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Il cosiddetto “bilancio ambientale”

I L RISCHIO DI DANNO AMBIENTALE E I RAPPORTI TRA IMPRESA ED ECOLOGIA

4. S TRUMENTI “ GREEN ” AD ADESIONE VOLONTARIA

4.5. Il cosiddetto “bilancio ambientale”

Tra gli strumenti d’informazione circa l’adesione a un sistema di gestione imprenditoriale sensibile a istanze ambientali, non ultimo per importanza, troviamo il c.d. Triple Bottom Line255. Fenomeno in ascesa a livello mondiale, esso prevede che l’impresa rediga periodicamente due documenti relativi alle performance della stessa a livello di sostenibilità ambientale e sociale – rispettivamente un bilancio ambientale e un bilancio sociale – da affiancare al bilancio d’esercizio, ossia all’immagine della situazione patrimoniale e finanziaria, nonché del risultato economico dell’esercizio256. La Triple Bottom Line muove dall’idea di fondo secondo cui il bilancio d’esercizio tradizionale non è in grado di fornire una rappresentazione completa di quelli che sono i costi legati all’attività d’impresa, i quali possono invece essere esaustivamente considerati solo esaminandone altresì l’impatto ambientale e sociale.

Il bilancio ambientale è un documento volto a fornire indicazioni circa le prestazioni ambientali dell’impresa, espresse in termini monetari/fisici (ad esempio, flussi periodici !!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!

255 Tra i primi autori che hanno sviluppato il concetto della triple bottom line, si veda J. ELKINGTON,

Cannibals with Forks: the Triple Bottom Line of 21st Century Business, Cambridge, 1997; tra i più recenti,

invece, B. WILLARD, The Sustainability Advantage: Seven Business Case Benefits of a Triple Bottom Line,

Gabriola Island, 2002; A.W. SAVITZ, K. WEBER, The Triple Bottom Line: How Today’s Best-Run

Companies Are Achieving Economic, Social and Environmental Success - and How You Can Too, San

Francisco, 2014.

256 Tra gli autori nazionali, invece, C.CATTENEO, Il bilancio sociale nell’evoluzione dei rapporti tra

di energia, capitali, materia, ecc.)257. Esso risponde a funzioni di gestione, di comunicazione e d’identificazione dei costi ambientali e dei profili di criticità relativi; è strumentale all’adozione di decisioni future più consapevoli, incide positivamente sul piano reputazionale e permette l’elaborazione di strumenti di monitoraggio funzionali all’attuazione di un sistema di gestione ambientale.

Questi documenti sono spesso utilizzati per attuare un impegno già assunto con i codici etici: mentre quest’ultimi dettano ex ante gli impegni nei confronti degli stakeholders diversi dagli azionisti e le regole alle quali la società decide di conformarsi in tema di responsabilità sociale delle imprese, i bilanci ambientale e sociale esaminano, ex post quindi, i comportamenti socialmente responsabili tenuti dall’impresa con riferimento ad un specifico intervallo temporale (l’esercizio)258.

A livello di Unione Europea, già dal 2011, la Commissione europea aveva iniziato a sottolineare la necessità per le imprese di dotarsi di strumenti esplicativi dell’impatto delle loro attività su ambiente e società civile, al fine ultimo d’incentivare la trasparenza delle informazioni ambientali e sociali. Nel 2014, la direttiva del 22 ottobre, n. 95, ha quindi modificato la disciplina europea in materia di informativa di bilancio per le società di capitali non soggette all’applicazione dei principi contabili IAS/IFRS, ammettendo e incentivando la divulgazione d’informazioni non finanziarie. Sono i cosiddetti non financial statements, da inserire, ad esempio, nella nostra relazione sulla gestione, come redatta dagli amministratori259.

La direttiva in questione, così come emendata, rende obbligatorio per le imprese di interesse pubblico e che superano determinate dimensioni (numero medio di 500 lavoratori assunti durante l’esercizio di riferimento), nonché per i gruppi d’imprese, la comunicazione delle informazioni non finanziarie.

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257 Per facilitare la redazione dei bilanci di sostenibilità, si assiste allo sviluppo di sistemi di

standardizzazione tra i quali merita menzione il Global Reporting Initiative (GRI) (dell’Organizzazione delle Nazioni Unite), ISO 26000.

