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Nei contesti formativi, l’orientamento negli ultimi decenni ha evidenziato sempre di più la sua natura eminentemente educativa, e ciò ha sollecitato la ricerca pedagogica ad interessarsene. L’orientamento pone alla ricerca pedagogica domande che riguardano lo studio e le azioni di orientamento; inoltre, esso sollecita ad interrogarsi, innanzitutto, sulle criticità e sulle peculiarità della ricerca pedagogica stessa.

In the educational contexts, in the last decades, guidance highlighted more and more its eminently educational nature, and this urged pedagogical research to become interested in it. The guidance puts in pedagogical research questions that concern the study and the practices of guidance; moreover, it stimulates to interrogate, first of all, about critical aspects and feature of pedagogical research.

 

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Le questioni poste dal discussant Pier Giuseppe Rossi nella Sessione La ricerca educativa. Traiettorie interdisciplinari e transdisciplinari del Seminario La ricerca educativa. Indirizzi nazionali e internazionali attengono ad alcune criticità su cui la ricerca in educazione si interroga: alcune inerenti le condizioni di scientificità e di validità sociale e politica della ricerca in generale e soprattutto nel contesto delle scienze umane e sociali; altre si riferiscono alla ricerca pedagogica, laddove la specificità del proprio oggetto, l’educazione, richiami temi peculiari, quali, tra gli altri, la gestione interpretativa ed operativa della complessità, i raccordi interdisciplinari e transdisciplinari, il rapporto tra la dimensione dell’intervento, connaturale alla pedagogia, e le istanze di rigore metodologico.

Da diversi anni mi occupo di orientamento educativo e, dunque, formativo e credo che alcune delle problematiche inerenti la ricerca in pedagogia possano trovare un’utile chiave di lettura proprio in questa tematica, che negli ultimi anni sta rivestendo un interesse sempre maggiore da parte della riflessione pedagogica e dei sistemi educativi. Al contempo, le domande sulla ricerca a cui la pedagogia oggi è chiamata a rispondere riguardano in misura significativa anche lo studio e le azioni di orientamento che vengono realizzate o sono da realizzare.

L’orientamento presenta angolature critiche e coerenti con i temi dibattuti, a partire dalla traiettoria che esso ha percorso prima di approdare alla ricerca educativa. Tradizionalmente, se ne sono occupate la ricerca psicologica e sociologica: la prima, attraverso diversi momenti evolutivi, si è fondamentalmente interessata della possibilità di coniugare le ragioni (evidentemente non solo cognitive) dei soggetti con quelle degli ambienti di vita lavorativi, andando di volta in volta a privilegiare gli uni o gli altri e in ogni caso con l’intento di creare un matching che potesse soddisfare entrambi, a beneficio del benessere degli individui e dello sviluppo dei sistemi; la seconda, adottando prevalentemente un’ottica di analisi dei processi di cambiamento dei sistemi sociali rispetto alla qualità dell’esistenza lavorativa delle persone.

Ambedue gli approcci descrivono e interconnettono oggetti/fenomeni; tale prospettiva entra in crisi allorquando il problema dell’orientamento diventi quello di

creare, educativamente e strutturalmente, contesti, relazioni e organizzazioni in grado di stimolare, alimentare e far crescere istanze, desideri e strategie, oltre che capacità, per orientarsi e, dunque, per delineare percorsi di sviluppo del proprio pensare, sentire ed agire ovvero, in termini sintetici, del proprio Sé. Il tema non è tanto quello di valorizzare ciò che c’è o di sviluppare potenzialità, bensì di dare senso a tutto ciò, attraverso tragitti riflessivi che chiamino in causa il Sè nei suoi diversi contesti. Se questa costituisce una delle principali tracce pedagogiche in materia di orientamento, l’impegno educativo – quindi sociale e politico – in tale ambito potrebbe essere quello di ideare, verificare e migliorare impianti teorico- pratici tali da qualificare, specificare e rendere incisivo il ruolo della pedagogia.

L’orientamento diviene, allora, un oggetto complesso e di confine, che richiede un approccio interdisciplinare e transdisciplinare, e, soprattutto, una questione fondamentalmente educativa.

