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La teoria dei costi di agenzia

7. P ERCHÉ IL DIRITTO SOCIETARIO ?

7.1. La teoria dei costi di agenzia

Nel suggerire la necessità di predisporre strumenti di corporate governance volti a gestire le esternalità negative, non intendo contestare, o discostarmi, dal tradizionale intento del diritto societario, volto al perseguimento dell’obiettivo economico di riduzione dei costi di organizzazione delle attività produttive116. Sposando tale assunto, la gestione di esternalità negative, soprattutto se sistemiche, pare tuttavia imporre un superamento della tradizionale visione dei costi di agenzia che caratterizza le teorie di corporate governance. Tale prospettiva di per sé non permette, infatti, di risolvere il problema oggetto di indagine: laddove non esistano meccanismi volti a imporre la internalizzazione dei costi esternalizzati, una gestione dell’impresa che abbia come !!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!

113 G.VISENTINI,F.RAFFAELE, La “nuova” costituzione economica materiale in Italia, cit. a p. 360. 114 Si veda anche C. AMATUCCI, Vigilanza, gestione dei rischi e responsabilità degli amministratori

di società quotate, in Riv. soc., 2015, p. 350 ss., in particolare p. 355.

115 Così G. BOSI, S. TRENTO, Il governo dell’impresa. Economia e diritto della corporate

governance, Bologna, 2012, a p. 83.

116 Così AA.VV., The Anatomy of Corporate Law, cit., in particolare pp. 1-18. Secondo gli autori, è

in questo senso che il diritto societario persegue l’obiettivo di efficienza, dove per efficienza si intende appunto la riduzione dei costi di produzione, grazie all’organizzazione dell’attività d’impresa in società. Una regola di diritto societario è dunque tanto più efficiente quanto più riesce a contenere i costi. Tuttavia, al di fuori delle società quotate, dove il prezzo di mercato delle azioni funge da parametro di misurazione, è estremamente difficile valutare quando una determinata regola ha impatto positivo nel senso sopra individuato. E anche nelle società quotate, stante l’interconnessione delle singole regole di corporate

governance, non è sempre così immediato capire a quale regola attribuire il merito di un risultato positivo,

o la responsabilità al contrario di un risultato negativo. E comunque, il prezzo delle azioni sul mercato non fornisce necessariamente una immagine complessiva, certamente non tenendo in considerazione le esternalità, positive o negative che siano, a meno che queste non siano internalizzate e contabilizzate.

conseguenza (anche consapevole) il danneggiamento dell’ambiente, ma che aumenti la ricchezza dell’impresa in generale, potrà beneficiare sia i proprietari dell’impresa sia i suoi dipendenti, in perfetta coerenza con la teoria degli agency costs, che potrà ben vedere allineato l’interesse dei soci con quello dei suoi dipendenti (cosiddetto “terzo” problema di agenzia117), ma manterrà irrisolta la questione dei costi d’impresa “scaricati” sulla comunità dei consociati. Il caso recente della Volkswagen, in cui le strategie imprenditoriali poste in essere hanno condotto a pesanti danni da inquinamento, probabilmente in una prospettiva di risparmio di costi di produzione, ne è esempio eclatante118. Pare, dunque, opportuno concludere per negare l’idoneità dei soli meccanismi di agency costs come soluzione al problema; anche il tradizionale “terzo” profilo degli agency problems, ovvero quello volto a ridurre i costi di agenzia tra società e suoi creditori, o stakeholders più in generale, infatti, originariamente si concentra solo sui creditori contrattuali e sui lavoratori. Tuttavia, una strategia imprenditoriale che danneggi l’ambiente, ma che incrementi il patrimonio societario è di per sé vantaggiosa per soci, creditori contrattuali e lavoratori, coerentemente con la teoria dei costi di agenzia, la quale si mostra dunque incapace, di per sé, di risolvere la problematica delle esternalità negative119.

Di contro, diviene necessario un intervento del diritto societario in materia, volto a sviluppare meccanismi innovativi, o ad adattare regole e strumenti esistenti, al fine di fornire una risposta a tale vuoto di tutela; «l’agnosticismo dello Stato non è più pensabile di fronte a gruppi di imprenditori cui possono non essere estranei intenti monopolistici, come non è più pensabile di fronte ad imprese che per le loro dimensioni interessano !!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!