Di diversa portata, ma altresì rilevante sotto il profilo ambientale, è la norma UNI ISO 26000. Pubblicata nel 2010, essa non mira a assicurare una certificazione all’impresa, ma fornisce una guida sugli aspetti fondamentali della responsabilità sociale.

258 Cfr. R.COSTI, La responsabilità sociale dell’impresa e il diritto azionario, cit.,

259 Direttiva 2014/95/UE del Parlamento Europeo e del Consiglio del 22 Ottobre 2014, pubblicata in

GUE il 15 novembre 2014. Si veda, Informazioni non finanziarie e in materia di diversità nella

In Italia, la direttiva è stata recepita con d.lgs. 30 dicembre 2016, n. 254, il quale, all’art. 3, coerentemente con quanto già specificato nella Direttiva 2014/95/CE, prevede che la cosiddetta “dichiarazione individuale di carattere non finanziario” debba contenere informazioni circa: (i) l’impatto ambientale260, (ii) l’impatto sociale; (iii) i dipendenti; (iv) il rispetto dei diritti umani; e (iv) la lotta contro la corruzione. Le informazioni dovrebbero essere fornite, gradandole in relazione all’attività concretamente esercitata e valutando quelle che sono i caratteri di specificità dell’impresa, in modo da «assicurare la comprensione dell’attività di impresa, del suo andamento, dei suoi risultati e dell’impatto dalla stessa prodotta». Nel dettaglio, la dichiarazione dovrà descrivere: a) il modello aziendale di gestione e organizzazione imprenditoriale, tra cui i modelli di organizzazione e di gestione eventualmente adottati ex art. 6, co.1, d.lgs. n. 231/2001; b) le politiche adottate «comprese quelle di dovuta diligenza, i risultati conseguiti tramite di esse ed i relativi indicatori fondamentali di prestazione di carattere non finanziario»; e ancora c) i principali rischi, generati o subiti, connessi all’impatto, tra gli altri, ambientale, che derivano dalle attività d’impresa, dai prodotti e servizi, e dai rapporti commerciali, inclusi eventualmente anche le catene di fornitura e subappalto laddove rilevanti.

Nel rispetto di quanto dettato dalla direttiva, anche la normativa italiana non si applica indistintamente a tutte le attività imprenditoriali, ma solamente a enti d’interesse pubblico che contino una media di dipendenti nell’esercizio di riferimento superiore a cinquecento e che alla chiusura dell’esercizio abbiano, alternativamente, il valore dello stato patrimoniale superiore a 20.000.000 euro o il valore dei ricavi netti superiore a 40.000.000 euro.

Per tali imprese, la redazione della “dichiarazione individuale di carattere non finanziario” si inserisce negli obblighi di cui all’art. 2428, co. 1 e 2 c.c., quando si richiede una «descrizione dei maggiori rischi e incertezze cui la società è esposta», e «se !!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!

260 L’art. 3, co. 2, si premura poi di precisare, con riferimento alle informazioni concernenti

l’impatto ambientale, come queste debbano concernere quantomeno «a) l’utilizzo di risorse energetiche, distinguendo fra quelle prodotte da fonti rinnovabili e non rinnovabili, e l’impiego di risorse idriche; b) le emissioni di gas ad effetto serra e le emissioni inquinanti in atmosfera; c) l’impatto, ove possibile sulla base di ipotesi o scenari realistici anche a medio termine, sull'ambiente nonchè sulla salute e la sicurezza, associato ai fattori di rischio di cui al comma 1, lettera c), o ad altri rilevanti fattori di rischio ambientale e sanitario».

del caso» gli indicatori di risultato non finanziari.

Al di fuori dei destinatari di tale normativa, di contro, la decisione circa la predisposizione di un bilancio sociale e/o di un bilancio ambientale resta oggi scelta prettamente volontaria, di politica di gestione aziendale. Similmente alla decisione di dotarsi di un codice etico, l’adozione di un bilancio ambientale può tuttavia avere una certa utilità da un punto di vista manageriale, al fine di migliorare la consapevolezza dell’impatto ambientale e sociale all’interno dell’impresa e per valutare con maggior coscienza i possibili rischi di danno ambientale che l’attività imprenditoriale genera. Ancora, tali documenti possono svolgere una funzione importante nella comunicazione con i vari stakeholders, incidere a livello di reputazione dell’impresa sul mercato, oltre ad essere fondamentali per l’accesso ai rating di tipo etico poc’anzi trattati.

4.6.

Alcune riflessioni conclusive sulla disciplina di tutela

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