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S OLIDARIETÀ DELL ’ ATTIVITÀ ECONOMICA

L’attenzione a una gestione imprenditoriale più consapevole a quelle che sono le sue influenze sull’ambiente naturale non si giustifica solo in base a teorie economiche orientate all’efficienza – dove per efficienza s’intende, in questo contesto, l’esercizio di una determinata attività al minimo costo complessivo, di sistema –, ma essa trova altresì legittimazione in istanze di politica del diritto.

L’economia di mercato tradizionale presuppone che protagonista delle negoziazioni sul mercato sia un soggetto che nell’assumere le proprie decisioni rischia il proprio patrimonio, accumulato e di cui dispone; e in base a tale rischio si giustifica la libertà decisionale, ossia l’autonomia privata73. A livello societario, tale orientamento si esprime nelle teorie dello shareholder value maximization e dei costi di agenzia, le quali – come si vedrà a breve74 –, operando congiuntamente, sono ritenute capaci di incrementare il benessere della società civile: il perseguimento della massimizzazione del profitto per i soci, incentiva a minimizzare il più possibile i costi di agenzia, con beneficio, come sottolineato da Milton Friedman, per l’intera economia e società75. Le esternalità negative, esulando da tali dinamiche, possono tuttavia far sorgere la necessità di un intervento pubblico volto a evitare che il costo di quello che si è definito rischio da impresa venga scaricato dall’imprenditore sulla comunità sociale di riferimento. A fronte dell’esigenza di dover gestire il rischio di esternalità negative sistemiche, quale si ritiene essere il rischio di danno ambientale, è dubbio però se a tal fine sia possibile imporre alle imprese un dovere sociale, ossia è dubbio se la gestione delle esternalità negative (e in caso, tutte indistintamente?) possa limitare la libertà economica76. Ogni meccanismo che !!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!

73 Così G. VISENTINI,F. RAFFAELE, La “nuova” costituzione economica materiale in Italia, in

Analisi giur. econ., 2010, p. 353 ss., contributo in cui gli autori si interrogano circa l’opportunità

dell’intervento pubblico quale soggetto operante nel mercato, in particolare p. 364.

74 Infra Para. 7, Perché il diritto societario?

75 M.FRIEDMAN, The social responsibility of the firm is to increase its profits, articolo di giornale

sul New York Times, 13 settembre 1970, disponibile a http://umich.edu/~thecore/doc/Friedman.pdf., ma anche J.R. MACEY, An Economic Analysis of the Various Rationales of Making Shareholders the Exclusive

Beneficiaries of Corporate Fiduciary Duties, in Stetson L. Rev., 21, 1992, p. 23 ss. Per un esame del

pensiero di Milton Friedman e lo shareholder-value approach si veda, infra, Para. 7, Perché il diritto

societario?

76 Cfr. S.L. SCHWARCZ, Regulating Corporate Governance in the Public Interest: The Case of

imponga (anche indirettamente) all’imprenditore di sostenere costi ulteriori, oppure di astenersi da determinate condotte, deve infatti necessariamente volgere lo sguardo all’articolo 41 della Costituzione che attribuisce alla libertà d’iniziativa economica rango costituzionale.

Come sarà più propriamente esaminato nel prossimo capitolo, tuttavia, alla crescente capacità umana di condizionare l’andamento del mondo e della natura si è accompagnato un movimento di responsabilizzazione dell’individuo, più o meno sviluppato a seconda dei periodi storici: Paesi e organizzazioni internazionali sono sempre più consapevoli delle potenzialità dannose dell’azione umana e sono interessati a sviluppare meccanismi di prevenzione, che, con riferimento alle imprese, si coniugano spesso in interventi di regolazione del mercato77.

Nel rispetto del modello di economia di mercato78, l’approccio proposto in questo contesto muove dall’idea che il benessere della collettività dei consociati sia meglio perseguibile lasciando i soggetti economici liberi di operare sul mercato secondo le regole della concorrenza, incentivando conseguentemente un intervento legislativo limitato alle sole ipotesi di fallimento di mercato79, quali si qualificano, tuttavia, le esternalità negative, e ancor più, quanto a potenzialità dannose, le esternalità negative sistemiche; «il diritto non può sopportare alcuna esternalità tanto nello spazio !!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!

https://corpgov.law.harvard.edu/2016/07/25/regulating-corporate-governance-in-the-public-interest-the- case-of-systemic-risk/.

e anche B.SJAFJELL, Regulating Companies as if the world matters: reflections from the ongoing

sustainable companies project, in Wake Forest L. Rev., 47, 2012, p. 113 ss.

