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Analisi testuale della nuova disciplina

Nel documento Commentario riforma Fornero (legge 92/2012) (pagine 108-111)

LA DISCIPLINA DEI LICENZIAMENTI DISCIPLINARI di Anna Luisa Terzi

5. Analisi testuale della nuova disciplina

La formulazione della disposizione è particolarmente infelice nel momento in cui l'operatore del diritto, giudice o avvocato, si trova a dover individuare fattispecie concrete per la conseguente applicazione.

Innanzitutto la formula "il fatto non sussiste" contenuta nella norma deve essere riferita non al fatto contestato in senso materiale, ma piuttosto alla contestazione della violazione di un obbligo contrattuale (se è contestata una condotta che non costituisce violazione di un obbligo contrattuale il <fatto disciplinare> non sussiste): diversamente avremmo come conseguenza che il licenziamento sarebbe legittimo per condotte giuridicamente irrilevanti nel rapporto contrattuale (come tali non contemplate dal codice disciplinare), quando effettivamente sussistenti, mentre sarebbe illegittimo qualora la condotta, sussistente e costituente inadempimento contrattuale, fosse riconducibile a una ipotesi di illecito punibile in base al contratto collettivo solo con una sanzione conservativa. La conseguenza sarebbe aberrante.

Considerazioni analoghe vanno svolte per comprendere nella formula "il fatto non sussiste" anche l'ipotesi del <non aver commesso il fatto>. Ossia il <fatto disciplinare> non sussiste in quanto non è riferibile come fatto materiale al lavoratore a cui è stato mosso l'addebito. Questa seconda ipotesi, pur essendo scomparsa dal testo licenziato dal Parlamento, è di assoluta evidenza. Una diversa interpretazione porterebbe anche in questo caso a conseguenze aberranti.

In secondo luogo il riferimento ai contratti collettivi, come fonte di immediata integrazione per l'applicazione della norma quanto a fattispecie concrete oggetto di contestazione, sembra pensata da qualcuno che non ha mai letto le disposizioni

in materia di sanzioni disciplinari degli accordi sindacali. Le casistiche dei contratti collettivi, infatti, non hanno affatto formule di descrizione analitica delle condotte punibili o elencazioni tassative, sul tipo delle fattispecie penali, ma hanno formule estremamente ampie e prevedono contestualmente per molteplici ipotesi di illeciti disciplinari, se non per la totalità degli stessi, sanzioni progressive secondo la gravità (ad es., in tema di insubordinazione). È palese che previsioni di questo genere non consentono alcun automatismo nel passaggio dalla disposizione di legge alla scelta del regime sanzionatorio per il licenziamento, non essendo nemmeno desumibile dalla clausola contrattuale quale sia la nozione di riferimento, prima ancora che misurarne l5importanza e le conseguenze sul vincolo fiduciario. Ma anche nei casi in cui è rinvenibile, nell'uno o nell'altro contratto collettivo, un riferimento specifico, a condotte sufficientemente individuabili sul piano oggettivo per il contenuto delle stesse, questo riferimento è normalmente neutralizzato dalla equiparazione sul piano sanzionatorio con condotte individuate solo genericamente, per le quali viene richiesta una valutazione in concreto della gravità delle medesime9.

In altri termini: il richiamo ad un contratto collettivo non può funzionare come ponte di integrazione della norma legislativa, con una sorta di automatismo che escluda una valutazione di gravità da parte del giudice, se il contratto collettivo richiamato pone sullo stesso piano condotte fra loro eterogenee per quanto riguarda la loro gravità, sotto il profilo della incidenza sull'elemento fiduciario del rapporto. Non può essere considerato logico e coerente che per condotte contemplate all'interno di una stessa clausola contrattuale e sanzionate tutte nello stesso modo, solo per alcune in quanto genericamente descritte venga consentita una valutazione in concreto della gravità dell'illecito, mentre per altre, in quanto apparentemente specifiche, questo esame venga espressamente escluso.

L'esempio, che viene fatto da taluni commentatori, del furto punito con il licenziamento, per il quale, se non prevista una valutazione sulla entità, si dovrebbe automaticamente applicare la sanzione espulsiva, dà ampiamente conto di queste incongruenze, in quanto in realtà le condotte sussumibili sotto questo titolo di illecito, apparentemente specifico, possono essere le più diverse10.

9 Si veda, ad es., il contratto collettivo dipendenti aziende industriali tessili e affini che prevede accanto ad ipotesi che sembrerebbero abbastanza specifiche la <grave violazione degli obblighi di cui all'art. 134>, che è così anodinamente formulato: <Il lavoratore ha l'obbligo di osservare nel modo più scrupoloso i doveri connessi con la sua mansione, di usare modi cortesi con la clientela, di rispettare scrupolosamente le disposizioni amministrative e di legge specie per quanto attiene ai lavoratori a contatto con merci alimentari sempre che gli adempimenti siano di competenza per mansione ed inquadramento.

