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La interpretazione rigorosa della procedimentalizzazione

Nel documento Commentario riforma Fornero (legge 92/2012) (pagine 170-174)

LA RAZIONALIZZAZIONE DELLA DISCIPLINA DEI LICENZIAMENTI COLLETTIVI

3. La interpretazione rigorosa della procedimentalizzazione

In sostanza, la verifica della sussistenza della crisi aziendale e della congruità delle determinazioni datoriali rispetto allo stato di crisi dichiarato, è affidata alle organizzazioni sindacali, alle quali devono giungere le comunicazioni di avvio della procedura, e che devono essere coinvolte nell5esame congiunto previsto dall5art. 4 l. n. 223/91; il controllo giurisdizionale, che non può mai spingersi alla verifica della opportunità delle scelte datoriali, è ormai da tempo unicamente incentrato sulla verifica della regolarità formale della procedura seguita dal datore di lavoro, senza alcuna possibilità di valutare le ragioni tecniche organizzative e produttive che abbiano determinato la scelta datoriale4.

In proposito, occorre rammentare che la giurisprudenza di legittimità si è attestata da tempo su una posizione chiara, in base alla quale nei licenziamenti collettivi per riduzione di personale, gli artt. 4 e 5 l. n. 223, nel prevedere una puntuale e cadenzata procedimentalizzazione nell5attuazione della scelta datoriale, hanno introdotto un significativo elemento di novità: si è passati, infatti, dal controllo giurisdizionale esercitato ex post, come era nel precedente assetto normativo, ad un controllo della iniziativa imprenditoriale affidato ex ante alle organizzazioni sindacali, che sono perciò divenute depositarie di incisivi poteri di informazione e consultazione, con possibilità di verifica della effettiva sussistenza delle ragioni di crisi aziendale e di controllo della metodica adottata per affrontare la crisi nel corso della procedura, mediante l5esame congiunto e l5apertura di tavoli di trattative. Pertanto, i residui spazi devoluti al controllo in sede giurisdizionale non riguardano gli specifici motivi della riduzione del personale, bensì soltanto la correttezza procedurale dell5operazione, ivi compresa la sussistenza dell5imprescindibile nesso causale tra il progettato ridimensionamento ed i singoli provvedimenti di recesso, con la conseguenza che non potevano, e non possono, trovare ingresso in sede giurisdizionale tutte quelle censure volte ad indurre l5autorità giudiziaria a svolgere una indagine circa la sussistenza di effettive esigenze di riduzione o trasformazione dell5attività produttiva.

Ne è derivato che, sin dall5entrata in vigore della legge del 1991, l5unica tutela accordata ai lavoratori interessati da una procedura di mobilità o da un licenziamento collettivo consisteva e consiste nella rigorosa osservanza delle norme procedurali previste dagli artt. 4 e 5 citati, così da garantire un controllo dell5operato datoriale mediante la trasparenza e la conoscibilità di tutti i passaggi

4 Tra le tante v. Cass. n. 5089/2009, secondo cui <in materia di licenziamenti collettivi per riduzione del personale, la L. 223 del 1991, nel prevedere agli artt. 4 e 5, la puntuale, completa e cadenzata procedimentalizzazione del provvedimento datoriale di messa in mobilità, ha introdotto un significativo elemento innovativo consistente nel passaggio dal controllo giurisdizionale, esercitato ex post nel precedente assetto ordinamentale, ad un controllo dell9iniziativa imprenditoriale, concernente il ridimensionamento dell9impresa, devoluto ex ante alle organizzazioni sindacali, destinatarie di incisivi poteri di informazione e consultazione,s così che i residui spazi di controllo devoluti al giudice in sede contenziosa non riguardano più, quindi, gli specifici motivi della riduzione del personale, ma la correttezza procedurale dell9operazione>.

Nello stesso senso, Cass. n. 5516/2003; Cass. n. 21541/2006; Cass.S.U. n. 302/2000, secondo cui il programma (di riduzione del personale) che l5imprenditore intende attuare è sottoposto ad un controllo preventivo delle associazioni sindacali (e di organismi pubblici).

della complessa procedura, e nella verifica del rispetto delle regole formali poste a garanzia di validità e correttezza della complessiva operazione.

Era, pertanto, evidente, come sottolineato dalla giurisprudenza di legittimità, che i passaggi formali della procedura di licenziamento collettivo dovessero essere puntualmente rispettati, senza possibilità di deroghe alla disciplina che prevede la rigorosa procedimentalizzazione dell5esodo collettivo.