77 Si pensi all’ampio dibattito sull’ecologia, o sulla responsabilità nei confronti delle generazioni

future, nonché sugli accordi climatici raggiunti a livello mondiale, con riferimento ai quali non si può ignorare il recente “dietro front” della potenza Statunitense, sotto la Presidenza Trump. Per un esame del dibattito in materia si rimanda al Capitolo Secondo, Para. 2, Rapporto tra impresa e ambiente naturale.

78 Cfr. G.VISENTINI,F.RAFFAELE, La “nuova” costituzione economica materiale in Italia, cit., p.

353. Ma si leggano, le parole di Guido Rossi, nel suo Mercato d’azzardo: «Come molti esseri viventi, nel passaggio dall’età adulta le società per azioni danno segno di una qualche insofferenza nei confronti di chi le ha generate. Dopo avere diligentemente assolto, per decenni, il compito loro assegnato – garantire la solidità dell’espansione coloniale, contribuire allo sviluppo di alcuni paesi, assicurarne il costante sottosviluppo di altri –, nell’ultima fase mostrano una preoccupante tendenza a sostituire la legge dello Stato col contratto e la legge del mercato col mercato della legge. Sembrano il re protagonista della favola di Piero Calamandrei quando apostrofa, nientemeno, il mago Merlino: “Ricordati, vecchio, che la verità è sulla mia bocca, e che il diritto è quale lo vedono gli occhi del re, anche se il re vede tutto al rovescio”», in G. ROSSI,Il mercato d’azzardo, Milano, 2008, p. 20.

79 Cfr, S.CASSESE (a cura di), La nuova costituzione economica2, Bari, 2007, in particolare ivi ID,

(imposizione di un costo non voluto ad un vicino) quanto nel tempo (imposizione di un debito ecologico alle generazioni future)»80. Ciò tuttavia nella consapevolezza che ogni regolamentazione di dinamiche di mercato non è, in una prospettiva economica, operazione neutra, ma impone necessariamente dei costi ai destinatari delle previsioni, soprattutto qualora la regolamentazione sia imperfetta. Un intervento normativo volto a sanare i fallimenti di mercato, quali quello delle esternalità negative, dovrà quindi muoversi con tale consapevolezza, limitando al minimo le previsioni impositive di doveri alle imprese le quali portano con sé nuovi costi e rischiano di ridurre la produttività imprenditoriale e l’innovatività, con svantaggio per l’intera società civile che si tenta di tutelare. Ciò soprattutto in un fase di transizione quale quella odierna.

Lo stesso art. 41 Cost., dopo aver affermato il principio di libertà d’iniziativa economica (comma primo), disegna quelli che sono i binari entro cui il legislatore nazionale deve muoversi nel tutelare tale libertà, individuando nell’“utilità sociale”, nei “fini sociali” e nella considerazione della “dignità” della persona umana i limiti alla libertà e all’autonomia privata. Ai sensi dell’art. 41, co. 2, Cost., la sicurezza umana trova, infatti, tutela come «condizione umana essenziale della libertà e della dignità dell’uomo»81. Come si vedrà, il principio di sviluppo sostenibile, ad esempio, mirando a determinare una proporzione armoniosa tra le risorse odierne utilizzabili e quelle da salvaguardare e trasmettere alle generazioni future, richiede che si tenga conto della solidarietà intergenerazionale nelle dinamiche di produzione e consumo82.

L’innovazione, che non deve essere limitata da una regolamentazione eccessivamente prudenziale, non è d’altro canto concetto neutro, essa «non ha solo un ritmo ma anche una direzione»83, direzione che deve essere stabilita da politiche del diritto e che può avere come meta uno sviluppo economico più sensibile a istanze sociali e ambientali, nella consapevolezza dei limiti del nostro ecosistema.

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80 Così U. MATTEI,I diritti reali, cit., in particolare p. 58, nota 79. Nello specifico con riferimento

alla tutela delle generazioni future si veda per tutti, S. BAILEY,G.FARREL,U.MATTEI,Protecting future

generations through commons, Strasburgo, 2013.

81 A.BARONE, Il diritto del rischio, cit., a p. 12.

82 Capitolo Secondo, Para. 2.1, Il principio di sviluppo sostenibile e la cosiddetta green economy. 83 M.JACOBS,M.MAZZUCCATO, Ripensare il capitalismo: un’introduzione, cit., p. 34; concetto già

elaborato da A. STIRLING, ‘Opening up’ and ‘closing down’ power, participation, and pluralism in the

