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119In Italia, con un dibattito politico e pubblico a tratti esasperato, ciò ha favorito il pro-

Attraversando Auschwitz

119In Italia, con un dibattito politico e pubblico a tratti esasperato, ciò ha favorito il pro-

liferare di sentimenti antizigani nell’opinione pubblica, dal livello locale a quello nazio- nale. Queste escalation di violenza ben si collegano, nella sezione precedente, con alcune storie recenti di rom bosniaci, macedoni, romeni, vittime consapevoli di ingiustizia e discriminazione113.

Gli ultimi venti anni sono costellati di pubblicazioni, indagini e studi a carattere nazionale e internazionale sulla rilevanza del fenomeno discriminatorio nei confronti di rom e sinti, anche rispetto ad altre categorie di persone discriminate. La “Commissione Jo Cox sull’intolleranza, la xenofobia, il razzismo e i fenomeni di odio”, istituita dalla Camera dei Deputati italiana, ha dedicato nella Relazione finale del luglio 2017 un capi- tolo all’antiziganismo114. Ne scaturisce come, nel più ampio discorso razzista contro i

migranti, i rom e sinti siano di gran lunga la minoranza più esposta al discorso d’odio online, in continuità con la secolare storia di pregiudizio che vede lo “zingaro stregone, ladro, criminale, bastardo”.

Tanto da fare dei “rom”, con buona pace dei numeri e della realtà115, una costante fonte

di polarizzazione del dibattito pubblico. Gordon Allport ha spiegato come un concetto errato (che è sempre possibile) si trasforma in pregiudizio quando rimane irreversibile anche di fronte a nuovi dati conoscitivi. Sembrerebbe, ad ogni visione, una perfetta descrizione della nascita e del perdurare del sentimento antizingaro. Eppure qui, il nostro viaggio da e verso Auschwitz rischia di fermarsi di fronte ad una strada interrotta: quali nuovi dati e quali elementi conoscitivi troveremo sul nostro cammino?

Vi sono almeno due aspetti su cui è necessario soffermarsi. Il primo, imprescindibile, è l’assenza, pressoché totale, di riferimenti e tracce del tema nei curricula scolastici. Rilevanti sono gli interventi del Consiglio d’Europa116, proprio su questo punto, fino

alla recente comunicazione rivolta agli Stati membri in cui ha ribadito la necessità di “raccontare” la storia di rom e sinti nelle aule scolastiche, con un esplicito riferimento al genocidio di rom e sinti.117 Vi è poi un secondo elemento importante, una realtà che

vogliamo percorrere nella sezione conclusiva di questo testo. Si riferisce all’assenza (di nuovo) del racconto riferibile allo sterminio di rom e sinti dalla piazza digitale. In termini giornalistici ci riferiremmo alla “mancata copertura” del tema, denotata dalla scarsità di risorse digitali in grado di posizionare lo sterminio di rom e sinti quale tema mainstream all’interno del dibattito pubblico. Da questa consapevolezza prende le mosse questa brevissima digressione in quello che sembra definirsi come una sorta di “neo- antiziganismo digitale”, che nel suo continuo cambiamento e nella sua imprevedibilità, racconta di una involuzione comunicativa che riprende motivi cristallizzati del sentire

113 Si vedano a titolo esemplificativo i racconti di Alievski, Maruntel, Sejdic, raccolte da Eva Rizzin e Luca

Bravi nei precedenti capitoli. Per un approfondimento sulle comunità di origine bosniache nel contesto roma- no si vedano i recenti lavori di M. Solimene.

114 Camera dei Deputati, Commissione Jo Cox sull’intolleranza, la xenofobia, il razzismo e i fenomeni di odio,

Relazione Finale, 2017.

115 R. Bortone, Un futuro da scrivere. Percorsi europei di scolarizzazione dei rom, Collana UNAR, Istisss

Editore, Roma 2013.

116 Ad Hoc Committee of experts on Roma and Travellers Issue (CAHROM), Thematic visit on the teaching

of Roma history (including Roma Holocaust/Genocide) in the textbooks and school curricula, 10 dicembre

2019.

