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Le conseguenze sanzionatorie: la riduzione della tutela del lavoratore a favore del procedimento

Nel documento Commentario riforma Fornero (legge 92/2012) (pagine 178-182)

LA RAZIONALIZZAZIONE DELLA DISCIPLINA DEI LICENZIAMENTI COLLETTIVI

6. Le conseguenze sanzionatorie: la riduzione della tutela del lavoratore a favore del procedimento

Quanto agli effetti dei vizi delle procedure di licenziamento collettivo, nel caso in cui non siano intervenuti accordi ai sensi del comma 45, il comma 46 dell5art. 1 modifica integralmente l5art. 5, comma 3, l. n. 223, stabilendo che <qualora il licenziamento sia intimato senza l9osservanza della forma scritta, si applica il regime

sanzionatorio di cui all9articolo 18, primo comma, della legge 20 maggio 1970 n. 300, e successive modificazioni. In caso di violazione delle procedure richiamate all9articolo 4, comma 12, si applica il regime di cui al terzo periodo del settimo comma del predetto articolo 18. In caso di violazione dei criteri di scelta previsti dal comma 1, si applica il regime di cui al quarto comma del medesimo articolo 18. Ai fini dell9impugnazione del licenziamento si applicano le disposizioni di cui all9articolo 6 della legge 15 luglio 1966 n.

604 e successive modificazioniZ. L5art. 5, comma 3, in precedenza prevedeva che il recesso intimato al singolo lavoratore nell5ambito della procedura di licenziamento collettivo fosse inefficace, qualora intimato senza l5osservanza della forma scritta ovvero intimato in violazione delle procedure richiamate dall5art. 4, comma 12, e fosse annullabile qualora fossero stati violati i criteri di scelta di cui al medesimo art. 5.

La disposizione ne esce profondamente modificata, tranne che per la parte relativa al licenziamento intimato senza l5osservanza della forma scritta, ipotesi che era e rimane abbastanza improbabile a verificarsi. Ad ogni buon conto, nel caso in cui sia accertato in sede giudiziale che il recesso è stato intimato senza l5osservanza della forma scritta, il comma 1 del nuovo art. 18 prevede la cd. tutela reintegratoria e fissa al lavoratore il termine di 30 giorni, dalla ricezione dell5invito del datore di lavoro, per riprendere il suo posto in azienda. È dubbio se al licenziamento intimato senza la forma scritta, all5esito di una procedura di licenziamento collettivo, sia applicabile anche il comma 2 del novellato art. 18 St.lav., nella parte in cui prevede che il giudice, con la sentenza di condanna alla reintegrazione del lavoratore, deve anche condannare il datore di lavoro al risarcimento del danno per il licenziamento di cui sia stata accertata la nullità, stabilendo una indennità commisurata all5ultima retribuzione globale di fatto maturata dal giorno del licenziamento sino a quello di effettiva reintegrazione, dedotto l5aliunde perceptum. La norma in questione fa riferimento al licenziamento nullo e non anche a quello inefficace, ma sembra possibile ritenere che tale carenza trovi origine in un mancato coordinamento delle disposizioni, scritte in sequenza e senza tener conto dell5intero sistema normativo che si andava via via costruendo.

Del resto, appare innegabile che anche in caso di licenziamento inefficace, perché intimato senza l5osservanza della forma scritta, si applichi il novellato comma 3 dell5art. 18 che prevede la facoltà, per il lavoratore, di sostituire la reintegrazione nel posto di lavoro con una indennità pari a quindici mensilità di retribuzione globale di fatto e la conseguente risoluzione del rapporto di lavoro.

In sostanza, i primi tre commi del nuovo art. 18 appaiono strettamente collegati tra loro, ed indicano un complesso di sanzioni da applicare all5esito del giudizio di impugnativa di licenziamento, che non possono essere disgiunte le une dalle altre.

Del resto, il comma 46 dell5art. 1 l. n. 92/2012 non richiama soltanto il comma 1 dell5art. 18 ma prevede che nel caso di licenziamento intimato senza l5osservanza della forma scritta si applichi <il regime sanzionatorio> di cui al detto comma 1. Il che induce a ritenere altamente ragionevole affermare l5applicazione del comma 2, con conseguente condanna del datore di lavoro alla reintegrazione del lavoratore ed al risarcimento del danno commisurato all5ultima retribuzione globale di fatto, anche nel caso di licenziamento intimato senza la forma scritta all5esito di una

procedura di licenziamento collettivo.

Ben diverso è il regime sanzionatorio introdotto con la seconda parte del comma 46 in esame. Infatti, nel caso di violazione delle procedure previste dall5art.

