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Segue: la GsanatoriaL sindacale ed i problemi di legittimazione

Nel documento Commentario riforma Fornero (legge 92/2012) (pagine 174-178)

LA RAZIONALIZZAZIONE DELLA DISCIPLINA DEI LICENZIAMENTI COLLETTIVI

5. Segue: la GsanatoriaL sindacale ed i problemi di legittimazione

Occorre ora prendere in considerazione l'altro nucleo di questioni interpretative, con riferimento al comma 45 dell'art. 1 l. n. 92/2012, secondo cui

<gli eventuali vizi della comunicazione di cui al comma 2 del presente articolo possono essere sanati, ad ogni effetto di legge, nell'ambito di un accordo sindacale concluso nel corso della procedura di licenziamento collettivo>.

In proposito, è necessario prendere le mosse dalla disciplina degli accordi collettivi e tenere presente che essa influenza in modo decisivo anche gli accordi che potranno essere assunti nell'ambito di una procedura di licenziamento collettivo.

In primo luogo, appare evidente che la norma, così come enunciata, si riferisce a qualsiasi vizio della procedura di licenziamento collettivo, ossia ad uno qualsiasi degli errori o delle omissioni del datore di lavoro sin dall'inizio della procedura.

In particolare, vizi od omissioni che, in precedenza, potevano legittimamente costituire causa di impugnativa del singolo licenziamento, quando le regole della procedura non erano state rispettate, possono oggi essere sanati mediante un accordo collettivo9.

È verosimile affermare, innanzitutto, che le parti sociali, nel concludere l'accordo, devono essere pienamente consapevoli dei vizi od omissioni compiuti durante la procedura e dichiarare di voler sanare effettivamente gli specifici vizi.

In altre parole, non sarà possibile considerare valido un accordo in cui le parti decidano di sanare, in modo generico ed indistinto, tutti gli eventuali vizi della procedura di mobilità, senza sapere di quali vizi e di quali omissioni si sia trattato e quali ripercussioni abbiano avuto. Mette conto evidenziare che l5accordo di sanatoria in questione ha carattere latamente transattivo, nel senso che, con il riconoscere e sanare i difetti della procedura (determinati da omissioni o inadempienze del datore di lavoro nel darvi corso), si impedisce il sorgere di future controversie, ossia si elimina in radice la possibilità di impugnative di licenziamento individuale fondate su vizi formali della procedura di licenziamento collettivo. In tal senso, l5accordo di sanatoria ha carattere transattivo ed incide sulle posizioni dei singoli lavoratori coinvolti nella procedura di mobilità.

Tale accordo si deve necessariamente iscrivere in un più ampio accordo sindacale, che abbia ad oggetto l5intera procedura di mobilità e definisca, in modo esaustivo, i tempi, i modi, il numero ed i criteri di scelta dei lavoratori da porre in mobilità. In altre parole, non sembra possibile che le parti sociali decidano di sottoscrivere unicamente l5accordo di carattere transattivo, senza procedere alla stesura di alcun accordo concernente l5intera procedura di mobilità. La norma in questione sul punto è chiara: gli eventuali vizi della procedura possono essere sanati <nell5ambito di un accordo sindacale concluso nel corso della procedura di licenziamento collettivo>. Non sarà, pertanto, praticabile un accordo avente soltanto la funzione di eliminare i vizi della procedura e che non tocchi in alcun modo modalità, tempi e criteri di scelta dei lavoratori da licenziare. Risulta

9 In precedenza, come già ricordato, la mancata indicazione nella comunicazione di avvio della procedura di tutti gli elementi previsti dall5art. 4, comma 3, l. n. 223, conduceva ad invalidare la procedura e determinare la inefficacia dei licenziamenti; tale vizio era ritenuto, secondo l5indirizzo prevalente, non sanabile dalla successiva stipulazione di un accordo sindacale di riduzione del personale: Cass. n. 15479/2007.

evidente che nella specie il legislatore ha pensato ad un accordo di tipo più ampio che, nell5ambito di trattative di più ampio respiro, elimini (anche) i vizi formali della procedura, determinati da errori od omissioni del datore di lavoro.

In sostanza, l5accordo transattivo sembra avere senso soltanto se si inserisce in un contesto più ampio, dove la sanatoria dei vizi formali della procedura si renda necessaria perché si è ormai raggiunto un accordo sulle questioni più rilevanti, ossia sul numero dei lavoratori da licenziare, sui criteri di scelta e sui tempi e modalità dell5esodo collettivo.

