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La pedagogia tra “ibridazione feconda” con le altre scienze e applicazione alle

situazioni specifiche

La pedagogia si è sempre posta come un sapere complesso, “ipercomplesso”, caratterizzato da una “famiglia di processi” e ha sempre avuto la notevole difficoltà di fondarsi epistemologicamente, soprattutto per la sua caratteristica di essere un sapere difficilmente definibile entro specifici contesti disciplinari e, nello stesso tempo, estremamente diffuso nella vita umana in tutte le sue manifestazioni. La posizione di due grandi, forse i maggiori filosofi italiani che si sono occupati del problema epistemologico, o più semplicemente “scientifico” della pedagogia, Giovanni Gentile e Antonio Banfi, pur non essendo abbastanza noti in un contesto globale per la difficoltosa traduzione in lingua inglese dei loro testi, rappresenta un esempio significativo delle questioni epistemologiche della pedagogia. L’approccio gentiliano e banfiano per comprendere il significato della pedagogia si presenta simmetricamente antitetico. Mentre Gentile, infatti, nella teorizzazione sul concetto scientifico della pedagogia la considera un sapere oscillante tra i mezzi e i fini, un “albero selvaggio”, res omnium res nullius, che necessariamente si deve risolvere nella filosofia, Antonio Banfi considera la pedagogia caratterizzata dal “trascendentalismo dell’educazione”, concetto a mio avviso non sempre definito e chiarito dal filosofo, ma che determina l’inevitabile curvatura che la pedagogia assume nei confronti di altri saperi disciplinari2.

2 Cfr., in particolare, il testo di G. Gentile, Il concetto

scientifico della pedagogia (1901), in Id., Educazione e scuola laica, H. A. Cavallera (ed.), Le Lettere, Firenze

1988 e sul discorso complessivo sulla pedagogia cfr. H. A. Cavallera, Riflessione e azione formativa:

l’attualismo di Giovanni Gentile, Fondazione Ugo

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In effetti, mentre per Gentile il vero nodo da

risolvere è proprio l’indeterminatezza del sapere pedagogico che rischia di essere in tutte le realtà scientifiche e pratiche e che, quindi, deve necessariamente “risolversi” nella filosofia, per Banfi è proprio questa la ricchezza la specificità dell’educazione e della pedagogia e, cioè, l’essere in contesti scientifici, culturali e pratici diversi. In questo senso quello che è stato considerato il limite della pedagogia diventerebbe il suo fondamento determinante. La pedagogia potrebbe, nella prospettiva banfiana e, successivamente, in quella del razionalismo critico dare un senso e una prospettiva pedagogica alle varie dimensioni scientifiche e pratiche della realtà3.

Un altro aspetto fondamentale per comprendere le possibili tendenze della ricerca pedagogica contemporanea è la inevitabile pluralità del sapere pedagogico. Questo aspetto è stato evidenziato con grande chiarezza dal testo di John Dewey The Sources of a Science of Education del 1929, la cui particolarità ho cercato più volte di definire proprio perché l’ho sempre considerato un testo illuminante per comprendere alcune tendenze dell’approccio scientifico e sperimentale nei confronti del sapere pedagogico4. In particolare, questa dimensione scientifica della pedagogia è stata compresa particolarmente nelle interpretazioni italiane di Francesco De Bartolomeis e Aldo Visalberghi. Secondo De Bartolomeis la scienza dell’educazione è garantita da questa collaborazione disciplinare. Infatti, egli definisce la scientificità della pedagogia una “attitudine scientifica” che, inevitabilmente. “dissolve l’accusa di empirismo e di

ipotesi di una biografia filosofica, in F. Cambi - E.

Giambalvo (eds.), Rileggere Gentile tra “filosofia

dell’esperienza” e “pedagogia critica”, Edizioni della

Fondazione Vito Fazio Allmayer, Firenze 2009. Per Antonio Banfi cfr. A. Banfi, Pedagogia e filosofia

dell’educazione, in Id., Opere, vol. VI, Istituto Antonio

Banfi, Reggio Emilia 1986. Sul rapporto filosofia- pedagogia in Banfi, cfr. G. M. Bertin, L’idea

pedagogica e il principio di ragione in Antonio Banfi,

Armando, Roma 1961.

3 Cfr. M. Baldacci, Il problematicismo, Milella, Lecce

2011; M. Contini – M. Fabbri (eds.), Il futuro

ricordato. Impegno etico e progettualità educativa,

ETS, Pisa 2014.

4 Cfr. Larry Hickman – G. Spadafora, John Dewey’s

Educational Philosophy in International Perspective,

SIUP, Carbondale and Edwardsville 2009.

eclettismo”. 5 Il tentativo di costruire la scientificità della pedagogia è correlata, in questa interpretazione, al rinnovamento della didattica nella scuola. L’aspetto che determina le connessioni tra la ricerca della pedagogia sperimentale e il “paradigma delle scienze dell’educazione” è la specifica connessione tra il mondo della sperimentazione e quello della scuola e degli insegnanti.

