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Le novità della riforma in tema di contratto a tempo determinato

IL CONTRATTO A TEMPO DETERMINATO E QUELLO DI SOMMINISTRAZIONE

1. Le novità della riforma in tema di contratto a tempo determinato

regime in tema di somministrazione a tempo determinato / 2. Il ruolo della contrattazione collettiva / 3. Il regime delle proroghe / 4. Gli intervalli temporali tra i contratti / 5. Il computo del limite massimo dei 36 mesi / 6. I termini di decadenza per l5impugnativa / 7. La indennità onnicomprensiva dell5art. 32, comma 5, del Collegato lavoro e il danno patito dal lavoratore / 8. Conclusione.

1. Le novità della riforma in tema di contratto a tempo determinato

Poche e sotto un profilo meramente numerico - sono le novità introdotte dalla riforma in tema di rapporto di lavoro a tempo determinato, essendo ad esso dedicati solo cinque commi (da 9 a 13) dell5art. 1 della novella. Poche, ma decisamente significative, e tuttavia anche contraddittorie, non solo tra loro ma anche con riguardo agli altri ambiti della riforma.

Quest5ultima ha voluto, da una parte, affermare che il contratto di lavoro subordinato a tempo indeterminato costituisce il cosiddetto <contratto dominante> e cioè la forma comune di rapporto di lavoro (così la modificata norma

<manifesto> di apertura del d.lgs. n. 368/01), ma dall5altra - con quella che è sicuramente la novità più significativa - ha voluto liberalizzare l5assunzione a tempo determinato, senza cioè la necessità che il datore di lavoro indichi e specifichi - nell5atto che comunque deve continuare ad avere la forma scritta - le ragioni di carattere tecnico, produttivo, organizzativo o sostitutivo di apposizione del termine alla durata del contratto di lavoro subordinato.

La modifica della norma <manifesto> (art.1, comma 1, del d.lgs. n. 368/01) non è solo terminologica: nel testo da ultimo introdotto nel 2007 con la l. n. 247, si affermava che all5interno della categoria <contratto di lavoro subordinato> la regola era quella dell5assunzione a tempo indeterminato (e conseguentemente l5eccezione doveva intendersi quella dell5assunzione a tempo determinato)1.

1 Cfr. Cass. n.12985/2008, secondo cui <il D.Lgs. n.368 del 2001, art.1 (di attuazione della direttiva 199/70/CE relativa all5accordo quadro sul lavoro a tempo determinato), anche anteriormente alla esplicita introduzione del comma <premesso> dalla l. 24 dicembre 2007, n,247, art. 39, ha senz5altro confermato il principio generale secondo cui il rapporto di lavoro subordinato è normalmente a tempo indeterminato, costituendo pur sempre la apposizione del termine una ipotesi derogatoria, rispetto a detto principio>.

Oggi, nello stesso solco, si afferma invece che all5interno della più ampia categoria <rapporti di lavoro>, la forma comune è quella del contratto di lavoro subordinato a tempo indeterminato.

Detta modifica richiama letteralmente le affermazioni contenute sia nel Preambolo che nel Considerando n. 6 dell5Accordo quadro sul lavoro a tempo determinato allegato alla Direttiva 1999/70/CE del 28 giugno 1999 (<Le parti firmatarie dell9accordo riconoscono che i contratti a tempo indeterminato sono e continueranno ad essere la forma comune dei rapporti di lavoro fra i datori di lavoro e i lavoratori>; <considerando che i contratti di lavoro a tempo indeterminato rappresentano la forma comune dei rapporti di lavoro e contribuiscono alla qualità della vita dei lavoratori interessati e a migliorare il rendimento>).

A fronte di tale novellata norma <manifesto> si pone tuttavia, come detto, la acausalità dell5assunzione a termine, sicché quella che poche righe sopra è affermata come forma <non comune> di rapporto di lavoro, nella stessa disposizione - poche righe sotto e diventa, di fatto, con alcune condizioni, la regola.

Seppure infatti la liberalizzazione, o acausalità, dell5apposizione del termine sia comunque in certo qual modo limitata (deve trattarsi del <primo> rapporto a tempo determinato, non prorogabile, che non può avere durata superiore a dodici mesi), non sembra davvero difficile prevedere che per evidenti motivi, e perché meno <impegnativa>, questa sarà la scelta, ordinaria e comune, che il datore di lavoro farà per reclutare personale, con conseguente accentuazione della precarizzazione di quest5ultimo e con buona pace di quella che la stessa riforma ha sostenuto essere la prima finalità di essa (ossia, favorire l5instaurazione di rapporti di lavoro più stabili con il rilievo prioritario dato al lavoro subordinato a tempo indeterminato - cosiddetto contratto dominante - quale forma comune di rapporto di lavoro: cfr. art.1, comma 1, lett.a)2. Né la previsione di un contributo addizionale dell51,4% a carico del datore di lavoro (v. co.28 art. 2) può essere considerata un sufficiente ostacolo o deterrente alla diffusione di tale tipo di assunzione.