Se in questo contesto si sposassero teorie meramente economiche, se si orientasse la decisione di regolamentazione unicamente all’efficienza – intesa sempre, qui, come tecnica di minimizzazione dei costi complessivi –, si potrebbe infatti arrivare al paradosso di negare l’inquinamento ambientale nei soli Paesi sviluppati, e non anche in Paesi in via dei sviluppo. Nei secondi infatti, il costo dell’inquinamento, e del danno ambientale in generale, è minore: i salari sono inferiori, conseguentemente lo sarà la compensazione dovuta per la perdita di posti di lavoro; similmente i costi dell’assistenza sanitaria e quindi il costo della riparazione del danno ambientale saranno meno ingenti; ancora le sanzioni per i danni ambientali sono tendenzialmente minime, se non inesistenti, e le corti sono spesso peggio equipaggiate per gestire l’accertamento causale del danno ambientale, alla luce delle complessità intrinseche nella natura e nella tecnicità di tali danni. Complessivamente dunque, adottando una prospettiva meramente economica, la riparazione in senso lato del danno ambientale cagionato in un Paese in via di sviluppo sarà presumibilmente inferiore rispetto al caso in cui il medesimo evento si verifichi in uno Stato europeo o del nord America; con la conseguenza che i danni ambientali saranno più “efficienti” nei Paesi in via di sviluppo. Tali argomentazioni furono elaborate nel 1991 da Lawrence Summers, all’epoca Chief Economist per la Banca Mondiale, in un memo di preparazione per la Conferenza a Rio de Janeiro delle Nazioni Unite su Ambiente e Sviluppo (giugno 1992). Nel memo, Summers sosteneva che la Banca Mondiale dovesse incoraggiare la migrazione dell’inquinamento dai Paesi sviluppati a quelli meno sviluppati dove, sinteticamente: (i) il costo della vita umana è inferiore; (ii) le persone vivono in un ambiente (all’epoca) meno inquinato e dunque soffrirebbero meno per nuovo inquinamento; (iii) spesso mancano rimedi giuridici per i danni ambientali, o anche laddove esistano, essi sono particolarmente costosi e di difficile accesso84.

Questo esempio, che volutamente estremizza i meccanismi economici di analisi costi- benefici, permette di sottolineare come, per evitare distorsioni che stridono con il !!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!

84 Il memo nacque per mera consultazione interna, ma la sua diffusione fu poi altissima, proprio per

le curiose argomentazioni in esso contenute. Summers dichiarò successivamente, a sua difesa, che il memo fu scritto in tono sarcastico; alcuni autori sostengono che non fu così. Si veda la ricostruzione sul punto di A. MICHAEL, Transnational Corporations and Environmental Damages: Is Tort Law the Answer?, in

principio di eguaglianza e non discriminazione, pare opportuno integrare le teorie economiche, che affrontano il problema delle relazioni tra attività d’impresa e ambiente naturale in una prospettiva di ripartizione dei costi, a scelte di politica del diritto orientate a un principio di responsabilità infra- e intra-generazionale, che delimitino quelli che sono i confini all’interno del quale le tecniche economiche neo-classiche possono muoversi liberamente, così da evitarne distorsioni.

Semplificando, se è vero dunque che l’impresa non deve inquinare perché questo crea una distorta allocazione dei costi, con conseguente configurazione di un’ipotesi di fallimento di mercato, è altresì vero che tali comportamenti devono essere contenuti perché così impone la tutela del diritto alla salute dei cittadini (art. 32 Cost.); la dignità della persona umana (art. 41, co. 2, Cost.), ma altresì i diritti delle generazioni future85 e la stessa tutela ambientale oggi costituzionalmente riconosciuta86.

Per completezza, si osservi, infine, come l’art. 41 Cost., immaginando un modello d’impresa apportatrice di benessere per la comunità e rispettosa dei più elementari diritti della persona, s’inserisce all’interno dell’intero sistema costituzionale e, in quest’ottica, può consentire, ad esempio, attività rischiose per la salute umana, ma giustificabili proprio in base all’utilità sociale che esse apportano; non quindi utilità sociale solo come limite all’attività d’impresa, ma anche come causa esimente da responsabilità87. In questa prospettiva, dunque, l’accettazione di determinati rischi potrebbe giustificarsi quando produca utilità che ampiamente compensa l’esposizione ai medesimi delle persone o dell’ambiente.

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85 Circa la configurabilità di un diritto costituzionale alla tutela delle generazioni future, la questione

è altamente dibattuta. Si vedano le riflessioni in R. BIFULCO, Diritto e generazioni future. Problemi

giuridici della responsabilità intergenerazionale2, Milano, 2013, in particolare capitolo quarto.

86 Al riguardo si veda la ricostruzione in Capitolo Secondo, Para. 3.1, La tutela ambientale nella

Costituzione italiana.

87 Sul tema si vedano i contributi di E. CHELI, Libertà e limiti all'iniziativa economica privata nella

giurisprudenza della Corte Costituzionale e nella dottrina, in Rass. dir. pubbl., I, 1960, p. 300 ss.; e L.

DELLI PRISCOLI, Le liberalizzazioni tra diritto di iniziativa economica e diritti fondamentali, intervento per

6.

L

A RESPONSABILITÀ SOCIALE DELL

IMPRESA

:

BREVI

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