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Imputabilità degli illeciti ai successor

RESPONSABILITA’ PERSONALE E SANZIONI ANTITRUST COMUNITARIE

5. Imputabilità degli illeciti ai successor

Anche se non propriamente in linea con il principio della responsabilità personale, che imporrebbe di condannare solo per fatti propri e di evitare di sanzionare soggetti non direttamente coinvolti in illeciti antitrust, la prassi della Commissione e dei giudici comunitari è orientata a considerare responsabili le imprese “successori” che sorgono a seguito di varie operazioni societarie, come fusioni308, acquisizioni e trasformazioni309. Tale impostazione risulta, del resto, essere in linea con la nozione di impresa accolta a livello comunitario, incentrata più sulla sostanza, ossia sull’attività economica, che sulla forma giuridica delle entità coinvolte.

Detta responsabilità solleva numerose questioni, in particolar modo sotto il profilo della tutela dei diritti delle imprese coinvolte, che spesso non sono in grado di valutare o di conoscere le azioni dei propri predecessori. Il rischio di subire sanzioni per il mero fatto di proseguire un’attività economica da altri gestita potrebbe costituire una remora per talune operazioni societarie310; d’altro canto, il rischio che mutamenti della “veste” giuridica vengano utilizzati a meri fini elusivi è altrettanto elevato. Sarebbe estremamente semplice per un’impresa che ha commesso un illecito cedere il ramo di azienda coinvolto nell’infrazione o compiere operazioni di “architettura giuridica” effettuando mutamenti nella propria struttura legale, se in tal modo potesse sfuggire alle sanzioni.

L’approccio adottato dalle istituzioni comunitarie risulta essere anche in questo caso funzionale, basato su valutazioni empiriche e non meramente formalistiche. Un cambiamento della forma legale o della denominazione dell’impresa non crea una nuova impresa immune da responsabilità per comportamenti illeciti del predecessore311, qualora, sotto l’aspetto economico,

308

La fusione dà vita ad un fenomeno successorio e la stessa può eseguirsi attraverso la costituzione di una nuova società oppure mediante l’incorporazione in una società già esistente di una o più società.

309

In realtà con la trasformazione non si estingue una società per dar vita ad un’altra, né si verifica un caso di successione del patrimonio da un soggetto ad un altro.

310

L. GARZANITI – G. SCASSELLATI-SFORZOLINI, Liability of successor undertakings

for infringements of EC Competition law committed prior to corporate reorganisations, in European Competition Law Review, 1995, p. 348 e ss.

311

vi sia identità tra le due312.

Tale impostazione ha ricevuto maggiori chiarimenti nel caso Enichem

Anic313

in cui il Tribunale ha specificato come l’art 81 CE si rivolga ad “entità

economiche costituite da un insieme di elementi materiali ed umani che può concorrere alla realizzazione di un’infrazione”314

. Secondo la ricostruzione del Tribunale, una volta avvenuta la constatazione di una violazione del diritto della concorrenza, occorre individuare la persona fisica o giuridica che risultava essere responsabile della gestione dell’impresa al momento in cui è stata commessa l’infrazione, affinché essa ne risponda315. Il problema sorge quando, tra il momento in cui viene posta in essere l’infrazione e la sua scoperta, si sia verificata la cessazione dell’esistenza giuridica dell’impresa “colpevole”: in questo caso, secondo i giudici del Lussemburgo, occorre “dapprima localizzare l’insieme degli elementi materiali ed umani che ha

concorso alla commissione dell’infrazione e poi identificare la persona che è divenuta responsabile della gestione di detto insieme, allo scopo di evitare che, a seguito della scomparsa della persona che era responsabile della sua gestione al momento in cui è stata commessa l’infrazione, l’impresa possa non rispondere di quest’ultima”316

. Nel caso sottoposto al suo esame, il Tribunale ha ritenuto legittima la sanzione imposta alla Enichem nonostante essa avesse ceduto il ramo d’azienda relativo al settore del polipropilene, ossia quello direttamente coinvolto nell’infrazione, sulla base del rilievo che la persona giuridica responsabile della gestione dell’impresa al momento in cui è stata commessa l’infrazione ha continuato ad esistere fino all’emanazione della decisione317. Il Tribunale ha quindi confermato la decisione della

312

Sentenza della Corte del 28 marzo 1984, Compagnie Royale Asturienne des Mines Sa e

Rheinzink GmbH c. Commissione, cause riunite 29 e 30/83, in Racc., 1984, p. 1679, punto 9.