Soltanto in tal modo si comprende la necessità di sanare i difetti procedurali al fine di evitare l5instaurarsi di controversie individuali pur dopo il raggiungimento di un accordo collettivo. La norma mira, dunque, a garantire la parte datoriale, che deve sentirsi sicura di sottoscrivere un accordo collettivo di carattere definitivo ed esaustivo, senza rischiare di ritrovarsi a dover gestire, in un momento successivo, una serie di controversie individuali originate dai vizi della procedura. Pertanto la norma introdotta con la l. n. 92 mostra di favorire gli accordi collettivi che definiscano, in modo condiviso tra le parti, le modalità, il numero dei lavoratori da licenziare, i criteri di scelta ed i tempi di esecuzione dell5esodo collettivo. È evidente che il comma 45 dell5art. 1 si inserisce nel contesto dell5art. 4 l. n. 223 allo scopo di incentivare l5esito positivo delle trattative sindacali previste dai commi 5 ss.: invero, il comma 5 prevede espressamente che entro 7 giorni dalla data di ricevimento della comunicazione di inizio della procedura di mobilità, su richiesta delle rappresentanze sindacali aziendali e delle rispettive associazioni, si proceda ad un esame congiunto, allo scopo di esaminare le cause che hanno dato origine all5eccedenza di personale ed a verificare la possibilità di misure alternative al licenziamento collettivo. Qualora non sia possibile adottare misure alternative all5esodo collettivo, le soluzioni previste dall5art. 4 sono due: o le parti raggiungono un accordo entro 45 giorni dalla data di ricezione della comunicazione, ed in tal caso l5accordo si sostanzia in una sorta di presa d5atto della ineluttabilità del ricorso alla procedura di licenziamento, definendone tempi e modi; oppure non si raggiunge alcun accordo ed in tal caso, esaurita la procedura di cui ai commi 6, 7 ed 8 dell5art. 4, l5impresa ha facoltà di licenziare i lavoratori individuato sulla scorta dei criteri prefissati.

Pertanto, si ribadisce che non avrebbe senso un accordo sottoscritto dalle parti unicamente allo scopo di sanare vizi della procedura di mobilità, mentre ha senso un accordo che miri ad evitare future ripercussioni giudiziarie del licenziamento collettivo, quando le parti sociali abbiano ritenuto inevitabile il ricorso all5esodo collettivo ed abbiano concorso a scrivere le regole del procedimento di riduzione del personale.

Si pongono, a questo punto, tuttavia, una serie di delicati problemi sulla legittimazione dei sindacati a sottoscrivere gli accordi collettivi che contengano anche la sanatoria dei vizi della procedura di mobilità. L5art. 4, comma 2, l. n. 223 stabilisce che le imprese intenzionate a dare corso ad una procedura di licenziamento collettivo debbano darne comunicazione preventiva, per iscritto, alle rappresentanze sindacali aziendali costituite ai sensi dell5art. 19 St.lav., nonché alle rispettive associazioni di categoria. Le r.s.a. indicate e le loro associazioni

saranno quindi quelle che potranno procedere all5esame congiunto del contenuto della comunicazione di inizio della procedura di licenziamento collettivo;

conseguentemente, dette rappresentanze sindacali saranno quelle che, all5esito della trattativa, potranno concludere l5accordo collettivo concernente anche la sanatoria dei vizi della procedura di licenziamento, come previsto dalla norma in commento.

Orbene, l5art. 19 citato prevede, come noto, che <rappresentanze sindacali aziendali possono essere costituite ad iniziativa dei lavoratori in ogni unità produttiva, nell9ambito delle associazioni sindacali che siano firmatarie di contratti collettivi di lavoro applicati nell9unità produttiva>. Ciò significa che soltanto le associazioni sindacali, firmatarie di contratti collettivi applicati nella impresa, in relazione alla quale è iniziata la procedura di licenziamento collettivo, potranno partecipare alle trattative su un eventuale accordo collettivo che riguardi anche la sanatoria dei vizi della procedura. I sindacati non firmatari del contratto collettivo applicato in azienda non hanno la possibilità di costituire rappresentanze sindacali aziendali e non potranno, quindi, partecipare alle trattative su una eventuale procedura di licenziamento collettivo.

In proposito, si è di recente dubitato della legittimità costituzionale di questo approdo dell5art. 19, in quanto si ritiene che non fosse possibile adottare un5interpretazione costituzionalmente orientata della norma in questione10.

La ordinanza di rimessione alla Corte Costituzionale mostra, dunque, la irrazionalità di un sistema normativo che pretende di desumere il grado di importanza e dunque di rappresentatività del sindacato non dal seguito che abbia presso i lavoratori (il principio maggioritario dell5art. 39 Cost.), quanto dall5adesione al contratto collettivo applicato in azienda: per cui <il riconoscimento del carattere rappresentativo del sindacato e quindi la sua meritevolezza, ai fin delle prerogative di cui al titolo III dello Statuto, devono trovare fondamento in un criterio di razionalità che, in base alla giurisprudenza costituzionale, non può essere sganciato dalla prospettiva, ugualitaria e solidaristica, di incentivare l5attività di sindacati che riescano a coagulare e a rappresentare gli interessi del maggior numero di lavoratori>11.

