E CONSOLIDAMENTO COSTITUZIONALE DEI SDB (1870-1874)
6. Per l’approvazione delle Costituzioni della Società salesiana (1872-1874) Armato di temeraria speranza e di illusoria tenacia don Bosco sperava di
ottenere tutto fin dagli inizi delle pratiche romane: l’approvazione della Congre-gazione e delle Costituzioni e, con queste, le facoltà dell’esenzione e delle dimis-sorie, condizioni di libertà e agilità nell’operare. Invece, dovette rassegnarsi a ottenerle per gradi. Dopo l’approvazione della Società era la volta delle Costitu-zioni; dopo questa, sarebbe stata la concessione dei cosiddetti “privilegi”.
Nei tre soggiorni romani tra il 1871 e il 1872 apparentemente non fu mai toccato il problema dell’approvazione delle Costituzioni. Don Bosco ne prepa-rava la soluzione. I molti contatti l’avrebbero dovuta rendere più viabile.
Comunque, nell’attesa, egli non si era stancato di chiedere di volta in volta, direttamente al papa o tramite intermediari71, la concessione della facoltà delle dimissorie per casi non contemplati dal decreto del 1° marzo 1869. Egli presentava una lista di undici nomi in una supplica a Pio IX anteriore al 13 agosto 186972; per alcuni di essi, Bodrato e Guidazio73, l’aveva chiesta anche a parte; per Berto e Barberis l’avrebbe fatto poi74.
Infine, su richiesta di don Bosco, in data 27 agosto 1872 il card. Berardi gli comunicava che il papa riteneva “non esservi difficoltà” a che il fondatore potesse “dar nelle vie consuete e regolari libero corso alla domanda” di appro-vazione delle Costituzioni della Società75.
75 Cap. XIX: Fondazione dell’Istituto FMA e consolidamento costituzionale dei SDB (1870-1874)
70Lett. del 15 marzo 1875, Em IV 441.
71Tra essi emergeva l’abile e sollecito cardinal Giuseppe Berardi: cfr. ad esempio, lett. del cardinale del 9 giugno e del 15 luglio 1871, in MB X 669-670.
72Em III 122-123; cfr. già due anni prima, lett. a P. Marietti, 5 maggio 1869, Em III 84.
73A Pio IX, maggio e luglio 1869, Em III 90 e 111.
74A Pio IX, agosto e 8 novembre 1870, Em III 123, 268-269.
75Lett. del 27 agosto 1872, riportata in MB X 673.
Don Bosco si apprestava all’inoltro della pratica col mettere a punto tre documenti: 1) il testo parzialmente modificato delle Costituzioni del 186776; 2) un breve promemoria De regulis Societatis Salesianae aliqua declaratio, nella quale illustrava e motivava l’accettazione o il rifiuto delle 13 “animadversiones”
inviategli dalla Congregazione dei VV. e RR. nel 1864 e ribadite nel corso del-le pratiche per l’approvazione della Società nel biennio 1868-186977: nella Declaratio, che era una forma di risposta alle “animadversiones” più sintetica di quella del documento Super animadversiones in Constitutiones, don Bosco insi-steva nel difendere i punti essenziali del testo costituzionale; 3) l’informativa De Societate S. Francisci Salesii brevis notitia et nonnulla decreta ad eamdem spec-tantia78: era il testo del 1868, aggiornato con l’aggiunta del decreto di approva-zione della Società salesiana del 1° marzo 1869 e un resoconto sulla Salesianae Societatis praesens conditio: 4 oratori e 7 case.