313

Sentenza del Tribunale del 17 dicembre 1991, Enichem Anic s.p.a. c. Commissione, in

Racc., 1991, p. II-1623.

314

Sentenza Enichem Anic, cit., punto 235.

315

E’affermazione ricorrente dei giudici comunitari che, in via di principio “la responsabilità

per l’impresa di cui trattasi incombe alla persona fisica o giuridica che dirigeva la medesima al momento in cui l’infrazione è stata commessa, pur se, alla data di adozione della decisione che ha constato l’infrazione, la gestione dell’impresa fosse posta sotto la responsabilità di un’altra persona” (cfr. sent. Hoek Loos Nv cit., punto 121; sentenza della Corte del 16

novembre 2002 Cascades c. Commissione, causa C-279/98P, in Racc., 2000, p. I-9693).

316

Sentenza Enichem Anic, cit., punto 237.

317

Nella pronuncia citata il Tribunale ha evitato di stabilire cosa debba accadere nel caso in cui l’impresa che ha commesso l’infrazione sparisca come entità economica costituita da un insieme di elementi materiali ed umani o quale società debba rispondere di un’infrazione commessa da un’impresa appartenente ad un gruppo.

Commissione318, in cui essa aveva affermato che con la definizione di ‘impresa’ dovesse riferirsi a ogni ente che esercita attività commerciali; pertanto, nel caso di un grande gruppo industriale, era possibile fare riferimento, secondo le circostanze, ad una società capogruppo o ad una consociata, oppure all’unità formata congiuntamente dalla società capogruppo e dalle consociate. Inoltre, i giudici hanno rilevato come, nel caso di cessione di quote di una società ad un’altra, doveva essere affrontata una questione preliminare, ossia l’identificazione dell’impresa che ha commesso l’infrazione e l’accertamento del fatto relativo alla persistente esistenza della forma essenziale dell’impresa. Il problema dell’identità di imprese è stato giudicato come di diritto comunitario e, pertanto, non assumono rilevanza eventuali modifiche societarie attuate in base ai vari diritti nazionali. La Commissione ha, però, cercato di effettuare taluni distinguo al fine di non dilatare eccessivamente il novero dei soggetti potenzialmente punibili per violazioni del diritto della concorrenza, affermando che non è sufficiente ai fini dell’imputazione dell’illecito all’acquirente, il mero acquisto del ramo d’azienda coinvolto nell’infrazione. Nell’ipotesi in cui l’impresa che ha commesso l’infrazione risulti ancora esistente, sarà quest’ultima a dover rispondere dell’illecito. Nel caso in cui, invece, l’impresa agente venga assorbita da un’altra entità, la responsabilità può essere addossata alla nuova figura giuridica, senza necessità di dimostrare che “l’acquirente abbia

proseguito o fatto proprio un comportamento illecito; il fattore determinante è l’esistenza di una continuità economica e funzionale fra l’impresa originaria e quella nella quale essa è stata incorporata”319

.

L’impostazione della Commissione, però, nella prassi non si è dimostrata così rigorosa nella ricerca della “continuità economica e funzionale”. Parte della dottrina320 ha evidenziato talune obiezioni a detto approccio, in particolare con riferimento all’ipotesi in cui l’unità economica che ha commesso l’illecito non possieda personalità giuridica o la perda a seguito di operazioni societarie. In questi casi, e come sopra già evidenziato, ai sensi dell’art. 256 CE, la Commissione, al fine di imporre e ottenere il pagamento di una sanzione, deve necessariamente rivolgere la propria

318

Decisione della Commissione, 89/190/CE del 21 dicembre 1988 IV/31.865, PVC, in GUCE del 17 marzo 1989, L 74, p. 1, punto 42.

319

Sent. Enichem Anic cit., punto 306.

320

decisione ad un soggetto giuridicamente determinato. La Commissione ha talora effettuato alcune forzature al fine di trovare un soggetto responsabile, che tuttavia sono incorse nelle censure dei giudici comunitari. Nel caso All

