FIGLI DI UN DIO GMINOREL: IL CONTRATTO DI LAVORO A PART TIME, ACCESSORIO, INTERMITTENTE,
2. Il lavoro part time
Il lavoro a tempo parziale è caratterizzato da un orario, stabilito dal contratto individuale, inferiore all'orario "normale" di lavoro che, ai sensi dell5art. 3, comma 1, d.lgs. n. 66/2003, è di regola di 40 ore settimanali, fatto salvo il minor orario stabilito in sede di contrattazione collettiva di settore. Esso costituisce uno degli elementi di flessibilità usato dalle aziende, per risolvere situazioni lavorative che non richiedono il pieno impegno del lavoratore, oppure per quei lavori che devono essere svolti solo in alcuni periodi dell'anno. In sostanza l5intento è quello di fluidificare, attraverso questo strumento contrattuale, la prestazione lavorativa, adattando la disponibilità del lavoratore alle esigenze aziendali.
Resta affidata al prestatore di lavoro, nei limiti stabiliti dalla contrattazione collettiva, la facoltà di aderire o meno alle richieste avanzate dalla parte datoriale, di un maggior impegno lavorativo, vuoi lavorando più ore di quelle contrattate, vuoi facendo slittare temporalmente il monte ore lavorative pattuite.
La prima disciplina organica è stata introdotta dalla l. n. 863/84, modificata in molte parti con il d.lgs. n. 61/2000, che ha attuato la direttiva 97/81/CE relativa all5accordo quadro sul lavoro a tempo parziale concluso dall5UNICE, dal CEEP e
dalla CES. Quindi, nel tempo, l'istituto del part time ha subito ulteriori significative modifiche in particolare ad opera del d.lgs. n. 100/2001 e, ancor più radicalmente, con il d.lgs. n. 276/2003 (c.d. Riforma Biagi).
Di fatto, essa si è rivelata un valido strumento per incrementare la occupazione di particolari categorie di lavoratori, come giovani, donne, anziani e lavoratori usciti dal mercato del lavoro. Inoltre, si configura come un rapporto di lavoro stabile, non precario, che permette di soddisfare le esigenze di flessibilità delle imprese da una parte e di adattarsi a particolari esigenze dei lavoratori quali la conciliazione tra lavoro e famiglia.
Non è questa la sede per ripercorrere il lungo cammino della disciplina di tale modalità di prestazione dell5attività lavorativa né tanto meno di soffermarsi nel dettaglio sulle interpretazioni che la giurisprudenza ne ha dato1. Ci si limiterà pertanto all5analisi delle modifiche apportate dalla l. n. 92/2012 contenute nell5art. 1, comma 20, della legge stessa2.
Al riguardo si deve osservare che, per la verità, si tratta di un intervento assai limitato che, tra l5altro, nemmeno trova immediata applicazione nel rapporto di lavoro pubblico3. Sostanzialmente una operazione di maquillage della disciplina complessiva che, per qualche aspetto, recepisce una sentita necessità di assicurare una maggiore tutela al lavoratore al quale tale regime sia stato, per così dire, imposto all5atto della conclusione del contratto ovvero proposto in corso di rapporto.
La legge interviene infatti con piccoli aggiustamenti della disciplina vigente ed accentua la delega alla contrattazione collettiva. Certo, la tecnica adoperata non viene incontro all5interprete che si trova ad applicare contemporaneamente regimi differenti. Sebbene, infatti, le modifiche introdotte siano immediatamente
1 Tra i tanti, v. i più recenti R. Staiano, I nuovi contratti di lavoro. Formativo, apprendistato, a termine, part-time, a progetto, Maggioli, Rimini, 2012; A. Minervini, Il lavoro a tempo parziale, Giuffrè, Milano, 2009; M.
