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La determinazione del compenso e le nuove aliquote contributive

IL LAVORO NON SUBORDINATO: CONTRATTO A PROGETTO di Graziella Mascarello

4. La determinazione del compenso e le nuove aliquote contributive

Nella sua originaria formulazione, l5art. 63 d.lgs. n. 276/2003 prevedeva che il compenso spettante al collaboratore a progetto dovesse essere <proporzionato alla quantità e qualità del lavoro eseguito>, tenuto conto dei <compensi normalmente corrisposti per analoghe prestazioni di lavoro autonomo nel luogo di esecuzione del rapporto>.

La mancanza (ancor oggi) di minimi sindacali specificamente riferiti al lavoro autonomo ha reso indubbiamente difficile la determinazione da parte del giudice di un compenso difforme da quello pattuito nel contratto individuale.

La possibilità di fare riferimento anche ai minimi contrattuali previsti per i lavoratori subordinati chiamati a svolgere prestazioni analoghe, prospettata alla luce del richiamo operato al criterio della proporzionalità alla quantità e qualità del lavoro eseguito e del rilievo che <la natura autonoma o subordinata del rapporto non condiziona la quantità e qualità del lavoro svolto>30, ha trovato un primo, per quanto indiretto, riconoscimento legislativo nella cd. finanziaria 200731.

In tale direzione si è mossa la l. n. 92/2012 che ha riformulato (comma 23, lett. c, dell5art. 1) l5art. 63 del decreto, che nel nuovo testo stabilisce che: <il compenso corrisposto ai collaboratori a progetto deve essere proporzionato alla quantità e alla qualità del lavoro eseguito e, in relazione a ciò nonché alla particolare natura della prestazione e del contratto che la regola, non può essere inferiore ai minimi stabiliti in modo specifico per ciascun settore di attività, eventualmente articolati per i relativi profili professionali tipici e in ogni caso sulla base dei minimi salariali applicati nel settore medesimo alle mansioni equiparabili svolte dai lavoratori subordinati, dai contratti collettivi sottoscritti dalle organizzazioni sindacali dei lavoratori e dei datori di lavoro comparativamente più rappresentative sul piano nazionale a livello interconfederale o di categoria ovvero, su loro delega, ai livelli decentrati>.

La disposizione conferma l5operatività del precetto di cui all5art. 36 Cost. anche per i lavoratori a progetto, elevandolo da parametro di valutazione ex post a criterio cui dovrà già attenersi ex ante la contrattazione collettiva ad essi specificamente rivolta ed individuando gli indici a tal fine utili.

Il comma 2 (ex novo aggiunto) dell5art. 63, inoltre, espressamente prevede, nell5attesa di una contrattazione collettiva specifica, l5utilizzazione dei contratti collettivi del lavoro subordinato, stabilendo per tale ipotesi che <il compenso non può essere inferiore, a parità di estensione temporale dell9attività oggetto della prestazione,

30 G. Cannella, Un (lavoro a) progetto mal riuscito, in Quest. Giust., 2004, p. 727.

31 Il comma 772 dell5art. 1 l. n. 296/2006, stabilisce, infatti, ai fini della base di calcolo della contribuzione della Gestione Separata, che <in ogni caso i compensi corrisposti ai collaboratori a progetto devono essere proporzionati alla quantità e qualità del lavoro eseguito e devono tenere conto dei compensi normalmente corrisposti per prestazioni di analoga professionalità, anche sulla base dei contratti collettivi nazionali di riferimento>.

alle retribuzioni minime previste dai contratti collettivi nazionali di categoria, applicati nel settore di riferimento alle figure professionali il cui profilo di competenza e di esperienza sia analogo a quello del collaboratore a progetto <.

Si tratta di una tappa importante32, per quanto di non semplice applicazione pratica. Fino a quando la contrattazione collettiva non provvederà a fissare le tariffe specificamente riferite ai collaboratori a progetto, già conformate ai criteri di cui al primo comma, il riferimento ai minimi previsti per i lavoratori subordinati potrà e infatti - porre, in aggiunta all5usuale problema della loro determinazione sulla base dei soli minimi tabellari ovvero anche delle altre voci retributive previste dalla contrattazione collettiva applicabile ai dipendenti del committente33, non solo la necessità di scegliere, laddove quest5ultimo applichi più contratti, a quale di essi fare riferimento, ma anche di rapportare all5effettivo impegno temporale del collaboratore un parametro stabilito per una prestazione di certa durata giornaliera, settimanale e mensile.

Nella descrizione delle caratteristiche del lavoro a progetto il comma 1 dell5art.

