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L’importanza delle ontologie – collegate al Semantic Web nel trattamento dei metadati informativi e all’approccio “sociale” del Web 2.0 – è stata ormai riconosciuta in differenti campi di ricerca. Tuttavia, la costruzione di ontologie nelle scienze umane e sociali si è rivelata un processo più complesso: la rappresentazione della conoscenza non può avvenire infatti attraverso processi lineari e assiomatici che sono propri della logica formale, ma attraverso relazioni tra concetti, impegnate a descrivere anche le referenze empiriche.

The importance of ontologies - linked to the Semantic Web in the treatment of information metadata and the "social" approach of Web 2.0 - has now been recognized in different fields of research. However, the construction of ontologies in human and social sciences has proved to be a more complex process: representation of knowledge can not be achieved through linear and axiomatic processes that are proper to formal logic, but through relationships between concepts, which are also committed to describing the Empirical references

L’importanza delle ontologie – collegate al Semantic Web nel trattamento dei metadati informativi e all’approccio “sociale” del Web 2.0 – è stata ormai riconosciuta in differenti campi di ricerca disciplinari. Esistono centinaia di ontologie nei domini più disparati che vanno dalla linguistica alla biologia e anche in ambiti particolari come l’e-learning1 e i contesti educativi in genere2.

La costruzione di ontologie nelle scienze umane e sociali si è rivelata però un processo più complesso di quello esistente nelle scienze della natura. La rappresentazione della conoscenza – attraverso ontologie su concetti complessi come educazione, istruzione, formazione riferiti ai domini delle scienze pedagogiche3 – non può

1 Cfr. A. Stutt - E. Motta, Semantic Learning Web,

«Journal of Interactive Media in Education»,10 (2004) (special Issue on the Educational Semantic Web); A. Naeve Advanced of Semantic Web for e-Learning:

Expanding Learning Frontiers, «British Journal of

Educational Technology», 37, 3, 321-330 (2006). 2

Cfr. L. Aroyo, D. Dicheva, The new challenges for e-

learning: The educational semantic web, «Educational

Technology and Society», 7, (4), 59-69 (2004); L. Galliani, C. Petrucco, A. Nadin, EduOnto. Actors,

processes, technologies: an ontology on education,

Proceedings 21st ICDE Word Conference on Open Learning and Distance Education, Hong Kong 18-21 February 2004; L. Galliani, C. Petrucco, A. Nadin, Da

EduOnto a EduOntoWiki: l’evoluzione di una ontologia verso un ambiente relazionale nelle scienze dell’educazione, Atti del Convegno “Expo e-

Learning”, Carid-Università di Ferrara, 2005.

3

Il tema della rappresentazione ontologica delle

scienze dell’educazione è stato posto per la prima volta in Italia all’interno del Prin 2003- 05 (“E-Learning nella formazione universitaria. Modelli didattici e criteriologia pedagogica”: coordinatore nazionale N.

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avvenire infatti attraverso processi lineari e

assiomatici propri della logica formale, ma attraverso relazioni stipulative tra concetti, impegnate a descrivere anche le referenze empiriche (es: eventi educativi e loro qualità nello spazio e nel tempo).

Se per “ontologia” si intende non solo una «esplicitazione formale di una concettualizzazione condivisa», ma una «organizzatore culturale del discorso scientifico»4 mediato da una comunità, allora le ontologie riguardanti i diversi domini disciplinari della pedagogia, a partire dalla specifica e complessa riflessione in ambito filosofico 5 e seguendo l’impostazione di Husserl6, non possono che essere ontologie Paparella) dal Gruppo locale di Padova, che ricercando su “Piattaforme tecnologiche, moduli di apprendimento e rappresentazione-ricerca della conoscenza”, aveva costruito una rete semantica relativa ai concetti fondanti della “Valutazione educativa”. Questa parte del progetto, denominato “EduOnto” aveva come fine immediato la costruzione di una “ontologia educativa” per il Semantic Web, che organizzasse un dominio scientifico della Didattica e vi collegasse attraverso software intelligenti l’organizzazione e il reperimento di risorse educative (Learning Object Repository). Nel successivo progetto di ricerca PRIN 2006-08 (coordinatore nazionale L. Galliani) dal titolo “Ontologie, learning object e comunità di pratiche: nuovi paradigmi educativi per l’e-learning”, l’ontologia - oltre la descrizione perfezionata dell’“oggetto della rappresentazione” attraverso mappe concettuali e interpretazione condivisa delle relazioni riguardanti attori, processi e tecnologie - doveva rinviare agli “interpreti empirici” (insegnanti, educatori, formatori) e ai loro contesti di discussione e di negoziazione, attraverso l’interfaccia Wiki e la sua filosofia collaborativa, propria delle comunità di pratica. In questa prospettiva di ricerca si costruirono ontologie sulle tre componenti della Didattica, i cui risultati sono ampiamente descritti nei volumi Il progetto educativo (Armando, 2010), Ontologia della comunicazione

educativa (Vita e Pensiero, 2010), Web Ontology della Valutazione Educativa (Pensa Multimedia, 2009),

curati rispettivamente da Nicola Paparella, Pier Cesare Rivoltella, Luciano Galliani.