Weather Sports321, il Tribunale ha annullato la decisione della Commissione,

in quanto questa aveva inflitto la sanzione ad una società che aveva acquisito il ramo d’azienda coinvolto nell’infrazione e non le due società che avevano effettivamente commesso l’illecito, nonostante queste esistessero ancora. I giudici di prima istanza hanno sottolineato come esista in capo alla Commissione l’onere di motivare in maniera sufficientemente dettagliata le ragioni che la inducono ad addossare la sanzione ad un’impresa piuttosto che ad un’altra. Inoltre, essi hanno affermato che, al fine di poter addossare la responsabilità di una infrazione antitrust all’acquirente di un’impresa, autrice materiale dell’illecito ed esistente prima della cessione, occorre che non vi sia contestazione né sull’identità dell’entità giuridica che è succeduta in diritto all’autore dell’infrazione, né sull’effettività della sua continuazione, da parte di detta entità, dell’attività svolta dall’impresa interessata, all’origine della controversia322. Nel caso sottoposto al suo esame il Tribunale ha rilevato come l’impresa che aveva commesso l’infrazione esistesse ancora323, e pertanto le ragioni per le quali la Commissione aveva deciso di infliggere la sanzione alla nuova entità necessitassero di una motivazione maggiormente incisiva.

La giurisprudenza successiva ha mostrato di adottare un approccio meno rigoroso di quello inaugurato con la sentenza Enichem Anic sopra citata. In un caso324, il Tribunale ha confermato la decisione della Commissione con cui questa aveva imputato illeciti anticoncorrenziali ad una società costituita al fine del salvataggio dell’impresa insolvente, che aveva posto in essere la condotta, nonostante quest’ultima fosse ancora esistente. I giudici hanno rilevato come nel caso di specie non potesse parlarsi di “successore legittimo”

321

Sentenza del Tribunale del 28 aprile 1994, All Weather Sports Benelux BV c. Commissione, causa T-38/92, in Racc., 1994, p. I-211.

322

Sentenza Weather Sports, cit. punto 30.

323

E’ stato rilevato (K. HOEGH, Succession of liability for competition law infringements –

The Cement Judgment, in European Competition Law Review, 2004, p. 534) “the need to ensure efficient sanctioning of competition law infringements implies an ‘innocent’ purchaser of assets (the economic entity that committed the infringement) may become liable of the sins of the past. This is, however, only the case if the legal entity responsible for the past infringements has ceased to exist”.

324

Sentenza del Tribunale del 11 marzo 1999, NMH Stahlwerke GmbH c. Commissione, causa T-134/99, in Racc., 1999, p. II-239.

per diverse ragioni. In primo luogo, non si trattava di una mera modificazione giuridica, ma si era in presenza di una nuova società, con diverso personale direttivo. In secondo luogo, tale nuova società non aveva assunto tutti i diritti e gli obblighi sussistenti in capo alla società oggetto del salvataggio, ma aveva rilevato solamente la sua principale attività. Il Tribunale, basandosi sul concetto di “parte principale” dell’attività che risultava essere proseguita dalla nuova impresa, ha stabilito che “emerge tuttavia dalla giurisprudenza della

Corte e del Tribunale che in presenza di talune circostanze, una violazione delle norme in materia di concorrenza può essere imputata al successore economico della persona giuridica che ne sia l’autore, affinché l’effetto utile di tali norme non venga pregiudicato per effetto delle modificazioni apportate, in particolare alla forma giuridica delle imprese interessate”325

.

La ratio decidendi utilizzata dai giudici comunitari per imputare illeciti a soggetti non direttamente coinvolti parrebbe dunque poggiare sulla volontà di smascherare l’intento elusivo di eventuali acquisizioni o modificazioni societarie e sulla necessità di non pregiudicare l’effetto utile delle norme antitrust. La mancanza della prova dell’intento elusivo è infatti stata utilizzata in una pronuncia successiva326, per annullare una decisione con cui la Commissione aveva sanzionato una impresa che aveva acquisito il controllo di una società coinvolta in un pregresso illecito antitrust.

Come rilevato da parte della dottrina327, l’approccio seguito dalle istituzioni comunitarie, seppure supportato da condivisibili motivazioni relative alla corretta attuazione della politica di concorrenza, non pare rispettoso del principio di colpevolezza e del suo corollario della responsabilità personale. L’accento posto sulla potenziale volontà di eludere le norme antitrust da parte dell’impresa coinvolta negli illeciti potrebbe, infatti, consentire di sanzionare l’impresa “successore”, anche se del tutto estranea ai tentativi della prima di evitare l’applicazione delle disposizioni del Trattato.

Tali aspetti sono stati evidenziati nelle conclusioni rese nella causa

Aalborg328

, disattese dalla Corte. Nel caso di specie la società Aalborg in qualità di holding aveva assunto il controllo al 50% di una società coinvolta

325

Sent. NMH cit., punto 37.

326

Sentenza del Tribunale del 20 marzo 2002, HFB e a. c. Commissione, causa T-9/99, in

Racc., 2002, p. II-1487.

