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Scuola e Società democratica Una visione diacronica

Considerando la Scuola come l’istituzione che un governo si dà per la formazione dei suoi

1 G.H. Mead, Mente, sé e società, Giunti, Firenze 2010,

p. 399.

cittadini, è chiaro come essa rivesta un ruolo sociale cruciale in ogni cultura. Per un verso emerge, dunque, lo stretto nesso scuola/politica, per l’altro, viene da chiedersi quale sia la competenza sociale che è necessario sviluppare in una società di tipo democratico.

Per quanto attiene il nesso con la politica, decenni di accesi dibattiti pedagogici hanno messo in evidenza come ideologia, scienza ed utopia costituiscano e tre vettori del discorso pedagogico2, nonché quale sia l’impatto sociale dei sistemi educativi sul progresso umano. Il termine politica in questo caso non assume un significato ideologico, ma «quel che si vuol dire è solo che la dimensione politica così acquisita gioca in ogni azione educativa correttamente teorizzata, in diversi modi: come obiettivo ultimo, come valutazione di fattori prossimi e remoti della situazione educativa considerata, come scelta di strumenti di intervento»3.

Raffaele Laporta, nel sottolineare la non neutralità della scienza, la quale nasconde spesso, occultandole, le strumentalizzazioni di un’élite politica, invita a svelarne i presupposti ideologici in favore di una pedagogia scientifica che parli in prima persona, dichiarando apertamente le finalità ultime dei suoi discorsi 4. Parlare in prima persona vuol dire, infatti, essere consapevoli che, in ogni costruzione di discorso - anche del discorso pedagogico, ma non di quest’ultimo più che degli altri - un ruolo determinante è giocato dall’intenzionalità, un’intenzionalità che va esplicitata sempre, in qualsiasi contesto all’interno del quale il nostro “punto di vista”, la nostra “presa di posizione”, le nostre “scelte” sono espresse.

Una “pedagogia” che parla in prima persona è, dunque, una “pedagogia” che si assume la responsabilità etica delle proprie scelte e delle istanze loro sottese, e, nel contempo, pur aspirando all’approvazione ed alla condivisione, ne riconosce la parzialità; è una pedagogia che

2 Cfr. F. Cambi, Il congegno del discorso pedagogico.

Metateoria ermeneutica e modernità, Clueb, Bologna

1986.

3 R. Laporta, La difficile scommessa, La Nuova Italia,

Firenze 1971, p. 308.

4 Ibi, p. 334; cfr. M.R. Strollo, Verso una pedagogia

che parli in prima persona, «Pedagogia Oggi»,

Tecnodid, Napoli (2005), pp. 66-70; G. Semeraro,

Sull’inseparabilità e reciprocità dialettica di politica e educazione, in M.R. Strollo, Promuovere la “democrazia cognitiva”. Scritti in memoria di Bruno Schettini, Luciano Editore, Napoli 2014, pp. 87-96.

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rispetta la pluralità dei punti di vista,

riconoscendone l’esistenza, e anzi favorendola, pur quando non condivide le altrui proposte. Se partiamo dal presupposto che ogni azione umana, indipendentemente dalla sua natura, in quanto esito di intenzionalità, implica una scelta, il problema non è tanto quello di esercitare il proprio diritto alla scelta individuale, quanto quello di non giustificarla trasformandola in «struttura antecedente e finale»5, bensì di esplicitarne le ragioni, di assumersene la responsabilità in prima persona:

La connessione tra morale, diritto e politica, di cui si è parlato, si concretizza in una educazione alla cittadinanza integrata e multidimensionale. Tale globalità non è un'eccezione, ma rappresenta esemplarmente l'impossibilità di separare, in tutta l'educazione, le componenti morali, cognitive, emozionali. Nell'educazione alla cittadinanza, in particolare, pena la sua inefficacia, si deve realizzare una circolarità tra capacità autoriflessiva, autonomia e capacità di fare scelte, senso di responsabilità e azione. Esperienza personale, aspetti morali e dimensione intellettuale sono indivisibili. Tra esperienza e riflessione critica finalizzata alla coscienza morale si crea una dialettica in cui viene integrata la dimensione della decisione e dell'impegno.

Una riformulazione della nuova educazione alla cittadinanza può dunque articolarsi intorno ai seguenti obiettivi:

• esigenza di autonomia intellettuale e decentramento

• capacità di giudizio critico • saggezza pratica in situazione • identificazione, empatia e

partecipazione

• capacità di prendere decisioni6.