4 Cfr. N. Paparella (ed.), Ontologia, simulazione,

competenze, Amaltea Edizioni, Lecce 2007.

5 Cfr. M. Ferraris (ed.), Ontologia, Guida, Napoli 2003. 6 “L’ontologia formale si rivolge allo studio delle

strutture ultime in cui la realtà è necessariamente organizzata, vale a dire alla caratterizzazione del semplice qualcosa o del qualcosa in generale” mentre “

L’ontologia materiale o meglio le ontologie materiali,

studiano invece la struttura di specifici settori o aspetti della realtà: quello di competenza della fisica, quello di competenza della biologia e così via” : E. Husserl

“materiali” o “regionali”, nelle quali la descrizione di un dominio di conoscenza, è frutto «non solo della discussione all’interno di una comunità accademica, ma anche dei discorsi-azioni delle comunità di pratica di riferimento»7.

La nostra ipotesi era che, non essendo possibile nelle scienze dell’educazione costruire ontologie secondo un modello technology driven formale/statico proprio delle “heavy- weight ontologies”, occorresse elaborare e sperimentare un modello community driven informale/dinamico di “light-weight ontology”, integrato entro ambienti aperti di apprendimento e comunicazione propri del semantic web 8 . In questa direzione incontravamo anche la prospettiva di ricerca più promettente sulla “legittimazione” della conoscenza situata e periferica 9 delle « constellations of communities of practice»10, che le rendono permeabili l’una all’altra, in modo da condividere reciprocamente la (1901) Ricerche logiche, tr.it. 2 vol., Il Saggiatore, Milano 1968.

7 Fu questo l’incipit del PRIN ” Ontologie pedagogiche

e documentazione scientifica” (2009-2013) coordinato da U. Margiotta. Il Prin comprendeva differenti gruppi di ricerca con ambiti disciplinari specifici: Cattolica Milano (coord. L. D’Alonzo) sulla Special Education; Enna (coord. M. Lipoma) sull’Educazione motoria; Lecce (coord. L. Binanti) sulla Capacitazione; Bolzano (coord. P. Ellerani) sull’Intercultura; Salerno-Padova (coord. A. Notti e L.Galliani) sulla Valutazione

educativa; Venezia (coord. U. Margiotta sulla Formazione) e quello di Padova (coord. L. Galliani) su Videoricerca e documentazione narrativa nella ricerca pedagogica. Il risultato del lavoro, che ha coinvolto

non meno di 70 ricercatori provenienti anche da altri Atenei oltre quelli elencati, si trova nella collana di 8 volumi, dedicata alle Ontologie Pedagogiche (Pensa Multimedia Editore, Lecce), con la descrizione argomentata delle sei mappe concettuali di altrettanti domini scientifici, corredate da specifici Lemmari

normativi e descrittivi con relative bibliografie,

collocati in un sito Internet (http://www.ontologie- pensamultimedia.it/), assieme al repository

documentativo di tutti i materiali video della ricerca.

8 P. Mika, Ontologies are us: A unified model of social

networks and semantics. Proceedings of the Fourth

International Semantic Web Conference, Galway, Ireland, 122-135 (2005).

9 Cfr. J. Lave – E. Wenger, Situated learning:

Legitimate peripheral participation, Cambridge University Press, New York 1991.

10 Cfr. E. Wenger, Communities of practice: Learning,

meaning, and identity, Cambridge University Press,

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conoscenza pedagogica, contestualizzandola ed

arricchendola di nuovi significati. Era una strada, che poteva contare anche sulla rivoluzione appena avviata dai Social

Network/Software nel mondo

dell’informazione11, verso un problematico ma fecondo connubio tra Ontologie e Folksonomie12, con il loro metodo di tagging per produrre e classificare concetti13.