Il lavoratore ha l'obbligo di conservare diligentemente le dotazioni strumentali e i materiali di consumo, di cooperare alla prosperità dell'impresa.

Il lavoratore ha l9obbligo di uniformare il proprio comportamento con i colleghi al massimo rispetto delle possibili differenze di razza, sesso, religione e cultura che possano esistere tra i colleghi.

È altresì obbligatorio il rispetto del Testo Unico n. 196/03 per i dipendenti che per motivi di lavoro vengano a conoscenza dei dati sensibili dei propri colleghiZ.

10 La casistica è la più varia spaziando dalla sottrazione di danaro dalla cassa, all5appropriazione di beni strumentali già destinati alla discarica, dalla sottrazione di utensili o materiale pregiato in lavorazione alla appropriazione di pane mezzo consumato dal tavolo della mensa, pane che sarebbe stato destinato altrimenti ai rifiuti, e così via.

Appare, dunque, evidente che l'attuale stato dei contratti collettivi non consente quell'automatismo valutativo che è stata una delle motivazioni di questa riforma.

Le norme dei contratti collettivi attuali necessariamente vanno interpretate ed applicate ex artt. 1362 e ss. secondo i principi già elaborati e consolidati in giurisprudenza, principi a partire dai quali sono del resto state concepite e formulate dalle parti sociali. E questo nonostante la eliminazione, nel testo di legge approvato dal Parlamento, del riferimento alla legge, oltre che ai contratti collettivi, quale fonte per la individuazione di condotte punibili solo con sanzioni conservative, eliminazione che qualcuno ha voluto leggere come volontà di escludere la possibilità di esprimere valutazioni sulla gravità della condotta in applicazione dell5art. 2106 c.c.

L'art. 1, comma 42, in commento fa riferimento alle <condotte punibili con una sanzione conservativa sulla base delle previsioni di>, mentre l5art. 2106 stabilisce un criterio di valutazione delle condotte e non un elenco tassativo o non tassativo di illeciti punibili con la sanzione conservativa. L5assenza di riferimenti alla

<legge> è dunque irrilevante: nessuna norma di legge prevede illeciti disciplinari specifici, con relativa sanzione e l5art. 2106 c.c., che non è stato direttamente o indirettamente abrogato, mantiene immutato il suo ambito applicativo.

Difficilmente realizzabile è, d5altro canto, l5auspicio che i contratti collettivi futuri vengano ad assolvere alla funzione che con la nuova disposizione viene ad essi assegnata, di immediata e completa integrazione delle fattispecie legali, in modo da eliminare ambiti valutativi di gravità rimessi al giudice: le stesse fattispecie di reato, in qualsiasi ordinamento statuale, non riescono a esaudire questo desiderio di trasformare attraverso automatismi sanzionatori il giudice in bocca della legge e debbono necessariamente rimettere a quest5ultimo la valutazione di una serie di circostanze oggettive e soggettive in base alle quali la pena deve essere graduata.

Se allo stato attuale il riferimento ai contratti collettivi, intesi come contratti collettivi nazionali, non appare, dunque, essere incisivo e portatore di sostanziali cambiamenti nella disciplina attuale delle tipologie di licenziamento per motivi soggettivi e non appare suscettibile di avere fecondi sviluppi in questo senso nemmeno nel futuro, trattandosi sempre di testi contrattuali di natura normativa generale, con formulazioni necessariamente astratte o generiche, sanzionate in modo graduato secondo la gravità, appare molto insidioso invece il riferimento ai

<codici disciplinari>, in quanto secondo l'accezione comune il codice disciplinare può essere un atto unilaterale del datore di lavoro, non frutto di un accordo sindacale, e quindi in astratto può contenere qualsiasi tipo di illecito a piacimento di chi lo predispone. E altrettanto insidioso è il riferimento generico ai contratti collettivi, che potrebbe comprendere accordi di qualsiasi livello, in un contesto normativo che consente, con l5assai discussa disposizione dell5art. 8 l. n. 148/11, accordi aziendali o territoriali, teoricamente anche nella materia disciplinare, in base a criteri di rappresentatività non chiari11.

11 In definitiva, se anche con qualche sforzo si può ipotizzare che contratti collettivi nazionali, che si riferiscono a settori diversi, possano sanzionare diversamente condotte analoghe in quanto diversamente incidenti sull'elemento fiduciario nell'ambito di settori produttivi non omogenei, questa ipotesi può sicuramente verificarsi nell'ambito di un medesimo settore produttivo o di aziende a identica produzione solo per il fatto

Nel documento Commentario riforma Fornero (legge 92/2012) (pagine 108-111)

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