Nel testo Pedagogia e scienze dell’educazione del 1978 di Aldo Visalberghi, con la collaborazione di Roberto Maragliano e Benedetto Vertecchi, queste intuizioni si allargano in una prospettiva che si applica, in particolare, nell’ambito scolastico. La scientificità della pedagogia rappresenta l’insieme delle scienze che concorrono in modo “circolare e transazionale” alla formazione del soggetto. In questa prospettiva, egli individua nella “enciclopedia pedagogica” quattro settori – il settore psicologico, quello sociologico, quello metodologico-didattico e quello dei contenuti – ricollegando e distinguendo questa classificazione da quella operata da Maurice Debesse e Gaston Mialaret nel Trattato di scienze pedagogiche.

Nell’ambito di questa interpretazione egli si richiama ad alcuni processi scientifici che hanno un significato determinante proprio nella loro applicazione alla formazione degli insegnanti6. L’autore approfondisce la categoria della complessità e della multiformità degli aspetti e dei processi scientifici dell’educazione sottoposti al vaglio critico delle distinzioni tra i concetti di interdisciplinarità, multidisciplinarità e transdisciplinarità, e ricondotti all’atteggiamento “biologico evolutivo” che è

5 Cfr. F. De Bartolomeis, La pedagogia come scienza,

La Nuova Italia, Firenze 1953.

6 Cfr. A. Visalberghi, con la collaborazione di R.

Maragliano e B. Vertecchi, Pedagogia e scienze

dell’educazione, cit., e M. Debesse - G. Mialaret, Trattato delle scienze pedagogiche, Armando, Roma,

1971. In effetti, in tutti e due i testi ci troviamo di fronte al tentativo di costruire la pedagogia dinanzi alle scienze dell’educazione. In realtà si tratta di un tentativo non chiaro, in quanto nella definizione visalberghiana il paradigma delle scienze dell’educazione si sviluppa attraverso l’applicazione sperimentale della pedagogia ai processi di insegnamento-apprendimento. Nell’impostazione francofona, con un chiaro riferimento a Piaget, anziché Dewey, ci si trova dinanzi ad una definizione di scienza pedagogica forse troppo onnicomprensiva e poco chiara nella distinzione con le altre scienze.

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espressione dell’attività del soggetto in

formazione. Lo sforzo complessivo è quello di legittimare, attraverso il concetto di scienze dell’educazione, una concezione della pedagogia aperta ai “problemi dello sperimentalismo educativo” che si leghi alle trasformazioni che la ricerca pedagogica deve promuovere nel sociale.

Probabilmente, in base a questi presupposti culturali sommariamente rappresentati in questa sede, la caratteristica fondamentale della pedagogia è l’ibridazione feconda, termine già utilizzato da Piaget anche se in modo non approfondito, con ogni sapere scientifico7. La pedagogia può avere una base fondata da un’altra scienza o disciplina. Ma, dal momento che ogni scienza e disciplina è in tensione verso le sue dimensioni educative rivolte ai soggetti da educare, è inevitabile che tra la pedagogia e le altre scienze e, in senso ancora più ampio con gli altri saperi e reti disciplinari, si sviluppino rapporti di “ibridazione feconda”, in quanto i saperi inevitabilmente generano questioni educative che si adattano ai bisogni di apprendimento e di formazione di ogni singolo individuo.

In altri termini, uno studioso di teatro, di cinema, di letteratura, un giurista, un fisico, si può orientare su tematiche educative fino a raggiungere un equilibrio transazionale e una specifica “ibridazione feconda” con le dimensioni della pedagogia di riferimento in uno specifico campo di indagine. Una possibile tendenza di ricerca potrebbe, quindi, essere proprio quella di accettare che la pedagogia deve prendere atto che ibridarsi con altre discipline potrebbe essere una chiave di lettura fondamentale per comprendere la propria identità da sviluppare secondo percorsi epistemologici ancora da definire e chiarire. Questa problematica epistemologica è ancora più significativa per quanto concerne la cosiddetta didattica disciplinare. Il modo in cui ogni disciplina può essere “trattata” didatticamente è la dimostrazione della complessità del senso dell’ibridazione feconda

7 È da rilevare come nella struttura dell’Épistémologie

Genetique piagetiana manchi una trattazione specifica

della pedagogia, che è considerata dal grande psicologo svizzero come una disciplina sperimentale ancora giovane che non ha potuto svilupparsi adeguatamente. Cfr. J. Piaget, Psicologia e pedagogia, Loescher, Torino 1970.

tra ogni questione pedagogico-didattica e qualsiasi ambito o rete disciplinare con cui essa interagisce. È difficile ammettere, a mio avviso, una pedagogia “fenomenologicamente pura” e distanziata dagli altri contesti disciplinari, come è difficile pensare a una scienza dell’educazione che costruisca un paradigma specifico di previsione e controllo dei fenomeni educativi. In questo senso, pur seguendo con attenzione e interesse la recente impostazione innovativa dell’Evidence Based Education, ritengo che la tematica dell’ibridazione feconda del sapere pedagogico con altri saperi e con approcci scientifici e digitali di controllo svariati possa essere una prospettiva di lavoro da perseguire nei prossimi anni8.

Questa riflessione sullo statuto epistemologico della pedagogia non può che rapportarsi con le tendenze di ricerca consolidate per offrire alcuni spunti di riflessione su ulteriori percorsi di riflessione.

Tendenze consolidate e nuovi percorsi di

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