L’esplicitazione formale dei domini scientifico- disciplinari della pedagogia doveva però superare i livelli già praticati dei glossari e del thesauri per costruire ontologie come strumenti relazionali e tassonomici di classificazione gerarchica dei concetti fondanti, utilizzando a questo fine le mappe concettuali di natura reticolare14, con una organizzazione non solo definitoria da Albero di Porfirio, ma anche in grado di sviluppare la multireferenzialità della ricerca pedagogica attraverso cinque dimensioni di indagine:

– epistemologica nei confronti delle teorie pedagogiche e dei conseguenti paradigmi interpretativi dell’educazione, dell’istruzione e della formazione;

– ontologica in senso stretto o referenziale nei confronti della pluralità degli oggetti/soggetti della ricerca, nelle loro manifestazioni esterne e interne;

– metodologica nei confronti delle due articolazioni dialettiche, quantitativo-statistica e qualitativo-ermeneutica, fino al loro mix integrativo e ai relativi strumenti e tecniche applicate;

– fenomenologica nei confronti dei luoghi reali e virtuali e dei contesti formali, non formali e informali in cui avvengono processi educativi e si realizzano apprendimenti;

11 O. Signore, Un approccio “sociale” e ontologico

alla catalogazione, «Ricerca Scientifica e Tecnologie

dell'Informazione» , Vol 1, Issue 2, (2011), pp. 87-128.

12 Cfr. C. Van Damme – M. Hepp – K. Siorpaes,

FolksOntology: An integrated approach for turning folksonomies into ontologies, Proceedings of the

ESWC, Innsbruck 2007.

13 Cfr. T. Gruber, Ontology of Folksonomy: A Mash-up

of Apples and Oranges. «AIS SIGSEMIS Bulletin» 2

(2005); C. Petrucco, Dall’Ontologia alla Folksonomia, in L. Galliani (ed.), Web Ontology della Valutazione

Educativa. Dalle comunità accademiche alle comunità di pratica, Pensa Multimedia, Lecce 2009.

14 Cfr. J.D. Novak, L’apprendimento significativo. Le

mappe concettuali per creare e usare conoscenza

(1998), tr. it. Erickson, Trento 2001.

– assiologica nei confronti non solo dei fini e degli orientamenti di valore, ma in ordine alla stessa generazione di valore, che ogni atto educativo o formativo attiva.

La mappa gerarchica di classificazione, originata dalle cinque dimensioni o hub di rete15, ha permesso di individuare per ognuna di esse i concetti chiave di ordine superiore, più comprensivi e più generali (detti types da Quillian16) da cui far derivare gerarchicamente altri concetti di ordine inferiore, più specifici e meno generali (detti tokens), che potevano articolarsi a loro volta in ulteriori categorizzazioni, per un massimo di sei ramificazioni, esaustive secondo la regola di Barabasi. Accanto al lavoro della “mappatura” si è sviluppato quello analitico della generazione di evidenze: per ogni concetto individuato nelle ramificazioni dell’albero sono state così proposte, in ogni ontologia, brevi definizioni corredate da “istanze” di carattere “normativo” e “descrittivo”, che hanno consentito di approfondire i concetti formulati. Le “istanze normative” sviluppate principalmente dalla comunità scientifica (citazioni di fonti autorevoli, note con osservazioni problematiche o estensive, bibliografia essenziale italiana e straniera) hanno così modo di verificarsi e falsificarsi incrociandosi con le “istanze descrittive” (evidenze empiriche di eventi, oggetti, realizzazioni concrete ed esperienze educative contestualizzate) denotanti/connotanti il contributo trasformativo proprio delle comunità di pratica17.

In questa prospettiva inevitabilmente l’Albero di Porfirio della “mappa concettuale” si trasforma nell’ “Albero della Scienza” di Lullo, che non intende classificare la realtà delle

15 Cfr. A.L. Barabasi, Link. La scienza delle reti,

Einaudi, Torino 2004.

16 Cfr. M.R. Quillian, Minsky M., Semantic Memory,

(Eds.) (1968), tr.it. Un modello di memoria semantica, VS, 1, 1971.

17 I ricercatori hanno sviluppato e sperimentato un

ambiente chiamato "EduOnto/Wiki" (Galliani, Petrucco, Nadin 2005), che non si limitasse a offrire solo gli strumenti per approfondire concetti e relazioni, ma che intrinsecamente favorisse l'adozione di un metodo collaborativo e costruttivo per lo scambio e l'interazione con i componenti di comunità di pratiche lavorative. In questo senso le funzioni principali di EduOnto/Wiki supportano anche alcune funzionalità del Web 2.0 e dei Social Network.

