• Non ci sono risultati.

Ne bis in idem tra procedimenti nazionali e comunitar

IL PRINCIPIO DEL NE BIS IN IDEM

4. Ne bis in idem tra procedimenti nazionali e comunitar

Il secondo profilo di applicazione del principio del ne bis in idem nel diritto antitrust comunitario riguarda l’operatività dello stesso nei rapporti tra ordinamento comunitario e Stati membri. In linea di massima, si suole escludere che il principio in questione precluda l’adozione di una decisione di un’autorità nazionale relativa ad un fatto già sanzionato da parte della Commissione o viceversa che possa impedire l’adozione di una decisione della Commissione in merito ad una condotta già oggetto di un provvedimento di un’autorità nazionale. Tuttavia, almeno in linea teorica, la Commissione e la Corte hanno riconosciuto una seppur limitata valenza al ne bis in idem esecutivo.

La prima pronuncia che ha affrontato l’argomento relativo allo svolgimento parallelo di procedimenti comunitari e nazionali risale al 1969 nel caso Walt Wilhelm186. La Corte ha riconosciuto questa possibilità, sulla base del rilievo che i sistemi giuridici coinvolti consideravano le intese sotto diversi aspetti, anche se caratterizzati da una stretta interdipendenza187. Il diritto comunitario si sarebbe occupato delle intese sotto il profilo degli ostacoli che ne potevano conseguire per il commercio tra gli Stati membri, mentre le normative nazionali avrebbero considerato le intese in un ambito più ristretto, rispondendo ad esigenze proprie. L’unico limite alla pluralità di procedimenti è stato ravvisato nell’uniforme applicazione del diritto comunitario che comporta il divieto di provvedimenti nazionali contrastanti con decisioni prese dalla Commissione. Sulla questione relativa al pericolo di imposizione di doppie sanzioni, una comunitaria ed una nazionale, per la medesima condotta, la Corte ha affermato188 che detto elemento non poteva considerarsi di rilievo tale da escludere l’eventualità di procedimenti paralleli che perseguono scopi distinti. Una generale esigenza di equità avrebbe potuto, nondimeno, comportare l’eventuale presa in considerazione di sanzioni inflitte in precedenza189.

186

Sentenza della Corte del 13 febbraio 1969, Walt Wilhelm e a. c. Bundeskartellamt, causa 14/68, in Racc., 1969, p. 1. 187 Ibidem, punto 3. 188 Ibidem, punto 11. 189

Il riferimento all’equità, quale giustificazione per tenere in conto sanzioni già inflitte da autorità della concorrenza nazionali, è stato ribadito anche successivamente nella pronuncia del Tribunale di primo grado del 6 aprile 1995, Sotralentz SA c. Commissione, causa T-

Come già esposto, nel caso Italcementi190 si è ulteriormente precisato che ai fini dell’applicazione del principio in esame devono sussistere tre condizioni, ossia, l’identità dei fatti, dell’autore e del bene giuridico tutelato. Nel corso dell’analisi circa la sussistenza dei suddetti requisiti, l’Avvocato Generale, non contraddetto dalla Corte191, discostandosi parzialmente rispetto ai precedenti giurisprudenziali192, ha ammesso la sussistenza dell’unicità del bene giuridico tutelato, ossia la tutela di una “concorrenza libera ed aperta sul

mercato” a livello nazionale e comunitario. Il sistema comunitario e quelli

nazionali non potrebbero essere visti come “compartimenti stagni”, in quanto sono entrambi volti a tutelare la concorrenza: nella sua interezza il diritto comunitario, nelle sue varie componenti i sistemi nazionali193. Le autorità comunitarie e nazionali svolgerebbero un compito analogo e nella loro attività repressiva dei comportamenti anticoncorrenziali mirano dunque a tutelare lo stesso bene giuridico. Con riferimento al criterio territoriale, ossia l’estensione dell’infrazione, l’Avvocato Generale ha rilevato come esso non debba considerarsi come un elemento sostanziale, bensì accessorio, poiché non influirebbe sulla natura dell’infrazione, ma solamente sulla sua intensità. Secondo tale impostazione, la soluzione fornita dalla Corte nel caso Walt

Wilhelm e che permette di decurtare sanzioni eventualmente già inflitte, non

sarebbe del tutto conforme al principio del ne bis in idem, poiché tale principio non consisterebbe in una norma di procedura da “utilizzare quale palliativo al

servizio della proporzionalità” nelle ipotesi in cui un soggetto venga giudicato

e sanzionato due volte per il medesimo comportamento.