Pur essendo esso un tema lifelong – in particolare per l’indebolimento delle reti sociali e comunitarie di accompagnamento e di sostegno negli eventi di transizione, come per la precarietà delle forme di definizione identitaria anche nel corso dell’età adulta –, assume una specifica rilevanza con riferimento all’età giovanile e ai sistemi educativi che se ne occupano, in particolare la scuola e l’università. La società postmoderna, segnata profondamente dai tratti del rischio1, dell’incertezza e della provvisorietà2, induce una visione del futuro come “minaccia”3 più che come possibilità e promessa4; la difficoltà di aver fiducia nel futuro sospinge tantissimi ad attestarsi sul presente, cosicché una delle conseguenze di tale disincanto5 è il sostanziale venir meno di quella dimensione prefigurativa, che rende possibile  

1 Cfr. U. Beck, La società del rischio. Verso una

seconda modernità (1986), tr. it. Carocci, Roma 2000.

2 Cfr. Z. Bauman, Vita Liquida (2005), trad. it.,

Laterza, Roma-Bari 2006.

3 Cfr. M. Benasayag, G. Schmit, L’epoca delle passioni

tristi (2004), tr. it. Feltrinelli, Milano 2004.

4 A. Cunti, A. Priore, S. Bellantonio, Superare la crisi

coltivando il desiderio. Per una formazione che orienti nella società del disincanto, «METIS – Mondi

Educativi. Temi, Indagini, Suggestioni» (V), 1 (2015), pp. 26-40.

5 Cfr. F. Cambi, Abitare il disincanto. Una pedagogia

© Nuova Secondaria - n. 9, maggio 2017 - Anno XXXIV - ISSN 1828-4582 61 l’immaginarsi in una ‘veste altra’ rispetto al

tempo presente, alimentando desideri e aspettative per il futuro. Tutto ciò richiama l’impegno educativo di gestire l’inatteso6. L’essere giovani adulti oggi costituisce uno stato di particolare problematicità significativamente indagata da diverse prospettive disciplinari e di ricerca. Il passaggio ad una nuova condizione potrebbe essere individuato quando, alla fine degli studi superiori, i giovani cominciano non più semplicemente ad interrogarsi rispetto al loro futuro formativo e professionale e quest’ultimo comincia a definirsi nel loro immaginario e presso le loro “comunità di parlanti” non più solo come un pensiero che li riguarda da vicino, come insieme di possibilità, punti di vista, dimensioni informative e di criticità individuali e sociali, ma anche come la necessità di compiere delle scelte che vedano in primo piano il loro avvenire, scelte di cui sono responsabili. Tra i compiti formativi delle università rientra quello di un “avviamento al lavoro” degli studenti, oltre che nel senso di sostenere l’apprendimento inerente alle conoscenze/competenze coerenti con determinati profili culturali e professionali anche in quello di contribuire all’elaborazione del Sé personale, formativo e professionale; ci troviamo, infatti, in presenza di un ‘imparare da adulti’, ossia di un processo di strutturazione dell’identità in cui il proprio sapere e saper fare assumono un’importanza prioritaria. Proprio la diversa qualità del contesto universitario rispetto a quello scolastico pone il giovane al cospetto di un rapporto adulto con i saperi, con la propria formazione, col senso di questa per la propria vita, per la realizzazione di sé come soggetto, uomo/donna e cittadino/cittadina. La qualità educativa di tali sistemi non può, allora, che essere in via prioritaria rivolta alla formazione in sé, all’insegnare a sapere prendersi cura della propria formazione, a creare e sostenere nell’arco della vita un’“attitudine” ad imparare7, ad individuare, a definire e a nutrire il proprio desiderio, individuale, emancipativo e dinamico, una forma di sostegno, quindi, metodologica,  

6 E. Morin, I sette saperi necessari all’educazione del

futuro (2000), tr. it. Raffaello Cortina, Milano 2001, p.

14.

7 Cfr. A. Alberici, Imparare sempre nella società della

conoscenza, Bruno Mondadori, Milano 2002.  

connaturalmente orientante 8 . Il sostenere processi formativi di tal genere richiede di prendere le distanze da una concezione dell’apprendimento coincidente con il ‘corrispondere a qualcosa di precostituito’ e con la capacità di adeguarsi a quelle dimensioni, a quei tratti considerati vincenti, perché in grado di consentire un’affermazione personale e sociale riconosciuta 9 . L’apprendimento auspicato, più che essere volto ad essere ciò che si desidera diventare, coerentemente con le proprie esperienze e la possibilità di elaborarle in vista di traguardi, pur transitori, emancipativi e trasformativi, è spesso appiattito su di un essere già deciso, che l’educazione formale sollecita a fare proprio. La valenza pressoché estromessa dall’apprendimento è quella inerente alla libertà cosiddetta “di”, tutt’al più prevedendo dei tentativi, spesso poco sistematici e improvvisati, nel percorrere quella libertà cosiddetta “da” 10 – accolta come impegno educativo a rimuovere ostacoli che potrebbero frapporsi alla conquista delle mete individuate –; in tal senso, scuole ed università non possano evitare di tematizzare la costruzione formativa del desiderio di realizzare se stessi come persona e come lavoratore.