In tal senso, sin dall5inizio del 2000 si è affermato il principio secondo cui la violazione delle regole procedurali di cui agli artt. 4 e 5 si ripercuote negativamente sulle singole comunicazioni di recesso datoriale, consentendo a ciascun lavoratore di impugnare per vizi formali il licenziamento intimatogli nell5ambito della procedura di mobilità collettiva. Invero, le Sezioni Unite della Corte di Cassazione, intervenute a comporre un contrasto giurisprudenziale, hanno affermato che in materia di licenziamenti collettivi le norme di cui alla l. n.

223/91 sono finalizzate non solo alla tutela degli interessi collettivi ma anche e soprattutto degli interessi dei singoli lavoratori interessati dalla procedura, ragion per cui la sanzione della inefficacia del singolo licenziamento si applica anche nel caso di violazione dell5art. 4, comma 9, secondo cui il datore di lavoro deve dare comunicazione contestuale, ai competenti uffici del lavoro ed alle organizzazioni sindacali, delle specifiche modalità di applicazione dei criteri di scelta ai lavoratori da licenziare. Tale vizio può essere fatto valere da ciascun lavoratore interessato nel termine di 60 giorni previsto dall5art. 5, mentre il relativo vizio procedurale può essere sanato mediante il compimento o la rinnovazione dell5atto mancante o viziato5. In sostanza, attraverso il richiamo effettuato dall5art. 5, comma 3, all5art. 4, comma 12, si giunge alla conclusione secondo cui la procedura di licenziamento ripercuote i suoi effetti sulle singole comunicazioni di recesso datoriale, al punto da inficiare la validità di queste ultime nel caso di vizi della procedura disciplinata, in modo puntuale e rigoroso, dall5art. 4.

Pertanto, il lavoratore aveva, fino ad oggi, una tutela rafforzata, nel senso che la verifica dell5osservanza della procedura prevista dall5art. 4 non solo è rimessa all5azione delle organizzazioni sindacali, ma è consentita anche al singolo lavoratore, allo scopo di tutelate il suo diritto alla conservazione del posto di lavoro qualora non si sia in presenza di un formale rispetto della procedura. In proposito, le Sezioni Unite del 2000 hanno evidenziato che, mentre nel licenziamento individuale il lavoratore è garantito dal controllo giurisdizionale, esercitato a posteriori sui motivi del recesso, nei licenziamenti collettivi il controllo è preventivo ed è affidato alle organizzazioni sindacali ed ai competenti uffici del lavoro, giacché la legittimità dei recessi è strettamente collegata alla puntuale osservanza ed alla regolarità della sequenza procedimentale ideata dal legislatore.

Per i giudici di legittimità la predetta sequenza è stata prevista allo scopo di garantire una tutela il più completa possibile a tutti i soggetti coinvolti nella procedura ed in particolare ai lavoratori da licenziare, ossia a quanti subiscono massimamente gli effetti della procedura, e la Corte si spinge fino ad affermare che <poiché sul singolo lavoratore, che non vi partecipa direttamente, ricade

5 Cass. S.U. nn. 302 e 419/2000.

l5effetto finale del procedimento n non può destare meraviglia il fatto che il legislatore abbia sanzionato con l5inefficacia del recesso non solo l5inosservanza delle varie fasi procedimentali che precedono l5invio delle comunicazioni conclusive, ma anche le violazioni inerenti a tali comunicazioni>6.

Anche nel caso di violazione della regola della contestualità nell5invio delle missive di licenziamento ai singoli lavoratori e della comunicazione di cui al comma 9, è prevista la sanzione della inefficacia dei licenziamenti intimati, secondo quanto previsto dal comma 12 dell5art. 4. La disposizione, così come interpretata dalla giurisprudenza di legittimità, risulta conforme all5impianto della Direttiva n. 1998/59/CE.

4. La GneutralizzazioneL dei vizi della procedura: la comunicazione dei recessi Ciò posto, la riforma del mercato del lavoro della l. n. 92/2012, nel modificare le norme che presiedono alla individuazione delle illegittimità della procedura di mobilità, interviene indirettamente, ma comunque in modo del tutto incisivo, sulle possibilità di impugnativa dei licenziamenti individuali, riducendo in modo consistente le ipotesi in cui può essere applicata la sanzione della inefficacia del licenziamento per vizi formali.