327

K. HOEGH, op. cit., p.535.

328

Conclusioni dell’Avvocato Generale Ruiz-Jarabo Colomer, rese l’11 febbraio 2003, nella causa C-2004/00, Aalborg e a. c. Commissione, in Racc., 2004, p. I-75;

nel cartello del cemento e contestava la legittimità dell’imputazione nei suoi confronti dell’illecito commesso dalla controllata, in epoca precedente all’acquisizione. Tale imputazione risultava basata sulla mera circostanza della prosecuzione dell’attività del dante causa da parte della Aalborg. L’Avvocato Generale, rilevata l’importanza e la vigenza del principio della responsabilità della pena, che impone di contestare un comportamento sanzionabile solo all’autore, ha affermato come esso debba essere applicato, seppure con le dovute cautele, anche nell’ambito delle sanzioni antitrust, in quanto non risulta ammissibile un regime di responsabilità oggettiva o senza colpa. Nel settore della concorrenza, l’applicazione di detto principio deve ricevere poi un’ulteriore modulazione dettata dalla necessità di adattarlo alle persone giuridiche, in quanto anche in questi casi “nessun elemento autorizza ad

ignorare l’elemento soggettivo della colpa, che subisce comunque un processo di oggettivazione. Nelle entità collettive non esiste l’elemento della volontà in senso stretto, ma una finzione giuridica permette di attribuire ad esse le infrazioni che siano conseguenza dei loro comportamenti. Non vi sono atti di volontà, ma vi è la capacità di infrangere le norme alla cui applicazione esse sono soggette. Il corollario è chiaro: non si può imputare a una persona giuridica un’infrazione che non ha commesso”329

.

L’Avvocato Generale ha poi proseguito rilevando come la possibilità di attribuire comportamenti anticoncorrenziali di un’impresa ad un’altra sia dettata dalla necessità di preservare la concorrenza nel mercato comune, ma a condizione che vengano soddisfatti taluni requisiti. In primo luogo, occorre che la nuova società prosegua l’attività della precedente e che fra le due sussista continuità economica, intesa quale appropriazione degli elementi materiali ed umani. In secondo luogo, risulta necessario che l’impresa precedente abbia cessato di esistere giuridicamente: si vogliono evitare operazioni di “ingegneria finanziaria” che consentano l’impunità a comportamenti illeciti.

Secondo l’opinione dell’Avvocato Generale nel caso di specie non poteva dirsi soddisfatto il primo dei requisiti sopra elencati, in quanto il controllo risultava al 50% con una società terza. Non poteva dunque parlarsi di “medesimo soggetto economico”. Di detto concetto, inoltre, non avrebbe potuto accogliersi una nozione puramente oggettiva: ignorare il fatto che la

329

persona che svolge l’attività è ancora esistente significherebbe, in ultima analisi “contravvenire ai principi di colpevolezza e della personalità della

sanzione”330

.

Al fine dell’individuazione del “successore” che possa essere considerato responsabile per le infrazioni commesse dal dante causa, le istituzioni comunitarie hanno cercato di enucleare taluni criteri. Nella pratica, sono state evidenziate331 tre situazioni principali: la prima concerne l’ipotesi in cui l’impresa che ha commesso l’infrazione abbia personalità giuridica, ma la perda a seguito della sua incorporazione in altra società; la seconda riguarda il caso in cui l’impresa che ha commesso l’illecito conservi la personalità giuridica, ma ceda il ramo di azienda coinvolto nell’infrazione; la terza, infine, riguarda l’ipotesi in cui l’impresa coinvolta nell’illecito non abbia personalità giuridica al momento dell’illecito, ma successivamente la acquisti.

La prima delle ipotesi sopra menzionate è stata analizzata nel caso

Suiker Unie332, in cui tale società aveva inglobato quattro cooperative esistenti

in precedenza. La Corte, al fine di giustificare la sanzione imposta a Suiker

Unie – entità non esistente al momento dell’infrazione ed in considerazione

del venire meno dei soggetti che realmente avevano commesso l’infrazione – ha sottolineato come essa avesse assunto tutti i diritti e gli obblighi delle quattro cooperative partecipanti alla vecchia società333 e pertanto dovesse essere considerata “sul piano economico, come il successore tanto di

quest’ultima quanto dei suoi soci, visto che questi hanno essi stessi inteso attribuirle tale funzione”334

. Dalla ratio decidendi sottesa a tale pronuncia, la

330

Conclusioni citate, punto 71. L’Avvocato Generale inoltre aggiunge (punto 72) che la soluzione accolta dal Tribunale comporterebbe un cambiamento radicale in quanto “nell’esercizio del potere sanzionatorio si dovrebbe seguire il corso dell’attività

imprenditoriale, per punire colui che la svolge nel momento in cui viene inflitta la sanzione; la responsabilità dovrebbe restare collegata all’impresa, all’attività e non alla persona fisica o giuridica che la esercita. Tale soluzione, esposta così in tutta la sua crudezza, prescindendo dal fatto che l’autore degli atti esiste ancora e può rispondere per esse, è inammissibile, in quanto ignora i suddetti principi”.