A fortiori, nel caso di specie l5art. 19 impedisce ai sindacati, che non abbiano

10 Trib. Modena 4 giugno 2012 (ord.), in Foro it., 2012, I, c. 2519, con nota (che esamina anche Trib.

Verona 8 maggio 2012 (decr.) e Trib. Milano 3 aprile 2012 (decr.) che hanno valutato come antisindacale il divieto di costituzione di r.s.a. di organizzazione non firmataria del contratto applicato) di G. Ricci, La querelle tra Fiom e Fiat sul riconoscimento dei diritti sindacali: la parola alla Corte costituzionale, con cui il giudice emiliano evidenzia il possibile contrasto dell5art. 19, come riscritto dal referendum del 1995, con gli artt. 2, 3 e 39 Cost. per la irrazionalità del criterio, tenuto conto che la forza e la rappresentatività dei sindacati non può essere valutata sulla base di un parametro esterno e formale, laddove, nell5attuale panorama sindacale caratterizzato dalla rottura dell5unità dei sindacati, dalla conclusione di accordi collettivi separati e da una serie di iniziative poste in essere da uno dei gruppi industriali più importanti (Fiat), un sindacato molto rappresentativo, quanto a numero di iscritti (la FIOM), giunge a non poter avere rappresentanze sindacali aziendali in unità produttive in cui si applichi il contratto collettivo non sottoscritto da tale organizzazione. Le altre due pronunce citate, al contrario, hanno ritenuto antisindacale proprio il diniego di costituzione della r.s.a.

11 Così Trib. Modena 4 giugno 2012, cit.

inteso sottoscrivere il contratto collettivo applicato in azienda, di partecipare alle trattative e di siglare, eventualmente, un accordo sindacale nell5ambito del quale si definiscano le modalità, i tempi, il numero ed i criteri da adottare per scegliere i lavoratori da licenziare, e con cui si giunga anche a sanare i vizi eventualmente causati dal datore di lavoro nell5avviare la procedura di licenziamento. Se si considera che l5accordo di sanatoria degli eventuali vizi della procedura di licenziamento verrebbe ad avere effetto sanante nei confronti di tutti i lavoratori e che una volta concluso l5accordo, alcuno dei lavoratori avrebbe possibilità di ottenere l5annullamento del proprio licenziamento, si comprende che l5effetto della norma risulta aberrante.

Infatti, potrà accadere che pochi o molti lavoratori dell5azienda interessata dal licenziamento collettivo siano iscritti ad organizzazioni sindacali non firmatarie del contratto collettivo applicato in azienda e che le altre oo.ss. firmatarie del contratto raggiungano con il datore di lavoro un accordo nell5ambito del quale siano sanati anche i vizi della procedura di mobilità. Il risultato aberrante consisterebbe altresì nel fatto che gli effetti sananti dell5accordo transattivo (e, comunque, di tutto l5accordo sindacale relativo alla procedura di mobilità) si estenderanno sia ai lavoratori non rappresentati da alcuna organizzazione sindacale sia ai lavoratori rappresentati da organizzazioni sindacali che non hanno potuto partecipare alle trattative perché non firmatarie del contratto collettivo applicato in azienda. In sostanza, quei lavoratori, sebbene non rappresentati da alcuno al tavolo delle trattative avviate nell5ambito di una procedura di licenziamento che riguarda anche loro (e che inciderà in modo definitivo sul loro rapporto di lavoro, ponendo fine ad esso), finirebbero per subire tutti gli effetti dell5accordo collettivo, senza poter nemmeno impugnare il loro licenziamento per vizi della procedura, laddove sia stato raggiunto un accordo di sanatoria.

Allo stato, non si conosce ancora la decisione della Corte Costituzionale sulla questione di legittimità sollevata ed è difficile preconizzarne l5esito; tuttavia, è certo che il tale giudizio di costituzionalità inciderà anche sulla portata e sull5applicazione del comma 45 dell5art. 1 l. n. 92, nonché sull5intero sistema degli accordi sindacali conclusi nell5ambito di procedure di licenziamento collettivo.

Ed è necessario rilevare che, in base al lungo percorso normativo e giurisprudenziale nei paragrafi iniziali, le organizzazioni sindacali sono state dapprima considerate il fulcro del controllo sulle scelte datoriali di riduzione del personale e, quindi, costrette ad una selezione (di cui si opina la ragionevolezza) abilitante a tale verifica ed alla stipula degli accordi relativi alle procedure di mobilità.

6. Le conseguenze sanzionatorie: la riduzione della tutela del lavoratore a favore

Nel documento Commentario riforma Fornero (legge 92/2012) (pagine 174-178)

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