La prima modifica riguarda il termine entro cui deve essere data comunicazione scritta dell5elenco dei lavoratori collocati in mobilità ai soggetti indicati dall5art. 4, comma 9, ossia alla Direzione regionale del lavoro, agli organi sostitutivi della Commissione regionale per l5impiego ed alle rappresentanze sindacali aziendali di cui all5art. 19 St.lav. ed alle rispettive associazioni di categoria.

L5intervento normativo è volto ad abrogare l5avverbio <contestualmente> ed a sostituirlo con la locuzione <entro sette giorni dalla comunicazione dei recessi>

(art. 1 comma 44), ragion per cui il nuovo comma 9 dell5art. 4 l. n. 223/1991 sarà del seguente tenore: <Raggiunto l9accordo sindacale ovvero esaurita la procedura di cui ai commi 6, 7 e 8, l9impresa ha facoltà di collocare in mobilità gli impiegati, gli operai e i quadri eccedenti, comunicando per iscritto a ciascuno di essi il recesso, nel rispetto dei termini di preavviso. Entro sette giorni dalla comunicazione dei recessi, l9elenco dei lavoratori collocati in mobilità, con l9indicazione per ciascun soggetto del nominativo, del luogo di residenza, della qualifica, del livello di inquadramento, dell9età, del carico di famiglia, nonché con puntuale indicazione delle modalità con le quali sono stati applicati i criteri di scelta di cui all9articolo 5 comma 1, deve essere comunicato per iscritto alla Direzione regionale del lavoro competente, agli organi competenti, sostitutivi della Commissione regionale per l9impiego, e alle associazioni di categoria di cui al comma 2Z.

L5obbligo di con testualità, tra l5invio delle comunicazioni di recesso ai singoli lavoratori interessati dalla procedura e la trasmissione ai succitati destinatari dell5elenco dei lavoratori da licenziare, trovava giustificazione nella esigenza di rendere controllabile dalle organizzazioni sindacali (e, quindi, indirettamente, dai singoli lavoratori) la correttezza del datore di lavoro nella applicazione dei criteri di scelta dei dipendenti licenziati, così da poter adottare subito eventuali contromisure, ivi compresa la impugnativa di licenziamento da parte del singolo

6 Cass. S.U. n. 302/2000.

licenziato, nel caso in cui non fossero stati rispettati i criteri di scelta di cui all5art. 5 ovvero applicati con modalità errate.

In effetti, il nucleo centrale della comunicazione di cui al comma 9 citato risiedeva nell5obbligo, posto in capo al datore di lavoro, di rendere note le modalità di applicazione dei criteri di scelta. La indicazione delle modalità, con cui erano stati applicati i criteri, doveva essere <puntuale> e l5aggettivo, per nulla casuale, rimarcava l5accento sulla necessità di trasparenza dell5operato datoriale, tenuto conto dei confliggenti interessi dei lavoratori coinvolti nella procedura. Era parso, dunque, evidente, alla giurisprudenza, dover interpretare l5avverbio

<contestualmente> in modo rigoroso7, sicché non era ammissibile che il datore di lavoro facesse partire le comunicazioni agli organismi sopraindicati anche soltanto pochi giorni dopo aver inviato ai singoli lavoratori le missive di licenziamento. La necessaria contestualità della comunicazione di cui al comma 9 costituiva un presidio di garanzia per i lavoratori, in quanto consentiva inoltre la verifica delle modalità di applicazione dei criteri di scelta in un contesto che vedeva, e vede, i lavoratori in conflitto di interessi tra loro. Tanto che gli unici casi in cui la giurisprudenza ha ammesso la inapplicabilità della sanzione della inefficacia dei licenziamenti sono stati quelli in cui il ritardo nelle comunicazioni era determinato da disguidi tecnici o di natura formale, comunque non imputabili al datore di lavoro.

È utile tenere presente che la interpretazione più elastica, secondo cui la contestualità non doveva essere intesa come effettivo e formale invio in contemporanea delle missive di recesso e delle comunicazioni ai destinatari per legge, è stata considerata dissonante rispetto al sistema ideato dal legislatore ed attuato dalla l. n. 223, in quanto riduceva la funzione della comunicazione a mero adempimento formale, il cui ritardo non avrebbe determinato alcun sostanziale effetto negativo, senza tener conto dello scopo della medesima, prevista a garanzia dei lavoratori.

