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Una svolta apparente: continuità e omissioni

LA DIFESA DEI DIRITTI DEI LAVORATORI di Enzo Martino

2. Una svolta apparente: continuità e omissioni

La Riforma del 2012, dunque, ci precipita addosso in questo contesto già fortemente compromesso e nel quale gli equilibri ed i rapporti di forza, nelle aule di giustizia ma soprattutto nei luoghi di lavoro, sono sempre più sbilanciati in favore delle imprese.

Apparentemente la riforma rappresenta una svolta rispetto al progetto politico del centro-destra. Ed infatti, dichiarando di ispirarsi ad un modello di flexicurity, da un lato si propone di porre un freno all5abuso dei contratti a tempo determinato e più in generale della varie tipologie di contratti <atipici>, dall5altro non contesta ruolo e funzione della giurisdizione, attribuendo anzi ai giudici più poteri, sia nell5applicazione della disciplina sostanziale sia nella gestione del nuovo rito speciale per i licenziamenti.

Ma è veramente così?

Non sono d5accordo con chi enfatizza gli elementi di discontinuità tra la Riforma Fornero e la stagione legislativa precedente. La svolta, infatti, è più apparente che reale, perché gli elementi di continuità, nella sostanza più che nelle dichiarazioni di principio, prevalgono nettamente su quelli di rottura.

Partendo dalla flessibilità in entrata, dopo le roboanti dichiarazioni pubbliche, la montagna ha partorito un topolino: degli innumerevoli contratti atipici, connotati da forte precarietà ed insicurezza per il prestatore, è stato alla fine abrogato un solo contratto, quello di inserimento.

Per quanto riguarda più specificamente il contratto a tempo determinato, invece, il modesto maquillage realizzato nella disciplina della successione dei contratti ed in altri aspetti tutto sommato marginali è ampiamente compensato, in negativo, dalla previsione del contratto acausale della durata di ben 12 mesi.

Non si riesce ad immaginare, inoltre, quanto potrà accadere sul piano sociale nel momento in cui, dopo la riforma pensionistica, che già ha prodotto il grave

problema degli esodati, entrerà a regime anche quella degli ammortizzatori sociali.

In un quadro in cui la flessibilità in uscita viene indubbiamente incrementata in particolare, ma non soltanto, per i licenziamenti con motivazioni economiche, l5allungamento dell5età pensionabile e la riduzione degli ammortizzatori sociali impedirà di fatto il raggiungimento di quegli accordi di <accompagnamento alla pensione> che hanno consentito, in due decenni, di gestire il problema degli esuberi in maniera meno traumatica riducendo l5impatto sociale di situazioni potenzialmente drammatiche.

Inoltre, la modifica della disciplina in materia di concessione della cassa integrazione straordinaria per le imprese insolventi renderà pressoché impossibile il salvataggio di queste ultime.

Quanto al maggior potere attribuito ai giudici, sul versante del diritto sostanziale si tratta in fondo solo della concessione di ampi spazi di discrezionalità nell5applicazione del regime sanzionatorio differenziato previsto dal nuovo art. 18, la quale, tuttavia, può essere esercitata solo <a scendere>, dalla tutela piena, analoga a quella attuale, accordata solo ad ipotesi residuali, per arrivare sino a quella attenuata o addirittura a quella meramente indennitaria, in un quadro normativo dai contorni oltremodo incerti e sfumati. Sul versante processuale, invece, l5attribuzione di ampi poteri officiosi è funzionale alla gestione di un nuovo rito che, al di là della propaganda, è ritenuto da tutti gli operatori lacunoso ed irrazionale e che comunque creerà, ed anzi sta già creando, ben più problemi interpretativi e pratici di quanti ne possa risolvere.

Per quanto attiene infine alle modifiche all5art. 18, ci si può limitare a sottolineare che, per recuperare spazio alla tutela ripristinatoria - l5unica in grado di garantire l5effettività di tutti i diritti e dunque di preservare la dignità del cittadino anche nei luoghi di lavoro - è ora più che mai necessaria un5opera di costruzione di un diritto antidiscriminatorio maturo anche in Italia3.