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pratiche educative, bensì il sapere pedagogico

intorno a questa realtà. In tal senso è un “albero enciclopedico”, la cui forma – secondo il D’Alembert del Discorso preliminare all’Encyclopédie – “dipenderà dal punto di vista da cui ci porremmo per guardare l’universo della cultura”, che ha bisogno di un “mappamondo”, essendo “una specie di labirinto, di cammino tortuoso che lo spirito affronta senza troppo conoscere la strada da seguire”.

Il passaggio “dall’albero al labirinto” – per usare il titolo di un testo magistrale di Eco in riedizione aggiornata (2007) – è connaturato alla mappa ontologica, che assume la figura topologica della “rete polidimensionale”. E ciò attraverso un processo di connessioni, che opera attraverso le relazioni tra i nodi - non solo interni al singolo hub di rete, ma tra i cinque hub rompendo così la gerarchia - e un processo di correzione delle connessioni, che opera attraverso la “semiosi illimitata” peirciana, messa in atto dagli interpreti empirici (comunità di utilizzatori dell’ontologia). Una prospettiva quindi di «relatività ontologica» 18 che ha trovato fin dall’inizio del semantic web conferme applicative anche negli ambiti della ricerca educativa sulla progettazione didattica e sulla definizione delle competenze19.

La metafora, intesa come strumento di nuova conoscenza, che meglio fa intravedere la struttura labirintica della scienza è quella del rizoma20. Le nostre mappe ontologiche vogliono rappresentare, infatti, una rete multidimensionale di alberi, aperta in più direzioni, in grado ognuno di creare rizoma, descrivibile però localmente secondo una idea regolativa, propria di una ontologia educativa, che deve rendere maneggiabile la rete a fini pragmatici. Si vuol dire che le nostre ontologie pedagogiche si pongono come schemi linguistici di intelligibilità sull’asse paradigmatico dei domini scientifici della

18 Cfr. W.V. Quine, La relatività ontologica e altri

saggi (1969), tr. it. Armando, Roma 1986.

19 Knight - Gasevic - Richards An Ontology-Based

Framework for Bridging Learning Design and Learning Content, «Educational Technology &

Society», 9 (1), 23-37, (2006); cfr. G. Paquette, An

ontology and software framework for competency modeling and management, «Educational Technology

and Society», 10, (3), 1-21, (2007).

20 Cfr. G. Deleuze, F. Guattari, Rizoma, Pratiche,

Parma 1997.

pedagogia, un «plan des engagements symboliques» che deve passare, per inverarsi come campo scientifico condiviso, al «plan de l’adéquation empirique» 21 sull’asse sintagmatico dei diversi contesti educativi. E ciò attraverso le pratiche sociali proprie del trasformative learning22 dei professionisti23, con i relativi racconti linguistici/storytelling delle esperienze24. In questa prospettiva si è condotto, forse per la prima volta in Italia, uno studio empirico con supporto di videoregistrazione live degli incontri di confronto e discussione fra i sette Gruppi di ricercatori universitari25, nella loro qualità di «comunità di pratica professionale», impegnate a costruire ontologie. Le mappe concettuali delle discipline pedagogiche, da rappresentazione linguistica dei paradigmi scientifici che organizzano/giustificano la conoscenza, si potrebbero trasformare così in luogo della mediazione interpretativa e dell’«intelligenza

21 Cfr. M. Vial, Se former pour évaluer. Se donner une

problématique et élaborer des concepts, De Boeck,

Bruxelles 2001.

22 Cfr. D. A. Schon Il professionista riflessivo. Per una

epistemologia della pratica professionale (1983), tr. it.

di A. Barbanente, Dedalo, Bari 2011; cfr. J. Mezirow,

Transformative dimensions of adult learning, Jossey

Bass, San Francisco 1991; cfr. L. Fabbri, Comunità di

pratica e apprendimento riflessivo, Carocci, Roma

2007.

23 Alcuni ricercatori dei due PRIN citati hanno

condotto esperienze e ricerca empirica sull’ uso delle ontologie in diversi contesti formativi (corsi universitari, formazione iniziale e in servizio degli insegnanti, formazione continua di educatori), fra i quali: A. Nadin, U. Rizzo, L’uso dell’ontologia nelle

comunità di apprendimento e di pratica: un’esperienza formativa on line con gli insegnanti di scuola dell’infanzia e primaria, In: L. Galliani, A. Notti (eds.), Ontologie Pedagogiche. Valutazione Educativa, Pensa

Multimedia, Lecce 2014.

