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Segue: applicazione della disciplina dell’errore nel diritto comunitario della concorrenza

PRINCIPIO DI COLPEVOLEZZA E SANZIONI ANTITRUST COMUNITARIE

6. Segue: applicazione della disciplina dell’errore nel diritto comunitario della concorrenza

Occorre ora esaminare come il tema dell’errore e dell’ignorantia legis sia stato affrontato a livello comunitario. Uno dei primi casi che si è occupato della materia è quello relativo a Hoffman- La Roche. Nelle conclusioni, l’Avvocato Generale577, dopo avere effettuato un’ampia disamina del principio di legalità inteso quale certezza del diritto con riferimento all’abuso di posizione dominante, ha sottolineato come, dalla prassi di alcuni Stati membri e da autorevole dottrina578, fosse possibile desumere la vigenza anche in ambito comunitario del principio della valenza scusante dell’errore di diritto. Con precipuo riferimento al caso di specie, poi, l’Avvocato Generale non ha avuto esitazioni a ritenere che ci si trovasse in presenza di un errore di diritto escludente la responsabilità e che comunque “la colpevolezza (n.d.r. era) stata

così ridotta che non v’era motivo di infliggere un’ammenda, e questo particolarmente quando s’aveva a che fare con un’impresa che s’era dimostrata – e tutti lo hanno riconosciuto – pronta alla massima cooperazione durante il procedimento amministrativo e che aveva provveduto immediatamente a far cessare il comportamento criticato”.579

La società

Hoffman-La Roche sosteneva, infatti, di ignorare di trovarsi in posizione

dominante e di essere stata tratta in inganno da una recente decisione, in cui la Commissione aveva esentato ex art. 81 n. 3 CE una serie di clausole contrattuali del tutto identiche a quelle che essa stipulava con i suoi clienti. Tale impostazione è stata disattesa dalla Corte che ha invece sottolineato come

577

Conclusioni dell’Avvocato Generale Reisch, causa 85/76, in Racc., 1979, pp. 594-596.

578

L’Avvocato Generale (pag. 596) ha ritenuto di convenire con le affermazioni della ricorrente ed in particolare ha rilevato che la teoria dell’errore scusabile sul divieto è “assai

diffusa e meritevole d’essere accolta anche nell’ambito comunitario, e specificamente nel settore delle ammende, come elemento di progresso giuridico. Rinvio, in proposito, alle osservazioni svolte dalla ricorrente circa l’efficacia dell’errore sul divieto nell’ordinamento tedesco, anche per quanto riguarda le contravvenzioni, nonché ai diritti danese, olandese e francese – almeno sotto l’aspetto del dibattito dottrinale – e ricordo che lo stesso Jeschenek nel suo trattato “Die Strafgewalt übernationaler Gemeinschaften (Zeitschrift für die gesamante Staatswissenschaft 1953,pag. 497 e ss.) ha sostenuto che un principio di tal genere era stato introdotto nel diritto comunitario dall’art. 36 del Trattato CECA. Contro di ciò avrebbe poca importanza che gli ordinamenti inglese ed italiano siano ancora un po’ restii ad accettare tale principio”.

579

una società di tali dimensioni non potesse ignorare di trovarsi in una posizione dominante e che non avrebbe potuto invocare come scusante la recente decisione di esenzione della Commissione, in quanto si trattava di un caso che non coinvolgeva una società in posizione dominante. Ad avviso della Corte, inoltre, eventuali incertezze interpretative relative all’applicazione dell’art. 82 CE avrebbero potuto trovare una soluzione grazie al meccanismo indicato dal previgente art. 2 del regolamento n. 17/62 che prevedeva la possibilità di ottenere un’attestazione negativa580. Secondo la Corte, dunque “l’asserita

imprevedibilità è tanto più ammissibile in quanto almeno la possibilità, se non la probabilità, di detta applicazione doveva venir tenuta presente da un operatore economico avveduto e l’art. 2 del regolamento n. 17 consentiva di ottenere preventivamente precisazioni circa l’applicazione dell’art. 86 a casi dubbi; tuttavia la ricorrente non ha ritenuto di avvalersi di questa possibilità di ottenere la certezza del diritto di cui essa si duole”581

.