Nel testo delle Costituzioni don Bosco manteneva i punti ritenuti irrinun-ciabili in rapporto alla specificità della sua Società religiosa e alle esigenze di opere giovanili in costante crescita, bisognose di personale assistente e insegnan-te79. Erano principalmente quattro: 1) la facoltà al Superiore generale di conce-dere le lettere dimissorie per le Ordinazioni ad quemcunque episcopum: egli era, infatti, convinto che al suo inserimento nel testo costituzionale desse via libera il decreto di approvazione della Congregazione del 1° marzo 1869; per i candi-dati entrati in una casa salesiana prima dei 14 anni provvedeva il decreto stesso, per gli altri don Bosco riteneva automatica la concessione pontificia dietro presentazione delle liste dei candidati80; 2) l’esclusione di tutti i riferimenti canonici che avrebbero potuto far apparire conventuale il suo Istituto e quindi, ipoteticamente, in contrasto con la legge di soppressione del 7 luglio 1866: il che sarebbe avvenuto, secondo don Bosco, se nel testo costituzionale fosse stata esplicitamente sancita la necessità del beneplacito della Santa Sede per determi-nate operazioni economiche o per l’apertura di nuove case o l’accettazione di seminari; 3) la possibilità di “affigliazione” alla Società degli “esterni”, regola-mentata in un capitolo posto in appendice al testo: dalla collaborazione di tali membri, secondo lui, avrebbero ricavato grandi benefici sia la Società salesiana che la Chiesa; 4) l’omissione della prescrizione formale della relazione triennale alla Santa Sede, rimovendo il pericolo che il potere civile potesse considerare la Società ente morale e che i suoi beni cadessero sotto il controllo dei secolari81.
76 Cfr. Regulae Societatis S. Francisci Salesii. Augustae Taurinorum, Ex officina Asceterii Salesiani 1873, 38 p., OE XXV 35-72.
77Cfr. il testo in Cost. SDB (Motto) 248.
78Cfr. il testo in OE XXV 103-121.
79 La successione delle varianti intervenute nel testo dal 1867 al 1873 (dal doc. Ls al doc.
Ns) è minuziosamente ricostruita nell’edizione critica curata da Francesco Motto, Cost. SDB 18-19, 58-211.
80Cfr. conferenza tenuta ai salesiani la sera del 7 marzo 1869, MB IX 563-567.
81De regulis Societatis salesianae aliqua declaratio, in Cost. SDB (Motto) 248.
Quanto al conto in cui don Bosco aveva tenuto le 13 inquietanti “anim-adversiones”, il nuovo Consultore, il domenicano p. Raimondo Bianchi, dopo aver esaminato il testo delle Costituzioni nel 1873 avrebbe crudamente osser-vato: “Mi ha recato non poca sorpresa lo scorgere che la maggior parte di esse sono state omesse, o eluse sotto pretesti più o meno speciosi allegati dal Supe-riore Generale in una così detta dichiarazione delle regole [la Declaratio ricorda-ta] annessa alla supplica”82.
Ma la lotta intorno alle “animadversiones” si spostava per don Bosco anche sul piano pratico, al quale lo richiamava, non senza amara sorpresa, l’Ordinario di Torino, Lorenzo Gastaldi. In una lettera del 24 ottobre 1872, l’arcivescovo si professava profondamente “affezionato alla Congregazione” fondata dal suo coetaneo e amico, la giudicava “opera ispirata da Dio” e si dichiarava “ben lieto di proseguire ad assisterla, acciò potesse riuscire ad ottenere dal Vicario di Gesù Cristo una piena approvazione”. Però, “memore che il bene deve farsi bene e che bonum ex integra causa, malum ex quocumque defectu”, poneva tassative condizioni all’ammissione dei candidati salesiani alla tonsura e agli ordini mino-ri e maggiomino-ri. Egli le mino-riteneva del tutto legittime, volute dal Concilio di Trento e in armonia con le limitate facoltà concesse dal decreto di approvazione alla Società. La presentazione all’Ordinario dei candidati alla tonsura e agli ordini sacri era condizionata all’adempimento di alcuni loro precisi obblighi: presen-tarsi personalmente all’arcivescovo 40 giorni prima dell’ordinazione; esibire un attestato anagrafico nel quale fosse compreso anche l’anno di entrata al-l’Oratorio; precisare il luogo e gli anni di studio, dalla latinità e belle lettere alla filosofia e alla teologia; indicare l’anno e giorno di professione o rinnovazione dei voti triennali; quindi, “subire l’esame almeno su due trattati intieri di Teolo-gia”, diversi per ogni ordinazione, “su tutto ciò che riguarda l’ordine da ricever-si”. L’Ordinario – aggiungeva –, avrebbe potuto esigere dagli alunni di don Bosco anche la frequenza delle lezioni tenute in seminario, ma confidava “che nell’esame daranno prove tali di studio e profitto nelle discipline teologiche, da non essere necessario di obbligarli all’osservanza di quella prescrizione”83.
