IL PRINCIPIO DEL NE BIS IN IDEM
1. Il principio ne bis in idem e sua valenza sul piano internazionale
Come è noto, il principio ne bis in idem impone il divieto per le autorità di un medesimo Stato di giudicare due volte una stessa persona che sia già stata condannata o assolta con sentenza definitiva per un medesimo fatto/reato136.
Si configurano due modalità di applicazione del principio in parola. Questo opera in primo luogo come preclusione processuale (il cd. giudicato penale negativo). In base a tale preclusione un giudice non può sottoporre ad un nuovo procedimento un soggetto che sia già stato giudicato per il medesimo fatto/reato. In secondo luogo, il principio opera sul piano esecutivo137 e consente ad un giudice di tenere in considerazione, ed eventualmente decurtare, sanzioni già inflitte ad un medesimo soggetto per lo stesso fatto/reato.
Si suole escludere che il ne bis in idem costituisca un principio operante nell’ordinamento internazionale sia nella forma di regola consuetudinaria, sia nella forma di principio generale di diritto. Ciò vale sicuramente in relazione alla accezione di preclusione processuale del principio in questione138 e con qualche maggiore incertezza per il suo profilo
136
Per ampi riferimenti, anche bibliografici, si veda D. E. LOPEZ, Not Twice for the Same:
How the Dual Sovereignity Doctrine is Used to Circumvent Non Bis In Idem, in Vanderbilt Journal of Transnational Law, Vol.33:1263, 2000, p. 1267 e ss..
137
Per maggiori riferimenti si veda C. VAN DEN WYNGAERT – G. STESSENS, The
international non bis in idem principle: resolving some of the unanswered questions, in International and Comparative Law Quarterly, vol. 48, 1999, p. 793.
138
Cfr. ex multis D. E. LOPEZ, op. cit., p.1263; N. GALANTINI, Il principio del “ne bis in
idem” internazionale nel processo penale, Milano, 1984; R. BARATTA, Ne bis in idem, diritto internazionale e valori costituzionali, in Divenire sociale e adeguamento del diritto,
esecutivo139.
Il principio è accolto in diversi strumenti convenzionali140, anche a
Studi in onore di F. Capotorti, Milano, 1999, p. 3 e ss., il quale però non esclude che possa
essere individuabile un ne bis in idem internazionale in fieri; C. VAN DEN WYNGAERT – G. STESSENS, op. cit., p. 799. Anche la nostra Corte Costituzionale si è pronunciata, a più riprese, nel senso dell'inesistenza di un tale principio: si veda sentenza del 18 aprile 1967, n. 48, in Giur. cost., 1967, I, p. 229 e ss.; sentenza del 8 aprile 1976, n. 69, ibidem, 1976, p. 432 e ss..
L’esistenza di un ne bis in idem internazionale è stata da ultimo negata anche dall’Avvocato Generale Tizzano, nelle conclusioni rese nella causa C-397/03P, Archer Daniels Midland
Company – Archer Daniels Midlands Ingredients Ltd. c. Commissione, del 7 giugno 2005,
non ancora pubblicata in Raccolta, il quale sul punto ha rilevato che (p.to 97) “Quanto appena
affermato [ndr. inesistenza di un principio internazionale che accolga il ne bis in idem] trova chiara conferma nella giurisprudenza internazionale. In particolare il Tribunale penale internazionale per la ex Yugoslavia non ha esitato a riconoscere che ‘the principle of non bis in idem appears in some forms as part of internal legal code of many nations. Whether characterised as non bis in idem, double jeopardy or autrefois acquit, autrefois convict, this principles normally protects a person from being tried twice or punished twice for the same acts. This principle has gained a certain international status since it is articulated in article 14 of the International Convenant on Civil and Political Rights as standard of a fair trial, but it is generally applied as to cover only a double prosecution within the same State. The principle is binding upon this International Tribunal to the extent that it appears in Statute, and in the form it appears there” (Decision on the Defence Motion on the Principle of Non Bis In Idem, Prosecutor v. Tadic, Case No. IT-94-1, T.Ch. II, 14 Nov. 1995)”. Successivamente,
l’Avvocato Generale ha ulteriormente precisato che (p.to 98) “tale linea di pensiero è stata
