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L’impatto pervasivo sulla ricerca educativa Il quadro di tendenze tratteggiato ha effetti su

tutti i piani che articolano la ricerca educativa8. Paradigmi, modelli e sistemi referenziali sono rimessi in gioco da un orizzonte dinamico e differenziato, incerto e opaco9 che interpella la

4 C. Lessard, Le débat américain sur la certification

des enseignants et le piège d’une politique éducative “evidence-based”, «Revue des sciences de l’éducation

du Québec», 32 (2006), pp. 31-52.

5 R. Keeling, The Bologna Process and the Lisbon

Research Agenda: The European Commission’s Expanding Role in Higher Education Discourse,

«European Journal of Education», 2 (2006), pp. 203- 223.

6 R. Normand, L’Europe de l’éducation: quel

management au service de quelle(s) conception(s) de l’intérét général?, cit., pp. 100-101.

7 Cfr. M. Gibbons - C. Limoges - H. Nowotny - S.

Schwartzman - P. Scott - M. Trow, The New

Production of Knowledge, Sage, London 1994; K.

Martens - K. Wolf Dieter, Policy Through the EU and

the OECD, in A. Amaral – G. Neave – C. Musselin –

P. Maassen (Eds.), European Integration and the

Governance of Higher Education and Research,

Springer, Berlin 2010.

8 L. Woessman, Schooling and the Quality of Human

Capital, Springer, New York 2008, pp. 68-73.

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struttura epistemologica della pedagogia, già in

sé complessa. Anche la definizione dell’oggetto di ricerca incontra nuove sollecitazioni, in termini di criteri che ne perimetrano il contorno e ne discernono la significatività 10 . È impegnativa e delicata l’innovazione richiesta alla metodologia della ricerca, giacché deve mantenersi distante da due pericoli incombenti: conformarsi a criteri esogeni smarrendo così la ratio educativa specifica e/o appoggiarsi a una malintesa creatività, debole sul piano della consistenza scientifica. L’impatto sugli assetti organizzativi e istituzionali della ricerca è quotidianamente esperito, con la difficoltà di contemperare esigenze differenti: assicurare il controllo dei costi e il buon impiego dei finanziamenti ma rispettare le specificità disciplinari e di contesto; disporre condizioni e prospettive professionali adeguate per chi opera nella ricerca educativa ma garantire l’efficienza di una buona amministrazione. La questione spinosa della valutazione della ricerca educativa può essere esaminata in tale prospettiva: la molteplicità e varietà dei suoi interlocutori rendono complesso l’approdo a un criterio univoco di qualità11 e inducono a porre in discussione l’idea stessa di univocità a fronte della varietà di situazioni e di soggetti12.

Non vanno trascurate le ricadute sul piano del linguaggio, della comunicazione degli esiti e della diffusione dei risultati della ricerca. La questione non si riduce a un esercizio di restyling linguistico e comunicativo poiché si innesta su una trasformazione di ruoli dei soggetti interessati. Dal processo lineare che individua nel ricercatore il produttore e nel destinatario il recettore di conoscenza per cui compete al primo decidere le modalità trasmissive, si passa a uno scenario in cui l’universo composito degli stakeholder è soggetto determinante nei vari aspetti dello sviluppo della ricerca: dall’individuazione delle priorità alla definizione dell’oggetto, dai vincoli condizionanti l’impianto metodologico e il

la ricerca in educazione, «Education Sciences &

Society», 2010, pp. 91-100; Id., Ricerca educativa tra

sostenibilità e significatività, cit., pp. 100-101.

10 Ibi, p. 102.

11 J. Scheerens – M. Hendricks, Benchmarking the

Quality of Education, «European Educational Research

Journal», 3 (2004), pp. 101-114.

12 R. Viganò, Ricerca educativa fra pratiche e politiche

istituzionali, «Giornale Italiano della Ricerca

Educativa», IX (2016), pp. 71-84

percorso attuativo alla tipologia degli obiettivi attesi e delle evidenze che ne attestano il raggiungimento Ciò implica finalità e impieghi della dimensione comunicativa differenziati e innovativi. Un orizzonte articolato e variabile come quello delineato ha ricadute anche sul profilo professionale e identitario del ricercatore, a un duplice livello. Uno attiene al ricercatore cosiddetto professionista, indotto a riconfigurare il senso stesso del proprio lavoro in un mutato sistema di riferimenti culturali, sociali, economici e valoriali13; l’altro tende alla necessità di integrare la competenza di ricerca nella molteplicità di professioni educative e formative, in termini non di sovrapposizione cumulativa alle competenze già possedute ma di rielaborazione del tessuto identitario delle professioni medesime.

