sulle operazioni di maggior rilievo realizzate475. Il metodo di lavoro odierno del consiglio di
!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!
473 Si legge nella relazione al d.lgs., 17 gennaio 2003, n. 6, entrato in vigore il 1° gennaio 2004, di
riforma del diritto societario, che «La eliminazione dal precedente secondo comma dell’art. 2392 dell’obbligo di vigilanza sul generale andamento della gestione, sostituita da specifici obblighi ben individuati (…) tende, pur conservando la responsabilità solidale, ad evitare sue indebite estensioni che, soprattutto nell’esperienza delle azioni esperite da procedure concorsuali, finiva per trasformarla in una responsabilità sostanzialmente oggettiva, allontanando le persone più consapevoli dall’accettare o mantenere incarichi in società o in situazioni in cui il rischio di una procedura concorsuale le esponeva a responsabilità praticamente inevitabili», così Para. 6, III, 4.
474 La giurisprudenza ha chiarito come la delega di funzioni del consiglio di amministrazione non
possa considerarsi come un mandato e neppure paragonarsi a una delega di tipo amministrativo, ma consiste in caso tipico di autorizzazione con cui si attribuisce ad un soggetto la facoltà di esercitare da solo poteri che già gli spetterebbero in qualità di membro dell’organo investito di tale potere (il consiglio di amministrazione). Ne consegue che la revoca è un atto di organizzazione insindacabile, giustificato dal venir meno, per qualsiasi motivo, a prescindere dalla sussistenza di una giusta causa, del rapporto fiduciario tra i membri del consiglio di amministrazione.
L’amministratore, a cui venga revocata la delega senza giusta causa, non ha diritto al risarcimento del danno, non applicandosi in via analogica l’art. 2383, co. 3, c.c. dettato per la revoca, ad opera dell’assemblea ordinaria, degli amministratori in generale. Così, Trib. Roma, 22 gennaio 2014, n. 1543, reperibile su www.giurisprudenzadelleimprese.it.
475 Gli organi delegati devono riferire al consiglio di amministrazione con la cadenza fissata
dall’atto costitutivo, e comunque almeno ogni 180 giorni, e il consiglio è tenuto a verificare tali informazioni. Ciascun membro non esecutivo può infatti richiedere agli amministratori esecutivi di ricevere informazioni; e la richiesta dovrà essere rivolta agli organi delegati, ma le informazioni dovranno essere rese all’intero consiglio. Si ritiene da eslcudere, quindi, il potere del consigliere non esecutivo di richiedere direttamente la documentazione che vorrebbe acquisire. La giurisprudenza al riguardo ha chiarito come l’amministratore non esecutivo non abbia un indistinto potere di ispezione e consultazione della documentazione della società in quanto indagini meramente esplorative potrebbero cagionare un danno all’ordinario svolgimento dell’attività. Ciò a meno che dalle informazioni già in possesso del consigliere non emergano segnali di allarme con riferimento ad un possibile pregiudizio per la società, oppure nel caso in cui siano state riscontrate delle carenze informative sospette o evidenti irregolarità, per i quali il consigliere è anzi tenuto ad attivarsi. Così il Trib. Milano, 17 dicembre 2012, n. 70698, disponibile su www.giurisprudenzadelleimprese.it.
amministrazione può quindi definirsi un metodo dialettico476, in cui – nella più netta ripartizione dei ruoli e procedimentalizzazione del processo decisionale – in presenza di uno o più amministratori delegati, ovvero di un comitato esecutivo, si crea una vera e propria dicotomia tra amministratori esecutivi e non esecutivi, i primi più informati rispetto ai secondi, ma al contempo si incentivano gli scambi di informazioni all’interno dell’organo amministrativo477.
Nonostante tale più netta ripartizione di ruoli, la responsabilità degli amministratori resta comunque genericamente solidale, anche se questa è oggi attenuata rispetto alla disciplina precedentemente in vigore. In particolare, la regola di responsabilità solidale degli amministratori può venir meno in presenza di deleghe, anche di fatto, a meno che la questione, per quanto delegata, sia presentata all’attenzione del consiglio.
