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Applicazione alle sanzioni antitrust delle tutele previste dalla CEDU e dalla Carta dei diritti fondamentali dell’Unione europea in

materia penale

All’accertamento dell’esatta natura delle sanzioni antitrust comunitarie che può variare a seconda delle teorie generali prese a riferimento, deve essere esaminata la diversa, ma intrinsecamente connessa questione, della possibile applicazione delle tutele derivanti dalle disposizioni della CEDU e della Carta e che riguardano la materia penale.

L’applicazione di dette tutele, infatti, pare essere ammessa dai giudici di Strasburgo anche per materie non strettamente penali, attraverso un’ampia interpretazione di tale nozione.

La Corte europea dei diritti dell’uomo, e prima la Commissione, hanno avuto occasione, a più riprese, di pronunciarsi in merito all’applicazione delle tutele di stampo marcatamente penalistico a sanzioni di natura “amministrativa” o “civile”. In ambito CEDU, con precipuo riferimento all’art. 698, si è adottata un’interpretazione estensiva ed “autonoma”99 della

attuazione alle normativa comunitaria, sentenza del 18 febbraio 1999, Matthews v. The United

Kingdom, App. n. 24833/94.

98

Diritto ad un equo processo. “1. Ogni persona ha diritto che la sua causa sia esaminata

equamente, pubblicamente ed entro un termine ragionevole da un tribunale indipendente ed imparziale, costituito per legge, il quale sia chiamato a pronunciarsi sulle controversie sui suoi diritti e doveri di carattere civile e sulla fondatezza di ogni accusa penale formulata nei suoi confronti. La sentenza deve essere resa pubblicamente, ma l’accesso alla sala dell’udienza può essere vietata alla stampa ed al pubblico durante tutto o parte del processo nell’interesse della morale, dell’ordine pubblico, o della sicurezza nazionale in una società democratica, quando lo esigono gli interessi dei minori o la protezione della vita privata delle parti in causa, o, nella misura giudicata strettamente necessaria dal tribunale, quando in circostanze speciali la pubblicità possa portare pregiudizio agli interessi della giustizia. 2. Ogni persona accusata di un reato è presunta innocente fino a quando la sua colpevolezza non sia stata legalmente accertata.

3. In particolare, ogni accusato ha il diritto di:

a) essere informato, nel più breve tempo possibile, in una lingua a lui comprensibile ed in modo dettagliato, della natura e dei motivi dell’accusa a suo carico;

b) disporre del tempo e delle facilitazioni necessarie a preparare la sua difesa;

c) difendersi personalmente o avere l’assistenza di un difensore di sua scelta e, se non ha i mezzi per retribuire un difensore, poter essere assistito gratuitamente da un avvocato d’ufficio, quando lo esigono gli interessi della giustizia;

d) esaminare o far esaminare i testimoni a carico ed ottenere la convocazione e l’esame dei testimoni a discarico nelle stesse condizioni dei testimoni a carico;

e) farsi assistere gratuitamente da un interprete se non comprende o non parla la lingua usata in udienza”.

99

Sent. del 21 febbraio 1984, Öztürk c. Germania, serie A, n. 22, relativa sanzioni connesse alla violazione del codice della strada.

nozione di diritto penale utilizzata negli articoli della Convenzione e dei Protocolli relativi alla materia penale che ha condotto la Commissione e la Corte a ritenere tali disposizioni applicabili anche a provvedimenti squisitamente amministrativi100, come ad esempio le infrazioni del codice della strada. Non è stata, infatti, giudicata fondamentale, o comunque rilevante, la qualificazione giuridica fornita a livello di diritto interno, ma particolare enfasi è stata posta al “general character of the rule and the

purpose of the penalities, being both deterrent and punitive, suffice to show that the offence in question was, in terms of article 6 of the Convention, criminal in nature”101

. In particolare, è stato statuito102 che essendo stato ribadito il carattere autonomo della nozione di material ‘penale’ contenuta nell’art. 6, la Corte, al fine di determinare se una infrazione amministrativa debba essere considerata quale materia ‘penale’ devono verificarsi alcuni requisiti. In primo luogo, occorre accertare se il testo che descrive la fattispecie vietata appartenga al diritto penale secondo il sistema nazionale; in secondo luogo, la natura dell’illecito; in terzo luogo la natura e la severità della sanzione applicabile al soggetto che infrange la norma. La Corte ha poi proseguito affermando che “ in any event, the indications furnished by the

domestic law of the respondent State have only a relative value. The second criteria stated above – the very nature of the offence, considered also in relation to the nature of the corresponding penalty – represents a factor of appreciations of greater weight. (…) Nevertheless, the Court would first note that, according to the ordinary meaning of the terms, there generally come within the ambit of the criminal law offence that make their perpetrator liable to penalities intended, inter alia, to be deterrent and usually consisting of fines and measure depriving the person of his liberty (…) it is a rule that is directed, not towards a given group possessing a special status (…) but towards all citizens (…); it represents conduct of a certain kind and makes the resultant requirement subject to sanction that is punitive. Indeed, the sanction (…) seeks to punish as well as to deter. (…) Above all, the general character of the rule and the purpose of the penalty, being both deterrent and

100

Sent. 8 giungo 1976, Engel c. Paesi Bassi, Serie A, n. 22; 23 giugno 1981, Le Compte, Van

Leuven e De Meyere c. Belgio, Serie A, n. 43.