Un ambito di discorso correlato attiene lo spazio sempre maggiore che i sistemi educativi dedicano all’orientamento; negli ultimi decenni, essendo esso diventato un punto strategico per lo sviluppo organizzativo e formativo delle istituzioni, è più sentita la necessità di ricerche che possano migliorare la produttività dei sistemi e il benessere emancipativo delle persone. Ne consegue che la ricerca pedagogica sull’orientamento è chiamata ad offrire un contributo utile, in grado di alimentare la dimensione della conoscenza e dell’intervento, ed il loro ricorsivo miglioramento.

Richiamando, anche se non in maniera sistematica, le questioni epistemologiche poste dall’incontro seminariale e provando a calarle nelle personali opzioni di ricerca  

8 A. Cunti – A. Priore, Riflessività a scuola. Tra

resistenze al cambiamento ed aperture formative,

«Educational Reflective Practices», 1 (2014), IV.

9 OCSE/OECD, Definition and Selection of Key

Competences Executive Summary (reperibile su:

http//www.oecd.org/dataoecd/47/61/35070367.pdf. Accesso 16 gennaio 2017).  

10 Cfr. I. Berlin, Quattro saggi sulla libertà (1969), tr.

 

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sull’orientamento, nel senso sia della prospettiva adottata sia delle scelte processuali e procedurali, è possibile evidenziare due aspetti. Una prima considerazione riguarda il fatto che l’orientamento ha in qualche modo indotto la ricerca educativa ad abbracciare e a condividere con le discipline psicologiche e sociologiche metodologie rigorose, fondate su di un pluralismo metodologico che vede insieme l’approccio quantitativo e quello qualitativo; inoltre, ha spinto tale ricerca ad adottare una base empirica e a tradurre sul piano scientifico una dimensione trasformativa, laddove tale ricerca intenda essere collaborativa, utile e strategica per lo sviluppo della società. La seconda considerazione concerne la sfida a tenere insieme i soggetti e i loro contesti, laddove l’orientamento non possa essere concepito ed agito indipendentemente da questa complessità che richiede interventi mirati e che, al contempo, tengano conto dell’intreccio di elementi che fanno capo ad aspetti interdisciplinari e transdisciplinari. Nell’attuale temperie storica, probabilmente, il legame tra soggetto e ambiente richiede la messa in campo di nuovi processi di adattamento nella reciprocità, da costruire educativamente; la sfida è quella di una connessione creativa, per un verso, in grado di esplorare gli ambienti di vita e di lavoro, intercettandone gli elementi sintonici con le individuali specificità e che, per l’altro verso, si fondi su di un lavoro riflessivo su di sé atto a rintracciare i propri desideri autentici. Emerge la necessità di un primato dell’individuo, nel senso di conferire l’onere e l’onore della scelta al soggetto, connesso con i sistemi e dentro di essi, nel senso che oggi la formazione non può più prescindere dall’idea che ciascun individuo sia parte integrante e interattiva rispetto ai contesti nei quali vive e si forma; il tema di un “individuo ecologico”11, pertanto, rappresenta per l’orientamento una priorità ed una scommessa.

E, allora, quali sono gli elementi di questa ricerca che in qualche modo vengono interrogati e che interrogano a loro volta la ricerca educativa?

Una dimensione chiave riguarda il rapporto tra generale e locale. Esso richiama una questione di ordine strutturale ed una inerente alla ricerca.  

11 Cfr. G. Bateson, Verso un’ecologia della mente

(1972), tr. it. Adelphi, Milano 1976.

