• Non ci sono risultati.

Il dovere di continuazione dell’attività d’impresa

I L GOVERNO DEL RISCHIO AMBIENTALE E IL RIFLESSO SULLA DIMENSIONE ORGANIZZATIVA DELLE SOCIETÀ D

2. P ROFILI DI RESPONSABILITÀ DEGLI AMMINISTRATORI DI SOCIETÀ

2.2. Profili di responsabilità ai sensi dell’art 2394 c.c.

2.2.1. Il dovere di continuazione dell’attività d’impresa

Come accennato, numerosi sono i singoli obblighi posti in capo agli amministratori al fine ultimo di garantire la conservazione del patrimonio sociale. Tuttavia, dall’art. 2394 c.c., – laddove sanziona gli amministratori per «la inosservanza degli obblighi inerenti alla conservazione dell’integrità del patrimonio sociale» – è discusso se possa dedursi un ulteriore e distinto obbligo che va a inserirsi tra quei doveri di corretta gestione come sopra esaminati: il dovere di continuazione dell’attività d’impresa. Tale dovere potrebbe ricavarsi dagli artt. 2484 c.c. e ss. laddove si include tra le cause di scioglimento della società la sopravvenuta impossibilità del perseguimento dell’oggetto sociale, ma anche la riduzione del patrimonio al di sotto del limite legale, così ricollegandosi al dovere di salvaguardia del going-concern value.

Ancora, numerose sono le disposizioni che sembrano configurare tale obbligo con !!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!

522 Così C. ANGELICI, La società per azioni: principi e problemi, cit., a p. 345. Sul significato che

assume in via generale la previsione della legittimazione dei creditori e sulla natura dell’interesse che lo sorregge, si veda invece I. PAGNI, Crisi societarie ed intervento del giudice tra revoca dell’amministratore,

azioni di responsabilità e forme di tutela dei creditori, in Studi in onore di Carmine Punzi, Torino, II,

2008, p. 206 ss.

523 Cass. civ., sez. I, 26 agosto 2016, n. 17359 e Cass. SS. UU., 23 gennaio 2017, n. 1641. 524 Come riconfermato anche dalla recente Cass. a sezioni unite, n. 1641/2017, cit.

riferimento a operazioni specifiche, quando ad esempio è imposto all’organo amministrativo, in sede di costituzioni di patrimoni destinati (artt. 2447-bis e 2447-ter c.c.), di verificare la sostenibilità dell’operazione; o in sede di redazione del progetto di leveraged-buyout, di indicare «le risorse finanziarie previste per il soddisfacimento delle obbligazioni della società risultante dalla fusione» (ex art. 2501-bis c.c., confermato altresì dal contenuto della relazione come disciplinata dall’art. 2501-quinquies c.c.); o ancora ai sensi dell’art. 156, co. 4, TUF, che impone agli amministratori un obbligo di tempestiva informazione alla Consob in presenza di «dubbi significativi sulla continuità aziendale»525. Tutte disposizioni, ossia, che sembrano imporre agli amministratori l’obbligo di «verificare la permanenza della continuità aziendale e la compatibilità con essa delle scelte gestionali»526, dalle quali quindi dedursi un dovere generale di «monitorare la compatibilità delle politiche gestionali con la prospettiva della continuazione dell’attività»527. Tale dovere pare dunque, più precisamente, qualificarsi per un duplice contenuto. Da un lato, più che come un obbligo di assicurare in ogni circostanza la continuità aziendale, esso sembra configurarsi come un dovere di verificare in ogni tempo la continuità. Con il conseguente dovere di avviare eventuali procedure concorsuali laddove ne sussistano i presupposti. Da un altro lato, e per quanto qui rileva, in particolare, si ritiene che la decisione consapevole degli amministratori di assoggettare la società a rischi conoscibili e il cui avveramento metterebbe in pericolo la continuità aziendale, si ponga in tensione con i principi di corretta gestione528, ossia con l’onere «di mantenere l’impresa in condizioni tali da poter rimanere indefinitamente sul mercato, autogenerando le risorse per la propria continuità»529.

Se si riconosce un dovere degli amministratori di salvaguardare la sopravvivenza dell’impresa, implicitamente si deduce il loro dovere di adottare strategie gestionali che !!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!

525 Cfr. C.CINCOTTI,F.NIEDDU ARRICA, Continuità aziendale, capitale e debito. La gestione del

risanamento nelle procedure di concordato preventivo, relazione convegno di Orizzonti del diritto

commerciale, 2013, disponibile a http://orizzontideldirittocommerciale.it/media/19067/cincotti_c._- _nieddu_arrica_f._paper_25-06-13.pdf.

