Attraversando Auschwitz
111unire il racconto della cultura rom e sinta e quello della cultura ebraica italiana, in un
progetto musicale di vita e di speranza, che dialoghi con tutta la società per il presente.
Tre passi per attraversare Auschwitz
di Roberto Bortone e Alessandro Pistecchia
Attraversare Auschwitz – e i diversi luoghi di detenzione e concentramento di rom e sinti diffusi nell’Europa dei regimi nazifasciti – richiede una chiave interpretativa sul viaggio da intraprendere. Un percorso che porti il visitatore con un piede tra i blocchi degli internati, costeggiando il bosco che dà il nome a Birkenau (Brzezinka, bosco di betulle in polacco), sui binari, tra i resti delle baracche, nei memoriali, mantenendo l’al- tro ben saldo sulla condizione attuale dei discendenti di quelle vittime. Metaforicamente, dovrà compiere dei passi nella storia e nell’oggi, camminando avanti e indietro attraver- so i secoli, imparando a scoprire similitudini e diversità. Dovrà ripensare a tutto ciò che ha preparato l’orrore di Auschwitz: le espulsioni, i “bandi”, le grandi retate, le cacce agli “zingari”, le catene e le compravendite di schiavi, dei braccianti, i lavori forzati nei mona- steri e nelle residenze dei boiari. Dovrà tenere a mente tutto questo per capire la radice stessa dei termini e degli appellativi che descrivevano alcuni gruppi, trasformandoli in alcuni casi in sinonimi emblematici – come i termini in lingua romena zingaro (tigan), che sarà a lungo sinonimo di rob (schiavo). Nel compiere questi passi il visitatore leggerà e ascolterà storie del Secolo Breve e di quello attuale che lo aiuteranno a comprendere la storia delle nazioni, degli imperi e delle relazioni tra i popoli nell’Europa moderna e contemporanea: dall’estremo occidente dei Re Cattolici, all’Europa degli Stati Nazionali, alle ramificazioni nei grandi Imperi plurinazionali, nelle terre zariste, ottomane o tra le regioni asburgiche e danubiane84, e ai loro numerosi popoli e minoranze. Perché la storia
di rom e sinti è impastata con quella europea, spesso, loro malgrado85.
Ripercorrere la storia (senza inciampare nei suoi inganni)
È necessario, a questo punto, compiere il primo passo: attraversare la storia delle rela- zioni tra comunità rom, sinte e gagé86. Un passo indietro nella storia europea, nella storia
delle comunità e nelle pagine più buie dell’antiziganismo moderno con la rassegna di alcuni provvedimenti coercitivi per le comunità rom e sinte in Europa, spesso dimenti- cate nelle trame della “grande storia”.
Ottant’anni fa, quell’11 settembre 1940 segnò una linea di demarcazione dell’ina- sprimento delle misure restrittive in Italia, con l’ordine del Capo della Polizia Arturo Bocchini (11 settembre 1940) secondo cui gli “zingari” dovevano essere arrestati e chiusi in campi di concentramento. Sempre nel 1940, nell’Italia fascista, si ricordano gli scritti di Guido Landra e Renato Semizzi con le premesse e i presupposti dell’effettivo avvio alle misure restrittive di prigionia e internamento.
Tracciando alcune tappe elencate da Ian Hancock87, il 27 aprile 1940 un decreto della
sede centrale nazista dichiarava che “il primo trasporto degli zingari al Governatorato
84 Sulla storia dei rom nel contesto dell’Europa centro-orientale si vedano, inter alia, le opere di Z. Barany;
V. Achim; A. Fraser; N. Gheorghe; G. Motta; A. Luciani; J. Vekerdi.
85 L. Piasere, I rom d’Europa, una storia moderna, Laterza, 2004. 86 Non rom/non sinto, in lingua romanés, Cfr., cap. 1.
112
generale partirà a metà di maggio con 2.500 persone”, seguito nei mesi successivi da altre
deportazioni da località tedesche e austriache. La prima azione legata direttamente al genocidio ebbe luogo a inizio 1940, quando duecentocinquanta bambini rom nel campo di concentramento di Buchenwald furono usati come cavie per testare il gas Zyklon B, poi utilizzato per gli omicidi di massa ad Auschwitz-Birkenau.
