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Il licenziamento del lavoratore assunto come disabile

Nel documento Commentario riforma Fornero (legge 92/2012) (pagine 144-148)

I LICENZIAMENTI PER MOTIVI DI SALUTE di Tiziana Orrù

5. La tutela del lavoratore disabile

5.2. Il licenziamento del lavoratore assunto come disabile

Il lavoratore assunto in base alla normativa sul collocamento obbligatorio gode di una serie di garanzie anche in caso di licenziamento.

Come già detto, egli può fruire della speciale tutela antidiscriminatoria prevista per i portatori di handicap del d.lgs. n. 216/2003.

L5art. 10, comma 3, l. n. 68/99 gli riserva, inoltre, una tutela privilegiata, in caso di aggravamento delle condizioni di salute che hanno determinato il collocamento obbligatorio. In tale caso l5art. 18, comma 7, in commento, prevede l5applicazione della speciale tutela reintegratoria di cui al comma 4. L5art. 10, comma 4, della medesima l. n. 68 dispone, altresì, che il licenziamento per riduzione di personale o per giustificato motivo oggettivo, esercitato nei confronti del lavoratore occupato obbligatoriamente, è annullabile qualora, nel momento della cessazione del rapporto, il numero dei rimanenti lavoratori occupati obbligatoriamente sia inferiore alla quota di riserva prevista all'art. 3 della stessa legge.

Al di fuori delle suddette ipotesi particolari, visto il riferimento al normale trattamento normativo da riservare al lavoratore protetto (art. 10, comma 1, l. n.

68/99), il recesso del datore di lavoro dal rapporto con il lavoratore assunto obbligatoriamente, quando è motivato dalle comuni ipotesi di giusta causa e giustificato motivo, segue la generale disciplina normativa e contrattuale.

Tuttavia, anche in questi casi l5handicap o più in generale la condizione di salute del lavoratore, costituiscono elemento di valutazione della giusta causa e del giustificato motivo, che deve essere rapportato al tipo di invalidità e mai correlato alla professionalità di un soggetto valido.

L5accertamento della ricorrenza di una giusta causa o di un giustificato motivo deve perciò prescindere dalla condizione di salute del lavoratore16. Anche per il licenziamento a causa di malattia la disciplina è senz5altro quella prevista dall5art.

2110 c.c. con il limite della esclusione dal periodo di comporto delle assenze per malattia ricollegabili allo stato di invalidità17.

Tornando alla ipotesi disciplinata dall5art. 10, comma 3, l. n. 6818, va segnalato che, in caso di aggravamento delle condizioni di salute o di mutamento della organizzazione aziendale comportante la impossibilità di svolgere le mansioni affidate, il datore di lavoro o il disabile hanno la facoltà di richiedere alla commissione medica di cui all5articolo 4 l. n. 104/92, l5accertamento sulla compatibilità delle condizioni salute del disabile con l5attività svolta, con possibilità di temporanea sospensione del rapporto fino al perdurare dell5incompatibilità19.

Se la prosecuzione dell'attività lavorativa risulta incompatibile con l'aggravamento delle condizioni di salute, o con le variazioni dell'organizzazione del lavoro, il disabile viene sospeso temporaneamente e non retribuito fin quando persiste la incompatibilità e nel periodo potrà essere impiegato in tirocinio formativo. Tutti gli accertamenti indicati vengono effettuati dalle Commissioni di cui alla già citata l. n. 104/92 e dai successivamente previsti.

Di fatto, quindi, il lavoratore ha diritto ad essere adibito ad altre mansioni confacenti con la sua condizione di salute e, pertanto, il datore di lavoro potrà

16 Art. 10, comma 2, l. n. 68, secondo il quale <Il datore di lavoro non può chiedere al disabile una prestazione non compatibile con le sue minorazioni>.

17 In tal senso Cass. n. 17720/2011, secondo la quale le assenze per malattie collegate con lo stato di invalidità non possono essere incluse nel periodo di comporto, ai fini dell'art. 2110 c.c., se l'invalido viene adibito, in violazione di legge a mansioni incompatibili con le proprie condizioni di salute. In tal caso, infatti, la impossibilità della prestazione lavorativa deriva dalla violazione dell'obbligo del datore di lavoro di tutelare l'integrità fisica del dipendente, il quale però ha l'onere di provare gli elementi oggettivi della fattispecie dimostrando l'inadempimento datoriale ed il nesso di causalità tra l'inadempimento stesso, il danno alla salute subito e le assenze dal lavoro, che ne conseguono.