Le imprese coinvolte in infrazioni del diritto della concorrenza hanno più volte tentato di utilizzare l’argomento relativo all’errore di diritto o comunque all’incertezza delle norme ed alla mancanza di precedenti per sfuggire all’applicazione di sanzioni. Seppure in maniera estremamente restrittiva e con motivazioni notevolmente scarne, la Commissione ha in talune occasioni evitato di infliggere ammende proprio basandosi su dette considerazioni. Nella decisione Decca Navigator System582 la Commissione ha rilevato che “a causa della complessità della valutazione giuridica del

580

“La Commissione può accertare, su domande della imprese e associazioni di imprese

interessate, che in base agli elementi a sua conoscenza, essa non ha motivo di intervenire, a norma dell’art. 85, paragrafo 1, o art. 86, nei riguardi di un determinato accordo, decisione o pratica”. Attualmente, il nuovo art. 10 del regolamento n. 1/2003 prevede che “Per ragioni di interesse pubblico comunitario relative all’applicazione degli articoli 81 e 82 del trattato, la Commissione, d’ufficio, può stabilire mediante decisione che l’articolo 81 del trattato è inapplicabile a un accordo, a una decisione di un’associazione di imprese o a una pratica concordata, o perché le condizioni dell’art. 81, paragrafo 1, del trattato non sono soddisfatte, o perché sono soddisfatte le condizioni di cui all’art. 81, paragrafo 3 del trattato. La Commissione può effettuare una tale constatazione anche in relazione all’art. 82”. Queste

considerazioni non risultavano accolte nelle conclusioni dell’Avvocato Generale sopra citate, il quale non ha esitato ad affermare che “non si può validamente contrapporre che la

ricorrente avrebbe potuto garantirsi da errori mediante ricerche giuridiche e che, conoscendo il diritto nazionale, il quale era in parte assai diverso da un paese all’altro, essa avrebbe dovuto essere prudente”.

581

Sentenza della Corte del 13 febbraio 1979, Hoffman-La Roche c. Commissione, causa 85/76, in Racc., 1979, p. 461, punto 134.

582

Decisione del 21 dicembre 1988, IV 30.979 e 30.394 in GU L 43 del 15.2.1989, p. 27, punto 133.

presente caso e della mancanza di precedenti, non è possibile accertare che la Recal Decca ha violato intenzionalmente o semplicemente per negligenza l’art. 86” e pertanto non ha ritenuto opportuno comminare alcuna ammenda.

Analogamente, nel caso ABG/Società petrolifera operante nei Paesi Bassi583, l’istituzione comunitaria, sulla base della considerazione che “incertezze

regnavano sul mercato olandese dei prodotti petroliferi in seguito all’ ‘ignoranza in ordine agli sviluppi possibili della crisi’, il che ha reso difficile apprezzare le riduzioni di forniture da operare” ha ritenuto opportuno non

comminare ammende al rifiuto di fornitura posto in essere da detta società. Lo stesso è accaduto anche nel caso Continental Can584 in cui la Commissione non ha sanzionato l’abuso di struttura posto in essere dalla società coinvolta, stante l’assenza di precedenti e conseguentemente la novità della materia.

Nel caso United Brands585, invece, né la Commissione, né la Corte hanno accolto i rilievi della società relativi al fatto di ignorare di trovarsi in una posizione dominante; è stato infatti stabilito che le dimensioni e l’esperienza commerciale, anche internazionale, di tale società le avrebbero consentito di conoscere a fondo le varie legislazioni in materia di concorrenza e pertanto essa non avrebbe potuto ignorare che la condotta posta in essere violava l’art. 82 CE.