69 indica come elemento essenziale dell5apporto del collaboratore l5indipendenza

<dal tempo impiegato per l5esecuzione dell5attività lavorativa>, ma ciò non fa venir meno, trattandosi di una prescrizione finalizzata al diverso obiettivo di garantire l5autonomia della gestione del progetto anche sotto il profilo temporale, la necessità di tener conto nella determinazione del compenso spettante, oltre che della qualità della prestazione valutata anche in funzione del risultato, della quantità dell5impegno temporale presumibilmente o comprovatamente assorbito dalla esecuzione dell5incarico. In tal senso indubbiamente depone non solo lo specifico richiamo alla <parità di estensione temporale dell9attività oggetto della prestazione <, ma la stessa recezione del parametro di cui alla prima parte del primo comma dell5art. 36 Cost.

Non secondari sono, infine, i vantaggi che, quanto a trattamento pensionistico, potrebbero derivare dall5aumento, stabilito per tutti gli iscritti alla Gestione Separata Inps, ivi compresi i lavoratori a progetto, delle aliquote contributive già stabilite anche per il 2012 ed anni successivi dal comma 79 dell5art. 1 l. n.

247/2007.

Detto aumento, disposto dal comma 57 dell5art. 2 della riforma (parzialmente modificato, con un lieve abbassamento delle percentuali già previste per gli iscritti in via esclusiva e corrispondente innalzamento delle percentuali previste per iscritti anche ad altre gestioni, dall5art. 46 bis, lett. g, l. n. 134/2012, di conversione del cd. Decreto Sviluppo, d.l. n. 83/2012), è progressivo e porterà, nell5anno 2018, ad un allineamento della aliquota da applicare agli iscritti in via esclusiva con la aliquota già attualmente applicata (33 %) al lavoro subordinato.

32 T. Treu, op. cit., p. 42-44, la qualifica come la disposizione <forse più innovativa in materia>, che risponde alle sollecitazioni da tempo rivolte all5Italia <non solo (da) gli esperti e osservatori, ma anche (dal) le autorità internazionali> per l5introduzione <di una qualche forma di salario minimo> e che <configura una forma di legislazione promozionale che vuole stimolare i sindacati più rappresentativi a sviluppare contenuti e forme di contrattazione pensati per rispondere ai particolari caratteri dei collaboratori>.

33 Le indicazioni date dalla Corte di Cassazione, quanto ad inclusione dei soli minimi tabellari, sono, come è ben noto, granitiche e sono state ribadite anche nelle più recenti sentenze in materia (Cass. n. 16/2012). Non può, tuttavia, escludersi che il riferimento operato dalla norma in esame anche alla <esperienza>, oltre che alla capacità, possa aprire uno spiraglio a favore di un5interpretazione meno restrittiva.

Quest5ultimo intervento, anch5esso mirato, oltre che a risanare le perdite delle varie gestioni pensionistiche, anche a riequilibrare le sensibili differenze esistenti tra i costi del lavoro subordinato e quelli del lavoro a progetto, riduce ad evidenza, come già le disposizioni riferite ai corrispettivi, gli spazi di convenienza del ricorso al secondo piuttosto che al primo34.

5. Il recesso

Anche le previsioni dell5art. 67, destinate a disciplinare la <estinzione del contratto e preavviso> sono state in parte modificate.

Dal comma 1 è stato solo eliminato (lett. d del comma 23) il precedente riferimento operato anche <al programma o fase di esso>, ferma restando la previsione di risoluzione del contratto <al momento della realizzazione del progetto>.

È stata, altresì, confermata nell5incipit del secondo comma la facoltà di recesso di entrambe le parti per giusta causa, mantenendo però l5originaria formulazione (<prima della scadenza del termineZ), senza tenere conto del fatto che la realizzazione del progetto coincide ormai con il raggiungimento del risultato pattuito.

Rispetto, invece, alla originaria previsione di cui alla seconda parte del secondo comma dell5art. 62, che consentiva ad entrambi di recedere per le <diverse causali o modalità, incluso il preavviso, stabilite dalle parti nel contratto di lavoro individuale>, è stata stabilita la possibilità - per il committente - di <recedere prima della scadenza del termine qualora siano emersi oggettivi profili di inidoneità professionale del collaboratore tali da rendere impossibile la realizzazione del progetto> e - per il collaboratore - di <recedere prima della scadenza del termine, dandone preavviso, nel caso in cui tale facoltà sia prevista nel contratto individuale di lavoro>.

La impossibilità di conseguire il risultato pattuito, in quanto determinata da carenze mprofessionali5 del collaboratore, già sarebbe in realtà idonea ad integrare una giusta causa di recesso, anche indipendentemente da un'espressa previsione.

Singolare è, semmai, che all'esigenza, ciononostante, di tale specificazione non abbia fatto eco l'esigenza di dare espressamente conto della possibilità di recesso manticipato5 anche del collaboratore nel caso in cui l'impossibilità di realizzare il progetto dipenda, invece, da fatti imputabili al committente.

Innovativa è, invece, la limitazione al solo collaboratore della facoltà di recedere prima della realizzazione del progetto, con il solo onere del preavviso.

In astratto tale novità sbilancia a favore del collaboratore la disciplina del recesso acausale, ma poiché la possibilità di avvalersi di tale facoltà è subordinata ad una previsione ad hoc nel contratto individuale, v5è da dubitare che il committente acconsenta ad inserirla nel contratto.