Nella risposta, scritta a due settimane di distanza col “cuore amareggiato e la mente agitata” – al termine della missiva confessava addirittura: “Ho scritto quasi senza sapere quello che ho scritto” –, don Bosco mostrava di non essersi reso conto che le direttive date dall’arcivescovo non si riferivano tanto a episo-di particolari, rispecchiavano piuttosto un programma episo-di governo episcopale finalizzato alla normalizzazione della disciplina ecclesiastica nella diocesi e nelle Congregazioni religiose, secondo un’ottica ecclesiologica ben precisa. Il Supe-riore ecclesiastico, quindi, non poteva che stupirsi della domanda che don
77 Cap. XIX: Fondazione dell’Istituto FMA e consolidamento costituzionale dei SDB (1870-1874)
82Congregazione particolare dei Vescovi e Regolari... sopra l’approvazione della Società Salesia-na... Roma, Tip. Poliglotta della S.C. di Propaganda 1874, p. 28, OE XXV 364: l’intero testo alle pp. 28-36, OE XXV 364-372.
83Lett. del 24 ottobre 1872, riportata in MB X 683-684.
Bosco gli rivolgeva: “Io la prego quanto so e posso di scrivere o dire o far dire quello che osserva di biasimevole tra noi, affinché noi sappiamo come regolarci e in quali limiti tenerci”. Molto più doveva inquietarlo l’osservazione finale:
“Mi permetta l’ardita espressione, continuando così con altri Ella giungerà al punto di essere temuto da molti, amato da pochi”84. Supponendo scontate le direttive date quanto agli ordinandi, l’arcivescovo rispondeva lo stesso giorno, esplicitando il proprio pensiero circa le condizioni, in base alle quali avrebbe appoggiato a Roma l’approvazione delle Costituzioni salesiane. Esso era ispira-to a una precisa teologia della Chiesa e, in essa, dei vescovi, degli Istituti reli-giosi e dei reciproci rapporti. Del resto, le istanze erano identiche a quelle avanzate dalla Congregazione dei VV. e RR. e le condizioni sine qua non del-l’approvazione delle Costituzioni: l’erezione del noviziato, il contenimento entro precisi confini dell’“esenzione dall’autorità vescovile”, la non ammissibi-lità nel testo costituzionale della facoltà delle dimissorie. “In primis et ante omnia” – affermava l’arcivescovo –, “il mantenimento e il fiorire della Congre-gazione di S. Francesco di Sales” “dipende da un buon Noviziato”: “ora questo Noviziato manca presentemente in questa Congregazione”; “quindi non potrò promuovere l’approvazione [compiuta e definitiva] Pontificia di questa Congregazione, se non a patto espresso, che si stabilisca un tale Noviziato”85.
Inoltre, pur ammettendo conveniente per gli Ordini religiosi l’istituto del-l’esenzione, egli si dichiarava “nemico delle esenzioni non necessarie e special-mente se dannose, come a mio giudizio – precisava – è quella, che si vorrebbe mantenere, che il Vescovo non esamini diligentemente gli Ordinandi, mentre il Concilio di Trento e il Pontificale de’ Vescovi ne fanno a questi il comando”.
Era sua “intenzione di edificare e non distrurre, cooperare al bene e non impe-dirlo”. Pregava, perciò, il destinatario di esaminare se nelle “lagnanze” “siavi alcun che di vero” e porre “mano a correggere”86. Nella risposta don Bosco si richiamava a un colloquio avuto con Pio IX in occasione delle pratiche per l’approvazione della Società. In esso il papa sembrava aver legittimato quanto all’Oratorio si faceva per la formazione degli ascritti alla Congregazione. “Il noviziato se non vi è di nome, vi è di fatti”, era la sostanza del discorso. Ma era improbabile che per Gastaldi riuscissero persuasive affermazioni affidate al vivae vocis oraculo o comunque da esse fosse indotto a mutare convinzioni teologiche, giuridiche e pastorali profondamente radicate87.
