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Gli strumenti internazionali di tutela ambientale

I L RISCHIO DI DANNO AMBIENTALE E I RAPPORTI TRA IMPRESA ED ECOLOGIA

3. A MBIENTE COME BENE GIURIDICO MERITEVOLE DI TUTELA : INCERTEZZE DEFINITORIE

3.4. Gli strumenti internazionali di tutela ambientale

È a livello internazionale che si rinviene storicamente, già negli anni ’50 del secolo scorso, una precoce tutela dell’ambiente naturale203.

Alla Conferenza di Stoccolma sull’ambiente umano, convocata dalle Nazioni Unite il 16 giugno 1972, si pose invece per la prima volta propriamente il problema della tutela !!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!

201 Art. 37 Carta di Nizza. Dal 2009, la Carta di Nizza è parte integrante dei trattati UE ed entra

dunque direttamente nel nostro ordinamento nazionale, per il tramite dell’art. 117, co. 1, Cost.

202 Si veda ad esempio COMMISSIONE EUROPEA, Results of the public consultation on the Europe

2020 strategy for smart, sustainable and inclusive growth COM(2015) 100 final, Bruxelles, 2 Marzo 2015.

203 Il primo documento in materia è probabilmente la Convenzione di Londra del 1954 in materia

inquinamento marino da idrocarburi, ovvero alcune disposizioni della Convenzione di Ginevra sul diritto del mare. Tuttavia, al 1941 risale la famosa sentenza arbitrale sul caso della fonderia di Trail – prima pronuncia che specificamente si occupa di una controversia fra Stati in materia di ambiente (e quindi in questo senso è spesso menzionata come origine del diritto internazionale dell’ambiente) – la quale sancì la responsabilità del Governo canadese in relazione ai danni che la fonderia arrecava con le sue emissioni in atmosfera agli agricoltori degli Stati Uniti, configurando così un tipico caso di inquinamento transfrontaliero.

ambientale come problema globale, in grado di oltrepassare le frontiere nazionali, necessitando dunque di una disciplina sovranazionale204.

Il bene giuridico ambiente è definito dalla Dichiarazione sull’ambiente umano come ricomprendente delle risorse naturali del globo, ossia «l’aria, l’acqua, la terra, la flora e la fauna, ed in particolare i campioni rappresentativi degli ecosistemi naturali»205.

È solo con la Conferenza di Rio de Janeiro su ambiente e sviluppo del 14 giugno 1992, però, che si afferma chiaramente la necessità di riformare la relazione ambiente e sviluppo intervenendo non più solo sul mero piano normativo, ma anche su prezzi e incentivi economici e fiscali, ossia strumenti capaci di condizionare il mercato e l’economia. Alla Conferenza di Rio si sancisce «l’imprescindibile esigenza di compatibilità tra sviluppo economico-sociale [...] e la tutela dell’ambiente»206. È in questo contesto che viene per la prima volta teorizzato il principio chi inquina paga, oggi centrale nella politica dell’Unione Europea in materia di responsabilità, di istituzioni pubbliche e di imprese private, per danni all’ambiente naturale.

In particolare, l’Agenda 21, uno dei due documenti frutto della conferenza di Rio207, individua tre aspetti fondamentali del rapporto intercorrente tra l’ambiente e il suo “consumatore”, ossia colui che usufruisce delle risorse naturali: (i) la valutazione dei costi che le decisioni di produttori e consumatori generano sull’ambiente, e ciò al fine di stimolare un nuovo approccio all’ambiente naturale da intendersi non più come un bene dallo sfruttamento illimitato e gratuito; (ii) l’utilizzo di principi economici volti a favorire la creazione di nuovi mercati o aree di lavoro in settori quali quello del controllo ambientale o della gestione delle risorse naturali; (iii) lo sviluppo di prezzi rapportati al perimento/danneggiamento dei beni naturali, così da disincentivare il degrado208.

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204 Si veda inoltre infra, Para. 3.4.1, Il sistema CEDU e le imprese multinazionali (cenni).

205 Dichiarazione delle Nazioni Unite alla Conferenza “su L’Ambiente Umano” tenutasi a

Stoccolma da 5 a 16 giugno 1972, che ha considerato il bisogno di prospettive e principi comuni al fine d’inspirare e guidare i popoli del mondo verso una conservazione e miglioramento dell’ambiente umano.

