UN PROGETTO DI SOLIDARIETÀ CATTOLICA NELLA MISSIONE TRA I GIOVANI (1873-1877)
2. Verso un quasi terz’ordine delle opere
Sotto la data del 19 febbraio 1876 don Barberis annotava ciò che don Bosco gli aveva detto in quel giorno su un progetto, che stava maturando da anni. “Ora poi che pajono quasi sistemate queste scuole – confidava – sto lavo-rando attorno a un altr’affare anche tanto importante: all’associazione Salesia-na. È da molto tempo che mi occupa; è ben difficile lo stabilir cose positive.
Da circa due anni ci lavoro attorno. Ora che pare come stabilita l’opera di Maria Ausiliatrice formolo quella e prima del fin dell’anno si renderà pubblica.
Ci vorran due anni a consolidarla. Ho già fatto un altro progetto che in questi due anni maturerò e, consolidata l’Associazione Salesiana, metterò fuori”. Il cronista notava: “Di quest’Associazione Salesiana ne parlò già altre volte, specialmente l’anno scorso; ora però mi pare che parlandone con me le abbia dato un titolo un po’ diverso che non è Associazione, il quale titolo ora non mi ricordo”. “L’altro progetto – proseguiva don Bosco – sarebbe di fare quasi direi un terz’ordine per le donne; ma non aggregato direttamente all’ordine nostro;
ma associato alle figlie di Maria Ausiliatrice”21. Le scuole o classi a cui si riferi-va, considerandole già quasi sistemate, erano quelle destinate alle vocazioni adulte, a cui mirava con l’Opera di Maria Ausiliatrice; erano dette anche scuole o classi “di fuoco” perché seguivano programmi più concentrati e rapidi; gli alunni erano anche chiamati “figli di Maria”.
La prima idea dei cooperatori era affidata a cinque pagine di un quaderno e a un foglio staccato, databili, in base ai contenuti e ai riferimenti, intorno al 1873, con il titolo Associati alla Congregazione di S. Francesco di Sales22. Il progetto si ispirava alla figura del “fedele cristiano nel mondo”, desideroso di
“giungere alla perfezione ed assicurarsi la salvezza”, indisponibile per diversi motivi ad allontanarsi dal mondo. “La pia associazione di S. Francesco di Sales” offriva una triplice opportunità: 1) “un mezzo di perfezione”; 2) la partecipazione “alle opere di pietà e di religione” dei Soci salesiani; 3) la meri-toria “unione nel fare il bene”. Don Bosco enunciava concetti che sarebbero rimasti fondamentale motivo ispiratore della cooperazione cristiana e salesiana, peraltro familiari fin dagli anni della diffusione delle Letture Cattoliche. “È un fatto – scriveva ora – che gli uomini del secolo si associano per la diffusione di stampa cattiva, per spargere cattive massime nel mondo, si associano per propagare istruzione erronea, spargere falsi principii nella incauta gioventù e vi riescono maravigliosamente. Ed i cattolici rimarranno inoperosi o l’uno dal-l’altro separati in modo che le loro opere siano paralizzate dai cattivi? Non sia
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21G. BARBERIS, Cronichetta, quad. 4, pp. 81-82.
22 Il testo fu pubblicato da A. Amadei nelle MB X 1310-1314 e riedito con l’indicazione delle varianti da Francis Desramaut, in capo ai documenti riguardanti i Cooperatori, redatti da don Bosco tra il 1873 e il 1876, in F. DESRAMAUTe M. MIDALI (a cura di), Il cooperatore nella società contemporanea. Friburgo (Svizzera) 26-29 agosto 1974, “Colloqui salesiani”, 6.
