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riflessioni di sintesi Giuliana Sandrone

Il saggio riassume in tre punti i temi rintracciabili nei diversi interventi della sessione: l’attività di ricerca scientifica che si apre alla prospettiva

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internazionale; la domanda di ridefinizione delle specificità della ricerca educativa facendo emergere il rapporto dialettico tra tradizione e innovazione; l’interdisciplinarità come cifra distintiva della ricerca pedagogica, nella prospettiva di una vera propria contaminazione generativa con le altre scienze.

The essay summarizes the three themes that can be traced in the various sessions of the session: the scientific research activity that opens to the international perspective; The question of redefining the specificities of educational research by bringing out the dialectical relationship between tradition and innovation; Interdisciplinarity as a distinctive figure in pedagogical research, in the perspective of a real own generative contamination with other sciences.

I professori partecipanti alla sessione dedicata a La ricerca educativa tra tradizione e innovazione hanno tracciato ampie ed articolate riflessioni che, partendo dall’intervento introduttivo offerto dal prof. Sani, hanno inteso fare il punto sugli elementi che caratterizzano, oggi, la ricerca in campo educativo, evidenziando i profondi e rapidi mutamenti che essa ha registrato negli ultimi anni sotto la spinta delle trasformazioni che hanno interessato e tuttora interessano l’università italiana.

La riflessione introduttiva del prof. Sani ha posto come tema della discussione comune alcuni punti strategici per la ricerca educativa, sia in ordine alla problematicità contemporanea, sia in riferimento alla sua tradizione, che viene qui intesa come patrimonio culturale condiviso, capace di sorreggere ed alimentare la riflessione pedagogica rispetto alla complessità delle tematiche, note od emergenti, che caratterizzano il tempo e i luoghi che, richiamando Heidegger, abitiamo1.

L’intervento di ciascun professore ha fatto emergere riflessioni che, a partire dal proprio ambito di lavoro e dalla specificità della personale ricerca scientifica, hanno evidenziato, da un lato, la pluralità di temi e di oggetti di studio, dall’altro, la complessità che caratterizza l’argomentazione portata avanti dalla ricerca pedagogica italiana. Si tratta di una pluralità e

1 M. Corsi, Non di sola ragione. La storia di un

incontro, il pre-testo di un testo, in M. Muscarà – S.

Ulivieri, La ricerca pedagogica in Italia, Edizioni ETS. Pisa 2016, pp. 201-2008

di una complessità che, insieme, costituiscono una grande ricchezza da connettere e confrontare, a partire dal presupposto condiviso che intende la diversità come valore, come elemento propulsivo capace di coniugare tradizione e innovazione, di incrociare il meglio del nostro patrimonio culturale con la molteplicità del presente, adottando nuovi strumenti e metodologie, aprendosi all’interdisciplinarità.

Raccogliamo sinteticamente in tre punti i temi rintracciabili in ognuno dei diversi interventi, da cui è scaturita la ricca discussione che si è venuta a realizzare nel corso della sessione: 1 l’attività di ricerca scientifica che si sottrae alla mera logica dell’adempimento e della sottomissione a criteri di valutazione non del tutto condivisi, si apre alla dimensione dell’esercizio di progettualità proprio della ricerca educativa, anche in prospettiva internazionale;

2. dall’analisi dei cambiamenti avvenuti nei contesti di ricerca emerge una domanda di ridefinizione delle specificità della ricerca educativa, di ricomposizione degli ambiti di ricerca all’interno del settore scientifico disciplinare proprio della pedagogia; domanda attraverso cui far emergere, valorizzandolo, il rapporto dialettico tra tradizione e innovazione; 3. l’interdisciplinarità rappresenta oggi la cifra distintiva della ricerca scientifica e, dunque, anche di quella pedagogica, nella prospettiva di una vera propria contaminazione generativa con le altre scienze.

1. I cambiamenti e le scelte operate, in questi ultimi anni, dall’ANVUR e dal MIUR in merito alla valutazione della ricerca – ma la stessa affermazione può valere per la selezione, il reclutamento e la progressione di carriera dei ricercatori e dei professori universitari - stanno modificando profondamente sia le strategie e i comportamenti accademici, sia il nostro immaginario individuale e collettivo rispetto alla ricerca nel settore educativo. L’affermazione, avanzata in apertura della sessione2, ha catalizzato molta parte degli interventi successivi, che l’hanno ripetutamente