“Gli zingari sono una questione a parte. Voglio liberarmi di loro questo anno, se è pos-
sibile. Ci sono solo 30 mila di loro in tutto il Reich, ma fanno grande danno razziale”,
dichiarava Himmler nel 1940. Le stime parlano di cinquecentomila rom e sinti uccisi dai regimi nazi-fascisti in Europa. Ma le premesse dello sterminio erano manifeste già da tempo: nei primi anni del XX secolo prendono avvio le misure di sorveglianza e identi- ficazione volte a delineare un quadro più chiaro sulla “piaga zingara” (Zigeunerplage). È del 1905 la pubblicazione dello ZigeunerBuch di Alfred Dillmann, direttore dello
Zigeunerzentrale bavarese, il cui fine era quello di rendere sistematica la raccolta dei dati
relativi all’identificazione e alla provenienza dei vari gruppi presenti sul suolo tedesco. L’esito di questi primi studi “scientifici” fece sin da subito emergere la prima evidente contraddizione: l’inconsistenza degli “zingari” cosiddetti puri, portatori dei caratteri distintivi originari, quanto piuttosto la predominanza di popolazioni “meticce”, acco- munate soltanto dalla posizione sociale marginale e da strategie di sussistenza illecite o irregolari. Nei documenti elaborati figurano espressioni quali “zingari e girovaghi assimilabili agli zingari”, “zingari, truffatori e mendicanti stranieri”, o anche “zingari, nomadi e fannulloni”88.
Come è noto, la dottrina razziale formulata dall’ideologia nazista sosteneva la stigma- tizzazione delle “razze straniere”, considerate geneticamente subordinate, ed emargina- va determinati gruppi, in quanto “inferiori” per patrimonio genetico, all’interno di quella medesima razza. Le popolazioni rom e sinte si situavano all’intersezione delle due teorie razziste dominanti, il razzismo antropologico e l’igiene razziale.
Dal 1933, con l’ascesa al potere di Hitler e del partito nazionalsocialista, la burocra- zia del Reich fa di queste contraddizioni l’asse portante per applicare un inasprimento delle politiche vessatorie e discriminatorie verso i rom: con la legge promulgata nel 1933 “per la prevenzione di progenie affetta da malattie ereditarie” si inaugura la pratica di sterilizzazione coatta. In particolare, la “legge sulla salute coniugale” e quella “per la protezione del sangue”, entrambe del 1935, rappresentarono un freno alla crescita della popolazione rom e sinta, limitando così il pericolo di trasmissione di un patrimonio genetico “degenerato”. L’istituto di ricerca sull’igiene razziale, creato negli anni 1936- 1937 e diretto dallo psichiatra tedesco Robert Ritter, costituirà il punto di riferimento, con la ricercatrice Eva Justin89, per le indagini“scientifiche” sulle caratteristiche razziali
della comunità romanì.
Tali aspetti sono ritenuti tra gli elementi distintivi della politica nazista antizingara rispetto a quella antisemita: se la massima negatività presso gli ebrei era costituita dall’e- breo “puro”, tra gli zingari erano i “meticci” a essere considerati, per le proprie qualità “razziali”, intrinsecamente inferiori. Il dilemma dei ricercatori consisteva nel superare la contraddizione relativa al gruppo razziale cui si presumeva appartenessero rom e sinti. Difatti, benché appartenenti per patrimonio genetico al gruppo dei popoli inferiori e
88 G. Lewy, La persecuzione nazista degli zingari, Torino, Einaudi, 2002.
89 E. Justin, I destini dei bambini zingari - Educati in modo estraneo alla loro razza, ed. italiana a cura di
113