331

L. GARZANITI – G. SCASSELLATI-SFORZOLINI, op.cit., p. 350.

332

Sentenza della Corte del 16 dicembre 1975, Cooperatieve Vereniging Suiker Unie U.A. e a. c. Commissione, cause riunite 40 a 48, 50, 54, 55, 56 111, 113 e 114/73, in Racc., 1975, p. 1663.

333

Sentenza Suiker Unie, cit. punto 83.

334

Ibidem. La Corte ha altresì annoverato tra gli elementi a favore della considerazione della

Suiker Unie quale successore delle precedenti imprese la stessa denominazione sociale che era

dottrina335 ha potuto evincere il principio in base al quale il successore economico e funzionale di un’impresa coinvolta in un’infrazione antitrust, che abbia assunto i beni e le responsabilità del predecessore e che continua la precedente attività, con la medesima denominazione sociale, può essere considerato responsabile per le azioni poste in essere dal proprio predecessore. Tale forma di responsabilità trova giustificazione nella considerazione che sarebbe possibile eludere l’applicazione del diritto della concorrenza e conseguentemente il relativo regime sanzionatorio, attuando riorganizzazioni societarie oppure modificando la denominazione sociale.

La seconda ipotesi sopra menzionata riguarda la possibilità che l’impresa coinvolta nell’illecito antitrust trasferisca il ramo d’azienda coinvolto nell’infrazione, come è avvenuto nel caso Enichem Anic. Il Tribunale ha giustificato il coinvolgimento della Enichem Anic, nonostante la cessione del settore dell’attività relativa al polipropilene, sulla base del fatto che essa continuava ad essere giuridicamente esistente. Anche in questo caso, dunque, le istituzioni comunitarie paiono aver voluto sottolineare che un’impresa che ha commesso un’infrazione del diritto della concorrenza non può andare esente da responsabilità unicamente cedendo la parte di attività coinvolta nell’illecito. Restano da specificare quelle “circostanze particolari” che nella giurisprudenza recente336 dei giudici del Lussemburgo, appaiono in grado di giustificare l’imputabilità al successore degli illeciti del dante causa, anche se questo è ancora esistente.

Il terzo caso concerne l’ipotesi in cui il soggetto che ha commesso l’illecito acquisti la personalità giuridica dopo la commissione dell’illecito. Ad oggi non paiono essersi presentanti casi sul punto, ma da un’interpretazione sistematica delle pronunce sopra citate parrebbe potersi evincere337 che la nuova entità dotata di personalità giuridica debba rispondere dell’illecito commesso dal predecessore. Ciò sempre al fine di evitare comode elusioni dell’applicazione del diritto della concorrenza.

Oltre ai requisiti sopra menzionati di continuità economica, ai fini dell’imputabilità dell’infrazione alla nuova entità, le istituzioni comunitarie paiono richiedere che effettivamente quest’ultima abbia avuto la possibilità di

335

L. GARZANITI – G. SCASSELLATI-SFORZOLINI, op. cit., p. 350; C. KERSE – N. KHAN, op. cit., p. 365.

336

Sentenza NMH cit.; sentenza HFB cit.; sentenza Aarbolg cit..

337

esercitare un certo controllo sull’attività svolta. In particolare, la Commissione ha ritenuto di non poter sanzionare un’impresa che aveva acquisito due società nel periodo immediatamente antecedente al termine dell’illecito commesso dalle società acquisite338.

Un’altra ipotesi presa in considerazione dalle istituzioni comunitarie riguarda l’imputabilità di un comportamento illecito nel caso in cui il mutamento della proprietà societaria intervenga mentre l’illecito è ancora in corso. In questo caso, la responsabilità deve essere imputata ad entrambe le entità che detenevano la proprietà delle società in questione, ognuna per il periodo in cui effettivamente ha potuto esercitare il controllo. La Corte ha

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