Papaleoni, Il Nuovo part-time nel settore privato e pubblico, Cedam, Padova, 2004. Al riguardo già M. Tatarelli, Part time e tempo determinato nel lavoro privato e pubblico, Cedam, Padova, 1999. Molteplici gli aspetti che hanno interessato la giurisprudenza della Suprema Corte. Si richiamano, senza alcuna pretesa di esaustività, alcune delle più interessanti: Cass. n. 6229/2007, in tema di soppressione parziale del posto di lavoro e licenziamento per giustificato motivo oggettivo; Cass. n. 27762/2009, in tema di licenziamento per superamento del periodo di comporto nel part time verticale; Cass. n. 2546/2004, in tema di computo dei lavoratori part time ai fini del requisito dimensionale in materia di licenziamento; Cass. n. 17726/2011, riguardo all5applicazione del principio di non discriminazione; Cass. S.U. n. 1732/2003, in tema di part time verticale e indennità di disoccupazione per i periodi di inattività; Cass. n. 9039/2012 e C. Cost. n. 36/ 2012, in tema di calcolo della contribuzione nel part time a fini dell5anzianità contributiva utile per conseguire prestazioni previdenziali.
2 Che recita <all'articolo 3 del decreto legislativo 25 febbraio 2000, n. 61, sono apportate le seguenti modifiche: a) al comma 7, dopo il numero 3) e' aggiunto il seguente:«3-bis) condizioni e modalità che consentono al lavoratore di richiedere l'eliminazione ovvero la modifica delle clausole flessibili e delle clausole elastiche stabilite ai sensi del presente comma;b) al comma 9 e' aggiunto, in fine, il seguente periodo: «Ferme restando le ulteriori condizioni individuate dai contratti collettivi ai sensi del comma 7, al lavoratore che si trovi nelle condizioni di cui all'articolo 12-bis del presente decreto ovvero in quelle di cui all'articolo 10, primo comma, della legge 20 maggio 1970, n. 300, e' riconosciuta la facoltà di revocare il predetto consenso>.
3 Com5è noto, l5art. 1 l. n. 92/2012, che contiene le indicazioni di carattere generale che ispirano la disciplina, al comma 7 prevede che <Le disposizioni della presente legge, per quanto da esse non espressamente previsto, costituiscono principi e criteri per la regolazione dei rapporti di lavoro dei dipendenti delle pubbliche amministrazioni di cui all'articolo 1, comma 2, del decreto legislativo 30 marzo 2001, n. 165, e successive modificazioni, in coerenza con quanto disposto dall'articolo 2, comma 2, del medesimo decreto legislativo. Restano ferme le previsioni di cui all'articolo 3 del medesimo decreto legislativo.> Il successivo comma 8 demanda, quindi, l5applicazione del comma 7 al Ministro per la pubblica amministrazione e la semplificazione, sentite le organizzazioni sindacali maggiormente rappresentative dei dipendenti delle amministrazioni pubbliche, individuazione e definizione degli ambiti, delle modalità e i tempi di armonizzazione.
operative, tuttavia, restando demandata alla contrattazione collettiva la definizione delle caratteristiche del part time, solo le clausole cd. <elastiche>
potranno sin da subito e sulla base di accordi individuali essere utilizzate. Per le clausole <flessibili> e per il lavoro <supplementare> sarà necessario attendere i contratti collettivi4.
Procedendo ad un esame più specifico delle innovazioni introdotte, si osserva che la disciplina - con l5aggiunta all5art. 3, comma 7, del d.lgs. n. 61 di un ulteriore numero 3 bis - viene integrata colmando una lacuna della previgente normativa ed investendo le parti sociali della individuazione di condizioni e modalità con le quali anche il lavoratore, e non solo la parte datoriale, può richiedere la eliminazione ovvero la modifica delle clausole flessibili e delle clausole elastiche.