101

Sent. del 21 febbraio 1984, Öztürk c. Germania, cit.; nello stesso senso, in precedenza, sent. 27 febbraio 1980, Deweew c. Belgio

102

punitive, suffice to show that the offence in question was, in terms of article 6 of the Convention criminal in nature”103

.

Ai fini dell’applicazione della CEDU, pertanto, una infrazione può essere considerata di naturale “penale”, nonostante una diversa qualifica adottata a livello di diritto nazionale, la quale riveste un valore meramente relativo, se la regola di diritto che contiene il precetto ha portata generale ed astratta e risulta indirizzata alla generalità dei consociati, la sua finalità è sia repressiva, che preventiva e se all’inottemperanza del comportamento prescritto sono correlate sanzioni.

Una sanzione, invece, viene considerata “penale” se il precetto normativo cui è connessa ha portata generale, se non possiede la finalità di compensazione pecuniaria o di risarcimento del danno, ma è essenzialmente punitiva e volta ad evitare la commissione di altri illeciti, se il suo scopo precipuo è deterrente e punitivo e, da ultimo, se consiste nel pagamento di un somma molto elevata104.

Per quanto attiene, specificamente, al diritto della concorrenza, il rispetto dei diritti e delle tutele sanciti dalla CEDU è stato affermato dapprima timidamente e successivamente in maniera più espressa. Nel caso Stenuit105 la Commissione europea dei diritti dell’uomo, richiamandosi alla precedente giurisprudenza della Corte, ha ritenuto che una sanzione pecuniaria inflitta ad un’impresa da parte di un’autorità amministrativa nazionale in materia di concorrenza costituiva, ai sensi della Convenzione, una decisione relativa alla fondatezza di un’accusa penale e conseguentemente la relativa sanzione doveva intendersi come penale. La Commissione ha basato il proprio ragionamento sul fatto che dette sanzioni rivestivano una finalità tipicamente dissuasiva. In quell’occasione la Commissione ha altresì stabilito

103

Sent. Öztürk, cit., punti 52-53. Nel caso di specie, la Corte ha altresì aggiunto che il fatto che si trattasse di una mera contravvenzione di poca importanza, non poteva essere considerato come rilevante ai fini della mancata applicazione dell’art. 6. Sarebbe contrario alla Convenzione e priverebbe di effetto utile le norme ivi contenute, autorizzare gli Stati a non applicare le garanzie contenute nella Convenzione sulla base del mero rilievo della scarsa importanza dell’infrazione commessa. Nella medesima pronuncia viene anche stabilito che conferire il potere di imporre sanzioni “penali” ad un’autorità amministrativa non risulta in contrasto con la Convenzione purchè sia consentito poter adire successivamente un tribunale dotato di piena giurisdizione.

104

Sentenza Lutz del25 agosto 1985, serie A, n. 72; sentenza Bendenoun del 24 febbraio 1994, serie A, n. 284.

105

Report della Commissione, Stenuit c. Austria del 30 maggio 1991, in Volume 232 A, Serie A delle Pubblicazioni della Corte.

l’applicabilità dell’art. 6 della Convenzione anche alle persone giuridiche. Il caso non è poi stato affrontato dalla Corte in quanto le parti hanno rinunciato al ricorso.

Successivamente, nel caso Fortum Oil e Gas Oy c. Finlandia106 la Corte di Strasburgo ha ritenuto applicabili ad un procedimento svoltosi dinanzi agli organi finlandesi deputati al rispetto delle norme di concorrenza gli articoli 6, 7, 2 del Protocollo n. 7 ed 1 del Protocollo n. 1 della CEDU, stabilendo che la sanzione comminata ad un’impresa nel corso di un procedimento antitrust può considerarsi come “penale” ai sensi della CEDU e pertanto deve essere assistita da tutte le garanzie predisposte da detta convenzione. La Corte si è nuovamente pronunciata nel caso OOO Neste St.