Con una circolare emanata in concomitanza con l5entrata in vigore della riforma (n. 18 del 18 luglio 2012) il Ministero del lavoro ha indicato la finalità di detta liberalizzazione (<una migliore verifica delle attitudini e delle capacità professionali del lavoratore in relazione all9inserimento nello specifico contesto lavorativo>), traendosi da ciò la conferma che l5introduzione del primo contratto a tempo determinato acausale svolge la medesima funzione del patto di prova, con l5ulteriore conseguenza dell5intuibile venir meno in prospettiva della costituzione di rapporti di lavoro stabili con apposizione del patto di prova, vista ora la convenienza, per il datore di lavoro, di sperimentare in prova un lavoratore per un periodo molto più lungo di quello normalmente stabilito dai contratti collettivi.

2 V. Speziale, La riforma del contratto a termine nella legge 28 giugno 2012, n. 92, WP CSDLE <Massimo D5Antona>, n. 154/2012, p. 6, afferma che comunque la scelta operata dalla riforma è comunque compatibile con il diritto comunitario posto che sia la giurisprudenza della Cassazione (con riferimento a Cass. n. 12985/2008, e n.

2279/2010) sia quella della Corte di Giustizia (23 aprile 2009, Kiriaki Angelidaki) ritengono inapplicabile al contratto unico la clausola n.5 volta a scongiurare abusi nella successione di contratti a termine.

Occorre poi chiarire se il primo rapporto acausale a tempo determinato debba costituire necessariamente il primo <contatto> tra le parti o se possa comunque essere stipulato anche se tra le stesse, in precedenza, sia stata instaurata una qualsivoglia relazione lavorativa.

A tale riguardo - escluso evidentemente che la precedente relazione lavorativa sia stata un contratto di lavoro a termine - la citata circolare n. 18 ha altresì escluso la possibilità di assunzione a termine priva di ragioni se le stesse parti abbiano già intrattenuto, in precedenza, un primo rapporto lavorativo di natura subordinata a tempo indeterminato. Ciò perché, se, come detto, l5assunzione a termine acausale è una sorta di prolungato patto di prova, <non appare coerente con la ratio normativa estendere il regime semplificato in relazione a rapporti in qualche modo già sperimentati> (così la circolare).

Rimane tuttavia aperto il problema se l5assunzione a termine priva di causale possa far seguito ad una precedente relazione lavorativa tra le stesse parti consistita in un contratto di lavoro non subordinato. Esso può essere risolto sia rammentando le finalità della riforma (ridurre la precarietà del lavoro e l5abuso di contratti flessibili) sia considerando che anche attraverso questi ultimi è ben possibile la verifica e la sperimentazione delle attitudini e della capacità del lavoratore; cosicché appare decisamente preferibile la tesi che l5assunzione a termine acausale sia preclusa quando le stesse parti abbiano in precedenza stipulato anche rapporti di lavoro autonomi.

La richiamata circolare ha poi chiarito che il periodo massimo di dodici mesi per l5assunzione a termine priva di causale non costituisce una <franchigia> e non è comunque frazionabile, nel senso che se un primo contratto di lavoro acausale viene stipulato tra le parti con un termine inferiore a detto periodo massimo, non è possibile poi - ferma restando la non prorogabilità di esso - stipularne un altro fino al raggiungimento del periodo massimo, essendo in tal caso necessario che il secondo contratto a termine specifichi le ragioni di questa nuova assunzione a termine.

1.1. Il regime in tema di somministrazione a tempo determinato

La liberalizzazione del primo contratto di lavoro a termine è stata poi estesa anche all5ipotesi <di prima missione di un lavoratore nell9ambito di un contratto di somministrazione a tempo determinato>, cosicché in tale particolare fattispecie l5acausalità investirà non solo il rapporto di lavoro a termine tra lavoratore ed agenzia di somministrazione ma anche quello commerciale tra quest5ultima e l5utilizzatore: anche quest5ultimo rapporto, infatti, visto il collegamento tra le due tipologie negoziali, potrà ora essere stipulato senza l5indicazione delle ragioni di carattere tecnico, produttivo, organizzativo o sostitutivo, di cui all5art. 20, comma 4, del d.lgs. n. 276/03.

Alla somministrazione a termine acausale potrà poi seguire un5ulteriore somministrazione acausale in presenza, questa volta, delle ipotesi di esonero soggettivo dalle esigenze tecniche, produttive, organizzative o sostitutive previste dall5art. 4, comma 1, lett. c), del d.lgs. n. 24/12 (ipotesi relative all5utilizzo di

soggetti disoccupati, di soggetti comunque percettori di ammortizzatori sociali e di lavoratori <svantaggiati> o <molto svantaggiati>).

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