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La disciplina sanzionatoria

IL LAVORO NON SUBORDINATO: CONTRATTO A PROGETTO di Graziella Mascarello

3. La disciplina sanzionatoria

3. La disciplina sanzionatoria

La misura indubbiamente più significativa e, insieme, più contestata dell5apparato sanzionatorio con cui il legislatore del 2003 ha inteso garantire il rispetto della normativa sul lavoro a progetto è quella recepita dal primo comma dell5art. 69, che, priva oggi delle sole parole <o programma di lavoro o fasi di esso> soppresse dal comma 23, lett. f), dell5art. 1 della legge n. 92/2012, dispone:

<I rapporti di collaborazione coordinata e continuativa instaurati senza l9individuazione di uno specifico progetto ai sensi dell9articolo 61, comma 1, sono considerati rapporti di lavoro subordinato a tempo indeterminato sin dalla data di costituzione del rapporto>.

Le previsioni dell5art. 69, comma 1, non solo sono state, fin dall5origine, al centro di numerose e spesso vivaci contestazioni nel merito, ma, nonostante l5assoluta chiarezza del testo, sono anche state interpretate da una parte non secondaria, per numero ed autorevolezza, della dottrina, in termini riduttivi, quale presunzione semplice e non assoluta25, non di rado sul solo presupposto della loro contrarietà, diversamente, al dettato costituzionale.

La giurisprudenza ha sposato inizialmente la tesi della presunzione juris tantum, a partire dalle prime sentenze note in tema di lavoro a progetto26. A poco a poco, però, pur con qualche residua eccezione, si è fatta strada fino a divenire

25 Tra i sostenitori della presunzione semplice: M. Tiraboschi, Il lavoro a progetto, cit., p. 17-18; A. Perulli, Il lavoro a progetto tra problema e sistema, in Lav. dir., 2004, p. 112; M. Pedrazzoli, Tipologie contrattuali a progetto e occasionali. Commento al titolo VII del d.lgs. n. 276/2003>, in AA.VV., Il nuovo mercato del lavoro, cit.); De Feo, Potere direttivo e coordinamento: la (spesso sottile) linea di demarcazione tra subordinazione ed autonomia ed i nuovi modelli contrattuali, in Arg. dir. lav., 2004, p. 660. Tra i sostenitori, invece, della presunzione assoluta v.

Mezzocapo, op. cit., p. 26; A. Pizzoferrato, Presente e futuro del lavoro a progetto, in Lav. Giur., 2004, p. 839; M.

Pallini, Il lavoro a progetto: ritorno al futuro?, in W.P. C.S.D.L.E., Massimo D5Antona, IT - 70/2005, p. 45; S. Brun, op. cit., p. 330); F. Cartelloni, La zona grigia tra subordinazione e autonomia e il dilemma del lavoro coordinato nel diritto vivente, in Dir. rel. ind., 2010, p. 655; M- Magnani, Spataro, op. cit., p. 6; R. De Luca Tamajo, op. cit., p. 19.

In posizione intermedia P. Ichino, L9anima laburista, cit., secondo cui le previsioni del primo comma dell5art. 69 riguardano le collaborazioni coordinate e continuative che non rispondono ad un5esigenza temporanea del committente ed hanno l5effetto di estendere ai rapporti ivi richiamati il trattamento applicabile ai rapporti di lavoro subordinato, senza tuttavia incidere sulla loro qualificazione.

26 Per tutte v. Trib. Torino 5 aprile 2005, in Riv. it. dir. lav., 2005, II, p. 849, con nota di R. Bausardo; Trib. Milano 10 novembre 2005 e Trib. Ravenna 21 novembre 2005, in Riv. it. dir. lav., 2006, II, p. 329, con nota di S. Brun.

prevalente27 l5interpretazione che legge nella disposizione in esame una presunzione juris et de jure.

In questo terreno è caduta la disposizione di cui al comma 24 dell5art. 1 della riforma che ribadisce, in via di interpretazione autentica, che: <L9art. 69, comma 1, del decreto legislativo 10 settembre 2003, n. 276, si interpreta nel senso che l9individuazione di uno specifico progetto costituisce elemento essenziale di validità del rapporto di collaborazione coordinata e continuativa, la cui mancanza determina la costituzione di un rapporto di lavoro subordinato a tempo indeterminato>.

Il legislatore del 2012 ha così ratificato, ritenendola ad evidenza conforme al disposto dell5art. 69, comma 1, la lettura ad esso data, come presunzione assoluta, impermeabile a qualsivoglia prova contraria, dalla ormai prevalente giurisprudenza.