Esattamente un mese dopo, come concordato, don Bosco inviava in visione all’arcivescovo le bozze della Brevis notitia, ripromettendosi di sottoporgli anche quelle delle Costituzioni. Le ultime righe della lettera mostravano il suo
84A mons. L. Gastaldi, 9 novembre 1872, Em III 488-489.
85 Lett. del 9 novembre 1872, riportata in MB X 684-685. Effettivamente del noviziato non si faceva parola nemmeno nel testo delle Costituzioni che don Bosco si accingeva ad al-legare alla domanda di approvazione il 1° marzo 1873.
86Ibid., p. 685.
87Lett. del 23 novembre 1872, Em III 494-495.
impaccio, ravvisabile nella motivazione tautologica di una proposta probabil-mente sentita offensiva dal destinatario: “Se desidera che alla Brevis notitia si stampi anche la sua commendatizia, sarà una grande facilitazione perché possa leggersi con maggior facilità”88.
In data 10 febbraio 1873 mons. Gastaldi rilasciava la sua commendatizia in lingua latina. In essa tracciava una storia estremamente benevola dell’opera di don Bosco e della sua Società in favore dei giovani giudicandola “quanto mai degna di essere munita della protezione della S. Sede Apostolica”. Aggiungeva, però, sei prevedibili condizioni: il fondatore avrebbe dovuto presentare le regole definitive e introdurre in esse regole per il noviziato, che garantissero la duratura formazione di ottimi membri, uniformandole per quanto era possibile a quelle in vigore nella Compagnia di Gesù; nessun membro della Società salesiana fosse promosso agli Ordini sacri prima di aver professato i voti perpetui; i promoven-di agli Orpromoven-dini sia minori che maggiori si sottoponessero, secondo le prescrizioni del Concilio di Trento, a un diligente esame del vescovo ordinante; fosse man-tenuto il diritto del vescovo di visitare le chiese pubbliche e gli oratori della Congregazione; ad essa fosse concesso quel tanto di esenzione dalla giurisdizio-ne dei vescovi, che era sufficiente per la sua conservaziogiurisdizio-ne, e niente di più, mentre per il resto sarebbero dovuti rimanere intatti i diritti e i doveri dei vesco-vi89. Identiche idee l’arcivescovo comunicava ai vescovi del Piemonte e di altre diocesi in cui si trovavano istituti salesiani, esprimendo il desiderio che nelle loro commendatizie fossero introdotte richieste conformi alle sue, onde “mante-nere in seguito la buona armonia tra i Vescovi rispettivi e le Case di questa Congregazione, quando questa – diceva –, come lo spero, sarà approvata”90.
Il 18 febbraio 1873 don Bosco partiva per Roma. Ne ripartiva il 22 marzo dopo aver presentato formale domanda al papa di approvazione delle Costitu-zioni. La supplica, in lingua latina, era datata da “Torino, 1° marzo 1873”.
L’esordio era un saggio di destrezza: “La Società salesiana, che Voi, Beatissimo padre, coll’opera e col consiglio avete fondata, diretta e rassodata, implora dalla Vostra grande benignità nuovi favori”. Seguiva la duplice richiesta: “l’approva-zione definitiva delle Costituzioni e la piena facoltà di rilasciare le Dimissorie”.
Elencava gli allegati: la Brevis notitia, varie copie delle Costituzioni nell’ultima edizione, “alcune dichiarazioni sopra diverse piccole varianti che l’esperienza mostrò assai utili allo sviluppo e al consolidamento della Congregazione”, cioè la nota declaratio91. Trasmetteva pure a mons. Salvatore Nobili Vitelleschi, segretario della Congregazione dei VV. e RR., le commendatizie, che tra febbraio e marzo 1873, gli erano giunte dai vescovi di Casale, Savona,
Vigeva-79 Cap. XIX: Fondazione dell’Istituto FMA e consolidamento costituzionale dei SDB (1870-1874)
88Lett. del 23 dicembre 1872, Em III 499.