La formazione alla ricerca è certamente una leva strategica per attraversare i cambiamenti, a patto di rendere a ciò adeguati i sistemi e i percorsi di formazione, oggi ancora condizionati da riferimenti a profili professionali non sempre corrispondenti alla realtà e da farraginosità amministrative. Programmi e azioni internazionali (ET2020, Horizon 2020) offrono opportunità da coltivare in tale direzione; nelle realtà territoriali sono presenti iniziative e pratiche che interpretano tale bisogno e offrono esempi apprezzabili di possibili modalità attuative, scontrandosi tuttavia troppo spesso con eccessivi vincoli normativi e amministrativi, difficoltà burocratiche, resistenze culturali di matrice ideologica o corporativa, debole capacità di recepire a livello di sistema le pratiche virtuose. La varietà di contesti, priorità, interlocutori, campi di esercizio è ampia ed è verosimile che logiche formative modulari possano corrispondere ai bisogni emergenti meglio di percorsi rigidamente determinati ed esclusivi. Un compito affatto semplice attende perciò responsabili e attori della ricerca educativa, in una direzione di lavoro che è insieme etica e culturale, strategica e metodologica. In un quadro così complesso non si può restare interpreti autorevoli con i soli strumenti della teoria e della concettualizzazione e neppure con la sola capacità di offrire soluzioni tecniche e pratiche pronte all’uso; l’ethos scientifico ed

13 Cfr. J.L. Derouet - M.C. Derouet-Besson, Repenser

la justice dans l’éducation et la formation, Peter Lang,

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educativo implicano l’impegno della ricerca

educativa in tutte le sue dimensioni14.

Imparare a imparare

La citazione di una delle competenze chiave per l’apprendimento permanente, indicata nella Raccomandazione del Parlamento Europeo e del Consiglio del 18 dicembre 2006, può essere una sintesi evocativa della linea di impegno richiesta alla ricerca educativa nel perseguire l’equilibrio dinamico fra tradizione e innovazione. Secondo la definizione data nella Raccomandazione, imparare a imparare è «l’abilità di perseverare nell’apprendimento, di organizzare il proprio apprendimento anche mediante una gestione efficace del tempo e delle informazioni, sia a livello individuale che in gruppo». Occorre avere il coraggio tipicamente pedagogico di accettare la scommessa che sia possibile e necessario lavorare in tale direzione, anche come comunità scientifica, con la consapevolezza che per avanzare è necessario disporsi a una reale riconsiderazione critica e a un profondo sforzo innovativo, senza però svendersi alle sirene variamente urlanti nello scenario della ricerca e dell’educazione.

Come è noto, la competenza in parola è indicata come competenza di cittadinanza la quale, nel nostro dettato costituzionale, è la condizione della persona alla quale l'ordinamento di uno Stato riconosce la pienezza dei diritti civili e politici. Integrando tale concezione alla luce di quanto la sociologia ha ben posto in luce, è utile dare rilievo anche dalle dimensioni dell’appartenenza e della capacità d'azione soggetto (persona o gruppo) nel contesto di una determinata comunità. In altri termini, qualificare la ricerca educativa è una prospettiva di lavoro permanente, necessita di imparare a imparare continuamente come singoli professionisti e come gruppo che – pur nella sua varietà – si aggrega attorno all’interesse per la pedagogia. La posta è alta: il diritto di cittadinanza dell’educazione nella sua accezione integrale, intrinsecamente connessa con la dignità della persona.

In tal senso è del tutto condivisibile l’appello

14 R. Viganò, Challenge strategici ed epistemologici

per la ricerca in educazione, cit., pp. 96-98; Id., Ricerca educativa fra pratiche e politiche istituzionali,

cit., pp. 75-77.

rivolto da R. Sani, alla comunità accademica di area pedagogica nell’intervento introduttivo alla sessione del seminario cui è riferito il presente contributo, ossia recuperare l’esercizio di una seria e organica progettualità culturale e scientifica di settore. L’insieme dei fattori di contesto interni ed esterni, materiali e culturali, individuali e collettivi non aiuta a procedere in tale direzione e induce anzi a far prevalere atteggiamenti improntati a tattiche e azioni di impatto immediato ma scarsamente improntate a visioni e strategie di più ampio respiro. Ciò motiva la scelta, in queste ultime considerazioni, di sottolineare che è l’habitus professionale di chi svolge ricerca educativa l’oggetto prioritario a cui la nostra comunità scientifica ha la responsabilità di destinare attenzione sostanziale; la complessità e l’ampiezza delle problematiche menzionate coinvolgono ampiamente tale dimensione e non possono essere affrontate ponendo in atto questo o quell’approccio metodologico o ricorrendo a una determinata strategia, per quanto valida.

Renata Viganò Università Cattolica, Milano Ulteriori riferimenti bibliografici

C.H. Weiss, The Role of Education Research: Commentary. Can We Influence Education Reform Through Research?, in S. Fuhrman – D.K. Cohen - F. Mosher (eds.), The State of Education Policy Research, Erlbaum, Mahwah 2007, pp. 281-287.

DISCUSSANT DI SINTESI

Per una ricerca

educativa progettuale,

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