• Non ci sono risultati.

117“l’antiziganismo assume l’aspetto di una forma specifica di razzismo che l’educazione

Attraversando Auschwitz

117“l’antiziganismo assume l’aspetto di una forma specifica di razzismo che l’educazione

interculturale deve contrastare, anche attraverso la conoscenza della storia delle popo- lazioni Rom e Sinte”105.

A livello internazionale uno dei primi documenti in cui si affronta nel dettaglio la que- stione delle forme di discriminazione verso rom e sinti è la risoluzione del Parlamento europeo adottata il 28 Aprile 2005 (P6_TA(2005)0151) nel quale si invita la Commissione Europea ad intervenire “per combattere antiziganismo/romofobia in tutta Europa”, nella consapevolezza “dell’importanza di eliminare urgentemente i continui e violenti fenome-

ni di razzismo e discriminazione razziale contro i rom”, dal momento che “ogni forma di impunità per attacchi razzisti, dichiarazioni d’odio di gruppi estremisti, gli sgomberi illegali e la persecuzione da parte delle forze dell’ordine motivate da antiziganismo e romofobia incidono sull’indebolimento dello stato di diritto e della democrazia”.106

Secondo l’European Commission against Racism and Intolerance (ECRI) del Consiglio d’Europa “l’antiziganismo è una forma di razzismo particolarmente persistente, violenta,

ricorrente e comune, […] un’ideologia fondata sulla superiorità razziale, una forma di de-umanizzazione e di razzismo istituzionale nutrita da una discriminazione storica, che viene espressa, tra gli altri, attraverso violenza, discorsi d’odio, sfruttamento, stigma- tizzazione e attraverso le più evidenti forme di discriminazione”107. Allo stato attuale è

un auspicio condiviso che un apporto significativo possa essere quello dell’International

Holocaust Remembrance Alliance (IHRA)108, l’organizzazione intergovernativa che sta

lavorando al tentativo di una definizione condivisa a livello internazionale, sulla base della Risoluzione del Parlamento Europeo del 2015109.

Mentre si sta per compiere questo secondo passo verso Auschwitz, non risulta più possibile, dunque, sostenere che non vi sia consapevolezza, almeno in talune Istituzioni nazionali ed internazionali, dell’esistenza di un razzismo specifico verso rom e sinti. Eppure, del suo livello di pervasività nella società e del suo stretto legame con la con- dizione di esclusione di rom e sinti, vi è ancora scarsa coscienza. L’antiziganismo viene costantemente interpretato – anche dalla stessa Strategia nazionale – quale fenomeno prettamente culturale, su cui intervenire con campagne di sensibilizzazione e giornate informative. Nell’assenza di una fattispecie giuridica specifica che ne vincoli il contrasto si combatte l’antiziganismo con gli strumenti ordinariamente applicati alle altre forme di razzismo, senza un sistema di vincoli ad hoc.

105 La via italiana per la scuola interculturale e l’integrazione degli alunni stranieri”, MIUR, 2007.

106 N. Sigona, I rom nell’Europa neoliberale: antiziganismo, povertà e i limiti dell’etnopolitica, in S. Palidda

(a cura di), Razzismo Democratico. La persecuzione degli stranieri in Europa, Milano, Agenzia X, 2009. https://scienzepolitiche.unical.it/bacheca/archivio/materiale/1453/Rom%20Sinti%20e%20Caminanti/sigo- na_romeuropa.pdf

107 European Commission against Racism and Intolerance (ECRI), Raccomandazione di Politica Generale n. 3,

La lotta contro il razzismo e l’intolleranza nei confronti dei rom, 1998.

108 L’ International Holocaust Remembrance Alliance (IHRA) è un’organizzazione intergovernativa fondata

nel 1998 che unisce i governi e gli esperti per rafforzare, promuovere e divulgare l’educazione sull’Olocausto, la ricerca e il ricordo in tutto il mondo e il sostegno degli impegni della Dichiarazione del Forum internazio- nale di Stoccolma. Fino al gennaio 2013, l’organizzazione era conosciuta come Task Force for International Cooperation on Holocaust Education, Remembrance and Research. Attualmente i paesi membri sono 34. L’Italia aderisce dal 1999.