34 V. in tal senso T. Treu, op, cit., p. 41-42, che e dopo aver evidenziato che le critiche sollevate durante l5iter formativo della legge contro l5aggravio contributivo delle forme di lavoro autonomo (a progetto ed IVA) <sono state soffocate dalle necessità finanziarie> - sottolinea che <la intensità della crescita dei costi contributivi rischia di ostacolare la diffusione di questi lavori, specie per i giovani all5inizio della vita lavorativa, anche in settori caratterizzati da professionalità emergenti che invece andrebbero sostenute>. Non diversa la valutazione espressa da M. Marazza, già riportata sub nota 3.

Il vero vantaggio per il collaboratore è l5esclusione della possibilità di recesso acausale del committente, che gli garantisce una stabilità per il periodo pattuito simile a quella del lavoratore subordinato a termine e la conseguente possibilità di ottenere, in caso di recesso anticipato, il risarcimento del danno subito.

6. Conclusioni

Il giudizio sulla disciplina del lavoro a progetto varata dalla legge di riforma dello scorso giugno è inevitabilmente influenzato dalla prospettiva da cui la si osserva.

Una indagine estesa anche a ragioni di politica legislativa e/o di opportunità può, infatti, approdare a valutazioni diverse da quelle cui può approdare un5analisi concentrata soprattutto su aspetti tecnico-giuridici e, anche all5interno di questa più ristretta area, il giudizio può cambiare a seconda che si consideri la nuova disciplina del lavoro a progetto in sé e per sé o che ci si limiti ad esaminare le novità da essa apportate alla precedente.

La scelta, operata dalla riforma Biagi e confermata dalla Legge Fornero, di elevare il lavoro a progetto a regola delle collaborazioni coordinate e continuative ha provocato reazioni diverse, anche con riferimento alla sua reale efficacia antielusiva.

Anche dando per ammessa la bontà di tale scelta, la valutazione sui modi con cui la seconda è intervenuta sul modello ereditato dalla prima dovrebbe per il vero prendere in considerazione non solo ciò che essa ha fatto, ma anche ciò che non ha fatto.

Un esame esteso anche al mnon fatto5 metterebbe in evidenza omissioni anche importanti, tra cui, in particolare, il totale silenzio della l. n. 92 rispetto ai problemi posti dalla singolare e difficile convivenza tra le disposizioni dettate per la mancanza sostanziale e la mancanza formale del progetto che, aggravati dalla infelice formulazione dell5incipit del comma 1 dell5art. 62 d.lgs. n. 276/2003, avrebbero meritato di essere presi in considerazione e risolti, a maggior ragione da una legge che ha ad oggetto la riforma dell5intero mercato del lavoro.

Se si limita, invece, la valutazione ai risultati del confronto tra le due discipline, va riconosciuto che la nuova è, nei suoi tratti essenziali, più lineare e più coerente rispetto alla precedente.

Benché, come si è visto, non manchino neppure nelle sue previsioni, accanto ad oscurità ed ambiguità di formulazione, novità di cui sfugge la effettiva utilità e funzione, il bilancio resta positivo, grazie soprattutto alla rivisitazione della nozione di progetto, ora <funzionalmente collegato ad un preciso risultato>, ed alla eliminazione della sua precedente riferibilità anche a programmi di lavoro o sue fasi.

Le disposizioni che meglio tutelano sotto il profilo economico il collaboratore - con riguardo, nell5immediato, al corrispettivo della prestazione e, in prospettiva, alla possibilità di fruizione di un trattamento pensionistico non insignificante e senz5altro irrobustiscono le ragioni di una valutazione positiva.

Il superamento, poi, se non di tutti, di buona parte degli interrogativi sollevati dalla scarsa chiarezza ed ambiguità che inquinavano la precedente disciplina, diminuendo le incertezze interpretative, dovrebbe avere effetti positivi anche sulla sua applicazione o, quantomeno, agevolare l5accertamento della sua eventuale distanza dalle regole che lo governano.

Indubbio è, però, che la maggior parte delle modifiche (non solo quelle più significative, ma anche quelle secondarie e forse non strettamente necessarie) comporta un obiettivo restringimento dell5area di operatività del lavoro a progetto (e, di conseguenza, delle collaborazioni coordinate e continuative consentite) e che alcune diminuiscono anche il suo margine di convenienza economica rispetto ad un rapporto di lavoro subordinato.

Comune anche alle novità introdotte per le altre fattispecie di lavoro autonomo, tale risultato è stato, come si è visto, ritenuto da alcuni commentatori indicativo di una precisa volontà di indirizzare il mercato verso una maggiore utilizzazione del rapporto di lavoro subordinato.

Il rischio è, però, che la fuga dalla mparasubordinazione5 allarghi, anziché l5area della subordinazione, quella del lavoro tout court irregolare, se non già quella della effettiva disoccupazione.

IL LAVORO AUTONOMO

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