Un tentativo di riequilibrare le posizioni dei prestatori di lavoro che si trovano, senz5altro, in una posizione di maggiore debolezza contrattuale. Il riferimento, mantenuto, alla contrattazione collettiva stipulata dalle organizzazioni sindacali comparativamente più rappresentative sul piano nazionale ed il richiamo alla disciplina dell5art. 2, comma 2, d.lgs. n. 61/2000 (rimasto invariato anche successivamente alla l. n. 276/2003 e non modificato dalla Riforma Fornero) potrebbe far intendere che si sia voluto lasciare integro il sistema di contrattazione ed i livelli di derogabilità. Tuttavia, tale lettura si scontra con l5effetto pervasivo dell5art. 8 d.l. n. 138/2011, nel testo risultante dalle modifiche apportate, in sede di conversione, ad opera della l. n. 148/2011 e con una possibile ed inevitabile incidenza anche in senso peggiorativo della cd.
contrattazione collettiva di prossimità5. Nella stessa direzione si colloca anche l5inciso aggiunto all5art. 3, comma 9, l. n. 61/2000 nella parte in cui disciplina le possibilità di revoca da parte del lavoratore del consenso, da prestarsi in forma scritta, alla riduzione dell5orario. Con tale disposizione, infatti, in aggiunta alle ipotesi di revoca del consenso previste dalla contrattazione collettiva, si rafforza la posizione di quei lavoratori che versano in condizioni di particolare debolezza per gravi ragioni di salute proprie o di familiari stretti (genitori, coniuge o figli) ovvero per i lavoratori studenti. Per tali categorie infatti la norma prevede la possibilità di revocare il consenso senza condizioni o limiti.
Una disposizione che ha visto una ferma reazione da parte di alcuni commentatori che hanno posto in evidenza come <l5organizzazione del lavoro potrebbe essere concretamente esposta a numerose ed imprevedibili modifiche, che il datore di lavoro, in tempi brevissimi, dovrebbe essere in grado di gestire>, desumendo da ciò che la prospettiva non sarebbe tanto quella di <incentivare l5impiego virtuoso dell5istituto ostacolandone l5utilizzo quale copertura di utilizzi irregolari di lavoratori>, come si legge nella relazione di accompagnamento del
4 Si dicono "clausole elastiche" quelle che consentono, sull5accordo delle parti, lo scorrimento dell5orario stesso nell5arco della giornata lavorativa, mentre sono <flessibili> quelle attengono alla variazione in aumento delle ore da lavorare e le clausole che regolano il lavoro <supplementare> ed incidono sul maggior orario richiedibile oltre quello parziale pattuito.
5 Per un attento esame degli effetti della disciplina dell5art. 8 d.l. n. 138/2011, come modificato dalla l. 148 si rinvia, nell5ampio quadro dei commenti alla stessa, alle approfondite considerazioni svolte da A. Perulli e V.
Speziale, L9articolo 8 della legge 14 settembre 2011, n. 148 e la Yrivoluzione di AgostoZ del Diritto del lavoro, in www.lex.unict.it, ed a V. Leccese, Il diritto del lavoro al tempo della crisi, Relazione al Convegno A.I.D.LA.S.S., Pisa 7-9 giugno 2012, in www.aidlass.it.
testo, <ma piuttosto quella di limitare il ricorso ad un istituto che rimetteva alla volontà e alla libertà delle parti la possibilità di coniugare le esigenze dell5impresa con quelle, personali e familiari, del singolo lavoratore> riducendone la flessibilità6. Rimane intatta, infine, la disposizione che vieta il licenziamento del lavoratore che rifiuti di prestare il suo consenso allo svolgimento del lavoro a part time. Deve ritenersi, tuttavia, persa una buona occasione per chiarire se tale divieto si estenda anche alla mancata assunzione ovvero sia limitato alla sola ipotesi di modifiche all5orario che intervengano nel corso del rapporto. Quel che è certo è che tale licenziamento, ove intimato, debba essere qualificato come discriminatorio e dunque soggetto alla tutela reintegratoria.