109 European Parliament resolution of 15 April 2015 on the occasion of International Roma Day –

anti-Gypsyism in Europe and EU recognition of the memorial day of the Roma genocide during World War II (2015/2615(RSP).

118

Terzo passo. Rispondere all’odio (rom e sinti nell’ambiente digitale)

L’immaginario collettivo ha storicamente proiettato raffigurazioni tipizzate da appros- simazione e folklore110, schiacciando su di esse il racconto storico ed il vissuto quotidia-

no dei rom e sinti: dal mito del “buon selvaggio” a quello di gruppi inassimilabili, mar- ginali, che respingono ogni tentativo di integrazione. Costantemente la categoria dello “zingaro” viene associata ad uno stile di vita generalmente stigmatizzato, caratterizzato da promiscuità e contaminazione (igienica e morale), criminalità e magia (figli del vento, donne rapitrici o dedite a pratiche oscure, talora associate a disumanità e cannibalismo): idee che hanno celato le reali varianti del mondo romanò, fatto di realtà frammentate di persone, alcune con particolari fragilità sociali e provenienti da contesti di indigenza, che spesso provano a inserirsi nelle limitate nicchie economiche disponibili, con ogget- tive difficoltà di accesso alla casa e al lavoro regolare.

L’immagine negativa che fotografa la minoranza romanì come “popoli delle discari- che” è confermata, nella percezione generale, da varie indagini, spesso citate in lettera- tura. In una dell’ISPO del 2008, il 47% degli intervistati vedeva i rom prevalentemente come “ladri”, “delinquenti” e “sfaccendati”, mentre il 35% ne legava l’immagine ai campi nomadi, al degrado e alla sporcizia111. Dopo dieci anni quella percezione, quasi in nulla,

è cambiata. Nel 2019, secondo la Commissione Europea ed Eurobarometro112, un italiano

su due ancora riteneva che la società non trarrebbe alcun beneficio da una riduzione delle discriminazioni verso rom e sinti. E sei su dieci si sentivano a disagio ad avere un collega rom. Sono dati in qualche modo “schiaccianti” e deprimenti, che illustrano una complessità radicata nella percezione e nelle relazioni quotidiane con la popolazione romanì. Basti pensare che la convinzione del nomadismo come elemento caratterizzante (per cui il rom sarebbe “straniero”, “slavo”, “immigrato”) sia un archetipo che conferma una schematizzazione confusa ma radicata.

Il passaggio dalla compenetrazione tra misconoscenza totale e percezione distorta delle realtà all’azione di politica pubblica “errata” è, purtroppo, sempre breve. Le politi- che di inclusione forzata e assimilazione che hanno segnato la secolare storia europea di sinti e rom, conoscono pochi elementi di discontinuità. Nonostante l’approvazione anche in Italia della Strategia nazionale d’inclusione dei rom, dei sinti e dei caminanti nel 2012, e fatto salvo lo zeitgeist in cui siamo tutti immersi, i recenti “piani di emergenza nomadi” portati avanti dalle amministrazioni locali, hanno dato – nelle comunità romanì come tra i gagé – risultati insoddisfacenti da ogni punto di vista. In tale clima e con l’allar- gamento dell’UE tra il 2004 e il 2007 la temuta “invasione” dell’Occidente da parte dei rom dell’Europa orientale – nella ennesima confusa e diffusa convinzione che vede nei Balcani tout court le loro terre d’origine – non è avvenuta. Tuttavia l’immaginario e il senso di insicurezza – manipolati con un uso distorto di dati, storie e immagini – sono stati alla base di misure che hanno indotto ulteriore preoccupazione nella società civile, fomentando paure e odiose divisioni.

110 Su questo tema vi è un’esaustiva letteratura, dalla costruzione storica del pregiudizio (si veda ad esempio

L. Narciso, La maschera e il pregiudizio, 1990 e L. Piasere, Buoni da ridere, gli zingari, 2006) ma anche dalla prospettiva emica i lavori di Santino Spinelli, tra cui I Rom, questi sconosciuti, Mimesis, Sesto S. Giovanni, 2016.

111 Istituto per gli Studi sulla Pubblica Opinione (ISPO) e Ministero dell’Interno, Cosa sanno e cosa pensano

gli italiani di rom e sinti?, 2008.

112 European Commission, Perception of minorities in the EU: Roma people, Special Eurobarometer 493 -

119

Outline

Documenti correlati