206 V. PEPE, Lo sviluppo sostenibile tra diritto internazionale e diritto interno, in Riv. giur.

ambiente, 2002, p. 209 ss., a p. 215.

207 Insieme alla Dichiarazione di Rio (Rio Declaration on Environment and Development),

disponibile a http://www.jus.uio.no/lm/environmental.development.rio.declaration.1992/portrait.a4.pdf.

Mentre una versione dell’Agenda 21 è disponibile a

https://sustainabledevelopment.un.org/content/documents/Agenda21.pdf.

In quanto dichiarazioni di principio, tali documenti non hanno efficacia giuridica direttamente vincolante nel nostro ordinamento, ma sono interessanti come sintomo di una inversione di pensiero, che riconosce la stretta correlazione intercorrente tra mercato, impresa e ambiente, insistendo sulla necessità di correttivi finanziari, ad esempio a livello di incentivi fiscali ed economici209.

Tra i documenti di rilievo internazionale successivi alla Conferenza di Rio, meritano infine menzione gli UN Guiding Principles on Business and Human Rights del 2011, i quali, pur sempre rivolgendosi agli Stati, hanno posto accentuata attenzione sull’impatto che le imprese direttamente esercitano sui diritti umani. Questa problematica è particolarmente sentita con riferimento alle imprese multinazionali per le violazioni dei diritti umani che queste commettono, in quanto spesso capaci di sfuggire ai meccanismi di repressione, al momento limitati a livello nazionale210. Similmente anche i recentissimi UN Sustainable and Development Goals, adottati il 25 settembre 2015, tra cui si menzionano in particolare gli SDGs 7, 12, 13, 14 e 15211.

3.4.1. Il sistema CEDU e le imprese multinazionali (cenni)

Peculiare è il sistema istituito dalla Convenzione europea per la salvaguardia dei diritti dell’uomo e delle libertà fondamentali (CEDU)212. Alla Corte EDU possono infatti !!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!

209 Vari sono stati poi gli interventi in materia a livello internazionale, dalla Conferenza di

Johannesburg del 2002, sempre Convocata dalle Nazioni Unite, alla Convenzione sui cambiamenti climatici e la Convenzione sulla diversità biologica oltre a numerosissimi accordi multilaterali. Sono ad esempio 152 gli accordi multilaterali indicati nel Register of International Treaties and Other Agreements

in the Field of Environments, redatto dal Unep, Nairobi, 1991, disponibile a http://www.unep.org/delc/Portals/119/publications/register_Int_treaties_contents.pdf, e gran parte di essi vennero conclusi a seguito della Confernenza di Stoccolma. Si veda al riguardo L. PINESCHI, Tutela

dell’ambiente e assistenza allo sviluppo: dalla Conferenza di Stoccolma (1972) alla Conferenza di Rio (1992), in Riv. giur. ambiente, 1994, p. 495 ss.

210 A livello internazionale, infatti, gli obblighi di tutela e non pregiudizio dei diritti umani sono

rivolti ai soli Stati sottoscriventi il Trattato o la Convenzione, ai quali è imposto il dovere di monitorare sull’operato delle imprese coperte dalla propria giurisdizione, prevenendone la commissine di lesioni dei diritti umani, ovvero garantire alla vittime l’accesso a rimedi effettivi; non esiste un giudice internazionale cui l’individuo leso possa rivolgersi per far valere le violazioni subite.

211 Per informazioni relative ai Sustainable and Development Goals, si rimanda alla pagina web

ufficiale: www.un.org/sustainabledevelopment/sustainable-development-goals/.

212 Convenzione internazionale adottata nell’ambito del Consiglio d’Europa. La Convenzione è stata

firmata il il 4 novembre 1950 a Roma ed è entrata in vigore il 3 settembre 1953 (per l’Italia solo il 10 ottobre 1955). L’Italia fu tra i primi dodici Stati firmatari, insieme a Belgio, Danimarca, Francia, Grecia, Irlanda, Lussemburgo, Norvegia, Paesi Bassi, Regno Unito, Svezia e Turchia. La CEDU è stata poi successivamente integrata e modificata da 14 Protocolli aggiuntivi.

rivolgersi direttamente le vittime di violazioni dei diritti previsti dalla Convenzione per chiedere la condanna al risarcimento, tuttavia, non tanto del danneggiante, quanto dello Stato qualora questo non abbia predisposto misure idonee a reprimere e tutelare le violazioni dei diritti in questione. Nella CEDU non vi è però traccia di una previsione a espressa tutela dell’ambiente naturale, ma i casi di inquinamento vengono spesso ricondotti, dalla giurisprudenza della Corte, a violazioni dell’art. 8 CEDU, che tutela la vita privata e familiare213.

