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Gruppi di società

RESPONSABILITA’ PERSONALE E SANZIONI ANTITRUST COMUNITARIE

3. Gruppi di società

Secondo l’indirizzo espresso dai giudici comunitari, dunque, ciò che assume rilevanza in presenza di entità con personalità giuridica distinta, risulta essere l’unità e meno del loro comportamento sul mercato277. Tali considerazioni hanno condotto ad escludere, in presenza di talune condizioni, dall’applicazione dell’art. 81 CE le intese poste in essere nell’ambito dei gruppi societari, in cui molto frequenti sono gli accordi che potrebbero essere considerati come restrittivi della concorrenza. Da un punto di vista economico, spesso tali accordi, come ad esempio obblighi di non concorrenza o fissazioni di prezzi all’interno del gruppo, non potrebbero considerarsi quali intese vietate in virtù del fatto che tali entità formano un’unica realtà economica sul mercato. In questi casi, gli accordi infragruppo dovrebbero essere considerati più come un’interna allocazione delle risorse che come intese restrittive della concorrenza278.

I giudici del Lussemburgo hanno pertanto enucleato una serie di principi al fine di verificare in quali casi le intese infragruppo non debbano essere considerate come intese restrittive della concorrenza.

In primo luogo, la Corte ha considerato non applicabile l’art. 81 CE agli accordi o pratiche concordate fra l’impresa capogruppo e affiliate nell’ipotesi in cui queste ultime, nonostante la distinta soggettività giuridica, non godano di reale indipendenza economica279. Successivamente, tale concetto ha ricevuto ulteriori specificazioni, che hanno condotto alla non applicazione della disciplina delle intese nel caso in cui la società madre e le affiliate “costituiscano un’unità economica nell’ambito della quale l’affiliata

non dispone di effettiva autonomia nella determinazione del proprio comportamento sul mercato, e gli accordi e pratiche di cui trattasi abbiano semplicemente lo scopo di una ripartizione interna di compiti all’interno del gruppo”280

.

Il fulcro delle considerazioni dei giudici comunitari poggia quindi sulla

277

Sentenza della Corte del 14 luglio 1972, causa 48/69, ICI c. Commissione, in Racc., 1972, p. 619, punto 140.

278

Cfr. R. WISH, op. cit., p. 87.

279

Sentenza della Corte del 25 novembre 1971, causa 22/71, Béguelin Import c. GL Import

Export, in Racc, 1971, p. 949.

280

Sentenza della Corte del 4 maggio 1988, causa 30/87, Corinne Bodson c. Sa Pompes

constatazione che nei rapporti tra società capogruppo e controllate non possa parlarsi di reale concorrenza nella misura in cui l’affiliata non disponga di vera autonomia nella determinazione della propria linea di azione sul mercato281. Secondo i giudici comunitari, inoltre, l’art. 81 CE si rivolge “ad entità

economiche, ognuna delle quali è costituita da un’organizzazione unitaria di elementi personali, materiali ed immateriali, che persegue stabilmente un determinato fine di natura economica, organizzazione che può concorrere alla realizzazione della stessa disposizione”282

.

I gruppi di società o comunque entità legate da vincoli contrattuali od economici estremamente rilevanti possono, quindi, essere sottoposti alla disciplina dell’art. 82 CE piuttosto che a quella dell’art. 81 CE, con la differenza che dovrà essere rigorosamente dimostrata sia la posizione dominante sia l’abuso della stessa, posto in essere ad opera di una o più imprese.

Il riferimento all’unità economica ed alla mancanza di indipendenza delle società affiliate che consentono di considerarle come un’ “unica impresa”, comporta anche la rilevante conseguenza che nell’ambito dei regolamenti di esenzione di categoria, le soglie al di sotto delle quali un determinato accordo risulta essere esentato, devono essere calcolate con riferimento all’intero gruppo283.

Esclusa la rilevanza della formale separazione giuridica delle entità coinvolte in infrazioni del diritto della concorrenza, si è posta la necessità di trovare criteri univoci che consentano di poter uscire dalla nebulosità di affermazioni di principio, spesso nemmeno supportate da reali indagine empiriche. La questione è particolarmente delicata, in quanto è necessario trovare precisi indicatori che consentano di fornire chiari criteri al fine di stabilire quando l’affiliata non goda di autonomia, ma al contrario applichi le direttive impartite dalla società madre, con la quale forma un’unica entità economica. Nei casi in cui il controllo è vicino al 100%, in genere si presume che la società madre influisca praticamente in toto sulla controllata284;

281

Sentenza del Tribunale di primo grado del 12 gennaio 1995, causa T-102/92, Viho Europe

Bv c. Commissione, in Racc., 1995, p. II-17.