I primi risultati, di straordinaria importanza, si sono avuti nella vicenda di Pomigliano, con l5ordinanza con la quale il Tribunale di Roma ha disposto l5assunzione da parte della Newco F.I.P. di 145 lavoratori discriminati solo perché iscritti alla Fiom-Cgil che si era opposta al contratto separato4.

Ma si tratta di una caso veramente clamoroso ed eclatante di discriminazione5, che dunque come tale, pur nella sua rilevanza, difficilmente può prestarsi a generalizzazione ed a conseguenti facili ottimismi.

3 A questo proposito si vorrebbe poter dare ragione a chi dice che in Italia non si è sviluppato un diritto antidiscriminatorio maturo perché non ce n5è mai stato bisogno, proprio in quanto l5art. 18 era sufficiente ad assicurare un ampio grado di tutela. Temo, però, che la battaglia culturale da intraprendere sia lunga ed il percorso sia tutto in salita. Al riguardo si rinvia, per interessanti spunti e la valorizzazione del diritto costituzionale italiano prima ancora della disciplina eurocomunitaria, al contributo in questo Volume di S.

Niccolai.

4 Trib. Roma 21 giugno 2012, in http://www.magistraturademocratica.it/mdem/area.php?a=8, confermata, ed anzi rafforzata, da App. Roma 19 ottobre 2012, ibidem, con commento di E.Tarquini, La discriminazione per motivi sindacali e l9onere della prova del datore di lavoro.

5 su un organico complessivo di 4.367 dipendenti addetti allo stabilimento di Pomigliano, gestito da Fiat Group Automobiles, alla data del giugno del 2012, la F.I.P. ne aveva assunti 1.893: tra questi nessuno è risultato essere iscritto alla Fiom.

Un caso estremo, dunque, determinato non soltanto dalla pervicace volontà di punire coloro i quali si erano opposti alla logica ed ai contenuti del contratto separato escludendoli dalle assunzioni, ma anche dalla volontà di impedire la costituzione della rappresentanza sindacale aziendale da parte della Fiom, con ciò aggirando l5ordine impartito dal Tribunale di Torino6.

Ricordo, infine, quello che soprattutto manca nella Riforma Fornero, cioè un intervento sulla questione della rappresentanza nei luoghi di lavoro.

La interpretazione strettamente letterale dell5art. 19 St.lav., nel testo interpolato dal referendum del 1995, comporta infatti l5esclusione del sindacato maggioritario dalla rappresentanza in azienda in presenza di accordi separati da questo non sottoscritti.

Al di là degli esiti oggettivamente ancora aperti del contenzioso giudiziario in atto tra Fiom e Fiat, e in attesa della decisione della Corte Costituzionale investita dalla questione di legittimità costituzionale dell5art. 197, è assolutamente sconfortante il dover constatare che il legislatore non si sia sinora sentito ancora in dovere di intervenire in questa materia.

L5esclusione della Fiom dalla rappresentanza aziendale negli stabilimenti della maggiore industria manifatturiera italiana, modello già imitato in altri settori8, rappresenta infatti un vulnus gravissimo alle regole di democrazia sindacale.

Non è tollerabile il fatto che venga legittimato o anche solo tollerato un sistema di relazioni sindacali fondato su una sorta di <conventio ad excludendum> di una organizzazione sindacale effettivamente rappresentativa solo perché dissenziente.

Su questo piano si gioca una partita importante che coinvolge non solo i rapporti

6 Trib. Torino 14 settembre 2011, n. 2583, in MGL, 2011, 774.

7 Risultano allo stato due ordinanze di rimessione: Trib. Modena 4 giugno 2012, in http://www.magistraturademocratica.it/mdem/upy/fsentenza/illegittimitàcostituzart.19.pdf, e Trib.

Vercelli 25 settembre 2012, in www.cortecostituzionale.it.

8 Al riguardo v. Trib. Milano 16 maggio 2012, inedita, nel caso che ha visto contrapposta la Filcams Cgil, non firmataria dell5ultimo accordo di rinnovo del c.c.n.l. terziario, alla società Decathlon, che non ne aveva riconosciuto la r.s.a. in una sua unità produttiva.

IL CONTRATTO A TEMPO DETERMINATO E

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