4, comma 12, (ossia delle regole che presiedono all5invio delle comunicazioni agli organi di cui al comma 9 del medesimo articolo), la sanzione applicabile all5esito di un giudizio avente ad oggetto la impugnativa del singolo recesso datoriale sarà quella prevista dal terzo periodo del comma 7 del nuovo art. 18, ossia - con un complicatissimo gioco di rinvii - la disciplina prevista dal comma 5 del medesimo art. 1812. Pertanto, anche la impugnazione di un recesso intimato all5esito di una procedura di licenziamento collettivo, in quanto invalido perché affetto da vizi formali che attengono alle comunicazioni di cui all5art. 4, comma 9, l. n. 223/91, non comporterà più la reintegrazione del lavoratore nel suo posto di lavoro, bensì soltanto una tutela di tipo risarcitorio, con determinazione della indennità risarcitoria in un range ben preciso di mensilità di retribuzione ed obbligo di specifica motivazione del giudice in ordine ai criteri adottati per la quantificazione del numero di retribuzioni stabilite a titolo di indennità risarcitoria.

Alla luce di tale ricostruzione, appare sempre più evidente che il legislatore ha inteso sottrarre ai lavoratori qualsiasi possibilità di invocare vizi formali della procedura per ottenere una tutela reale e, quindi, la reintegrazione nel posto di lavoro.

Il legislatore dapprima ha eliminato l5avverbio <contestualmente> e lo ha sostituito con il termine abbastanza ampio di 7 giorni, facilitando l5onere datoriale di effettuare le comunicazioni di cui all5art. 4, comma 9 (comma 44 dell5art. 1 l. n.

92); successivamente ha introdotto la possibilità di concludere accordi con effetti sananti dei vizi della procedura (comma 45); infine, per <chiudere il cerchio>, ha escluso che vizi formali della procedura di licenziamento possano condurre alla tutela reintegratoria del singolo lavoratore, come accadeva prima dell5introduzione della novella del 2012.

È, pertanto, possibile affermare che l5intento del legislatore sia quello di tutelare, in ogni modo possibile, la procedura di licenziamento collettivo, garantendo al datore di lavoro, che la intraprenda, un risultato sicuro, quello di diminuire il numero di addetti al proprio stabilimento produttivo secondo le sue intenzioni, anche a costo di ritenere ben poco rilevanti vizi che - è noto - attengono a trasparenza e chiarezza della procedura di licenziamento ed incidevano ed incidono direttamente sulle posizioni dei lavoratori interessati. La finalità è, ancora una volta, paradossale: tutelare il licenziamento ancorché illegittimo, non il lavoro.

L5ultima ipotesi contemplata dal comma 46 in commento è quella del

12 In cui il licenziamento intimato in assenza di giusta causa o di giustificato motivo soggettivo è dichiarato risolto con effetto dalla data del licenziamento ed è prevista la condanna del datore di lavoro al pagamento della indennità risarcitoria omnicomprensiva, determinata tra un minimo di dodici e un massimo di ventiquattro mensilità dell5ultima retribuzione globale di fatto, in relazione all5anzianità del lavoratore e tenuto conto del numero dei dipendenti occupati, delle dimensioni dell5attività economica, del comportamento e delle condizioni delle parti, con onere di specifica motivazione da parte del giudice che emette la sentenza. Si rinvia per approfondimenti al contributo sul punto di A. Terzi, in questo Volume.

licenziamento intimato in violazione dei criteri di scelta di cui all5art. 5, comma 1, l. n. 223. In tal caso la norma prevede che, all5esito del giudizio di impugnativa di un licenziamento invalido perché intimato in violazione dei criteri di scelta, si applichi il regime sanzionatorio di cui al novellato comma 4 dell5art. 18. Questo prevede, per il caso di licenziamento intimato in assenza di giustificato motivo soggettivo o giusta causa addotti dal datore di lavoro (o nel caso di licenziamento disciplinare fondato su illecito che andava sanzionato in modo più lieve), che il giudice annulli il licenziamento e condanni il datore di lavoro alla reintegrazione del lavoratore nel suo posto di lavoro ed al pagamento di una indennità risarcitoria in misura non superiore alle dodici mensilità di retribuzione globale di fatto, dedotto quanto percepito dal lavoratore o quanto avrebbe potuto percepire

<dedicandosi con diligenza alla ricerca di una nuova occupazione>. Il datore di lavoro è anche condannato al versamento dei contributi previdenziali ed assistenziali, maturati dal giorno del licenziamento fino a quello di effettiva reintegrazione, per un importo pari al differenziale contributivo descritto nel medesimo comma 4.

Quanto meno la violazione dei criteri di scelta dei lavoratori è stata, dunque, ritenuta vizio del licenziamento troppo grave per essere sanzionato soltanto con una condanna al risarcimento del danno: solo in questo caso è stata conservata a tutela reintegratoria13.

13 A parte, come si è già detto, il caso del licenziamento inefficace perché intimato senza l5osservanza della forma scritta, ipotesi che tuttavia da dati esperienziali appare molto improbabile a verificarsi.

I LICENZIAMENTI CON VIZI DI FORMA E DI PROCEDURA

Nel documento Commentario riforma Fornero (legge 92/2012) (pagine 178-182)

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