24 Nello stesso gruppo di ricerca di Padova si sono

sperimentate anche le prime pratiche (C. Petrucco - M. De Rossi, Narrare con il digital storytelling a scuola e

nelle organizzazioni, Carocci, Roma 2009) portate poi

a sistemazione scientifica: M. De Rossi - C. Petrucco (eds.) Le narrazioni digitali per l’educazione e la

formazione, Carocci, Roma 2013.

25 L. Galliani, La videoricerca nella costruzione delle

ontologie pedagogiche: documentazione delle posture epistemologiche, pragmatiche ed etiche dei ricerc/attori, L. Galliani - M. De Rossi (eds.), Videoricerca e documentazione narrativa nella ricerca pedagogica. Modelli e criteri, Pensa Multimedia,

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collettiva» 26 , dove la pragmatica delle

interazioni sociali evidenzia il primato della relazione comunicativa e della pluralità dei contesti educativi e degli attori pedagogici con i loro vissuti esperienziali ed emotivi.

Si spiega in questa prospettiva anche la vitalità dei numerosi Gruppi di Ricerca , originati dalla SIPED e dalle altre Società scientifiche su tematiche emergenti, (es: Pedagogia interculturale, Pedagogia dell’ambiente, Pedagogia clinica, Pedagogia della famiglia, Educazione degli adulti, Educazione mediale, Educazione e studi di genere, Formazione continua, Didattiche disciplinari, Tecnologie didattiche, etc.) spesso non istituzionalizzate attraverso insegnamenti universitari stabili e diffusi, e che potrebbero portare, sempre nella logica di Husserl, alla costruzione di vere e proprie «ontologie regionali», da condividere da tutte le comunità educative di ricercatori e di operatori

«Più in profondità muta lo stesso concetto di conoscenza, la quale qualificandosi come continuum riflessivo dell’esperienza (e di un’esperienza che non può che svilupparsi ormai entro contesti di comunicazione allargata e di cooperazione intellettuale) segnala che l’universalità della conoscenza non è più attingibile solo da parte del ricercatore, di contro alla dimensione particolaristica e opinabile dell’operatore. Ma anche quest’ultimo contribuisce alla critica e alla crescita delle basi di conoscenza educativa in quanto padrone - in alcuni casi privilegiato proprio dalla sua condizione rispetto al ricercatore – di procedure riflessive esperte nella soluzione dei problemi e nella presa di decisioni, così come nel monitoraggio e nella valutazione dell’effettiva efficacia dei processi e dei risultati educativi»27. È dunque all’incrocio didattico tra asse paradigmatico delle regole metodologiche, delle definizioni terminologiche e delle relazioni concettuali, che rendono intellegibile e riconoscibile il dominio pedagogico, ed asse sintagmatico dei conflitti pratici, derivati dalle diverse visioni delle realtà educative e formative esperienziali, che è possibile costruire

26 Cfr. P. Lévy, L’Intelligence collective. Pour une

anthropologie du cyberspace, Edition La Découverte,

Paris 1994.

27 Cfr. U. Margiotta, Qualità della ricerca e

documentazione scientifica. Le ontologie pedagogiche,

Pensa Multimedia, Lecce 2014.

un modello di pensiero dinamico. Vale a dire una ontologia in quanto testo prodotto come risultato di due controlli: paradigmatico delle comunità scientifiche e sintagmatico delle comunità di pratica. In questo senso l’ontologia supera la sua versione “debole”28 propria delle scienze umane e sociali, diventando, come direbbe Morin, “sistema d’idee” avente “valore di verità”.

Luciano Galliani Università di Padova

Ulteriori riferimenti bibliografici

U. Eco, Dall'albero al labirinto, Bompiani, Milano 2007.

L. Fabbri, Comunità di pratica e apprendimento riflessivo, Carocci, Roma 2007.

M. Ferraris (ed.), Ontologia, Guida, Napoli 2003. A. Naeve et alii, Advanced of Semantic Web for e- Learning: Expanding Learning Frontiers, «British Journal of Educational Technology», vol. 37, 3 (2006), pp. 321-330.

S. Schaffert, A. Gruber, R. Wenstethaler, A Semantic Wiki for Collaborative Knowledge Formation. “Semantics” Proceedings november 2005, Wien.

A. Stutt, E. Motta, Semantic Learning Web, «Journal of Interactive Media in Education», 10 (2004) (special Issue on the Educational Semantic Web).

28 Cfr. A.C. Varzi, Ontologia, Laterza, Roma-Bari

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Il potenziale

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