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I termini di decadenza per lWimpugnativa

IL CONTRATTO A TEMPO DETERMINATO E QUELLO DI SOMMINISTRAZIONE

6. I termini di decadenza per lWimpugnativa

Il Collegato lavoro (art. 32 della legge n. 183/10) aveva introdotto, anche per i contratti a tempo determinato, un termine di decadenza per l5impugnativa stragiudiziale e un termine di decadenza per quella giudiziale. La misura di detti termini era unica per tutte le fattispecie alle quali era stato esteso detto doppio termine di decadenza (oltre ai licenziamenti e ai contratti a termine, il recesso del committente nei rapporti parasubordinati, il trasferimento, la cessione del contratto di lavoro avvenuta ex art. 2112 c.c. e in ogni altro caso in cui il lavoratore chieda la costituzione o l5accertamento di un rapporto di lavoro in capo ad un soggetto diverso dal titolare del contratto).

Ora, da questa disciplina unitaria viene sottratta la materia della nullità del termine, poiché quando si faccia tale questione il primo termine di decadenza stragiudiziale viene aumentato da 60 a 120 giorni (sempre decorrente dalla cessazione del contratto), mentre il secondo termine di decadenza giudiziale viene ridotto da 270 a 180 giorni. Tutto ciò a partire dalle cessazioni di contratti a termine verificate dal 1° gennaio 2013 (comma 12 art.1).

Appare evidente che con tale rimodulazione dei termini decadenziali la riforma abbia voluto farsi carico delle osservazioni avanzate dopo l5estensione anche ai contratti a termine, da parte del collegato lavoro, del nuovo doppio regime decadenziale. Si era infatti sostenuto che con il nuovo regime il lavoratore era stretto in una morsa tra attesa di nuova assunzione e necessità dell5impugnativa per impedire la decadenza5. Sicché l5allungamento del primo termine decadenziale di impugnativa stragiudiziale (portato a 120 giorni) potrebbe apparire idoneo ad allentare detta morsa.

Va peraltro sottolineato che comunque la somma dei due termini decadenziali è addirittura inferiore rispetto a quella passata (300 invece che 330 giorni) e che si potrebbe esattamente riproporre il dilemma ai danni del lavoratore (tra speranza di nuova assunzione e necessità di contestazione) se venissero rispettati i termini generali (di sessanta e novanta giorni) richiesti ora nell5intervallo tra la stipula di un contratto a termine ed altro successivo. In tali casi, infatti, il lavoratore si

5 Sul punto v. G. Mascarello, I contratti di lavoro a termine: profili procedurali, in F.Amato, S.Mattone (a cura di), La controriforma della giustizia del lavoro, FrancoAngeli, Milano, 2011, p. 108.

troverà nella stessa situazione precedente, con un periodo molto limitato (che può arrivare a soli 30 giorni) per decidere se attendere una nuova assunzione o impugnare il contratto.

7. La indennità onnicomprensiva dellWart. 32, comma 5, del Collegato lavoro e il danno patito dal lavoratore

Con un5ultima disposizione, la riforma ha voluto interpretare la disposizione del Collegato lavoro (art. 32, comma 5, della legge n. 183/10) che aveva introdotto, in caso di accertamento giudiziale della nullità del termine apposto al contratto di lavoro e alla conseguente conversione di esso, la condanna del datore di lavoro al <risarcimento del lavoratore> attraverso <un9indennità onnicomprensiva>

nella misura tra un minimo di 2,5 ed un massimo di 12 mensilità.

È noto che tale disposizione aveva suscitato numerosi problemi e aveva dato luogo a varie questioni di illegittimità costituzionale6.

Per sintetizzare, si era andati da interpretazioni assolutamente <minimaliste>

(che escludevano finanche la conversione a tempo indeterminato del contratto di lavoro il cui termine era stato dichiarato nullo e che prevedevano che l5indennità onnicomprensiva coprisse tutti i possibili danni che il lavoratore poteva ottenere in tali casi) ad interpretazioni più estensive (che prevedevano - oltre alla conversione del contratto - che detta indennità onnicomprensiva si dovesse aggiungere, come una sorta di penale, agli ulteriori e ordinari profili risarcitori mutuati dal diritto civile in materia di mora accipiendi, determinati dalle retribuzioni non ricevute dal lavoratore dalla messa in mora al ripristino del rapporto), per passare a soluzioni intermedie, peraltro diversamente modulate (oltre alla conversione del rapporto, l5indennità onnicomprensiva coprirebbe tutti i possibili danni sofferti dal lavoratore, dalla scadenza del termine e fino alla pronuncia giudiziale di conversione del rapporto, oppure tutti i possibili danni sofferti dal lavoratore dalla scadenza del termine e fino alla domanda giudiziale di accertamento della nullità del termine).

È altresì noto che con sentenza n. 303/11 la Corte Costituzionale ha disatteso tutte le eccezioni di illegittimità di detta disposizione prospettate dai giudici rimettenti, sostenendo che l5indennità onnicomprensiva regola ogni aspetto economico precedente alla sentenza giudiziale di illegittimità del termine, mentre per il periodo successivo ad essa, dopo la ricostituzione giudiziale del rapporto a tempo indeterminato, il datore di lavoro è tenuto al pagamento delle retribuzioni, dovute anche in caso di mancata riammissione effettiva.