espressamente condivisa anche da alcune corti costituzionali nazionali. Con sentenza 31 marzo 1987, ad esempio, il Bundesverfassungsgericht tedesco ha escluso che il principio in questione ‘possa essere considerato alla stregua di un principio di diritto internazionale generalmente riconosciuto’. Parimenti, in ben due sentenze la Corte Costituzionale italiana ha ritenuto che il semplice fatto che detto principio sia comune alla quasi totalità degli ordinamenti giuridici nazionali non costituisce motivo sufficiente per configurarlo come principio generale di diritto internazionale applicabile anche alle sentenze straniere”. Più
oltre, l’Avvocato Generale ha rilevato che (punto 99) “perfino in un contesto integrato come
quello comunitario, il principio del ne bis in idem si è affermato solo grazie alla sua previsione in apposite norme convenzionali, quali la Convenzione di applicazione dell’Accordo di Schengen (art. 54), la Convenzione sulla protezione degli interessi finanziari delle Comunità europee (art.7) e la Convenzione relativa alla lotta contro la corruzione nella quale sono coinvolti funzionari delle Comunità europee o degli altri Stati membri della Comunità europea”.
139
Ma vedi in senso difforme, C. AMALFITANO, Dal ne bis in idem internazionale al ne bis
in idem europeo, in Riv. dir. int. priv. e proc., 2000, p. 923 e ss., secondo cui il ne bis in idem
esecutivo potrebbe rispondere ad una logica equitativa e di extrema ratio poiché offrirebbe al soggetto giudicato due volte la possibilità di vedersi decurtata, o quantomeno presa in considerazione, la pena già inflitta. La possibilità di prendere in considerazioni sanzioni già inflitte da altre autorità è espressamente riconosciuta da numerose convenzioni internazionali: art. 54 della Convenzione europea sulla validità internazionale dei giudizi repressivi del 1970; art. 36 della Convenzione europea sulla trasmissione delle procedure repressive del 1972; art. 56 della Convenzione di applicazione di Schengen del 1990.
140
Tra le convenzioni maggiormente significative devono essere annoverate: l’art. 54 della Convenzione europea sulla validità internazionale dei giudizi repressivi, adottata a L’Aja il 18 maggio 1970; l’art. 36 della Convenzione europea sulla trasmissione delle procedure
vocazione universale, come l’art. 14 par. 7 del Patto internazionale sui diritti civili e politici del 1966141 e l’art. 4 del Protocollo n. 7 CEDU142. Tuttavia, la sua applicazione è limitata alle pronunce emanate in seno ad un solo ordinamento nazionale. Ad esempio, nell’ambito del Patto internazionale dei diritti civili e politici, il Comitato dei diritti dell’uomo ONU143 ha affermato che “no one shall be liable to be tried or punished again for an offence for
which he has already been finally convicted or acquitted with the law and procedure of each country”. La stessa limitata applicazione è prevista anche
con riferimento alla CEDU144. Ciò in quanto l’impossibilità da parte di uno Stato di esercitare l’azione penale perché già esercitata all’estero, viene considerata una limitazione di sovranità non tollerabile in assenza di un coordinamento e di un livello di armonizzazione elevato.
Rispetto al sistema internazionale, in ambito europeo l’applicazione del
repressive del 1972, firmata a Strasburgo il 15 maggio 1972; Convenzione tra Stati membri relativa all’applicazione del principio “ne bis in idem” firmata a Bruxelles il 25 maggio 1987.
141
Adottato dall’Assemblea Generale delle Nazioni Unite con Risoluzione n. 2200 A (XXI) del 16 dicembre 1966 ed aperto alla firma degli Stati membri il 19 dicembre 1966. Firmato dall’Italia il 18 gennaio 1967; ratificato il 15 settembre 1978 in seguito ad autorizzazione disposta con l. 25 ottobre 1977, n. 881, in GU del 7 dicembre 1997, n. 333, Suppl. ord.. L’art. 14 par. 7 stabilisce che “nessuno può essere sottoposto a nuovo giudizio o a nuova pena per
un reato per il quale sia stato già assolto o condannato con sentenza definitive in conformità al diritto e alla procedura penale di ciascun Paese”.
