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T RE TEORIE DI EFFICIENZA ECONOMICA

Qualora il legislatore intervenga per bandire determinate attività economiche perché ritenute così potenzialmente dannose per l’ambiente naturale da richiedere una strategia !!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!

61 Si vedano le riflessioni conclusive sul punto nel Capitolo Quarto, Para. 2, Rischio di danno

ambientale a portata “sistemica”

62 Tuttavia, il trasferimento del danno da danneggiato a danneggiante non è sempre né ammissibile

né giustificabile. Il trasferimento è ossia ammissibile se dipende da un comportamento che il danneggiante può influenzare con la propria volontà, altrimenti lo “spauracchio” della responsabilità civile non “giova al fine della prevenzione”, «così, nel caso in cui un passante cada senza colpa (per esempio perché è svenuto), e cadendo rompa una vetrina, la responsabilità non giova al fine di prevenzione, poiché il fatto è incolpevole, e sarebbe socialmente dannoso perché trasferirebbe il danno da chi può prevederlo nella sua tipicità ed assicurarsi contro di esso a chi non può prevederlo nella sua tipicità e non potrebbe perciò assicurarsi contro di esso a condizioni altrettanto economiche», così P. TRIMARCHI, Rischio e

responsabilità oggettiva, cit., nello specifico p. 17.

63 Questo l’approccio adottato nel Capitolo Quarto, Riflessioni conclusive. Il diritto societario

“rischio-zero”, il problema non arriva a porsi a livello di gestione, ossia di allocazione del rischio e dei costi da esternalità, ma si “riduce” al rispetto della legalità, ossia alla compliance con i divieti imposti. Al di fuori di ipotesi, marginali, in cui un’intera attività è chiaramente vietata ex lege, ossia nell’ambito dei comportamenti ammessi dall’ordinamento, risulta complesso individuare quelli che sono i limiti alle condotte dei singoli operatori.

Nel presente paragrafo ci si concentrerà sui soli meccanismi economici, operanti nel mercato, finalizzati a regolare il fenomeno delle esternalità negative, muovendo in una prospettiva di ricerca della soluzione economicamente più efficiente, intesa qui come quella decisione che permette di ridurre i costi esternalizzati e (congiuntamente o alternativamente) di allocarli correttamente in capo all’imprenditore. In questa prospettiva, possono individuarsi tre teorie economiche di internalizzazione delle diseconomie esterne.

Secondo la teoria economica di Ronald Coase64, per mezzo del contratto e della libera negoziazione tra le parti, queste ultime sono autonomamente in grado di raggiungere l’equilibrio, in termini di efficienza, come sopra definita, circa l’assunzione del rischio e la ripartizione dei costi connessi.

Tale teoria ha da sempre svolto un ruolo centrale in tema ambientale ed è stata la base teorica per l’elaborazione dei cosiddetti “tradable pollution rights”, con i quali è stato artificialmente creato, grazie all’intervento dell’autorità pubblica, un nuovo mercato per lo scambio con le imprese inquinatrici di diritti (di proprietà) sulle risorse naturali65. Il teorema di Coase, tuttavia, non è risolutivo laddove un soggetto non sia in grado di contrattare con l’impresa i costi da esternalità, come nel caso di cosiddetti “non-adjusting creditors”, quali i creditori da fatto illecito e altresì quei creditori contrattuali teoricamente in grado di negoziare con l’impresa, la cui negoziazione si caratterizza !!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!

64 R. COASE, The problem of social cost, in J.L. and Econ. 3, 1960, p. 1 ss.

65 Questa è la visione dell’economia neoclassica, dove si considera il mercato come luogo

“naturale”, mentre se si perde questo assunto, la prospettiva cambia: «le politiche pubbliche non sono “interventi” nell’economia, come se i mercati esistessero indipendentemente dalle istituizioni pubbliche e dalle condizioni sociali e ambientali in cui sono inseriti. Il ruolo delle politiche non è semplicemente “correggere” i fallimenti di mercati per il resto liberi, bensì contribuire a creare e plasmare mercati per giugnere a una coproduzione, e a un’equa distribuzione, del valore economico», così M. JACOBS,M. MAZZUCCATO, Ripensare il capitalismo: un’introduzione, in Ripensare il capitalismo, a cura di M. Jacobs,

tuttavia per asimmetrie informative o per una forza contrattuale limitata che di fatto non permette di considerare nel contratto tutti i rischi.