Forse non del tutto inutili, in considerazione della persistenza della diversa interpretazione sostenuta da parte della dottrina e di una parte, benché minoritaria, della giurisprudenza, ma e soprattutto - in mancanza ancora di pronunce di legittimità, le disposizioni del comma 24 sono però state singolarmente richiamate nel successivo comma 25 insieme alle disposizioni del comma 23, ai fini della applicabilità e delle une e delle altre <ai contratti stipulati successivamente alla data di entrata in vigore della presente legge>.

Una norma di interpretazione autentica non potrebbe, però, che chiarire il significato che deve essere attribuito alla disposizione interpretata fin dalla sua origine, ma l5anomalia di un5interpretazione autentica valida solo per il futuro è forse più apparente che reale.

È, infatti, verosimile che il richiamo nel comma 25 anche delle disposizioni del comma 24 (che, si badi bene, recepiscono la nuova formulazione del primo comma dell5art. 69 d.lgs. n. 276/2003) sia stato determinato dalla volontà di evitare il rischio che la validità anche dei contratti di lavoro a progetto stipulati prima del 18 luglio 2012 potesse essere valutata alla luce dei nuovi requisiti applicabili da tale data in poi, anziché da quelli in vigore fino a quella data.

Ben altri e ben più chiari modi vi sarebbero in realtà stati per evitare un simile rischio, ma se si esclude l5ipotesi che il nudo richiamo nel comma 25 anche delle previsioni del comma 24, oltre che del comma 23, altro non sia se non un incidente di percorso (non certo l5unico, peraltro, in cui inciampa la riforma), determinato da una tecnica compilativa a dir poco approssimativa, ci si troverebbe di fronte al paradosso di una interpretazione autentica che, solo ratione temporis, leggerebbe le medesime disposizioni nel significato ora di presunzione relativa ora di presunzione assoluta.

Sorrette o meno da una norma di interpretazione autentica, le disposizioni dell5art. 69, comma 1, non lasciano, comunque, per sé sole, il benché minimo spazio al tentativo di declassare la sanzione ivi prevista a presunzione juris tantum, neppure sul presupposto di una interpretazione costituzionalmente orientata.

27 Le sentenze di primo grado che interpretano come assoluta la presunzione in esame sono a tal punto numerose da suggerire la citazione delle sentenze di secondo grado, tra cui si segnala App. Firenze 26 gennaio 2010, in Riv. crit. dir. lav., 2010, II, p. 419.

La interpretazione costituzionalmente orientata è, infatti, una strada percorribile e che anzi è opportuno percorrere quando, ma solo quando, l5utilizzazione di tutti i canoni ermeneutici offerti dalle previsioni dell5art. 12 preleggi lasci ancora margini di opinabilità superabile, senza stravolgimento della norma, attraverso il riferimento a principi e diritti di rango costituzionale.

Nel caso di specie - come peraltro riconosciuto anche da gran parte dei sostenitori, ciononostante, della presunzione relativa - già la sola lettera del comma 1 non lascia margine di opinabilità interpretativa ed impone, come da inequivoco significato del verbo usato, di considerare il rapporto imputato a lavoro a progetto, ma senza progetto, come rapporto di lavoro subordinato a tempo indeterminato, non solo indipendentemente dalla corrispondenza o meno delle sue caratteristiche ai canoni della subordinazione, ma persino nel caso in cui sia assolutamente evidente che il rapporto si è svolto in piena autonomia.

Una presunzione solo relativa sarebbe stata, d5altra parte, incompatibile con la scelta operata dal legislatore del 2003 attraverso le previsioni dell5art. 61, comma 1, che, fatta eccezione per le sole fattispecie espressamente escluse, hanno ricondotto tutte le altre collaborazioni coordinate e continuative ad un unico tipo legale, rispetto al quale non sono date alternative diverse dall5autonomia pura o dalla subordinazione.

Di tale effetto ha dato sinteticamente, ma efficacemente atto la stessa Corte Costituzionale, nella sentenza già richiamata sub nota 2), individuando nelle disposizioni del primo comma dell5art. 61 un divieto di instaurazione di rapporti di collaborazione coordinata e continuativa non riconducibili ad un progetto, benché in sé genuinamente autonomi.

La presunzione juris tantum comporterebbe l5abnorme effetto, nel caso in cui le prove fornite dal committente dimostrassero l5insussistenza degli estremi della subordinazione, di mantenere in vita un rapporto di collaborazione continuativa vietato dalla legge perché, appunto, senza progetto.

Una simile conseguenza non potrebbe essere giustificata neppure se fosse vero che il c.d. principio della indisponibilità del tipo contrattuale, di cui alle note C.

cost. n. 121/93 e n. 115/94, valesse anche per le ipotesi in cui la riqualificazione del rapporto non determini, come nel caso di specie, <l5inapplicabilità delle norme inderogabili previste dall5ordinamento per dare attuazione ai principi, alle garanzie e ai diritti dettati dalla Costituzione a tutela del lavoro subordinato>.