Nel caso in esame è stata però esclusa l’identità dei fatti, quando invece pareva profilarsi una loro sovrapposizione, consistente in quell’affinità di

149/89, in Racc., 1995, p. II-1127, in cui, al punto 29 si è espressamente affermato che “(…)

un’esigenza generale di equità implica che, nel commisurare l’ammenda, la Commissione deve tener conto delle sanzioni che siano già state irrogate all’impresa per lo stesso fatto, qualora si tratti di sanzioni inflitte per violazione del diritto delle intese di uno Stato membro e, di conseguenza, per fatti avvenuti nel territorio comunitario”.

190

Cfr. conclusioni dell’Avvocato Generale Ruiz-Jarabo Colomer, presentate l’11 febbraio 2003, causa C-213/00 Italcementi c. Commissione, cit..

191

Sentenza della Corte del 7 gennaio 2004, cause riunite C- 204/00P, C-205/00P, C-211/00P, C-213/00P, C-217/00P, C-219/00P, Aalborg Portland A/S e a. c. Commissione, cit., punto 340.

192

Sent. Wilhelm cit..

193

Con tale affermazioni parrebbe possibile non ritenere più ammissibili procedimenti multipli basati unicamente sulla diversità di fini delle normative antitrust nazionali e comunitaria.

“essential elements” della condotta, che secondo la giurisprudenza194 di Strasburgo giustificherebbe l’operatività del principio in esame.

I concreti effetti dell’applicazione del ne bis in idem nei rapporti tra autorità nazionali e autorità comunitarie, meritano un esame anche sotto altri profili.

Il primo di essi riguarda l’applicazione della disciplina posta dal regolamento n. 1/2003 che ha creato l’European Competition Network formato dalle autorità garanti della concorrenza degli Stati membri. Nelle intenzioni del legislatore comunitario, tale Network dovrebbe essere in grado di limitare il verificarsi il fenomeno dell’imposizione di sanzioni multiple da parte della Commissione e delle autorità nazionali.

I rischi di instaurazione di più procedimenti aventi ad oggetto la medesima condotta anticoncorrenziale non ci sembrano, tuttavia, del tutto scongiurati. Il regolamento n. 1/2003, introduce un sistema di competenze parallele, ma non fornisce criteri di “competenza”, se non nel caso dell’art. 11 par. 6, in cui viene previsto che l’avvio di un procedimento da parte della Commissione priva le autorità nazionali della competenza ad applicare gli articoli 81 e 82 CE. L’art. 11 par. 3 prevede un obbligo di informazione da parte delle Autorità garanti alla Commissione, quando queste debbano applicare gli articoli 81 e 82 CE, entro la prima misura formale di indagine. Tale scambio di informazioni, per converso, viene previsto quale semplice facoltà per quanto riguarda le altre autorità garanti nazionali. Anche la disposizione contenuta nell’art. 13 del regolamento n. 1/2003 non pare garantire appieno l’operatività del ne bis in idem, poiché il fatto che un’autorità si stia occupando di un caso costituisce per le altre autorità unicamente una mera facoltà di sospendere il procedimento o di respingere una denuncia. In assenza di un vero e proprio obbligo di sospensione o chiusura del procedimento rimane, dunque, ipotizzabile la possibilità di un doppio (o plurimo) procedimento con conseguente comminazione di pluralità di sanzioni195.

194

Sent. 29 maggio 2001, Franz Fischer c. Austria, cit., punto 29; in precedenza Grandinger v. Austria, del 23 ottobre 1995, serie A n. 238.

195

Tale problema è stato ben evidenziato da D. WAELBROECK, “Twelve feet all dangling

down and six necks exceeding long”. The EU Network of Competition Authorities and the European Convention on Fundamental Right”, European University Institute, Robert

La Commissione, nella “Comunicazione sulla cooperazione

nell’ambito della rete delle autorità garanti della concorrenza” del 27 aprile

2004196, ha fornito dei criteri di ripartizione della “competenza” e di allocazione sulla base dell’idoneità di un’autorità a trattare un determinato caso197. Non solo dunque, non è escluso che più autorità si occupino del medesimo caso, ma anzi ne viene regolamentata l’azione, prevedendo dei meccanismi di coordinamento198, senza però nulla disporre in merito alla questione delle sanzioni199.