526 R.SACCHI, La responsabilità dell’impresa e il controllo dei rischi, cit., a p. 306.

527 R. SACCHI, La responsabilità gestionale nella crisi dell’impresa societaria, in Giurisprudenza

commerciale, I, 2014, p. 304 ss., a p. 306.

528 Così M. MAUGERI, Note in tema di doveri degli amministratori, cit.

529 A. MAZZONI, La responsabilità gestoria per scorretto esercizio dell’impresa priva della

non compromettano, nel lungo periodo, la sopravvivenza della società530. Laddove l’impresa sia dunque propensa alle esternalità negative sistemiche, quale può configurarsi il rischio di danno ambientale, ciò potrebbe legittimare un approccio preventivo degli amministratori, soggetti responsabili per la continuazione dell’attività d’impresa, ovvero per la conservazione del patrimonio sociale così che la società sia in grado di pagare i propri creditori da fatto illecito. In questo contesto, dunque, la considerazione delle possibili esternalità negative, ossia degli effetti della gestione su soggetti terzi, si legittima ai fini di preservare la solvibilità della società. Allo stesso tempo, tuttavia, il dovere di corretta gestione opera altresì come limite a politiche gestionali ecologiche, e più in generale di responsabilità sociale dell’impresa, nel momento in cui la tutela di interessi ambientali (o comunque di stakeholders diversi dagli azionisti) non sia, in una prospettiva di lungo periodo, economicamente sostenibile.

Nel momento in cui si individua un generale dovere degli amministratori di garantire la continuità aziendale, sorgono tuttavia numerosi dubbi con riferimento a una sua eventuale valutazione ex post da parte dell’autorità giudiziaria. La conservazione della continuità aziendale – al di fuori della violazione di obblighi legali specifici orientati a tale principio, in cui il giudice è chiamato a valutare la compliance – si connette infatti al merito gestorio, essendo così coperto dalla discrezionalità degli amministratori, poco sopra esaminata531. Incerto è invece se sia sindacabile il dovere degli amministratori – che pare doversi derivare dall’obbligo oggetto di discussione – «di monitorare i fattori di rischio per la continuità aziendale», soprattutto laddove ciò si connetta all’utilizzo di scienze quali, in primis, quella aziendale532.

Molto interessante è il paragone mosso in dottrina tra tale dovere e l’operatività della buona fede precontrattuale. Così come l’intensità della buona fede si coniuga diversamente nel corso delle negoziazioni, similmente, l’obbligo degli amministratori di !!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!

530 È più immediata la considerazione circa l’adozione di una gestione prudenziale nel breve

periodo, durante il quale appunto gli amministratori sono valutati dai soci, ovvero possono essere destinatari di azioni di risarcimento danni.

531 Così anche R. SACCHI, La responsabilità gestionale, cit. Si veda quanto esaminato, supra, Para.

2.1.2, La discrezionalità degli amministratori.

532 R. SACCHI, La responsabilità gestionale, cit., da cui il virgolettato, a p. 308. Assumono qui

enorme rilevanza i meccanismi di predisposizione e il contenuto di assetti adeguati, per i quali si rimanda a successiva trattazione, infra, Para. 3. La predisposizione di un adeguato assetto amministrativo,

garantire la continuità dell’impresa si graderà diversamente avvicinandosi all’insolvenza533, fino a cedere il posto al “semplice” dovere di conservazione del patrimonio.

È proprio nel momento in cui l’impresa si avvicina all’insolvenza che gli azionisti, per il tramite dei “loro” amministratori, sono più propensi ad assumere decisioni maggiormente rischiose, nella consapevolezza dell’avvenuta traslazione sostanziale (e non formale) della qualifica di residual claimants da loro stessi ai creditori sociali, i quali sono coloro sui quali, alla porte dell’insolvenza, graverà in fin dei conti il rischio di impresa534. In questo senso, a fronte di una situazione di crisi, gli amministratori «hanno un solo, fondamentale obbligo: quello di adottare tutte le misure che, in relazione a tutti gli interessi coinvolti, tale situazione ragionevolmente esige», al fine di conservare il patrimonio della società535.

L’obbligo di tutela della continuità aziendale viene meno, a favore del dovere della conservazione sociale, in realtà in ogni caso in cui si verifichi una causa di scioglimento della società (di cui all’art. 2486 c.c.).

2.3.

Responsabilità nei confronti del singolo socio o del terzo

Outline

Documenti correlati