Ciò posto, si potrebbe ritenere che un ritardo di sette giorni nell5invio della comunicazione agli organismi in questione sia sostanzialmente innocuo; è stato affermato che <la flessibilità così introdotta può sembrare, in astratto, addirittura ragionevole>8.

Occorre in realtà tenere presente che viene meno uno strumento di tutela per nulla secondario; invero, con l5adozione di un sistema di comunicazione più YfluidoZ (e non più rigoroso) è la funzione di garanzia e di trasparenza della comunicazione ad essere considerata non rilevante ed è la conseguenza dell5inadempimento dell5obbligo di invio della comunicazione ad essere completamente modificato, in quanto la illegittimità dei licenziamenti cui siano accompagnate comunicazioni agli organi di controllo e v. infra § 6. - non sarà più sanzionata con la reintegrazione dei lavoratori bensì soltanto con la indennità

7 Cass. S.U. n. 302/2000; Cass. n. 13457/2000; Cass. n. 5658/2004; Cass. n. 15898/2005; Cass. n.

1722/2009; Cass. n. 7490/2011. Ancora, da ultimo, Cass. n. 750/2012, nonché per la reiterata indicazione della necessità di trasparenza del processo decisionale datoriale v. Cass. n. 5582/2012.

8 C. Cester , Il progetto di riforma della disciplina dei licenziamenti: prime riflessioni>, p. 34, in http://csdle.lex.unict.it

risarcitoria.

Con un farraginoso sistema di rinvii, inoltre, si giunge a stabilire che il ritardo nell5invio della comunicazione di cui al comma 9 dell5art. 4 comporta la illegittimità del licenziamento, escludendo anche in questo caso la tutela reintegratoria; nella specie è impreciso anche il richiamo al terzo periodo del comma 7 del nuovo articolo 18, in quanto quest5ultima disposizione richiama a sua volta il comma 5, norma che effettivamente prevede il tipo di sanzione, escludendo palesemente la tutela reintegratoria (il giudice dichiara risolto il rapporto di lavoro con effetto dalla data del licenziamento) e prevedendo soltanto la condanna del datore di lavoro al pagamento di una indennità risarcitoria onnicomprensiva.

Questa scelta del legislatore manifesta la opzione di agevolare le decisioni imprenditoriali di riduzione del personale. Sennonché, per effetto dell5ambigua formulazione della norma e del complicato sistema di rinvii contenuto nel comma 46, non si coglie con immediatezza il fatto che la tutela reintegratoria è esclusa anche nel caso in cui il datore di lavoro ometta del tutto la comunicazione di cui al comma 9 ovvero qualora violi in altro modo la procedura prevista dall5art. 4 l. n.

223.

Il che significa, in sostanza, rendere più agevole al datore di lavoro violare le regole procedimentali poste a garanzia della correttezza e della trasparenza dell5iter previsto per il licenziamento collettivo, riducendo la procedura a mero simulacro formale. Nemmeno è possibile limitare la esclusione della tutela reintegratoria ai soli licenziamenti intimati all5esito di procedure in cui la comunicazione di cui all5art. 4, comma 9, l. n. 223, sia stata intempestiva, dal momento che la formulazione letterale del comma 46 non sembra fornire spunti per una interpretazione diversa e più coerente con l5impianto legislativo della l. n.

223.

Alla luce di tali considerazioni, appare evidente che la modifica del comma 9 dell5art. 4 ha la funzione di neutralizzare l5orientamento giurisprudenziale secondo cui il ritardo o la omissione della comunicazione determinava la inefficacia dei recessi intimati all5esito della procedura di mobilità; in tal modo si è sottratto ai lavoratori un altro strumento di tutela ed agli organi coinvolti nella procedura (organizzazioni sindacali ed uffici del lavoro) l5unica possibilità di controllare tempestivamente il rispetto dei criteri di scelta dei lavoratori da licenziare e l5osservanza della sequenza procedimentale. Fondamentale allora sarà verificare la compatibilità del nuovo assetto della l. n. 223 con le fonti normative europee ed in particolare con la Direttiva n. 1998/59/CE, sebbene l5art. 3 Direttiva citata preveda l5obbligo di notificare per iscritto ogni progetto di licenziamento collettivo all5autorità pubblica, ma non stabilisce alcun termine per tale comunicazione; sembra dunque difficile censurare la nuova normativa per eventuale contrasto con la disciplina eurounitaria.

Nel documento Commentario riforma Fornero (legge 92/2012) (pagine 170-174)

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