Workshop/Proceedings, www.iue.it/RSCAS/Research/Competition/2001/Waelbroeck.pdf, p. 5 il quale ha posto in luce che “as the various mechanism show, the system is still largely based

on flexibility without any stringent criteria on cases allocation. Therefore in practice the system is not very different from the one practised e.g in the context of the EC-US cooperation agreement. The risk of inconsistent decision –making, i.e of different authorities arriving at different conclusion applying the same rule to the same behaviour and to the same company, is therefore not negligible. If such situation arise – as they did in the past – this, will, in our view, raise serious questions both as regards the principle of legality of sanctions contained in article 7 of the Conventions and as regards ne bis in idem principle”.

196

In GU C 101 del 27 aprile 2004, p. 43.

197

Il punto 8 della citata Comunicazione prevede che un’autorità possa essere considerata la più idonea a trattare un caso al verificarsi di tre condizioni cumulative: in primo luogo se l’accordo o la pratica concordata hanno conseguenze dirette e prevedibili sul suo territorio o se queste vengono attuate o hanno origine in detto territorio; in secondo luogo se l’autorità è in grado di far cessare l’infrazione; infine, se questa è in grado, eventualmente coadiuvata anche dalle altre autorità, di raccogliere elementi di prova sufficienti per l’accertamento dell’infrazione. Il successivo punto 12, poi, prevede espressamente la possibilità di un’azione parallela da parte di una o più autorità nel caso in cui una sola di esse non sia in grado di far cessare l’infrazione o sanzionarla adeguatamente. La Commissione, invece, si ritiene idonea a trattare un caso quando vengono coinvolti più di tre Stati. La Comunicazione regolamenta altresì i meccanismi di attribuzione dei casi, prevedendo che (punto 17), le autorità debbano informarsi reciprocamente dei vari casi trattati e che eventuali problemi di riattribuzione (punto 18) debbano essere risolti tempestivamente, in genere entro due mesi dalla data della prima informazione fornita alla rete. Il punto 19 stabilisce che le autorità che si occupano di un caso al termine del periodo previste per la riattribuzione, dovrebbero in genere continuare ad occuparsene fino al termine del procedimento. E. PAULIS – C. GAUER, Le réglement n.

1/2003 et le principe du ne bis in idem, in Concurrences, 2005, p. 33, pongono in evidenza

come il fatto di parlare di mera idoneità di un’autorità garante a trattare un caso piuttosto che usare termini più pregnanti, è un chiaro indice della flessibilità del sistema, che non impone alcun obbligo preciso di competenze.

198

Il punto 12 della Comunicazione cit., precisa che “l’azione parallela di due o tre autorità

nazionali garanti della concorrenza potrebbe rivelarsi adeguata qualora un accordo o una pratica producano effetti sensibili principalmente nei rispettivi territori e l’azione di un’unica autorità nazionale garante della concorrenza non sia sufficiente a far cessare l’infrazione nel suo complesso e/o sanzionarla adeguatamente”. Il successivo punto 13 prevede che “Le autorità che trattano un caso in parallelo devono coordinare per quanto possibile la loro attività. A tal fine esse possono trovare utile designare una di loro come autorità capofila e delegare ad essa compiti, quali, ad esempio, il coordinamento delle misure di indagine, mentre ciascuna autorità resta responsabile della conduzione dei propri procedimenti”.

199

Il diritto del Regno Unito, ad esempio, prevede che nella graduazione delle sanzioni si tenga conto di quelle eventualmente già inflitte da altre autorità. Nelle Guidelines sull’enforcement, pubblicate nel dicembre 2004 e reperibili sul sito www.oft.gov.uk, il punto

Un secondo profilo riguarda il rapporto tra il ne bis in idem ed il principio di territorialità200, il quale, come è noto, prevede la sussistenza della giurisdizione di uno Stato nel caso in cui la persona o il bene coinvolti vi siano ubicati oppure quando ivi si è verificato l’evento. Sulla base di questa teoria, parte della dottrina201, ritenendo che un’Autorità nazionale non possa assumere come parametro di riferimento per la valutazione di un illecito antitrust gli effetti anche su altri territori e, conseguentemente, che la decisione non possa avere effetto al di fuori del proprio territorio, considera che un’azione parallela di diverse Autorità contro la medesima infrazione non si ponga in contrasto con il principio del ne bis in idem, mancando il requisito dell’identità del fatto. I diversi effetti sui distinti territori nazionali consentirebbero di escludere di trovarsi in presenza della medesima infrazione, in virtù dell’assenza dell’identità di tutti gli elementi che compongono la condotta. Secondo tale opinione, dunque, un’autorità potrebbe sanzionare una determinata infrazione prendendone in considerazione gli effetti anche in altri territori, solo in presenza di un espresso consenso delle altre autorità

5.30 prevede che “in case concerning infringement of Article 81and /or Article 82, the OFT

may take into account the effects in another Member States in calculating the penalty to be imposed, provided the express consent of the relevant Member State or NCA, as appropriate, is given in each particular case”. La Section 38(9) del Competition act del 1998 stabilisce che

nel commisurare la sanzione si tenga conto di altre eventuali sanzioni inflitte in precedenza da altre autorità.