Ma quali strumenti è necessario mettere in campo in una scuola che voglia promuovere una società democratica? Occorre in primis soffermarsi sulla categoria della differenza la cui valorizzazione sembra esserne il volano:

spesso si presume che la democrazia sia un ordinamento della società in cui quelle personalità che sono nettamente differenziate

5 J. Dewey, Esperienza e natura, Mursia, Milano 1990,

p. 40.

6 M. Santerini, Educare alla cittadinanza, Carrocci,

Roma 2001, pp. 174-175.

saranno eliminate, che ogni cosa sarà tenuta incatenata ad una situazione in cui ognuno sarà, per quanto possibile, su un piano di perfetta uguaglianza con tutti gli altri. Ma naturalmente questo non è ciò che la democrazia implica: la democrazia implica piuttosto che l'individuo possa svilupparsi secondo le sue possibilità naturali, e possa nondimeno entrare negli atteggiamenti degli altri su cui agisce7.

La lettura della pedagogia in chiave epistemologicamente democratica ha consentito, in questi ultimi decenni, a partire anche da studi sviluppatisi in ambito filosofico e neuroscientifico, di porre l’accento su alcune istanze, tra le quali la più urgente ed attuale è quella relativa alla realizzazione nell’ambito della riflessione teorica sul processo formativo, di un passaggio definitivo da una concezione della formazione intesa in termini di strategia sociale, finalizzata al raggiungimento di un equilibrio “stabilmente ottimizzato” dell’individuo con la società, ad una concezione che la intende, piuttosto, in termini di strategia relazionale, (e non di ammortizzatore sociale), indispensabile per prendere parte al processo evolutivo permanente e perturbante dell’ambiente8.

In una società in continua evoluzione non possiamo più intendere la scuola come luogo di trasmissione così come avveniva nelle società statiche bensì come il luogo di incontro per l'analisi e la reale rielaborazione della cultura, cosicché si realizzi una formazione critica degli allievi, si formino cioè persone che siano aperte al cambiamento ed in grado di adattarsi a nuove situazioni che oggi risultano sempre più imprevedibili in contesti in continuo e rapido mutamento e sviluppo.

Sulla medesima capacità critica si soffermava già nel 1975 Ottaway sostenendo che in una società democratica la scuola dovrebbe essere permeata da uno spirito critico inteso in senso costruttivo, ovvero capace di generare maturazione finalizzata al cambiamento: «noi dobbiamo offrire ai fanciulli la versione di una società migliore, dobbiamo mostrar loro la

7 G.H. Mead, Mente, sé e società, cit., p. 404.

8 M.R. Strollo, Il contributo della Bio-Pedagogia

all’indagine sull’intenzionalità in chiave educativa, in

P. Orefice – V. Saracino (eds.), Cinquant’anni di

pedagogia a Napoli. Studi in onore di Elisa Frauenfelder, Liguori, Napoli 2006.

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nostra fiducia, la nostra fede nell’avvenire,

dobbiamo incoraggiare la loro facoltà di scelta e il rispetto della loro libertà: possiamo fare tutto questo ma finché essi non siano cresciuti, la responsabilità del cambiamento sociale grava su di noi»9.

Si tratta in altri termini di quella che Suchodolski definiva l'”educazione per il futuro”, una concezione pedagogica derivante dal presupposto che, per un verso, sia necessario prevedere in linea di massima la tendenza evolutiva della civiltà, per l'altro, possiamo e dobbiamo preparare le nuove generazioni ad una partecipazione attiva e responsabile alla trasformazione storica attraverso l'acquisizione di un dominio sempre maggiore sulle condizioni naturali e sociali della propria esistenza: «si tratta dunque di mantenere il passo con la storia, e ciò comporta sia una migliore preparazione degli uomini ai compiti oggettivi che saranno chiamati a svolgere, sia un'attenta considerazione dell'evoluzione e della felicità personale degli uomini»10.

Oggi appare sempre più evidente la difficoltà delle società contemporanee ad alimentare in chiave democratica nella popolazione la libertà di pensiero, considerata una vera e propria strategia di maturazione, attraverso una istituzione scolastica che utilizzi il patrimonio dei saperi disciplinari elaborati dalla società e dalla cultura.

Competenze sociali e formazione degli

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