142
Protocollo addizionale n. 7 alla Convenzione per la salvaguardia dei diritti dell’uomo e delle libertà fondamentali, firmato a Strasburgo il 22 novembre 1984. Firmato dall’Italia il 22 novembre 1984 e ratificato il 7 novembre 1991 (con entrata in vigore il 1° febbraio 1992) in seguito ad autorizzazione disposta con l. 9 aprile 1990, n. 98, in GU 2 maggio 1990, n. 100. L’art. 4, rubricato “Diritto di non essere giudicato o punito due volte” testualmente recita “1.
Nessuno può essere perseguito o condannato penalmente dalla giurisdizione dello Stato per un reato per il quale è già stato assolto o condannato a seguito di una sentenza definitiva conformemente alla legge ed alla procedura penale di tale Stato.
2. Le disposizioni del paragrafo precedente non impediscono la riapertura del processo, conformemente alla legge ed alla procedura penale dello Stato interessato, se fatti sopravvenuti o nuove rivelazioni o un vizio fondamentale nella procedura antecedente sono in grado di inficiare la sentenza intervenuta.
3. Non è autorizzata alcuna deroga al presente articolo ai sensi dell’art. 15 della Convenzione”.
143
Comitato dei diritti dell’uomo ONU, decisione 2 novembre 1987 sulla comunicazione 204/1986, in Il “Comitato dei diritti dell’uomo” e il ne bis in idem internazionale, in Indice
pen., 1988, p. 124.
144
Decisione 16 gennaio 1995, sulla ricevibilità del ricorso n. 21072/92 Gestra c. Italia, in
Riv. dir., int., 1996, p. 456 e ss.. La corte di Strasburgo (Sent. del 29 maggio 2001, Fraz Fischer c. Austria, punto 30) ha anche sottolineato come una corretta applicazione del ne bis in idem dovrebbe avvenire in un momento prodromico alla comminazione della sanzione, e
quindi a livello di preclusione processuale, impedendo l’instaurazione di un nuovo procedimento per il medesimo fatto/reato, e non a posteriori come semplice decurtazione della sanzione già inflitta.
principio del ne bis in idem appare senz’altro più incisiva. La Convenzione di applicazione dell’accordo di Schengen145 prevede all’art. 54 che “una persona
che sia stata giudicata con sentenza definitiva in una Parte contraente non può essere sottoposta ad un procedimento penale per i medesimi fatti in un’altra Parte contraente a condizione che, in caso di condanna la pena sia stata eseguita o sia effettivamente in corso di esecuzione attualmente o, secondo la legge della Parte contraente di condanna, non possa più essere eseguita”. Tale norma ha ricevuto numerose applicazioni ed è altresì
sottoposta al controllo, seppure limitato, della Corte di Giustizia ex art. 35 UE. Da ultimo, il ne bis in idem è stato riconosciuto anche nella Carta dei diritti fondamentali dell’Unione Europea in cui l’art. 50 espressamente stabilisce che “nessuno può essere perseguito o condannato per un reato per il
quale è già stato assolto o condannato nell’Unione a seguito di una sentenza penale definitiva conformemente alla legge”. Con la proclamazione della
Carta, la portata e l’ambito di applicazione del ne bis in idem potrebbero, almeno in via interpretativa, ritenersi estesi a tutto il territorio comunitario146, superando, quindi, il sistema convenzionale di Schengen. L’art. 52 della Carta, infatti, prevede che essa debba essere rispettata dalle istituzioni comunitarie e dagli Stati membri nell’attuazione del diritto dell’Unione.