18 <Nel caso di aggravamento delle condizioni di salute o di significative variazioni dell'organizzazione del lavoro, il disabile può chiedere che venga accertata la compatibilità delle mansioni a lui affidate con il proprio stato di salute. Nelle medesime ipotesi il datore di lavoro può chiedere che vengano accertate le condizioni di salute del disabile per verificare se, a causa delle sue minorazioni, possa continuare ad essere utilizzato presso l'azienda. Qualora si riscontri una condizione di aggravamento che, sulla base dei criteri definiti dall'atto di indirizzo e coordinamento di cui all'articolo 1, comma 4, sia incompatibile con la prosecuzione dell'attività lavorativa, o tale incompatibilità sia accertata con riferimento alla variazione dell'organizzazione del lavoro, il disabile ha diritto alla sospensione non retribuita del rapporto di lavoro fino a che l'incompatibilità persista. Durante tale periodo il lavoratore può essere impiegato in tirocinio formativo. Gli accertamenti sono effettuati dalla commissione di cui all'articolo 4 della legge 5 febbraio 1992, n. 104, integrata a norma dell'atto di indirizzo e coordinamento di cui all'articolo 1, comma 4, della presente legge, che valuta sentito anche l'organismo di cui all'articolo 6, comma 3, del decreto legislativo 23 dicembre 1997, n. 469, come modificato dall'articolo 6 della presente legge. La richiesta di accertamento e il periodo necessario per il suo compimento non costituiscono causa di sospensione del rapporto di lavoro. Il rapporto di lavoro può essere risolto nel caso in cui, anche attuando i possibili adattamenti dell'organizzazione del lavoro, la predetta commissione accerti la definitiva impossibilità di reinserire il disabile all'interno dell'azienda>.

19 Già per Cass. n. 1566/88 il giudizio del collegio medico, che abbia ritenuto incompatibile con lo stato fisico del lavoratore invalido l'espletamento di determinate mansioni, vincola il datore di lavoro, che, in caso d'inosservanza, è responsabile del danno alla salute sofferto dal lavoratore per lo svolgimento delle mansioni dichiarate incompatibili con il suo stato fisico. La S.C., inoltre, ebbe ad affermare irrilevante, ai fini della limitazione di tale responsabilità, la circostanza di consistere il danno nell'insorgere o nell'aggravarsi di processi morbosi interessanti distretti diversi da quelli eventualmente considerati nel parere della Commissione medica, argomentando che la violazione della norma - diretta alla tutela del bene della salute del lavoratore considerato non atomisticamente ma nella sua unità - è fonte di responsabilità contrattuale ex art. 1225 c.c. ed anche di responsabilità aquiliana (per la lesione del precetto del neminem ledere), essendo quello alla salute un diritto assoluto, riconosciuto anche dalla Costituzione.

ricollocare l5invalido all5interno della propria organizzazione anche attraverso possibili adattamenti della stessa.

Soltanto ove tali misure non siano sufficienti ovvero vi sia il rifiuto da parte del disabile a svolgere mansioni inferiori eventualmente disponibili, il datore potrà intimare il licenziamento ed il lavoratore verrà avviato presso altra azienda, in attività compatibili con le residue capacità lavorative, senza necessità di iscrizione nelle graduatorie di cui all5art. 8 l. 68/99.

Il punto cruciale della disciplina consiste, dunque, nella individuazione dell5ampiezza dell5obbligo imposto al datore di lavoro di adattare l5organizzazione aziendale alle mutate condizioni del lavoratore. Secondo un consolidato orientamento giurisprudenziale l5obbligo datoriale non può, estendersi sino a ricomprendere il dovere di modificare la struttura organizzativa dell5azienda, ad esempio mediante la istituzione di nuovi posti di lavoro dovendosi ritenere legittimati solo microinterventi consistenti in adattamenti della organizzazione del lavoro al fine di ricavare, per l'invalido, un5adeguata posizione di lavoro attraverso la ricomposizione di funzioni sottratte ad altri collaboratori, comunque sempre nell'ambito di mansioni già esistenti nell'assetto organizzativo aziendale20.

