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Gli antecedenti della Legge Fornero

LA DIFESA DEI DIRITTI DEI LAVORATORI di Enzo Martino

1. Gli antecedenti della Legge Fornero

omissioni

1. Gli antecedenti della Legge Fornero

La Riforma Fornero è stata fulmineamente approvata e o meglio si è <abbattuta su di noi> - in un contesto nel quale equilibri consolidati erano già posti seriamente in discussione da ripetuti interventi normativi tutti connotati anche dal perseguimento, più o meno dichiarato, del seguente obiettivo: rendere più complicato ed oneroso, per chi rivendica un diritto, l5accesso alla giurisdizione del lavoro.

Bisogna riconoscere che il progetto politico del centro-destra in materia di diritto del lavoro, così come delineato sin dal <Libro Bianco> del 2001, era chiaro e coerente.

I capisaldi di questo progetto possono essere così schematicamente riassunti:

- ampia flessibilità in entrata e proliferare di schemi contrattuali diversi da quello subordinato, come tali non garantiti da stabilità, al fine di aggirare l5art. 18 St.lav. che non si aveva la forza politica di modificare radicalmente;

- messa in discussione del principio di inderogabilità;

- contenimento della giurisdizione e limitazione del potere del giudice, anche, ma non soltanto, attraverso la incentivazione di circuiti alternativi di composizione delle controversie (la giustizia arbitrale privata può essere indirettamente incentivata anche complicando e rendendo più costoso il ricorso a quella statuale).

Il legislatore di centro-destra, insomma, aveva ben compreso che il binomio inderogabilità/ruolo effettivo della giurisdizione era la chiave di volta della tutela <forte> del contraente <debole>. Attaccando sia la inderogabilità, sia la giurisdizione, si ridisegnavano i rapporti di potere, riequilibrandoli in deciso favore delle imprese, nel processo, nei luoghi di lavoro e dunque anche nel Paese.

Parte di questo lucido progetto politico è stato realizzato con la cosiddetta Legge Biagi del 2003 la quale, com5è noto, puntava ad una decisiva spinta alla flessibilità in entrata ed alla polverizzazione e precarizzazione dei rapporti di lavoro.

Dopo la breve parentesi del centro-sinistra (2006 e 2008), in cui è successo poco o nulla (forse perché quel governo non aveva un diverso progetto altrettanto lucido e coerente), si è assistito ad una forte accelerazione della produzione normativa avente le connotazioni appena descritte.

Mi limito a ricordare i seguenti interventi legislativi:

a) La modifica dell5art. 92, comma 2, c.p.c. (operata con la legge n. 69 del 2009), con la quale si è resa pressoché automatica la condanna alle spese del lavoratore soccombente. La norma non ha solo disincentivato il ricorso alla giustizia in cause di principio ovvero in cause in cui il lavoratore ha difficoltà a procurarsi i mezzi di prova, ma ha anche pesato e pesa nei tentativi di conciliazione, laddove anche soltanto la inevitabile prospettazione, da parte del giudice, dell5eventualità della condanna alle spese induce spesso all5accettazione di soluzioni transattive deteriori;

b) La introduzione del contributo unificato (d.l. n. 98 del 2011, approvato dunque già dal governo Monti), con il quale è stato realizzato l5obiettivo, più volte sventato in passato per la ferma opposizione delle organizzazioni sindacali, di superare il tradizionale principio della gratuità del processo del lavoro, che reggeva almeno dal 1950 e aveva garantito l5accesso alla giurisdizione anche ai soggetti economicamente più deboli;

c) Naturalmente, il <collegato lavoro> (l. n. 183 del 20101), in ordine all5applicazione del quale sono forse maturi i tempi per tentare di tracciare un primo bilancio.

A due anni dalla sua approvazione, a mio giudizio sul <collegato lavoro> si può dire che:

1) L5arbitrato, contrariamente all5auspicio del legislatore, non è decollato, e si spera, non decollerà neanche in futuro. La mina è stata disinnescata, nel corso del lungo iter parlamentare, in particolare grazie alle modifiche intervenute dopo il messaggio del Presidente Napolitano alla Camere. L5arbitrato, se non viene imposto nella lettera di assunzione, non è mai attivato spontaneamente dal lavoratore al momento dell5insorgere del contenzioso in alternativa al ricorso alla giurisdizione statuale. Se il giudizio è secondo diritto e non secondo equità, l5arbitrato in realtà non garantisce nemmeno le imprese, che si troverebbero pur sempre esposte al rischio di impugnazione giudiziaria del lodo.

2) La certificazione, che pure ha avuto un qualche successo soprattutto per l5impegno profuso dalla categoria dei consulenti del lavoro e di qualche facoltà universitaria, ha dimostrato la sua sostanziale inidoneità a conferire stabilità alla qualificazione quale autonomi di contratti di lavoro sostanzialmente subordinati.