Le istituzioni comunitarie, in considerazione degli aspetti sempre più transnazionali della criminalità, consce delle problematiche connesse all’assenza del principio del ne bis in idem a livello comunitario, si sono occupate del principio in questione con vari atti, privi però di efficacia vincolante. Il Parlamento europeo con la “Risoluzione sull’applicazione nella
Comunità europea del principio del “ne bis in idem” in materia penale” del
1984147 ha invitato il Consiglio a pronunciarsi sulla materia avendo gli Stati membri legislazioni diverse. Esso ha rilevato come il detto principio poggi su due presupposti complementari, ossia la libertà individuale e la “vis rei
judicatae” intesa quale elemento di pace sociale148
. Il Parlamento ha altresì
145
Convenzione di applicazione dell’Accordo di Schengen del 14 giungo 1985 tra il governo degli Stati dell’Unione economica Benelux, della repubblica federale di Germania e della Repubblica Francese, relativo all’eliminazione graduale dei controlli alle frontiere comuni.
146
W.P.J. WILS, The EU Network of Competition Authorities, the European Convention on
Human Rights and the Charter of Fundamental Rights of the EU, reperibile sul sito
www.eui.it, contributo in occasione dell’EU Competition Law and Policy
Workshop/Proceedings, 2002, p. 17.
147
In GUCE C 104 del 16.04.1984.
148
evidenziato come la giurisprudenza della Corte di giustizia, “riconoscendo la
tutela dei diritti fondamentali come parte integrante dei principi generali del diritto” ne abbia conseguentemente sancito l’ingresso nel diritto comunitario,
“per cui non possono più essere ammesse deroghe in sede di applicazione del
principio del ne bis in idem”149
.
La Commissione, nell’ambito dello spazio giudiziario europeo e avendo come punto di riferimento il mandato del Consiglio europeo di Tampere del 15 e 16 ottobre 1999150 sul riconoscimento reciproco delle decisioni giudiziarie e delle sentenze in materia penale, sulla base dell’art. 31, lett. a) UE che prevede la “facilitazione e l’accelerazione della cooperazione
tra i ministeri competenti e le autorità giudiziarie o autorità omologhe degli Stati membri in relazione (…) all’esecuzione delle decisioni”, ha emanato la
“Comunicazione della Commissione al Consiglio e al Parlamento europeo sul
riconoscimento reciproco delle decisioni definitive in materia penale” del 26
luglio 2000151. La Commissione ha sottolineato l’importanza della piena operatività del principio in questione, ponendo in evidenza il problema del significato da attribuire al termine “idem”, da sempre oggetto di attenzione da parte della dottrina e della giurisprudenza e che vede interpretazioni oscillanti tra la rilevanza dello stesso fatto o dello stesso reato. L’importanza del principio in esame è stata altresì presa in considerazione dal “Programma di
misure per l’attuazione del principio del reciproco riconoscimento delle decisioni penali”152
del 2001.
Di particolare rilievo risulta essere anche l’“Iniziativa della Repubblica
ellenica in vista dell’adozione della decisione quadro del Consiglio sull’applicazione del principio ne bis in idem”153
del 2003. Tra gli illeciti sottoposti all’ambito di applicazione di detto principio vengono annoverati anche quelli amministrativi punibili con una sanzione pecuniaria da parte di un’autorità amministrativa, se appellabili dinanzi ad un tribunale penale. Viene accolta una nozione di “idem” che conferisce rilevanza unicamente agli atti commessi e che quindi pare prescindere dalla loro qualificazione giuridica; si
149 Punto 9. 150 Punti 33 e ss.. 151
COM (2000) 495 def., non ancora pubblicata.
152
in GUCE C 12 del 15 gennaio 2001.
153
accoglie anche il ne bis in idem esecutivo che consente di tener conto di sanzione eventualmente già inflitte.
Anche nell’ambito dei lavori della Convenzione europea, il gruppo X “Spazio di libertà, sicurezza e giustizia” nella relazione finale presentata il 2 dicembre 2002, si è riconosciuta l’esigenza di un ravvicinamento delle disposizioni in materia di diritto sostanziale e procedurale al fine di facilitare il reciproco riconoscimento.
Infine, deve essere ricordato il Libro Verde della Commissione sui conflitti di giurisdizione e il principio del ne bis in idem nei procedimenti penali154.