Da una formulazione un po’ contorta dell’art. 2392 c.c. – che impone quantomeno una lettura dei commi in ordine decrescente – si deduce che può essere esentato da responsabilità colui che faccia senza ritardo annotare il proprio dissenso alla decisione consiliare, nel libro delle adunanze e delle deliberazioni del consiglio, informando altresì immediatamente e per iscritto il presidente del collegio sindacale, ma purché sia esente da colpa. I consiglieri non esecutivi possono essere ritenuti esenti da colpa laddove il danno derivi da una azione o una omissione che sia conseguenza di attribuzioni proprie del comitato esecutivo o di funzioni in concreto attribuite ad amministratori esecutivi, e purché abbiano fatto quanto potevano per impedire il compimento del danno o eliminarne, o attenuarne, le conseguenze pregiudizievoli478. Di contro, gli amministratori sono sempre responsabili solidalmente per le funzioni non delegabili.
Tale definizione di solidarietà, che appare effettivamente attenuata rispetto alla responsabilità “da posizione” pre-riforma, deve tuttavia essere contestualizzata, in particolare alla luce del generale dovere di tutti gli amministratori di agire in modo !!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!
476 C. ANGELICI, La società per azioni: principi e problemi, cit., a p. 388. Il presidente svolge una
funzione di cerniera fra gli amministratori esecutivi e il consiglio di amministrazione, ai sensi dell’art. 2381, co.1, c.c. che richiede al presidente di convocare il c.d.a., fissandone l’ordine del giorno e provvedendo affinchè adeguate informazioni sulle materie iscritte all’o.d.g. siano fornite a tutti i consiglieri.
477 Si veda supra, Para. 1.3.1, (Segue) In particolare il dovere di informazione.
478 Così anche G. MOLLO, Il sistema di gestione informata nella s.p.a. e la responsabilità degli
informato, ovvero il dovere(-potere) di richiedere informazioni ulteriori o chiarimenti a tal fine479. Il legislatore della riforma impone, dunque, l’instaurarsi di un costante dialogo tra consiglio di amministrazione e organo delegato. Coerentemente, l’amministratore non potrà fare acriticamente affidamento nemmeno sulle informazioni o l’operato di terzi480. Al riguardo si segnala la recente presa di posizione della Corte di cassazione che, a fronte dell’impugnazione da parte di amministratori di s.p.a. condannati dal giudice di merito su azione di responsabilità proposta dal curatore fallimentare, ex art. 146 l. fall., i quali lamentavano appunto la violazione dell’art. 2392 c.c. dove questo “grada” la responsabilità degli amministratori in base alla loro funzione, ha chiarito come possa sussistere la responsabilità dell’amministratore non esecutivo per danni connessi a materie delegate solo laddove sia configurabile una sua violazione del dovere di agire informati, «sia sulla base delle informazioni che a detti amministratori devono essere somministrate, sia sulla base di quelle che essi possono acquisire di propria iniziativa»481. In caso contrario, si sarebbe altresì rischiato di configurare una fattispecie di responsabilità oggettiva.
Tra co-amministratori solidalmente responsabili sarà inoltre possibile gradare la responsabilità a seconda delle rispettive colpe, calcolate in base alla relativa diligenza, come a sua volta parametrata non solo alla natura dell’incarico, ma altresì alle specifiche competenze e professionalità.
La responsabilità civile non discende più, quindi, dalla “posizione”, ovvero dall’essere membro del consiglio di amministrazione, ma dalla “funzione” svolta in concreto482. Si ritiene, invece, non scriminante l’eventuale autorizzazione dell’assemblea dei soci, qualora questa sia prevista come necessaria per disposizione di legge o di statuto. Laddove una determinata operazione gestoria cagioni un danno, quindi, anche se autorizzati dall’assemblea, gli amministratori risponderanno anche nei confronti della
!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!
479 Così art. 2381, co. 6, c.c. per il dovere di agire informati e per il potere-dovere di richiedere
informazioni.
480 Così, ad esempio, Cass., 7 maggio 2015, n. 9193, in Giur. it., 2015, p. 1916 ss., con nota di F.
RIGANTI, Dovere di vigilanza e società di revisione.
481 Così Cass. civ., sez. I, 31 agosto 2016, n. 17441.
società e non solo nei confronti dei creditori sociali, o dei singoli soci o terzi483. Ancora, è espressamente previsto – quantomeno per le società di capitali484 – che l’approvazione del bilancio di per sé non implica la liberazione degli amministratori.
Il sistema è tuttavia bilanciato dal dovere posto dall’art. 2392, co. 2, c.c. in capo a tutti i consiglieri, a prescindere dalle funzioni in concreto esercitate, i quali sono chiamati a intervenire laddove vengano a conoscenza di fatti pregiudizievoli, a tal fine dovendosi attivare per prevenire i danni.