Leumann-Torino, Elle Di Ci 1975, pp. 355-359; mss di più redazioni, ASC A 220.
mai. Uniamoci tutti colle regole della congregazione salesiana, facciamo un cuor solo ed un’anima sola cogli associati esterni. Siamo veri confratelli. Il bene di uno sia il bene di tutti, il male di uno si allontani come il male di tutti. Noi otterremo certamente questo grande scopo mercé l’associazione alla Congrega-zione di S. Francesco di Sales”23. L’intero testo: “è un fatto... confratelli”, era seguito da un’espressione, che veniva cancellata, ma sarebbe stata poi ricupera-ta quale motivo chiave dei successivi documenti: “Vis uniricupera-ta fortior, funiculus triplex difficile rumpitur, dice il Signore. Vale a dire: La forza unita a forza diventa più forte, e se una sola cordicella facilmente si rompe, unendosi più in una sola corda difficilmente si rompe”. Le attività, proposte sotto il titolo Scopo di quest’Associazione, erano analoghe a quelle elencate nel primo capitolo delle Costituzioni salesiane: “1. Fare del bene a se stesso coll’esercizio della carità verso il prossimo specialmente verso i fanciulli poveri ed abbandonati (...). 2. Raccogliere poveri fanciulli, istruirli nella propria casa, avvisarli nei pericoli, condurli dove possono essere istruiti nella fede (...). Chi non può fare queste cose per sé, potrà farle per mezzo di altri come sarebbe invitare o consi-gliare un compagno, un parente, un amico, un conoscente qualunque a presta-re quello di cui egli fosse capace. Si può egualmente supplipresta-re a questo bisogno pregando per quelli che lavorano o somministrando mezzi materiali dove ne fosse bisogno”. 3. La cura di “assistere que’ giovanetti specialmente poveri che mostrassero” di avere la vocazione ecclesiastica. 4. Darsi “la massima cura di impedire ogni discorso, ogni opera che sia contro al Romano Pontefice o contro la Suprema sua autorità”. 5. “I Salesiani [sic] si adopereranno con tutta sollecitudine per impedire lo spaccio de’ libri cattivi, e diffondere buoni libri, foglietti, pagelle, stampati di qualunque genere”24. Ugualmente la vita di pietà e la pratica religiosa, prospettate nel lungo titolo Regole per gli associati salesiani, non si differenziavano sensibilmente da quelle prescritte ai religiosi salesiani25.
Di non grande rilevanza era un semplice abbozzo di Unione di S. Francesco di Sales, affidato a una pagina autografa di don Bosco, redatta in una data di poco anteriore o posteriore al progetto dell’Unione cristiana. Era suo scopo
“riunire alcuni individui laici od ecclesiastici per occuparsi in quelle cose che saranno reputate di maggior gloria di Dio e vantaggio delle anime”; i mezzi – era previsto – “saranno lo zelo per la gloria di Dio e la carità operosa”; né alcun
“ramo di scienza sarà trascurato”. Quanto ai membri era detto laconicamente:
“Ogni fedel cristiano può esser membro di questa unione purché sia deciso di occuparsi secondo lo scopo e i mezzi sommentovati”26.
23F. DESRAMAUTe M. MIDALI(a cura di), Il cooperatore nella società contemporanea..., p. 355.
24 F. DESRAMAUTe M. MIDALI (a cura di), Il cooperatore nella società contemporanea..., pp.
356-357.
25 F. DESRAMAUTe M. MIDALI (a cura di), Il cooperatore nella società contemporanea..., pp.
357-359.
26Cfr. ms. autografo di don Bosco, ASC A 2300401; MB X 1309.