Per quanto la CEDU garantisca una tutela dell’ambiente naturale, seppur indiretta laddove si configuri come violazione del diritto alla vita privata e familiare, la portata della Convenzione resta tuttavia limitata alle sole giurisdizioni statali firmatarie (art. 1 CEDU). Non avendo l’impegno portata extraterritoriale, esso non ovvia alla questione delle imprese multinazionali che cagionino danni in Paesi stranieri non membri del Consiglio d’Europa214.

Ancora, a fronte dell’inquinamento di attività imprenditoriali su territorio straniero è al più immaginabile l’instaurarsi di un contenzioso interstatale rispetto ad attività imprenditoriali illecite, ma sono ipotesi molto limitate215, e che comunque non tutelano direttamente gli individui, ma al più lo Stato leso il cui territorio è stato inquinato

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213 Cfr. M. DE SALVIA, Ambiente e Convenzione europea dei diritti dell’uomo: verso un’ecologia

del diritto?, in Riv. internaz. dir. uomo, 1989, p. 432 ss.; G. ALPA, Il diritto soggettivo all’ambiente

salubre: nuovo diritto o espediente tecnico?, in Resp. civ. prev., 1998, p. 4 ss.; N. COLACINO, La tutela

dell’ambiente nel sistema della Convenzione europea dei dritti dell’uomo: alcuni elementi di giurisprudenza, in Dir. gest. ambiente, 2001, p. 192 ss.

214 La Corte EDU ha in realtà tentato di relativizzare tale principio, per mezzo di un’interpretazione

estensiva delle nozione di giurisdizione, arrivando ad includervi tutti i territori in cui lo Stato eserciti un controllo effettivo su una zona fuori dal proprio territorio; è il caso non solo di occupazione militare, ma anche di controllo fattuale (es. guerra civile) o di luoghi di rappresentanza, come ambasciate, ma anche luoghi di detenzione. Il criterio del controllo effettivo però non si presta a situazioni in cui sono imprese multinazionali a violare i diritti umani nei paesi stranieri: in questo caso non è lo Stato di nazionalità della impresa multinazionale (c.d. home state) ad avere il controllo del territorio ma al più la impresa multinazionale stessa. Per tutti, cfr. N. RONZITTI, Introduzione al diritto internazionale, Torino, 2004, in

particolare p. 391 ss.

215 La sentenza Pulp Mills Cote della Corte internazionale di giustizia, ha affermato la responsabilità

internazionale dell’Uruguay che, non avendo controllato alcune imprese sul proprio territorio, aveva consentito l’inquinamento del fiume Uruguay e portato all’inquinamento di altri Stati limitrofi, affermando così quello che è oggi ritenuto un principio generale, secondo cui gli Stati devono evitare che una “propria” impresa cagioni un danno ambientale sul territorio di un altro Stato.

Cfr., A. BONFANTI, Imprese multinazionali, diritti umani e ambiente: profili di diritto, Milano,

dall’attività di un’impresa di Stato limitrofo. L’individuo leso, al di fuori dell’ambito di applicazione della CEDU, non ha quindi tutela216.

Dal breve quadro di protezione a livello internazionale dell’ambiente naturale che si è appena delineato, emerge come tale ambito di tutela sia, allo stato attuale, ben poco rilevante ai nostri fini, ciò non solo per l’assenza di una disposizione a specifica tutela dell’ambiente naturale laddove questo non si accompagni a una violazione di altri diritti, ma altresì perché la violazione si può far valere solo nei confronti degli Stati, per la mancata vigilanza sull’operato delle imprese di propria giurisdizione ad esempio, in questo senso ben poco influenzando l’operato dell’amministratore di società potenziale danneggiante e dunque poco rilevando nella ricerca di quelli che sono gli “incentivi” (in senso lato del termine) che il legislatore degli ordinamenti multilivello rivolge all’imprenditore, al fine di orientarne la condotta nella direzione di una maggior sostenibilità ambientale della sua attività.

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