Petersbug107 negando che le norme antitrust russe potessero rivestire carattere

penale ai sensi della CEDU. Non pare, comunque, che detta pronuncia possa inficiare o sminuire le precedenti statuizioni della Corte, in quanto questo caso presenta taluni elementi che ne consentono una differenziazione rispetto a quelle sopra analizzati. Nel caso di specie, la Corte ha negato la natura ‘penale’ sulla base del rilievo che il procedimento antitrust russo non rivestiva carattere penale, non si trattava di una norma a portata generale ed astratta in quanto si rivolgeva unicamente agli operatori del settore delle commodities e la funzione dell’autorità antitrust russa era solamente quello di impedire turbamenti nella concorrenza e non, anche, quello di punire o dissuadere le imprese. L’argomento di maggiore interesse e che consente di operare il

distinguishing rispetto ai casi precedenti, riguarda il fatto che l’autorità russa

non poteva comminare sanzione, ma, eventualmente, solo ordinare la confisca del guadagno illecito.

Secondo autorevole dottrina108, alla luce della giurisprudenza di Strasburgo, pare difficile negare, nonostante il tenore letterale di chiaro segno contrario dell’art. 23 del regolamento n. 1/2003, che i procedimenti volti ad accertare una violazione delle regole di concorrenze e le relative sanzioni non abbiano carattere “penale”, ai sensi della CEDU. Secondo tale impostazione, le disposizioni contenute nella normativa antitrust comunitaria, infatti,

106

Sentenza del 12 novembre 2001.

107

Sentenza della Corte europea dei diritti umani del 3 giugno 2004, Application N. 69042/01.

108

W.P.J. WILS, La compatibilité des procédure communautaieres en matiére de concurrance

avec la Convention Européene des droits de l’homme, op. cit., p. 329; C. KERSE- N. KHAN, op. cit., p. 129.

stabiliscono un insieme di regole con portata generale109 ed astratta che possono condurre, al termine dell’iter procedurale, alla comminazione di una sanzione; inoltre, secondo quanto riportato dalla Commissione di Strasburgo nel caso Stenuit110, il mantenimento di una concorrenza effettiva sul mercato riguarda interessi generali in genere protetti dal diritto penale. Con il regolamento n. 1/2003 la Commissione ha acquisito poteri di indagini molto più penetranti, che la avvicinerebbero ancora di più ad un organo inquirente propriamente penale111. Per quanto attiene, più specificamente, alle sanzioni, esse, non tendono al risarcimento del pregiudizio patito, ma sono essenzialmente punitive e volte a dissuadere le imprese dal commettere nuove infrazioni. Possono raggiungere importi elevatissimi ed una delle condizioni per la loro imposizione è la presenza di un elemento soggettivo; la determinazione del loro ammontare viene effettuata, per espressa previsione legislativa contenuta nell’art. 23, sulla base della gravità e durata dell’infrazione e quindi, in ultima analisi, paiono essere commisurate alla colpevolezza.

Seguendo tale ragionamento, parrebbe dunque astrattamente possibile ritenere applicabili anche alle sanzioni antitrust comunitarie le tutele previste dalla CEDU riferite alla materia penale.

Pur non essendo parte della CEDU, le istituzioni comunitarie provvedono a tutelare ed a garantire il rispetto dei diritti fondamentali. Ancor prima dell’adozione della Carta e dell’inserimento dell’art. 6, par. 2 UE che ne hanno “costituzionalizzato” il rispetto, nell’ambito della giurisprudenza comunitaria relativa alla tutela dei diritti fondamentali, i giudici del Lussemburgo hanno riconosciuto l’applicabilità anche all’interno di procedimenti comunitari, di principi di derivazione penalistica, relativi al rispetto del diritto di difesa112, in quanto principi di diritto comunitario113. Il

109

A tal proposito merita di essere citata quella parte della dottrina che non concorda sul fatto che le norme antitrust abbiano portata generale ed astratta in quanto esse si indirizzano solamente alle imprese L. ARNAUDO, Le sanzioni della disciplina comunitaria della

concorrenza: natura, limiti e prospettive di riforma, op. cit., p. 616.

110

Ibidem.

111

Secondo C. MANN, op. cit., p. 1810, una delle caratteristiche dei sistemi penali è che le autorità inquirenti godono di poteri di indagini più incisivi rispetto agli organi deputati al controllo di disposizioni alla cui violazione conseguono solamente sanzioni civili.