Il fatto che le Autorità nazionali applichino, ai sensi dell’art. 3 del regolamento n. 1/2003, che prevede il cd. “obbligo di applicazione concomitante”, unitamente alle loro norme antitrust, anche gli articoli 81 e 82 CE a comportamenti che possono pregiudicare il commercio tra Stati membri implica che queste applichino le sanzioni previste dal loro diritto nazionale. Ciò potrebbe condurre ad un affievolimento dei diritti di difesa delle imprese oggetto di questi procedimenti, dovuto alla scarsa conoscenza dei sistemi antitrust del Paese che si sta occupando dell’asserita infrazione, in luogo della Commissione e della conseguente applicazione di tutte le garanzie previste dal diritto comunitario. Per espressa previsione legislativa contenuta nell’art. 3, par. 2, regolamento n. 1/2003, gli Stati sono liberi di poter prevedere sanzioni più rigorose per i comportamenti unilaterali; l’art. 5 prevede, inoltre, che le autorità nazionali possano anche “comminare ammende, penalità di mora o qualunque altra

sanzione prevista dal diritto nazionale”. Dette sanzioni, pertanto, potrebbero avere carattere

penale e colpire le persone fisiche, probabilità questa esplicitamente ammessa negli stessi considerando del regolamento, nella misura in cui “costituiscano gli strumenti tramite i quali

sono attuate le regole di concorrenza applicabili alle imprese”.

200

La letteratura in materia è vastissima. Per ampi riferimenti cfr. P. PICONE, L’applicazione

extraterritoriale delle regole sulla concorrenza e il diritto internazionale, in Il fenomeno delle concentrazioni di imprese nel diritto interno e internazionale, Padova, 1989, pp. 81 e ss.; P.

TORREMANS, Extraterritorial Applications of E.C. and U.S. Competition Law, in European

Law Review, 2000, p. 99.

201

C. GAUER, Due Process in the Face of Divergent National Procedures and sanctions, op.

cit..; E. PAULIS – C. GAUER, Le règlement n. 1/2003 e le principe du ne bis in idem, op. cit.,

astrattamente coinvolte202.

Tale impostazione e la sua premessa logica non paiono pienamente condivisibili.

Come correttamente evidenziato da altra dottrina203, infatti, i membri del Network dovrebbero cercare di designare una sola autorità per ogni caso, la quale dovrà trattarlo efficacemente anche in virtù dell’art. 10 CE204 e sanzionare le violazioni del diritto comunitario in modo proporzionato, efficace e dissuasivo. Ciò consentirebbe ad una determinata autorità di sanzionare un accordo tenendo in considerazione anche gli effetti che si producono in un altro territorio, sulla base del presupposto che se le autorità nazionali si limitassero a sanzionare gli effetti dell’accordo solamente sul proprio territorio, non sanzionerebbero in maniera dissuasiva la violazione delle norme antitrust comunitarie, che presuppongono, per la loro stessa applicazione, un incidenza sul commercio tra Stati membri205. Tale ragionamento, secondo l’opinione sopra citata, risulterebbe corroborato anche dalla possibilità prevista dall’art. 13 del regolamento n. 1/2003 di sospendere o archiviare un caso già trattato da un’altra autorità. Detta norma implicherebbe in capo all’autorità cui è attribuito il caso tutti i poteri necessari per sanzionare efficacemente l’inosservanza degli articoli 81 e 82 CE206. Un’applicazione senza correttivi del principio di territorialità risulterebbe “artificiale” 207 in quanto il regolamento ha creato un quadro giuridico per le azioni delle varie autorità che hanno il compito di applicare gli articoli 81 e 82 CE al fine di garantirne l’efficacia.

Sotto il profilo del ne bis in idem esecutivo, i giudici comunitari hanno

202

La dottrina menzionata cita come esempio di applicazione pratica di questa impostazione, la prassi dell’OFT (autorità garante del Regno Unito), citata nella precedente nota n. 70.