2 Cfr. In questo dossier, R. Sani, La ricerca educativa

tra tradizione e innovazione. Intervento introduttivo,

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ripresa ed argomentata; contestualizzata

l’esigenza che viene dalle politiche europee a modelli di evidence-based policy3, da più parti è stata ripresa e sottolineata la positività dell’aver posto, da parte del legislatore nazionale, criteri comuni per la valutazione della ricerca scientifica. Allo stesso tempo, però, si è manifestata corale ed unitaria la richiesta, da parte della comunità accademica presente, di opposizione ad atteggiamenti di mero opportunismo scientifico 4 , avvallato da comportamenti adattivi nei confronti dei dispositivi valutativi recentemente introdotti dall’Agenzia Nazionale. Si pensi, è una tra le molte sollecitazioni avanzate5, a quali problemi epistemologici si pongono nel momento in cui viene meno l’interesse, da parte della comunità scientifica, per alcuni prodotti tradizionali della ricerca pedagogica (si pensi, per esempio, ai dizionari, alla raccolte di fonti, …) semplicemente perché non conformi ai nuovi criteri stabiliti per la valutazione dei prodotti della ricerca stessa; è evidente come, con questo tipo di scelte, si venga a determinare una situazione in cui appare concettualmente spezzato il legame che colloca qualsiasi attività di ricerca nel solco circolare e ricorsivo di una tradizione epistemologicamente fondata, la sola in grado di governare la complessità delle problematiche educative attuali e di elaborare feconde chiavi di riflessione pedagogica. Se accade questo, ancora di più, viene bruscamente interdetta la consapevolezza di una prassi consolidata, secondo cui gli strumenti più solidamente efficaci per avviare ad una ricerca scientifica fertile, generativa di ulteriore sapere teorico e pratico, si costruiscono a partire dal basso, attraverso la discussione e il confronto condiviso tra i ricercatori, lavorando a pubblicazioni che raccolgono i risultati di autonomi gruppi di ricerca, concentrati su temi di interesse epistemologico comune. È completamente assente, in questa consolidata dimensione di ricerca, qualsiasi curvatura dovuta a scelte impositive di un sistema che intende centralisticamente governare il divenire di una scienza, nel nostro caso, la pedagogia, in

3 Cfr. In questo dossier, R. Viganò, Ricerca educativa e

cittadinanza dell’educazione, sessione I, pp. 46-49.

4 Cfr. In questo dossier, C. Ghizzoni, La ricerca

educativa. Indirizzi nazionali e internazionali, sessione I, pp. 21-23.

5 Ibidem.

tutti i suoi convenzionali ambiti; la necessità di dare risposte rapide e percorribili a questa contraddizione strutturale che si è venuta a creare nel mondo della ricerca è evidente e unanime nella comunità scientifica.

Un ulteriore aspetto è stato condiviso in questa prima parte della sessione dedicata a La ricerca educativa tra tradizione e innovazione: l’attenzione all’internazionalizzazione che, oggi, l’ANVUR promuove non può che essere condivisibile, ma l’esigenza di ri-connettere l’esperienza di studio condotta all’estero, così come lo scambio scientifico con colleghi stranieri, con i temi, le metodologie, gli strumenti di ricerca, la tradizione di riferimento, in una parola, con ciò che rappresenta l’essenza della ricerca stessa, è pressante, giacché solo un adattamento deliberato ed intelligente6 rispetto alla normativa, rispetto a quella dimensione quantitativa in cui sembra costretto, oggi, il tema dell’internalizzazione della ricerca, può assicurarci rispetto al mantenimento di una dimensione di senso indispensabile per la comparazione della ricerca e dei suoi risultati. 2. Se l’educazione è cambiata, allo stesso modo la riflessione scientifica che su, con e per essa si conduce si è modificata: questo il dato di realtà da cui hanno preso spunto molti degli interventi della sessione, interrogandosi anche sull’opportunità di una ridefinizione degli ambiti all’interno del settore scientifico disciplinare proprio della pedagogia. I contesti di ricerca sono molto cambiati (si pensi, per fare due esempi tra i molti possibili, alle ricerche nel campo della pedagogia del lavoro o della pedagogia interculturale) e accompagna questo cambiamento l’interrogativo sul ruolo, sulle forme, sui modelli, sugli strumenti che il ricercatore riveste ed utilizza al loro interno; non di meno, anche in un contesto di ricerca educativa “classico” come la scuola, si pongono, oggi, i medesimi interrogativi, osservando come il ruolo del ricercatore si vada definendo necessariamente diverso ed altro, rispetto a quello che rivestiva fino a qualche tempo fa. Impossibile, rimanendo ancora in questo contesto così tradizionalmente proprio della ricerca educativa, non riflettere sul diverso peso oggi attribuito al sapere professionale,