L’orientamento, si è già evidenziato, rappresenta per i sistemi educativi una priorità al fine di rendere i sistemi sociali ed economici più avanzati e produttivi, sia dal punto di vista della soddisfazione degli individui sia per lo sviluppo dei territori; in tale prospettiva, rappresenta indubbiamente una criticità il nesso fra le indicazioni europee 12 e la loro declinazione in interventi per ciascun Paese. A livello strutturale, non vengono prefigurate le condizioni che sarebbe indispensabile realizzare; pertanto, è consistente il rischio che si resti sul piano delle buone intenzioni e che non si inneschino processi incentrati su “buone pratiche”, in grado di vivificare e di rendere operative e cogenti le opzioni indicate. Succede spesso, in tal senso, che l’orientamento rappresenti un’appendice non integrata nell’ambito dei sistemi, in particolare educativi, ma non solo, laddove, peraltro, assumerlo all’interno di un sistema significhi innanzitutto cambiarne la cultura organizzativa, soprattutto in direzione della promozione ed ottimizzazione delle interazioni sistemiche in funzione generativa e propulsiva. Sul piano della ricerca, facendo propria l’idea che essa rappresenti la condizione essenziale per il miglioramento delle pratiche educative, l’ambito in cui andare ad articolare l’istanza del rigore metodologico appare sempre di più essere quello della trasferibilità più che della generalizzazione, riconoscendo la diversità dei contesti e documentando processi e risultati di ricerca da cui attingere per incrementare le conoscenze e le capacità di intervento. Facendo un riferimento specifico all’orientamento universitario, la circolarità tra saperi e pratiche da parte dei diversi attori coinvolti potrebbe voler dire, ad esempio, considerare gli studenti come consulenti in progetti di ricerca-azione in cui la dimensione esplorativa, di tipo quanti- qualitativo, si combini con quella progettuale per il miglioramento dell’azione istituzionale. L’intento è quello di non impiegare una rigida demarcazione tra coloro che sono i beneficiari  

12 ELGPN, Guidance for Policies and Systems

Development for Lifelong Guidance. A Reference Framework for the EU and for the Commission

(reperibile su:

http://www.elgpn.eu/publications/browse-by- language/english/elgpn-tools-no-6-guidelines-for- policies-and-systems-development-for-lifelong- guidance/ Accesso 16 gennaio 2017).  

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invece si prodigano per far ottenere ai primi buoni risultati, laddove ciascuno sia ricercatore di sé stesso e possa agire per il benessere proprio e del sistema di cui è parte. Il cambiamento, infatti, più che confidare in una modificazione di comportamenti attraverso prescrizioni provenienti dall’esterno, può più utilmente avvalersi di processi riflessivi che esplorino lo stare di individui e gruppi nei contesti e il come si possa operare per innescare circolarità virtuose che coinvolgano tutti gli attori sociali e la qualità delle loro interazioni. Un ulteriore tema è quello della trasversalità degli interventi interconnessi, quale tentativo di fronteggiare la complessità del fenomeno in oggetto nonché dei sistemi stessi, nella fattispecie universitari.

E’ impensabile occuparsi di orientamento senza scalfire i processi didattici. Realizzare la trasversalità di un approccio all’orientamento richiede necessariamente di agire la didattica in chiave di orientamento alla formazione. I processi di conoscenza vanno sostenuti ed alimentati, dal momento che le modalità attraverso cui si determinano possono orientare verso la costruzione di soggettività in grado di conoscere e di migliorarsi per tutta la vita; ciò richiede di porre in primo piano il livello metodologico nei processi che guidano alla costruzione dei saperi13, anche nel senso di agire le relazioni in tutti quei contesti in cui la formazione si compie in ambienti collettivi, di contro a modelli di tipo trasmissivo. In generale, con difficoltà nei contesti di formazione formale si evidenziano connessioni tra didattica e orientamento, come se l’azione didattica non incorporasse in sé una prerogativa orientativa e l’esperienza didattica non svolgesse un ruolo tutt’altro che neutro nei processi di orientamento del soggetto, indipendentemente dal fatto che ciò accada in modo intenzionale. Il tema della trasversalità richiama anche la necessità di stimolare ad una formazione che tenga insieme il livello del pensare con quello del sentire e con quello dell’agire; in tal senso, la direzione intrapresa riguarda la messa a punto di un dispositivo metodologico di tipo laboratoriale in cui l’accompagnamento degli studenti lungo percorsi riflessivi su di sé rispetto al proprio  

13 Cfr. G. Domenici, Manuale dell’orientamento e

della didattica modulare, Editori Laterza, Bari 2009.

orientamento come persone e come lavoratori sia esplicito e si presti ad essere verificato, trasferito e migliorato.

Antonia Cunti Università di Napoli Parthenope

Sconfinamenti e

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