112

L. ARANAUDO, op. cit., p. 611.

113

E’ infatti affermazione ricorrente nella giurisprudenza comunitaria che “il rispetto dei

diritti della difesa in qualsiasi procedimento promosso nei confronti di una persona e che possa sfociare in un atto per essa lesivo costituisce un principio fondamentale del diritto

rispetto di detti principi viene richiesto sia durante il procedimento amministrativo dinanzi alla Commissione114, sia in sede di comminazione delle sanzioni. Si era altresì posto il problema di accertare se il sistema procedurale antitrust, così come delineato, e che vede la Commissione quale organo inquirente e giudicante, fosse compatibile con la CEDU. Nonostante essa non rivesta la qualità di “giudice” ai sensi della CEDU115, in genere si è ritenuto che il sistema delineato dal Trattato per la tutela della concorrenza sia compatibile116 con la CEDU. I giudici di Strasburgo hanno considerato come coerente con la CEDU il fatto che gli Stati possano incaricare delle autorità amministrative della vigilanza di talune materie, a patto che sia poi possibile adire un tribunale indipendente in un giudizio di piena giurisdizione117.

Questa condizione viene interamente soddisfatta in quanto il Tribunale di primo grado, organo deputato alla revisione delle decisioni della Commissione, oltre ad essere pienamente indipendente possiede, ai sensi dell’art. 17 del regolamento 1/2003 “competenza giurisdizionale anche di

merito ai sensi dell’art. 172 del Trattato per decidere sui ricorsi presentati

comunitario e dev’essere garantito anche in mancanza di qualsiasi norma riguardante il procedimento di cui trattasi”, sentenza del Tribunale del 26 settembre 2002, Sgaravatti Mediterranea s.r.l. c. Commissione, causa T-199/99, in Racc., 2002, p. II-3731; in precedenza

la Corte aveva considerato come la natura e la gravità delle sanzioni che possono applicarsi in seguito a violazioni del diritto antitrust dovessero comportare necessariamente il rispetto dei diritti di difesa ed in particolare il principio della presunzione di innocenza (sentenza della Corte dell’8 luglio 1999, causa 199/92P, Hüls AG c. Commissione, Racc., p. I-4287, punti 149-150).

114

Sentenza della Corte del 13 febbraio 1979, Hoffmann-La Roche et Co. Ag c. Commissione, causa 85/76, in Racc., 1979, p. 461; sentenza della Corte del 9 novembre 1983, Nv

Nederlandsche Banden – Industrie – Michelin c. Commissione, causa 322/81, in Racc. 1983,

p. 3461.

115

Sentenza della Corte del 29 ottobre 1980, Heintz Landewyck Sarl c. Commissione, cause riunite da 209/78 a 215/78 a 218/78, in Racc., 1980, p. 3125, punto 81 “La Commissione

infatti, pur essendo obbligata ad osservare le garanzie procedurali contemplate dal diritto comunitario (…) non può per questo essere qualificata come ‘giudice’ ai sensi dell’art. 6 della Convenzione europea per i diritti dell’uomo”. Tale rilievo è stato basato soprattutto sul fatto

che ai sensi della giurisprudenza di Strasburgo, un tribunale, per essere tale deve essere caratterizzato dal requisito dell’indipendenza, inteso come indipendenza dal potere esecutivo. La Commissione, invece, rivestendo la qualifica di organo esecutivo della Comunità europea non può, per definizione, avere detta indipendenza; sentenza della Corte del 7 giugno 1983, Sa

Musique Diffusion Française e a. c. Commissione, cause riunite da 100/80 a 103/80, cit..

116

Il Tribunale di primo grado ha al proposito affermato che il doppio cappello della Commissione, inquirente e giudicante, “non costituisce di per sé una violazione di un

principio generale del diritto comunitario” e che pertanto le decisioni così adottate non vanno

ad incidere sui diritti fondamentali delle imprese: sentenza del Tribunale 14 maggio 1998, causa T-348/94, Enso Española c. Commissione,in Racc., p. II-1875, p. 56.

117

Sentenza Le Compte, Van Leuven e De Meyere, 23 giugno 1981, Serie A, n. 43, p. 23, par. 51. Per ampi riferimenti cfr.W. P.J. WILS, Procédures de concurrence cit., p. 337-338.

avverso le decisione con le quali la Commissione commina una ammenda o una penalità di mora; essa può sopprimere, ridurre o maggiorare l’ammenda o la penalità di mora inflitta”.

Con l’adozione della Carta, inoltre, la tutela dei diritti di difesa pare rafforzata, in quanto la Comunità europea si è dotata di un proprio catalogo di diritti di cui, comunque, deve garantire il rispetto a prescindere dal valore giuridico dello strumento in cui sono incorporate. Le considerazioni della giurisprudenza di Strasburgo sopra svolte relative alla portata del termine “penale”, inoltre, devono considerarsi valide ed applicabili anche con riferimento118 alla Carta, in virtù del richiamo contenuto nell’art. 52 par. 3119 alla CEDU. Detta norma espressamente prevede che le disposizioni della Carta corrispondenti a quelle CEDU hanno il medesimo significato e la medesima portata.

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