203

L. PIGNATARO, La riforma del diritto comunitario della concorrenza: il regolamento n.

1/2003 sull’applicazione degli articoli 81 e 82 del Trattato CE, in Contratto e Impresa/Europa, 2003, p. 254 e ss., in particolare p. 264; W. P. J. WILS, Principles of European Antitrust Enforcemet, Oxford and Portland, Oregon, 2005, p. 85

204

Tale norma prevede l’obbligo di leale collaborazione degli Stati membri nell’attuazione del diritto comunitario. Cfr. sentenza della Corte del 21 settembre 1989, causa C-68/88, Commissione c. Repubblica Greca, in Racc. 1989, p. I-2965; sentenza della Corte del 18 ottobre 2001, causa C-354/99, Commissione c. Irlanda, in Racc. 2001, p. I-7657.

205

L. PIGNATARO, op. cit., p. 264.

206

Detta impostazione pare risultare implicitamente accolta anche nella Comunicazione della Commissione sopra citata, in cui, al punto 12 in materia di azioni parallele di più autorità, viene espressamente stabilito che ognuna di esse tratterà il caso, “ognuna per il proprio

territorio”.

207

talora riconosciuto come la Commissione ne avesse dato concreta applicazione, decurtando dalla sanzione comminata quella già inflitta a livello nazionale208. Recentemente, l’opportunità di tenere in conto eventuali sanzioni già inflitte da altre autorità, è stata nuovamente ribadita nelle conclusioni rese nell’impugnazione relativa al cartello della lisina (causa Archer Daniels

Midland), in cui è stata posta in evidenza l’identità del bene giuridico tutelato

dalle norme comunitarie e nazionali in tema di concorrenza. Dopo aver sottolineato la stretta interdipendenza esistente tra i mercati nazionali e quello comunitario, l’Avvocato Generale209 ha nuovamente ribadito come le normative antitrust nazionali e comunitaria si differenziano per un aspetto “quantitativo”, ossia per l’estensione territoriale, necessariamente più ristretta per le legislazioni nazionali. E’ in tale contesto “in cui i ‘medesimi fatti

avvenuti nel territorio comunitario’ possono dar luogo a procedimenti paralleli dinanzi alle autorità nazionali e comunitarie, che la Corte ha enunciato che qualora ‘la possibilità di un duplice procedimento dovesse implicare una doppia sanzione, un’esigenza generale di equità (…) implica che si tenga conto, nel determinare la sanzione, delle decisioni repressive anteriori”210

. L’enunciazione di detto principio dovrebbe condurre a ritenere che in caso di imposizione di pluralità di sanzioni, le varie autorità dovrebbero quanto meno tener conto di quelle previamente inflitte, se non astenersi del tutto dal procedere nuovamente per le medesime infrazioni, al fine di non violare il ne bis in idem211.

208

Decisione della Commissione 83/ 546/CEE del 17 ottobre 1983, IV/30.064, Cilindri colati

in ghisa e in acciaio, in GUCE, L 317 del 15/11/1983, p.1 e ss., punto 71; decisione della

Commissione, 89/515/CEE del 2 agosto 1989,IV/31.553 - Rete metallica elettrosaldata, in

GUCE L 260 del 06/09/1989 p. 1 e ss., punti 205-206. Sentenza del Tribunale di primo grado

del 6 aprile 1995, causa T-141/89, Tréfileurope Sales Sarl c. Commissione, in Racc., 1995, p. II-791, punti 191-194; sentenza del Tribunale di primo grado del 6 aprile 1995, causa T- 149/89, Sotralentz SA c. Commissione, cit., punti 26-30.

209

Avvocato Generale Tizzano, conclusioni rese il 7 giugno 2005 nella causa C-397/03 cit.,

Archer Daniels Midland, non accora pubblicate in Raccolta.

210

Ibidem, punto 106.

211

Un’ulteriore questione attiene al recupero, eventualmente coatto, delle sanzioni all’interno del Network. Detto recupero potrebbe avvenire ai sensi della Decisione Quadro del Consiglio del 24 febbraio 2005, n. 2005/21/GAI relativa all’applicazione del principio del reciproco riconoscimento delle sanzioni pecuniarie (in GU L 76 del 22 marzo 2005, p. 16). Detta decisione prevede un sistema facilitato per il riconoscimento e l’esecuzione delle decisioni che impongono il pagamento di una somma di denaro. Tra i motivi di diniego di riconoscimento ed esecuzione di una sanzione viene espressamente menzionata la presenza di una previa decisione “per gli stessi fatti nei confronti della stessa persona” (art. 7 par. 4).

5. Ne bis in idem in relazione a sanzioni comunitarie e di Paesi

Outline

Documenti correlati