Al punto di vista “coasiano” di elogio ai meccanismi del mercato, si contrappone una seconda teoria, storicamente precedente, che legge nell’intervento pubblico la soluzione alla questione della gestione delle esternalità negative, per mezzo di tasse cosiddette “pigouviane”, da Arthur Cecil Pigou e la sua teoria dell’economia del benessere. Secondo tale autore è possibile internalizzare le esternalità negative per mezzo dell’imposizione, all’impresa produttrice, del pagamento di una tassa pari al costo marginale esternalizzato per ogni singola unità prodotta66. Nei suoi studi, Pigou investiga le relazioni tra concorrenza perfetta e allocazione efficiente delle risorse, alla ricerca di strumenti che, per mezzo della massimizzazione dell’efficienza del sistema, riescano ad aumentare il benessere economico. L’autore muove le sue ricerche dall’osservazione dell’esistenza di diseconomie capaci d’insinuare nel mercato elementi distorsivi, qualificabili come fallimenti di mercato; a tale considerazione consegue la necessità, a parere dell’autore, di un intervento pubblico, che solo potrebbe rendere possibile, in tali condizioni, un’allocazione ottimale delle risorse. L’intervento della mano pubblica si dovrebbe estrinsecare nella previsione di tasse, che, se esattamente calcolate, saranno capaci di disincentivare l’imprenditore a porre in essere determinate attività in proporzione alla tassazione e assicurando, quindi, l’eliminazione dell’esternalità negativa e del connesso fallimento di mercato67.

Tuttavia se si affida la soluzione del problema delle esternalità negative al (solo) intervento pubblico nel mercato che, per mezzo dell’introduzione di tributi, tenta di riequilibrare le diseconomie, si rischia di creare irrigidimenti e disincentivi all’assunzione di rischi imprenditoriali magari senza nemmeno ovviare alle diseconomie, possibilità plausibile ogni qual volta la tassa non sia correttamente quantificata. Tale operazione, tra l’altro già di per sé di difficile calcolo, diviene, inoltre, maggiormente complessa alla luce della fisiologica lentezza dell’intervento legislativo rispetto alla !!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!

66A.C.PIGOU, The Economics of Welfare, cit.

67 Oltre alla celebre opera di Cecil Pigou più volte citata (supra nota 50), si menzionano W.

BECKERMAN, Pricing for Pollution, London, 1975; e S.F.WILLIAMS, Pollution Control: Taxes Versus

celerità dell’economia.

In una posizione intermedia tra le teorie coasiana e pigouviana si pone, infine, l’istituto della responsabilità civile dell’imprenditore: responsabilità ex post come strumento d’orientamento della condotta ex ante. In particolare, se si osserva il fenomeno della responsabilità extracontrattuale dal versante del danneggiante, l’istituto rileva in una duplice prospettiva: in una prospettiva ex post, permette di redistribuire il costo degli effetti negativi generati in capo al soggetto agente; in una prospettiva di prevenzione, inoltre, perché la probabilità di verificazione del danno è legata alla condotta dell’imprenditore, la disciplina risarcitoria può condizionare già ex ante il comportamento del soggetto agente, in una funzione disincentivante di determinate condotte.

Dal punto di vista del danneggiante, l’eventuale risarcimento potrà configurarsi sia come costo del danno causato, in una prospettiva riparatoria, ma anche come costo di produzione, laddove sia appunto considerato come costo fisso per l’imprenditore, da aggiungersi agli altri costi interni di produzione, così influenzando le strategie imprenditoriali e di governo societario in una prospettiva preventiva.