89La commendatizia è riportata in Congregazione particolare dei Vescovi e Regolari..., pp. 9-11, OE XXV 345-347.
90A mons. P. De Gaudenzi, vescovo di Vigevano, 11 gennaio 1873, MB X 694.
91Em IV 59-60; cfr. la traduzione italiana e, al seguito del testo latino, le indicazioni delle modifiche introdotte nelle Costituzioni, in MB X 699-703 e ancora 894-895.
no, Albenga, Genova, Fossano92. Tra essi, l’unico che accoglieva alcune istanze del Gastaldi era l’arcivescovo di Genova, mons. Salvatore Magnasco: i voti perpetui richiesti agli ordinandi, l’esame previo all’ordinazione, il diritto di visita delle chiese e cappelle93. Di eccezionale spessore era la commendatizia a difesa rilasciata da mons. Manacorda, che giovane sacerdote era entrato nella Curia romana anche per merito di don Bosco e, trentottenne, ancora su sua indicazione, nel novembre 1871 era stato preconizzato vescovo di Fossano94.
Mons. Gastaldi non si limitava alla commendatizia. Illustrava le condizioni ivi elencate, senza il cui adempimento non riteneva opportuna l’approvazione, in due lettere indirizzate al card. Prospero Caterini, prefetto della Congregazione del Concilio, e al card. Andrea Bizzarri, prefetto della Congregazione dei VV. e RR., datate rispettivamente al 19 febbraio e al 20 aprile 1873. Nella prima egli manifestava il timore che don Bosco, a causa delle condizioni poste dal suo Ordinario, non intendesse per ora presentare la domanda di “approvazione defi-nitiva” della Congregazione. Gastaldi, infatti, riteneva incompiuta e “provvisoria”
quella fino allora ottenuta. L’eventuale rinuncia di don Bosco a inoltrare la domanda probabilmente poteva portare qualcuno a cercare il perché delle
“condizioni” poste dall’arcivescovo: un noviziato regolare, studi filosofici e teolo-gici sodi e seri, i voti perpetui prima degli ordini sacri. Perciò le illustrava breve-mente, affinché il card. Caterini le esaminasse e proferisse il suo giudizio. Quan-to alle dimissorie, comunque, era del parere che fosse mantenuta a don Bosco la facoltà di rilasciarle per quanti erano entrati nell’Oratorio prima dei 14 anni e avessero emesso i voti perpetui95. Più articolata e preoccupata sul presente e sul futuro della Società salesiana era la lettera al card. Bizzarri del 20 aprile. L’arcive-scovo chiedeva anzitutto se essa dovesse “riguardarsi come già approvata dalla S.
Sede e perciò già ammessa a godere dei diritti e privilegi dei regolari”: oppure dovesse “essere considerata come una Congregazione che – voleva chiarito – solo gode della benevolenza della S. Sede, e quel tanto de’ privilegi che già le fu concesso debbe aversi solo in conto di cosa provvisoria ad experimentum, e non mai da estendersi ai privilegi dei Regolari”. Entrava poi nel merito di taluni conte-nuti delle Costituzioni, che, del resto, non erano mai stati approvati da lui né dai suoi predecessori: 1) anzitutto, in esse mancavano “le Regole necessarie per un buon Noviziato”, non bastando quanto don Bosco faceva con una educazione che poteva formare ottimi cristiani, ma non dei “buoni Religiosi”; 2) era “distur-bo non piccolo alla disciplina ecclesiastica” nella diocesi il fatto che il Superiore avesse “la facoltà di presentare all’Ordinazione” giovani che mancavano di patri-monio ecclesiastico e che avevano emesso soltanto i voti triennali; 3) ancor più grave e serio era il disturbo “in seguito all’altra facoltà” che don Bosco diceva “di
92I testi si trovano in Congregazione particolare dei Vescovi e Regolari..., pp. 18-27, OE XXV 354-363.
93Congregazione particolare dei Vescovi e Regolari..., pp. 26-27, OE XXV 362-363.
94Congregazione particolare dei Vescovi e Regolari..., pp. 23-25, OE XXV 359-361.