Nella nota vicenda Akzo586 la Corte ha ritenuto, invece, di ridurre l’ammenda inflitta alla società, in quanto gli illeciti del caso di specie, ossia la pratica di prezzi predatori inferiori alla media dei costi variabili o alla media dei costi totali, attenevano ad “un ambito normativo nel quale le regole di

concorrenza non erano mai state precisate”.

Per quanto riguarda l’induzione in errore da parte delle istituzioni, merita richiamarsi la pronuncia Suiker Unie587 in cui la Corte ha ammesso che il testo di una comunicazione della Commissione sui contratti di rappresentanza commerciale avesse potuto far ritenere che “una prassi genere

583

Decisione del 19 aprile 1977, IV 28.841, in GU L 117 del 9.5.1977, p. 1.

584

Decisione della Commissione del 9 dicembre 1971, IV 26.811, in GU L 7 del 8.1.1972, p. 25.

585

Sentenza della Corte del 14 febbraio 1978, United Brands Company e United Brands

Continental B.V. c. Commissione, causa 27/76, in Racc., 1978, p. 207.

586

Sentenza della Corte del 3 luglio 1991, Akzo Chemie BV c. Commissione, causa C-62/86, in Racc., 1991, p. I-3359.

587

Sentenza della Corte del 16 dicembre 1975, Cooperatieve Verening Suiker Unie U.A e a. c. Commissione, cause riunite da 40 a 48, 50, da 54 a 56, 111 e 113/73, in Racc., 1975, p. 1663, punti 555-556.

fosse ciononostante ammessa, in quanto compatibile con il trattato” e che

pertanto di detta infrazione non dovesse tenersi conto, quanto meno, ai fini della commisurazione dell’ammenda.

L’elemento dell’errore è stato espressamente menzionato nella decisione Pasta di Legno588 in cui la Commissione ha evidenziato come l’infrazione contestata non poteva dovuta ad errore scusabile e inevitabile. Ciononostante, l’istituzione comunitaria ha tenuto conto, ai fini della commisurazione dell’ammenda, del fatto che molti dei comportamenti in questione erano stati indotti da una legislazione comunitaria e ciò aveva comportato per talune imprese l’assoluta inconsapevolezza di commettere violazioni del diritto della concorrenza europeo.

Nella decisione Deutsche Post589 la Commissione, pur rilevando come il comportamento anticoncorrenziale fosse stato posto in essere “per lo meno

per negligenza”, ha ritenuto di imporre solamente una sanzione simbolica,

poichè la giurisprudenza tedesca in materia di remailing aveva obiettivamente dato luogo ad una situazione di incertezza giuridica, che poteva avere tratto in errore la società. Lo stesso è avvenuto nel caso Coppa del mondo di calcio

1998590

in cui la Commissione ha rilevato l’assenza di intenzionalità del comportamento lesivo della concorrenza delle società coinvolte e la novità della fattispecie ed ha comminato solamente un’ammenda simbolica591.

Recentemente, il tema della rilevanza dell’ignorantia legis è stato toccato, seppure incidenter tantum, nelle conclusioni dell’Avvocato Generale rese nella causa General Motor BV592. A fronte dell’obiezioni delle parti relative al fatto che la Commissione ed il Tribunale in prima istanza avrebbero

588

Decisione del 19 dicembre 1984, IV/29.725, Pasta per carta, in GU L 85 del 26.3.1985, p. 1, punto 146.

589

In GU L 331 del 15.12.2001, p. 77, punto 193.

590

Decisione della Commissione del 20 luglio 1999, IV/36.888, Coppa del Mondo di calcio

1998, in GU L 5 del 8.1.2000, p. 55.

591

Al punto 123 della Decisione sopra citata si legge infatti “la Commissione constata che le

modalità di bigliettazione applicate dal CFO risultano analoghe a quelle adottate per altri campionati mondiali svoltisi in passato, e che le questioni sollevate in riferimento all’applicazione delle regole comunitarie sulla concorrenza sono tanto specifiche da non consentire conclusioni agevolmente desumibili da pregresse decisioni della Commissione o dalla giurisprudenza della Corte di Giustizia. Pertanto la Commissione è giunta alla conclusione che all’epoca CFO non era consapevole dell’incompatibilità con il diritto comunitario delle modalità di vendita applicate nel 1996 e 1997”.