Il tema coinvolge il difficile e complesso equilibrio tra libertà di iniziativa economica e diritto al lavoro del disabile, da valutare anche in riferimento alla peculiare disciplina in tema di parità di trattamento e divieto di discriminazione fondato sull5handicap. Una soluzione interpretativa potrebbe in proposito essere rinvenuta nell5art. 5 della direttiva 2000/78/CE del 27 novembre 2000, non trasposto nel nostro ordinamento ad opera del d.lgs. 216/2003 che, allo scopo di garantire l'attuazione del principio di parità di trattamento dei disabili, sia nell'accesso sia nel mantenimento del rapporto di lavoro, prevede che il datore di lavoro sia tenuto ad adottare «soluzioni ragionevoli», intese come

«provvedimenti appropriati in funzione delle esigenze del disabile», con il limite della proporzionalità rispetto al sacrificio finanziario per il datore di lavoro, tenuto conto delle dimensioni, delle risorse dell'impresa e della possibilità di ottenere fondi pubblici o altre sovvenzioni (v. in proposito artt. 13 e 14, l. n.

68/99)21.

In conclusione, il licenziamento del lavoratore disabile assunto obbligatoriamente in caso di aggravamento delle condizioni di salute connesse con l5handicap, può beneficiare della speciale tutela di cui all5art. 18, comma 7,

20 In tal senso Cass. n. 10914/2005. In modo analogo la giurisprudenza di merito: per tutte v. Trib. Ferrara 22 ottobre 2008, in Riv. it. dir. lav., 2009, II, p. 652, con nota di C. Tomiola, L9obbligo di cooperazione del datore di lavoro in caso di aggravamento dello stato di salute del lavoratore disabile.

21 Importante sul punto la nota decisione la Corte di Giustizia UE, 11 luglio 2006, C-13/05, Chacòn Navas, in merito alla tutela dei disabili in materia di licenziamento, ha affermato che il divieto, in materia di licenziamento, della discriminazione fondata sull5handicap, sancito dalla direttiva 2000/78/CE non consente un licenziamento fondato su un handicap che, tenuto conto dell5obbligo di prevedere soluzioni ragionevoli per i disabili, non sia giustificato dal fatto che la persona di cui trattasi non sia competente né capace né disponibile a svolgere le funzioni essenziali del suo posto di lavoro. In merito alla quale v. il commento di G.

Giappichelli, La Corte di giustizia si pronuncia sulla nozione di handicap: un freno alla vis expansiva del diritto antidiscriminatorio?, in Riv. it. dir. lav., 2007, II, p. 758, mentre in generale sulle questioni della discriminazione fondate su handicap, v. M. Barbera, Le discriminazioni basate sulla disabilità, in M. Barbera (a cura di), Il nuovo diritto antidiscriminatorio, Giuffré, Milano, 2007, p. 77 ss.

St.lav. qualora il datore di lavoro non abbia rispettato la disciplina prevista dall5art. 10, comma 3, l. n. 68/99.

Al contrario, il citato art. 18, comma 7, non contempla la ipotesi del licenziamento intimato al lavoratore disabile per riduzione di personale o per giustificato motivo oggettivo, per il quale è l5art. 10, comma 4, l. n. 68/99 a prevederne l5annullamento qualora, come accennato, al momento della cessazione del rapporto il numero dei rimanenti lavoratori occupati obbligatoriamente sia inferiore alla stabilita quota di riserva.

La esclusione della ipotesi dell5art. 10, comma 4, dalla disciplina prevista dal nuovo art. 18 comporta una ingiustificata differenziazione delle tutele accordate al lavoratore disabile in caso di licenziamento per giustificato motivo oggettivo fondato su motivi economici, tale da ingenerare dubbi di costituzionalità.

Invero, deve essere rimarcato che la ipotesi del citato comma 4 dell5art. 10 presenta la eadem ratio del comma 3 precedente, individuabile nella esigenza di specifica tutela dei lavoratori assunti obbligatoriamente che in alcun modo giustifica disparità di trattamento, per cui appare evidente garantire le medesima conseguenze anche nel caso del citato comma 4 dell5art. l. 68/99.

IL LICENZIAMENTO PER MOTIVI ECONOMICI

Nel documento Commentario riforma Fornero (legge 92/2012) (pagine 144-148)

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