117 Recommandation CM/Rec(2020)2 du Comité des Ministres aux États membres sur l’intégration de l’histo-

ire des Roms et/ou des Gens du voyage dans les programmes scolaires et les matériels pédagogiques (1 luglio 2020), disponibile su https://search.coe.int/cm/Pages/result_details.aspx?ObjectId=09000016809ee52f

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comune, non abbandona vecchi pregiudizi ma li rende più violenti attraverso la pro- pagazione massiva di contenuti e discorsi di odio resa possibile dalle piattaforme dei social media. Nel constatare la mancanza di un racconto valoriale della storia di rom e sinti, si assiste, in qualche modo passivamente, ad una “normalizzazione” del- l’antiziganismo118 operata dagli algoritmi, in linea con quanto ha ben colto il Segretario

Generale delle Nazioni Unite Guterres nel discorso di presentazione del Piano d’Azione ONU sul contrasto all’hate speech del 2020: “In both liberal democracies and

authoritarian regimes, some political leaders are bringing the hate-fueled ideas and language of these groups into the mainstream, normalizing them, coarsening the public discourse and weakening the social fabric (corsivo nostro)”119. Grande scalpore suscitò nel

2014 l’intervento di una consigliera comunale su Facebook nel quale il binomio rom-forni veniva ampiamente evocato: «Se tra i cani ci sono razze che vengono più predisposte a

aggredire, perché non ammettiamo che i rom sono più portati a commettere certi reati – ha scritto la Conti – Le telecamere servono per punire tutti ‘sti bastardi! Comunque niente gattabuia, ci vorrebbero i forni…metto a disposizione la mia taverna. Se vedete del fumo strano che esce dal tetto non vi preoccupate». Solo per citare un episodio tra tanti.

L’utilizzo del discorso d’odio in politica, tuttavia, non rappresenta l’oggetto privile- giato della nostra analisi120. Per comprendere gli scenari dell’antiziganismo odierno121

risulta necessario entrare nelle forme più barbare della comunicazione quotidiana nei confronti di rom e sinti per verificare come ancora oggi “lo sterminio” sia un passaggio violentemente evocato. Un tuffo nell’odio quotidiano, sufficiente per testare il complesso e variegato mondo delle conversazioni online di alcuni dei social network più diffusi, Facebook e Twitter in particolare.

Il risultato di questa breve digressione è – e non pensavamo sarebbe stato altrimenti – agghiacciante. Richiama certo all’ancestralità dell’odio ed alla pervasività del pregiudi- zio nei confronti di questa minoranza. Richiama però anche alla necessità del riconosci- mento di una memoria totalmente rimossa, negata e, di conseguenza, poco conosciuta, alla quale l’intero progetto di questo volume è dedicato. Ciò che abbiamo letto lo abbiamo riportato (ovviamente in minima parte) per intero, senza filtri. Da anatemi feroci e vio- lenti alle diverse sfumature con cui viene evocata una “soluzione finale”, fatta di lager, gas, forni e fuoco.

“Zingari di merda. Bisognerebbe deportarli tutti, insieme a chi li difende”. “Mettiamoli insieme, donne e uomini rom, nelle camere a gas”. “Bisogna cominciare a bruciarli, indistintamente”. “Riapertura dei forni immediata. Tutti al rogo”. “Al rogo! Bruciati vivi senza pietà, donne, uomini, bambini e anziani, non si guarda nessuno in faccia, bastardi zingari”.

Le discriminazioni verso rom e sinti si sono trasformate nella congiuntura di espan- sione dei social network e di una crescente narrativa che pone arbitrariamente in competizione fasce di (con)cittadini, in base a presunte catalogazioni etniche. Il fluido e dinamico mondo del Web ha confermato un dato già rilevabile: il razzismo e l’intol-

118 S. Pasta, Razzismi 2.0. Analisi socio-educativa dell’odio online, Morcelliana, Brescia, 2018. 119 United Nations, Strategy and Plan of Action on hate speech, Maggio 2020.

120 Per un approfondimento recente sull’uso della questione rom sul Web da parte di esponenti politici

locali si veda S. Pontrandolfo (a cura di), Politiche locali per rom e sinti in Italia, Cisu, 2018 e S. Pontrandolfo, E. Rizzin, La produzione dell’antiziganismo nei discorsi dei politici dell’Italia contemporanea, pp. 85-108, in Rivista di Antropologia Pubblica, Vol. 6 No. 1 (2020): Contrastare l’odio. L’uso dell’antropologia nella comuni-

cazione pubblica tra sentimenti, populismo e impegno politico.

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