Le pronunzie giudiziarie che e com5era invero scontato dal punto di vista del rispetto dei principi costituzionali - hanno valutato il concreto atteggiarsi del

1 Su cui per tutti v. F. Amato, S. Mattone (a cura di), La controriforma della giustizia del lavoro, Quest. Giust., Quaderno n. 28.

rapporto tra le parti nonostante l5avvenuta certificazione del contratto, hanno infatti fortemente indebolito la pretesa di <blindare> contratti fasulli attraverso il ricorso a questa procedura complicata ed anche onerosa.

3) Le clausole generali contemplate dall5art. 30 l. 183 non hanno prodotto significativi mutamenti negli orientamenti giurisprudenziali, anche perché invero i giudici mai avevano esondato, neanche in passato, dal proprio ruolo istituzionale, invadendo il campo riservato all5insindacabile giudizio dell5imprenditore. Anche su questo punto, dunque, hanno avuto ragione gli ottimisti, cioè coloro i quali ritenevano quelle norme più che altro un manifesto ideologico, da iscriversi nel quadro della più generale avversione berlusconiana per l5esercizio della giurisdizione.

4) Le decadenze invece, ulteriormente inasprite dalla Riforma Fornero, cominciano a falcidiare adesso, soprattutto per coloro i quali sono stati così ingenui da fidarsi della formulazione invero assolutamente infelice della norma contenuta nel <mille proroghe> (art. 32, comma 1 bis, l. n. 183/2010, introdotto dal d.l. n. 225/2010).

d) Dopo il collegato lavoro, infine, discorso a parte merita di essere fatto per l5ultimo colpo di coda del Governo di centro-destra, e cioè l5art. 8 della cosiddetta finanziaria d5estate (l. n. 148/2011), il quale rappresenta il punto più alto ed insidioso di attacco all5inderogabilità.

L5approvazione dell5art. 8, richiesto ed ottenuto dalla Fiat, non ha realizzato l5obiettivo di trattenere il più grande gruppo manifatturiero italiano nell5ambito del sistema confindustriale. Nonostante il regalo del ministro Sacconi, la Fiat si è comunque svincolata dal contratto nazionale di lavoro, determinando il rischio di effetto-domino tale da porre in discussione ruolo e funzione stessi del contratto nazionale di lavoro.

La norma, com5è noto, consente alla contrattazione aziendale - sia pure in presenza di determinate (ma generiche) condizioni e in determinate (ma molto ampie) materie e la deroga non solo al c.c.n.l., ma addirittura alle disposizioni inderogabili di legge.

Trascurando in questa sede l5analisi degli evidenti profili di legittimità costituzionale della disposizione, va sottolineato il fatto che l5effetto potenzialmente devastante per l5assetto delle relazioni industriali in realtà si sta già progressivamente realizzando.

Infatti, nonostante l5impegno politico assunto dalle Confederazioni nella postilla apposta all5accordo interconfederale del 28 giugno 2011 (postilla che, si ricorderà, fu presa a pretesto da Marchionne per ribadire la volontà della Fiat di uscire dal sistema confindustriale), in realtà gli accordi di prossimità in deroga si stanno già stipulando in alcune realtà anche significative2.

2 Il riferimento è, ad es., all5accordo del 16 luglio 2012 tra le organizzazioni nazionali di categoria di Cgil, Cisl e Uil del settore tessile e la società Golden Lady, relativo a ben 1.200 contratti di associazione in partecipazione, stipulato due giorni prima dell5entrata in vigore della l. 92/2012 per tentare di posticipare di dodici mesi l5efficacia dei commi 28 e 30 del suo art. 1. Sul punto, v. M. Tiraboschi, L9associazione in partecipazione tra le rigidità della riforma Fornero e le dubbie deroghe ex art. 8 decreto legge n. 138/2011, in Dir. rel.

ind., 2012, n. 3.

In secondo luogo, la norma sta già pesando, non in misura secondaria, negli orientamenti giurisprudenziali che si stanno formando nel contenzioso in essere tra Fiom Cgil e Fiat sull5art. 19 St.lav., laddove in alcune pronunzie viene e invero in maniera apodittica e accolta la difesa dell5azienda secondo la quale l5art. 8 consentirebbe al c.c.s.l. Fiat (il noto accordo separato nato dalla estensione a tutto il gruppo della intesa di Pomigliano) di prevalere sul c.c.n.l. metalmeccanici unitario del 2008 anche nei confronti degli iscritti alla Fiom.

Spicca tra queste decisioni il decreto ex art. 28 Stat. lav. del 22 gennaio 2112 del Tribunale di Torino, confermato in sede di opposizione dalla sentenza del 12 maggio 2012, nel quale il c.c.s.l. Fiat, qualificato a mio avviso erroneamente come contratto di prossimità, viene ritenuto in grado, in un5azienda del gruppo che non applicava il contratto nazionale metalmeccanici, addirittura di sostituire immediatamente ed integralmente il contratto nazionale gomma plastica ancora pienamente vigente senza il consenso di tutte le organizzazione sindacali firmatarie.

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