Questo progetto, meno assimilabile al tono religioso del precedente, preludeva ai documenti successivi, nei quali l’evidente carattere attivistico e funzionale della cooperazione supponeva la decisa assunzione della centralità del principio: vis unita fortior, funiculus triplex difficile rumpitur. Lo si rileva subito nel primo rego-lamento stampato dell’Unione cristiana del 1874, che è frutto di una riformula-zione più concentrata e strutturata dei contenuti del documento Associati alla Congregazione di S. Francesco di Sales27. Esso iniziava con l’asserto: “Vis unita fortior dice Iddio”28. Seguiva il secondo titolo, che sostituiva con la più precisa denominazione Associazione salesiana il generico titolo generale. La definizione, non del tutto esatta dal punto di vista storico, esprimeva concetti ben radicati in don Bosco, che sarebbero rimasti fermi anche nel futuro. L’Associazione – diceva – “si può chiamare una specie di terz’ordine degli antichi con questa diversità, che in quelli si proponeva la perfezione cristiana nell’esercizio della pietà; qui si ha per fine principale la vita attiva specialmente in favore della gioventù pericolante”29. Gli scopi erano identici a quelli definiti per gli Associati, ma ricondotti da cinque a tre, concentrati e arricchiti: “Primo uffizio degli associati è la carità verso i fanciulli pericolanti. Raccoglierli, istruirli nella fede, consigliarli nei pericoli o condurli dove possano essere istruiti”. “È pure ufficio dell’Associazione il promuovere novene, tridui, esercizi spirituali e catechismi soprattutto in que’
luoghi dove si manca di mezzi materiali o morali”. In secondo luogo, “ognuno prenderà cura speciale di que’ giovanetti, che per moralità ed attitudine allo studio dessero qualche indizio di esserne chiamati”. Infine, “opporre la buona stampa alla stampa irreligiosa adoperandosi di propagare buoni libri, pagelle, foglietti, stampati di qualunque genere in que’ luoghi e fra quelle persone cui paia prudente farne proposta”30. Più sensibili risultavano le novità nel titolo Costitu-zione e governo dell’Unione cristiana rispetto alle Regole per gli Associati salesiani del documento Associati alla Congregazione. Le Regole per gli Associati salesiani preve-devano numerosi impegni di preghiera, mentre l’Unione cristiana si interessava piuttosto dell’aspetto organizzativo dell’associazione. Erano pure diverse le condi-zioni di accettazione. Le Regole stabilivano: “Chiunque può farsi ascrivere in questa associazione purché abbia l’età di sedici anni, onorata condotta, buon cattolico, ubbidiente alla Chiesa ed al Romano pontefice”. Lo statuto dell’Unione cristiana era più laconico: “Chiunque ha compiuto sedici anni può farsi ascrivere in questa Associazione, purché si conformi alle regole in essa proposte”31.
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27 Cfr. Unione cristiana. Torino, Tip. dell’Orat. di s. Franc. di Sales 1874, 8 p., OE XXV 403-410.
28 Unione cristiana..., p. 1, OE XXV 403. L’espressione non si trova nella Bibbia; il detto sul “funiculus triplex” è in Qo. 4, 12.
29Unione cristiana..., p. 2, OE XXV 404.
30 Unione cristiana..., pp. 2-3, OE XXV 404-405; cfr. Associati alla Congregazione..., in F.
DESRAMAUTe M. MIDALI(a cura di), Il cooperatore nella società contemporanea..., pp. 356-357.
31 Associati alla Congregazione..., in F. DESRAMAUT e M. MIDALI (a cura di), Il cooperatore nella società contemporanea..., p. 356; Unione cristiana..., p. 3, OE XXV 405: gli impegni di preghiera sono rapidamente elencati al titolo Pratiche religiose, pp. 6-7, OE XXV 408-409.
Di un’elaborazione alquanto più organica, che approderà immediatamente a quella pressoché definitiva del 1876, era frutto il documento dal titolo Associa-zione di opere buone, quasi sintesi “salesiana”, plasmata sul modulo della Società fondata da don Bosco, dei titoli e dei contenuti precedenti. Si articolava in otto titoli: I. Unione cristiana nel bene operare, II. Congregazione Salesiana, III. Asso-ciazione Salesiana, IV. Maniera di cooperazione, V. Costituzione e governo del-l’Associazione, VI. Obblighi particolari, VII. Vantaggi, VIII. Pratiche religiose32. Esso esprimeva i tratti essenziali del profilo del cooperatore salesiano. Vi si trovavano, infatti: 1) l’esplicito aggancio alla vocazione