La riforma ha voluto dare crisma di legge alla citata interpretazione della Corte Costituzionale (peraltro seguita da alcuni pronunciamenti conformi dela giurisprudenza di legittimità7) perché si è chiarito che la norma del Collegato lavoro <si interpreta nel senso che l9indennità ivi prevista ristora per intero il pregiudizio subìto dal lavoratore, comprese le conseguenze retributive e contributive relative al

6 Trib. Trani, ord. 20 dicembre 2010; Cass. ord. n. 2112/2011.

7 V., ormai ex multis, Cass. n. 3056/2012; n. 3305/2012; n. 5241/2012.

periodo compreso fra la scadenza del termine e la pronuncia del provvedimento con il quale il giudice abbia ordinato la ricostituzione del rapporto di lavoro>.

Ogni diatriba interpretativa sembrerebbe pertanto a questo punto risolta, e così vanificati gli sforzi della giurisprudenza di merito di contenere gli effetti punitivi per il lavoratore8.

Restano da considerare tutti gli effetti conseguenti al consolidarsi della tesi già sposata dalla Corte costituzionale: anche alla luce della norma d5interpretazione autentica introdotta con la l. n. 92, si rafforza l5opinione secondo cui nel periodo antecedente alla sentenza il rapporto di lavoro non può esistere, vista l5esclusione dell5obbligo contributivo, e considerato l5utilizzo della parola <ricostituzione>, così che prima della sentenza non decorre l5anzianità di servizio9.

Tuttavia rimangono pur sempre aperte alcune questioni, la prima delle quali è quella relativa ai tempi della decisione giudiziale di ricostituzione del rapporto che in questo modo (coprendo l5indennità ogni pregiudizio fino alla pronuncia giudiziale), vengono interamente a gravare sul lavoratore. Sul punto, l5affermazione della Corte Costituzionale secondo cui tale evenienza non è che

<un inconveniente solo eventuale e di mero fatto>, se può valere ai fini dell5esclusione di profili di illegittimità costituzionale, fa comunque permanere la sussistenza di una iniquità sostanziale ai danni del lavoratore. Tra l5altro, intervenendo sulla materia processuale limitatamente alla materia delle controversie ex art. 18, il Legislatore del 2012 mostra di non volersi comunque far carico di tale iniquità, lasciando fuori da ogni <corsia preferenziale> le controversie concernenti la nullità del termine10.

Infine, rimane aperto, anche dopo la riforma, il problema dell5applicabilità o meno della disposizione sull5indennità onnicomprensiva ai casi di somministrazione irregolare (ex art. 27 d.lgs. n. 276/2003), continuando ad essere preferibile la tesi dell5inapplicabilità (perché la indennità onnicomprensiva è conseguenza della conversione a tempo indeterminato di un rapporto a termine, mentre nel caso di somministrazione irregolare tra il lavoratore e l5utilizzatore non è stato stipulato alcun contratto a termine11).

8. Conclusione

Alla luce di quanto detto, il giudizio complessivo sulla riforma operata con la l.

n. 92/2012 in tema di contratto a termine può ritenersi contrassegnato da luci ed ombre; forse più da queste ultime, considerato che la novità più significativa

8 Cfr. App. Roma 17 gennaio 2012, n.267, e App. Torino 20 dicembre 2011, n.1519, allo stato inedite, che avevano circoscritto la valenza omnicomprensiva dell5indennità entro il periodo dalla scadenza del termine illegittimo fino alla domanda di proposizione della domanda giudiziale.

9 Così A. Vallebona, op.cit., p.14; in senso non del tutto conforme Cass. n. 14996/2012, secondo cui <gli scatti di anzianità maturati fino alla sentenza che ha dichiarato il rapporto a tempo indeterminato ab origine devono ritenersi compresi nella nuova indennità onnicomprensiva>.

10 Si rinvia allo scritto di M. Leone, A. Torrice, in questo Volume.

11 Contra, V. Speziale, op. cit., p.12, che ricorda come la conversione abbia comunque bisogno di essere fondata sul richiamo del d.lgs. n. 368/2001 operato dal richiamo dell5art. 22, comma 2, d.lgs. n. 276/2003 (di cui il comma 5 dell5art. 32 l. n. 183/2010 costituisce oggi un5appendice), e che a ciò aggiunge che oggi il risarcimento forfettizzato integrerebbe <una speciale disciplina unitaria e inscindibile delle conseguenze della illegittimità del termine>.

(quella della liberalizzazione del primo rapporto) rischia come detto di diventare la forma comune e ordinaria di reclutamento del personale, permettendo al datore di lavoro di programmare un continuo turn over dei lavoratori, tutti assunti una prima ed unica volta e tutti pertanto perennemente precari.

Insomma, la misura legislativa pare essere stata assunta senza considerarne a fondo le plausibili concrete conseguenze, che certo andranno a confliggere con l5intento dichiarato di favorire l5instaurazione di rapporti di lavoro più stabili, ribadendo il rilievo prioritario del lavoro subordinato a tempo indeterminato, un rilievo che però, per quanto emerge dal contenuto delle disposizioni, rischia di rimanere una mera petizione di principio.

FIGLI DI UN DIO GMINOREL: IL CONTRATTO DI LAVORO A PART

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