282

Sentenza del Tribunale del 10 marzo 1992, Shell c. Commissione, causa T-11/89, in Racc., 1992, p. II-757, punto 311.

283

R. WISH, op. cit., p. 88.

284

Conclusioni Avvocato generale Warner rese nel caso ICI c. Commissione, causa 6 e 7/73, in Racc., 1974, p. 223.

viceversa, in ipotesi di controllo meno elevato, possono essere presenti altri fattori in grado di determinare ugualmente la condotta delle controllate, come la composizione del consiglio di amministrazione, patti sindacali, mere direttive impartite285 dalla capogruppo.

La giurisprudenza comunitaria non ha ancora raggiunto punti fermi286 in materia. Seppure si è affermato che l’art. 81 CE non si applica ad intese fra società appartenenti al medesimo gruppo, qualora esse costituiscano un’unità economica nell’ambito della quale la controllata non disponga di un’effettiva autonomia nella determinazione del proprio comportamento sul mercato e gli accordi abbiano lo scopo di una sorta di ripartizione dei compiti nell’ambito del gruppo, i giudici comunitari hanno altresì sottolineato come la mera appartenenza al gruppo non sia di per sé elemento sufficiente per considerare unitariamente le imprese. A tal fine, è necessario tenere conto della reale natura dei rapporti tra le imprese del gruppo287. In particolare, non risulta ancora del tutto chiarito se sia possibile applicare il concetto di controllo elaborato per la disciplina delle concentrazioni anche alla materia delle intese. L’art. 3 par. 2 del regolamento n. 139/2004 sulle concentrazioni288 stabilisce che si ha controllo in presenza di “diritti, contratti o altri mezzi che

conferiscono, da soli o congiuntamente, e tenuto conto delle circostanza di fatto o di diritto, la possibilità di esercitare un’influenza determinante sull’attività di un’impresa”289

. Come osservato da parte della dottrina290, l’adozione della medesima impostazione per le concentrazioni e per le intese fornirebbe omogeneità di concetti a discipline che perseguono lo stesso fine e consentirebbe di considerare come un’unica impresa anche quelle società appartenenti al gruppo a cui, in pratica, viene lasciato un margine di autonomia decisionale. Secondo l’opinione citata, infatti, non si tratterebbe di

285

R. WISH, op. cit., p. 88.

286

Ibidem, p. 89; W.P.J. WILS, op. ult. cit., p. 170.

287

Sentenza Bodson, cit. p. 20.

288

Regolamento del Consiglio del 20 gennaio 2004 relativo al controllo delle concentrazioni tra imprese, in GU del 25 gennaio 2004, L 24, p. 1. La definizione di controllo contenuta nella previgente normativa del reg. 4064/89 era del tutto identica a quella odierna.

289

Tra gli elementi che presuntivamente vengono elencati quali indicatori del controllo devono essere menzionati: diritti di proprietà o di godimento sulla totalità o su parti del patrimonio di un’impresa; diritto o contratti che conferiscono un’influenza determinante sulla composizione, sulle deliberazioni o sulle decisioni degli organi di un’impresa. Per ampi riferimenti in materia si veda M. LAMANDINI, Il “controllo”. Nozioni e tipo nella

legislazione economica, Torino, 1994.

290

vera e propria autonomia, ma di una libera determinazione della società madre di non intromettersi nelle politiche delle affiliate, revocabile ad nutum in qualunque momento291. Detta impostazione, inoltre, avrebbe il pregio di non imbrigliare le dinamiche societarie in rigidi schemi predefiniti; alle società capogruppo basterebbe, infatti, formalizzare in qualche modo le direttive impartite, per dimostrare che gli accordi consistono in una mera allocazione di risorse e, conseguentemente, evitare di essere assoggettati alla disciplina delle intese. L’adozione di un approccio, che come quello sulle concentrazioni, tenga conto della mera possibilità di esercitare il controllo, parrebbe inoltre essere maggiormente in linea con le rationes economiche sottese alla disciplina della concorrenza.