Se (e solo se) i meccanismi di responsabilità da fatto illecito operano correttamente, quindi, l’imprenditore sarà posto nella condizione di compiere un’analisi costi-benefici che tenderà ad allineare il costo marginale privato al costo marginale sociale68: l’imprenditore si assumerà dunque il costo sociale delle proprie azioni e orienterà il proprio comportamento adottando le precauzioni necessarie69.

Concludendo, si osservi come, di per sé, le tre teorie d’efficienza economica delineate non si escludono vicendevolmente. Si potranno, infatti, internalizzare contrattualmente i rischi di danno, laddove il terzo sia un soggetto sufficientemente sofisticato da poter compiutamente negoziare con l’imprenditore, ma tale tecnica non fornisce piena tutela né, per definizione, ai creditori da fatto illecito, né nei confronti di esternalità sistemiche,

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68 U.MATTEI,A.GALLARATI, Economia politica del diritto civile: appunti, Torino, 2009, p. 25; ma

si veda anche G.CALABRESI, The costs of accidents, cit.

69 Cfr. AA. VV., The Anatomy of Corporate Law: A Comparative and Functional Approach3, Oxford, 2017, in particolare p. 115-116.

per il cosiddetto “effetto domino” poc’anzi esposto70. Ancora, sarà possibile intervenire con le cosiddette tasse pigouviane, al fine di rendere più onerosi determinati comportamenti, dunque disincentivandone l’adesione, ma, come accennato, la lentezza che caratterizza l’intervento legislativo e l’incapacità di operare anticipatamente e in via generale con un’analisi costi-benefici così accurata da prevedere con precisione l’impatto della condotta imprenditoriale al fine di tararvi il tributo, rende non del tutto efficiente la teoria in questione. Di contro, la predisposizione di un adeguato sistema di responsabilità per danni potrebbe essere capace di incentivare l’imprenditore ad adottare un comportamento prudenziale di gestione del rischio da impresa, permettendo di raggiungere risultati, potenzialmente soddisfacenti in una prospettiva sia di prevenzione che di riparazione del danno71. Per questo, tra le teorie economiche analizzate, è in particolare sull’analisi dell’istituto della responsabilità dell’imprenditore che si concentrerà la presente trattazione72.

È necessario sottolineare fin d’ora, tuttavia, come per il governo societario delle esternalità negative – e ancor prima con riferimento al rischio di danno ambientale, in considerazione della intrinseca multidisciplinarietà della materia – un efficiente sistema legale, giuridico e fiscale è presupposto necessario per evitare l’instaurarsi di meccanismi viziati, che confinano le buone pratiche di governo societario a mere regole teoriche che non hanno alcuna “presa” concreta e non influenzano l’operare imprenditoriale. Dalla prospettiva del danneggiante, che qui sola interessa, l’efficienza dell’istituto della responsabilità come strumento orientativo delle condotte è infatti strettamente connessa alla probabilità della sua concreta applicazione.

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70 Supra Para. 3.3, Il danno ambientale come esternalità negativa sistemica.

71 Cfr. P. LEWIN, Pollution Externalities: Social Cost and Strict Liability, in Cato Journ., 2, 1982, p.

205 ss., per un’analisi che mette a confronto le teorie di Coase e Pigou e sviluppa argomentazioni a favore di un loro superamento e dello sviluppo, come alternativa, di tecniche di responsabilità oggettiva.

72 Ai fini della presente indagine, sarà trascurato il punto di vista del soggetto danneggiato, nella

prospettiva del quale la funzione ripristinatoria si perfeziona ogni qual volta egli è posto nella condizione in cui si trovava prima della realizzazione del danno ovvero laddove vi sia proporzione tra l’entità del danno riconosciuto e il risarcimento, mentre gli resterà del tutto indifferente il soggetto che paghi il danno.

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