592

Conclusioni dell’Avvocato Generale Antonio Tizzano, presentate il 25 ottobre 2005, causa C-551/03P, General Motors BV (già General Motors Nederland BV e Opel Nederland BV), non ancora pubblicate in Raccolta.

dedotto l’oggetto restrittivo di un accordo dall’intenzione delle parti di restringere la concorrenza, in quanto per giurisprudenza tale elemento non sarebbe preso in considerazione dalle istituzioni comunitarie, l’avvocato generale ha rilevato che “la prova dell’intenzione delle parti di restringere la

concorrenza non rappresenta un requisito necessario ai fini della determinazione dell’oggetto restrittivo di un accordo. Ma ciò vuol solo dire che un’intesa con la quale le parti perseguono un obiettivo che comporta una restrizione della concorrenza dà luogo di per sé ad una violazione dell’art. 81 CE, indipendentemente dal fatto che le parti fossero consapevoli del divieto imposto da tale disposizione (ignorantia legis non excusat!)”593

.

Da ultimo, deve essere rilevato che la Commissione ha menzionato negli Orientamenti per il calcolo delle ammende del 1998, l’esistenza di un “dubbio ragionevole dell’impresa circa il carattere di infrazione del

comportamento restrittivo della concorrenza” quale mera ed eventuale

circostanze attenuante al fine di una riduzione della sanzione. Tale circostanza è stata applicata nel caso Archittetti Belgi594, in cui la Commissione ha ridotto notevolmente l’ammenda inflitta in virtù del dubbio ragionevole circa la legittimità o meno della tabella fissa di onorari che l’associazione professionale poteva nutrire.

Nei nuovi Orientamenti per il calcolo delle ammende595, recentemente pubblicati, il riferimento alla circostanza attenuante sopra menzionata è stato eliminato. Probabilmente, il legislatore comunitario ha ritenuto che, alla luce della copiosa prassi e giurisprudenza esistenti in materia di concorrenza, non possano più darsi ipotesi di ‘dubbi ragionevoli’. E’ stato, però, espressamente inserita, quale circostanza attenuante, il fatto che autorità statuali possano aver agevolato il comportamento illecito596.

Dalle considerazioni sopra esposte si evince come il tema dell’errore di

593

Conclusioni citate, punto 77. Al successivo punto 78 l’Avvocato Generale ha ulteriormente precisato che “nell’ambito della valutazione di un’intesa ben si può tener conto

dell’intenzione delle parti. E del resto proprio la Corte ha avuto modo di precisare che la natura anticoncorrenziale di un accordo può essere dedotta, oltre ovviamente dal contenuto delle sue clausole, anche da una serie di fattori tra cui, appunto, l’intenzione delle parti così come risulta dalla ‘genesi’ dell’accordo e/o si manifesta nelle ‘circostanze della sua messa in atto’ nonché nel comportamento delle società interessate”.

594

Decisione della Commissione del 24 giugno 2004, relativa a un procedimento ai sensi dell’art. 81 CE, Architetti Belgi, caso COMP 38.549.

595

Orientamenti per il calcolo delle ammende inflitte in applicazione dell’art. 23, paragrafo 2, lett. a) del regolamento (CE) n. 1/2003, in GU del 19.9.2006 C 210, p. 2 e ss..

596

diritto sia strettamente connesso con quello della certezza del diritto di cui si tratterà nel prossimo capitolo e come solo in pochi casi la disciplina dell’errore abbia assunto rilevanza ai fini dell’esclusione dell’elemento soggettivo e conseguentemente dell’imposizione di una ammenda.

7. Necessità di distinguere l’intenzionalità e la negligenza

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