95Lett. del 19 febbraio 1873, in MB X 697-698.
avere di presentare all’Ordinazione giovani entrati nella sua Congregazione anche dopo i 14, anzi anche dopo i 20 anni”, talora dimessi dal seminario e inviati in istituti esistenti in altre diocesi per essere ordinati; taluno di questi – informava –, terminati i voti triennali, torna in diocesi “ed è Sacerdote senza che il suo Vescovo diocesano siavi entrato per nulla, anzi l’avesse giudicato inabile”: ripor-tava il caso di un sacerdote della diocesi di Saluzzo, Luigi Chiapale, intemperante nel bere, già professo salesiano [probabilmente temporaneo], espulso o uscito spontaneamente dalla Congregazione e rientrato in diocesi; 4) era, infine, diffici-le che vi si potessero formare eccdiffici-lesiastici bene istruiti neldiffici-le scienze filosofiche e teologiche candidati agli Ordini impegnati a “far scuola di latinità o di altra arte o scienza”. Seguivano alcune proposte pratiche sostanzialmente già note. L’unica novità era rappresentata dalla prima di esse: “Le regole di questa Congregazione sieno tosto esaminate dall’Arcivescovo di Torino e ne ottengano l’approvazione.
Se l’Arcivescovo ricusa di approvarle, esponga le sue ragioni ai Vescovi di Casale, Savona, Albenga e all’Arcivescovo di Genova, ove il Signor D. Bosco ha presen-temente delle case, e fra tutto [sic] si venga ad un’approvazione”96.
Era un duro colpo per don Bosco, che proprio in quei giorni poteva temere di perdere il suo più alto protettore. Nei primi di aprile, infatti, nella stampa nazionale ed estera si era diffusa la notizia di un improvviso aggravamento del-le condizioni di salute dell’ottantenne Pio IX. Un transitorio preoccupante declino veniva annunciato ancora in maggio, seguito da un netto migliora-mento in giugno, divenuto definitivo, dopo una breve ricaduta, a fine agosto97. Tra fine aprile e inizio maggio 1873 l’arcivescovo dava un’esemplificazione pratica delle sue convinzioni a partire da casi particolari. Tramite il segretario can. Tommaso Chiuso comunicava a don Bosco che non avrebbe ammesso alle ordinazioni membri della Società salesiana finché avessero continuato a essere ospiti nelle sue case due chierici usciti dal seminario di Torino, Borrelli e Rocca, e don Bosco non avesse fatto una formale dichiarazione che non avreb-be più ricevuto nelle case della Congregazione come chierico chi fosse stato in un seminario della diocesi di Torino98.
Don Bosco rispondeva con fermezza, trovando drastiche le condizioni poste dall’arcivescovo e ingiustamente punitive nei confronti dei dimessi dal seminario, bisognosi semmai di particolare aiuto. Quanto poi alla richiesta della dichiarazione la riteneva giuridicamente illegittima e dannosa sia ai soggetti che alla diocesi; non si sentiva, comunque, autorizzato a rilasciarla, a meno che non ci fosse stato in merito “qualche prescrizione della Chiesa” da
81 Cap. XIX: Fondazione dell’Istituto FMA e consolidamento costituzionale dei SDB (1870-1874)
96Congregazione particolare dei Vescovi e Regolari..., pp. 12-17, OE XXV 348-353. Sul ritor-no del Chiapale in diocesi, cfr. lett. di don Bosco a mons. Gastaldi del 16 giugritor-no 1869, Em III 100; su qualche precedente, lettere di don Bosco a don Rua del 24 gennaio e 21 aprile 1869, Em III 43 e 75.
97Cfr. C. M. FIORENTINO, La malattia di Pio IX nella primavera del 1873 e la questione del conclave, in “Rassegna storica del Risorgimento” 78 (1991) 175-204.
98Cfr. lett. del 29 aprile e del 7 maggio 1873, cit. in MB X 716-717.
lui ignorata99. Per di più, verso il termine della lettera, si abbandonava a un
lui ignorata99. Per di più, verso il termine della lettera, si abbandonava a un