Merita osservarsi che, in talune decisioni, la Commissione pare avere accolto una concezione di controllo e di unità economica alquanto restrittiva che l’ha condotta a sanzionare comportamenti di imprese che si trovavano in situazioni al limite del confine tra reale indipendenza e mancanza di autonomia. Nel caso Ijsselcentrale292, una joint venture formata da diverse società e dalle quattro società olandesi fornitrici del servizio elettrico, non è stata giudicata una unità economica, in quanto ciascuna società era in grado di determinare autonomamente il proprio comportamento e mancava un controllo unitario. In un altro caso, il controllo congiunto di due società al 50% di un’altra società con pari diritto di voto non è stato reputato sufficiente a determinare un controllo effettivo sulla affiliata293.

Strettamente connesso alla tematica del controllo e del concetto di unità economica risulta la questione relativa alla possibilità di imputare illeciti anticoncorrenziali anche a soggetti che non fanno parte di un “gruppo” in senso proprio, ma gravitano intorno alle società nella forma di agenti, mediatori, o comunque soggetti legati contrattualmente a determinate società e che possono anch’essi, a prescindere dal loro status di persona giuridica e fisica, rivestire la qualifica di “impresa” ai sensi e per gli effetti del diritto della concorrenza. Per quanto riguarda i dipendenti, invece, per giurisprudenza costante, non vengono considerati come entità distinte dall’impresa da cui dipendono, per lo meno per tutta la durata del loro rapporto di lavoro, sulla base del rilievo che costituiscono “parte integrante, per la durata di tale 291 Ibidem. 292 In GUCE 1991, L28, p. 3, punti 22-24 293

rapporto di lavoro, delle dette imprese e formano in tal modo con ognuna di esse un’unità economica”294

.

La questione assume rilevanza soprattutto sotto il profilo della possibilità di poter configurare determinati comportamenti come condotte unilaterali oppure come accordi. Il problema è stato affrontato con precipuo riferimento al contratto di agenzia – ma le considerazioni valgono anche per rapporti affini come le attività di intermediazione e di rappresentanza per un solo committente - e sono stati dettati una serie di requisiti al fine dell’esatta individuazione delle situazioni che risultano essere sottoposte ai divieti di cui all’art. 81 CE. La Corte ha stabilito che gli accordi che intercorrono tra un committente ed un intermediario non ricadono nell’ambito delle intese vietate, nella misura in cui l’attività di quest’ultimo venga svolta esclusivamente a favore di un committente e comporti una completa integrazione nell’organizzazione del committente, assurgendo così a mero esecutore delle direttive impartite295. L’attività dell’intermediatore, invece, assume autonomia e pertanto i relativi accordi con il committente ricadono nel divieto dell’art. 81 CE se sussiste una “ripartizione dei rischi”, ossia quando all’intermediario vengano lasciati o attribuiti ampi margini di autonomia e che questo, al pari di qualsiasi imprenditore indipendente, sopporti i rischi finanziari connessi alla vendita dei prodotti o all’esecuzione dei contratti stipulati con i terzi296. L’intermediario – o l’agente – perde il “proprio status di operatore economico

indipendente soltanto quando non sopporti i rischi conseguenti ai contratti procurati per conto del committente e operi come ausiliario integrato nell’impresa del committente stesse”297

. Di recente, il Tribunale è tornato sull’argomento ribadendo la giurisprudenza precedente in un caso di un complesso sistema di agenti per la rivendita di automobili in Germania, statuendo che “qualora un agente, sebbene munito di personalità giuridica

distinta, non determini autonomamente il proprio comportamento sul mercato, bensì applichi le istruzioni impartitegli dal committente, i divieti

294

Sentenza del 16 settembre 1999, Jean Claude Becu e a, causa C-22/98, in Racc., 1999, p. I- 5665, punto 26.

295

Sentenza della Corte del 16 dicembre 1975, cause riunite da 40/73 a 48/73, 50/73, da 54/73 a 56/73, 111/73, 113/73 e 114/73, Suiker Unie e a. c. Commissione, in Racc., 1975, p. 1663, punto 480.

296

Sentenza Suiker Unie cit., punto 541.

297

Sentenza della Corte del 24 ottobre 1995, causa C-266/93, Volkswagen e VAG Leasing, in

sanciti dall’art. 81, n. 1 CE non si applicano ai rapporti tra l’agente stesso ed il rispettivo committente con cui forma un’unità economica”298

.

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