La possibilità di applicare ma rovescio5 il principio enunciato dalla Corte Costituzionale è stata esclusa dalla Cassazione28, che ha ritenuto <evidente> la sua inapplicabilità <alla qualificazione ope legis, come subordinati, di rapporti che, oggettivamente, abbiano natura di lavoro autonomo, potendone derivare soltanto la estensione dei più favorevoli principi, garanzie e diritti dettati dalla Costituzione a tutela del lavoro subordinato>.

La strada corretta, per chi non ritenesse convincente l5interpretazione così data dalla Corte di cassazione al principio dell5indisponibilità del tipo contrattuale, non potrebbe, perciò, che essere quella di ottenere dalla stessa fonte che l5ha

28 Cass. n. 17759/2005, in Riv. it. dir.lav., 2006, II, 552, con nota di A. Avondola, Una breccia nel muro invalicabile della indisponibilità qualificatoria nel diritto del lavoro?.

enunciato indicazioni dirette sulla sua reale portata e sulla sua compatibilità o meno con gli effetti della presunzione assoluta di cui al comma 1, se non addirittura e come pure è stato sostenuto, per quanto con argomentazioni non condivisibili, ma con maggior coerenza e senza interpretazioni riduttive della sanzione che colpisce la sua violazione29 - sulla compatibilità con il dettato costituzionale delle stesse previsioni del comma 1 dell5art. 61, di cui il comma 1 dell5art. 69 è coerente conseguenza.

In presenza invece di un valido progetto, per effetto della parte aggiunta dalla lett. g) del comma 23 dell5art. 1 all5originario incipit (non modificato) del secondo comma dell5art. 69 opererà per i contratti stipulati dopo l5entrata in vigore della riforma, eccezion fatta per le sole <prestazioni di elevata professionalità che possono essere individuate dai contratti collettivi stipulati dalle organizzazioni sindacali comparativamente più rappresentative sul piano nazionale>, una presunzione juris tantum di <lavoro subordinato sin dalla data di costituzione del rapporto, nel caso in cui l9attività del collaboratore sia svolta con modalità analoghe a quella svolta dai lavoratori dipendenti dell9impresa committente>.

Che si tratti, in questo caso, di una presunzione semplice è indiscutibile non solo perché introdotta (ad ulteriore dimostrazione anche della diversa tecnica utilizzata per la sua previsione rispetto a quella utilizzata per la presunzione di cui al primo comma) dalla riserva <salvo prova contraria>, ma anche perché l5analogia delle modalità con cui il collaboratore ed i dipendenti del committente svolgono la rispettiva attività non può, riguardando fatti, che essere verificata nei fatti.

La introduzione di detta presunzione indubbiamente avalla, attribuendogli il valore di indice, generale e decisivo, della subordinazione, il rilievo già di norma dato nelle controversie in cui si discute della sussistenza o meno della subordinazione al risultato del raffronto con la condizione dei lavoratori dipendenti.

Né il fatto che la presunzione non operi per le prestazioni di elevata professionalità potrà precludere al giudice la possibilità di avvalersi anche per esse del medesimo indice di subordinazione considerato ex lege decisivo per le prestazioni meno qualificate, anche se, ovviamente, con onere della prova a carico del collaboratore che fa valere l5analogia.

In sé l5esclusione dal vantaggio dell5inversione dell5onere della prova per le prestazioni di elevato livello non dovrebbe avere conseguenze numericamente consistenti, stante la utilizzazione del contratto a progetto soprattutto, almeno fino ad ora, per prestazioni di modesto contenuto professionale.

Sotto un profilo di mpolitica5 legislativa, la limitazione sembrerebbe rispondere agli stessi intenti che hanno portato all5introduzione del divieto di stipulare contratti di lavoro a progetto per compiti esecutivi o ripetitivi e, quindi, per incanalare il loro uso verso incarichi diversi da quelli che possono essere agevolmente affidati anche a personale dipendente.

Anche in questo caso è stata data, con l5identica formulazione e tecnica utilizzata per i compiti meramente esecutivi o ripetitivi, una delega alla

29 A.Vallebona, Lavoro a progetto: incostituzionalità e circolare di pentimento, in Arg. dir. lav., 2004, p. 293.

contrattazione collettiva per la mpossibile5 individuazione delle prestazioni, appunto, di elevata professionalità.

Valgono, perciò, anche in questo caso le stesse osservazioni svolte in occasione dell5esame del suo mprecedente5.

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