117 In generale, sulla teoria degli agency costs si vedano A.A. BERLE,G.MEANS, The Modern

Corporation and Private Property, Harcourt, 1932; M.C.JENSEN,W.H.MECKLING, Theory of the Firm:

Managerial Behaviour, Agency Costs, and Ownership Structure, in J. Fin. Econ., 4, 1976, p. 305 ss.; ma

anche J.W.PRATT,R.J.ZECKHAUSER, Principals and Agents: The Structure of Business, Harvard, 1991; e

H.DEMSETZ, The Economics of the Business Firm, Cambridge, 1997.

Si veda infine, nuovamente, M.C. JENSEN, Value Maximization, Stakeholders Theory, and the

Corporate Objective Function, in Bus. Ethics Quarterly, 2002, p. 235 ss. e la sua proposta di “enlightened

value maximization”.

118 Per una riflessione sul caso Volkswagen nella prospettiva del problema oggetto d’indagine, si

veda J. ARMOUR, Volkswagen’s Emissions Scandal: Lessons for Corporate Governance? (Part 1) e (Part

2), post sull’Oxford Business Law Blog, rispettivamente del 12 maggio 2016 e del 18 maggio 2016.

119 Così, proprio con riferimento ai danni ambientali, J.ARMOUR, Volkswagen’s Emissions Scandal:

larghe sfere della popolazione e le cui sorti economiche possono perciò avere vastissime ripercussioni (…)»120.

7.2.

Quali profili del diritto societario?

All’interno del diritto societario, in particolare, la gestione del rischio – il cosiddetto risk management, nella più diffusa espressione inglese – è, per natura, materia prettamente gestoria. Gli amministratori (e tendenzialmente gli amministratori esecutivi) nell’adottare le decisioni quotidiane si interrogano e si rispondono, scegliendo, sui rischi di una determinata operazione, valutandone i costi e i benefici in termini economici, nell’interesse della società. Ancora, adottando tale prospettiva, l’attenzione si rivolge all’adeguatezza dell’assetto organizzativo, amministrativo e contabile della società; nel conferire effettività alla prospettiva precauzionale – chiamata in causa dalle esternalità negative sistemiche –, l’impresa organizzata in forma societaria è infatti tenuta a rivedere non soltanto le decisioni operative, ma ancor prima l’assetto organizzativo ed amministrativo. Laddove si decida di gestire un determinato rischio e si adottino tecniche di gestione orientate al principio di precauzione – ossia tecniche finalizzate a ridurre la probabilità di verificazione dell’evento dannoso o comunque a contenere le eventuali conseguenze dannose – la preoccupazione principale non è più, infatti, solo quella di accantonare risorse sufficienti a soddisfare gli eventuali futuri danneggiati, ma altresì quella di evitare il verificarsi del danno per mezzo dell’adozione di idonei strumenti di analisi, amministrazione e controllo dei rischi121. Sorge ora l’esigenza di predisporre degli strumenti «che esercitino un controllo (ex ante e in itinere)» sulle modalità di gestione dell’impresa; meccanismi di «incentivi all’efficienza, o disincentivi e punizioni

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120 T. ASCARELLI, Appunti di diritto commerciale: introduzione3, Roma, 1936. A favore di una simile prospettiva, interessante è l’opinione di A. FERRELL, H. LIANG, L. RENNEBOOG, Socially

Responsible Firms, ECGI, Finance Working Paper n. 432/2014, Agosto 2016, secondo cui «well-governed

firms that suffer less from agency concerns (less cash abundance, positive pay-for-performance, small control wedge, strong minority protection) engage more in CSR. We also find that a positive relation exists between CSR and value and that CSR attenuated the negative relation between managerial entrenchment and value».

121 Così anche N.MISANI,S.POGUTZ,A.TENCATI, Tecnologia e comunicazione nella gestione del

a chi gestisce male l’impresa»122. Decisioni amministrative mediocri e cattivi giudizi nella gestione di rischi – in particolare di rischi di danni ambientali sistemici in senso lato, come sopra definiti – possono, infatti, provocare effetti dannosi a catena e impongono dunque un controllo nelle scelte di adozione dei rischi, sui quali parrebbe opportuno intervenire a livello di organizzazione societaria.

Il giurista è ossia chiamato a riconoscere come le odierne «organizzazioni imprenditoriali complesse» si siano trasformate, con la conseguenza di dover cercare un nuovo punto di equilibrio tra l’esigenza di controllo della gestione societaria, per contenere «spazi di manovra incontrollata» dei consigli di amministrazione, e la necessità di non paralizzarne l’operato (e tanto meno la “sana” assunzione di rischi d’impresa) per mezzo di responsabilità “oggettive”123.

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