6 Cfr. In questo dossier, M. Sibilio, L’interdipendenza

epistemologica della pedagogia e della didattica,

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pratico e situato, che continuamente cerca

l’equilibrio tra gli scopi istituzionali dell’educazione e i problemi sempre singolari che emergono nel rapporto educativo; pertanto, dismessa qualsiasi prospettiva di ricerca tecnicistica ed applicativa, si procede nella direzione di una circolarità di indagine, in cui ricercatore e docente, pur nella specificità di ciascun ruolo, intrecciano i loro sguardi riflessivi sull’oggetto di ricerca, sull’agire professionale che lo caratterizza e sugli esiti che ne conseguono. Ed è proprio in questo senso che la ricerca educativa può recuperare il rapporto con la scuola7, laddove eventualmente incrinato in relazione ad una percezione di assenza della funzione sociale della ricerca stessa, laddove non sia stata ben argomentata e compresa la necessaria presenza delle due dimensioni indispensabili di questo rapporto, la realtà e la possibilità, il dato fenomenico e il dover essere educativo, la lettura attenta del reale e l’apertura razionale all’inesauribilità di ciò che ciascuno potrebbe essere. Oggi, nei nostri atenei, molto spesso la ricerca educativa che si realizza nell’istituzione scolastica si incrocia con uno spazio recentemente identificato dalle norme di valutazione nazionali, il cosiddetto terzo settore 8 :

certamente uno spazio interessante ed innovativo per la funzione sociale dell’università, ma qual è il suo rapporto con la ricerca educativa? Possono connettersi? E come? Sono interrogativi a cui la comunità scientifica ancora non ha trovato risposta, ma sui quali sarà necessario elaborare riflessioni e chiavi di lettura esplicite e condivise.

3. Infine, durante la sessione dedicata a La ricerca educativa tra tradizione e innovazione si è approfondito come tema centrale e caratterizzante del rapporto che unisce tradizione e innovazione quello dell’interdisciplinarità. Si è sottolineato come sempre più spesso la ricerca educativa sia chiamata a confrontarsi con un diffuso e sistematico pluralismo disciplinare che si concentra su temi educativi, un tempo oggetti quasi esclusivi della riflessione pedagogica, oggi temi ad essa quasi sfuggenti verso altri ambiti scientifici (si pensi, per esempio, al peso

7 Cfr. In questo dossier, L. Perla, La valutazione fra

scienza e mondo quotidiano dell’insegnante. Note epistemologiche

, sessione I, pp. 24-28.

8 Ibidem.

della ricerca neurologica nel campo dell’apprendimento umano); solo un’ibridazione feconda9, ma non confusiva tra

la pedagogia e queste altre scienze che si occupano dell’educazione può ricondurre la prima a quella dimensione progettuale in cui la collocarono i grandi maestri del passato. Ricomponendo la ricerca di senso della pedagogia in una dimensione politica, si apre ad un pensiero capace di ri-affermare il valore che l’educazione riveste per la singola personale, per il suo orientamento professionale ed esistenziale, per il recupero di possibili scelte sbagliate e di momenti di fragilità, per l’elaborazione di regole comunicative condivise e costruttive. In questa dimensione necessariamente interdisciplinare che caratterizza tutta la ricerca scientifica e non meno quella pedagogica, la separazione convenzionale tra i quattro settori della pedagogia continua ad avere senso solo se capace di connettersi circolarmente intorno ad una progettualità di ricerca certamente plurima, ma salda nella sua consapevolezza epistemologica, rigorosamente disponibile alla costruzione di significato all’interno della complessità interdisciplinare. Di questa nuova, indispensabile prospettiva interdisciplinare sono oggi espressione plastica e in divenire i Dottorati di ricerca, così come riformulati dalla recente normativa: necessariamente ripensati in ordine alla loro funzione e alla loro organizzazione, i percorsi dell’alta formazione accademica si muovono all’interno della connessione che una pluralità di saperi scientifici costruiscono intorno ad un oggetto di studio. Anche per i giovani studiosi di pedagogia, dunque, si può aprire una stagione di ricerca innovativa, caratterizzata da progettualità e interdisciplinarità, ma sempre saldamente fondata sulla corretta ri-assunzione della ricchezza epistemologica che la nostra tradizione scientifica ci ha consegnato.

Giuliana Sandrone Università di Bergamo

9 Cfr. In questo dossier, G. Spadafora, Possibili nuove

tendenze della ricerca pedagogica nel dibattito culturale contemporaneo

, sessione I, pp. 36-46.

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DISCUSSANT D

INTRODUZIONE

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