cristiana, vissuta esem-plarmente nella Chiesa primitiva, mediante l’attualizzata unione “nello spirito di preghiera, di carità e di zelo”; 2) l’assunzione di compiti di supplenza e di integrazione nei confronti delle attività dei salesiani, in grado di corrispondere solo “in minima parte” “al bisogno ed alle quotidiane richieste, che di loro si fanno”, in Italia, Europa, Cina, Australia, America “segnatamente nella Repub-blica Argentina”; “i poveri Salesiani – precisava – non possono accorrere a tante necessità e perciò mentre fanno quanto possono dal canto loro si rivolgono a quanti amano la nostra santa cattolica religione e la salvezza delle anime, e li invitano, anzi li scongiurano per amor di N. S. G. C. a voler dar mano e seco loro cooperare nelle opere speciali di carità, che formano lo scopo di questa Congregazione”; 3) il forte collegamento con la Società salesiana “quale vincolo stabile di unione”, ancor più garantito dal fatto che essa era diventata “pio Isti-tuto” “definitivamente approvato dalla Chiesa”33; 4) la connessa fisionomia del terz’ordine dal preminente carattere dell’operatività, che lo differenziava dai terz’ordini antichi, espressa in carità del prossimo e specialmente della gioventù pericolante, “il fine particolare dell’Associazione”34; 5) le “maniere di coopera-zione” sostanzialmente uguali a quelle indicate nell’Unione cristiana: pro-muovere novene, tridui, catechismi, ecc., prendere cura speciale dei giovani inclinati alla vita ecclesiastica, opporre la buona stampa alla stampa irreligiosa;
“in fine” – sintesi del prevalente fine giovanile – , “la messe, in cui si invita[va]
ogni associato ad esercitare il suo zelo”: “la carità verso i fanciulli pericolanti, raccoglierli, istruirli nella fede, avviarli alle sacre funzioni, consigliarli nei peri-coli, condurli dove possono essere istruiti nella Religione”. “Chi non può prestar queste opere per sé – si suggeriva –, potrebbe farle per mezzo di altri, come sarebbe animar un parente, un amico a volerle prestare. Si può cooperare colla preghiera o col somministrar mezzi materiali dove ne fosse mestieri. I fede-li primitivi portavano le loro sostanze ai piedi degfede-li Apostofede-li, affinché se ne servissero a favore delle vedove, degli orfani e per altri gravi bisogni”35; 6) le
32Cfr. Associazione di opere buone. Torino, Tip. dell’Orat. di s. Franc. di Sales 1875, 14 p., OE XXV 481-494.
33Associazione di opere buone..., pp. 3-5, OE XXV 483-485.
34Associazione di opere buone..., p. 6, OE XXV 486.
35Associazione di opere buone..., pp. 7-8, OE XXV 487-488.
condizioni di aggregazione riportate alla lettera da Unione cristiana, con la modifica della modalità o della scheda di adesione. Unione cristiana presentava una Formula di accettazione nella quale il candidato dichiarava: “Il Sottoscritto ha letto le regole dell’Associazione Salesiana e di buon grado alla medesima si ascrive sia pel bene dell’anima propria, sia per associarsi ad altri a fine di procu-rare al prossimo que’ vantaggi spirituali e temporali, che sono compatibili colla sua condizione”; seguiva la firma con nome e cognome36. Invece, Associazione di opere buone prevedeva più semplicemente: “Ogni associato riempirà la scheda seguente, e dopo averla firmata la farà pervenire al Superiore: Io Sottoscritto abitante in Via ……… Casa …….. ho letto le regole dell’associazione Salesiana e colla divina grazia spero di osservarle fedelmente a vantaggio dell’anima mia”37. Quest’ultima restava quasi immutata nella prima edizione del 1876 ed era resa ancor più formale nelle edizioni del 1876 e del 1877 da una “Dichiara-zione di accetta“Dichiara-zione tra i Cooperatori Salesiani. Il sottoscritto dichiara che nel giorno … del mese di …… 187... fu annoverato tra i Cooperatori Salesiani il Signor ………… il quale per conseguenza in avvenire potrà godere di tutti i favori, di tutte le indulgenze e grazie spirituali concesse dal Sommo Pontefice a coloro che fanno parte di questa associazione e ne osservano le regole”38. Nella pratica, tuttavia, don Bosco si mostrava largo nel promuovere adesioni alla grande famiglia dei cooperatori, invitandovi addirittura pellegrini francesi di passaggio a Torino, ammiratori e potenziali sostenitori39.
Ancora alla vigilia del primo Capitolo generale del settembre 1877, aggiun-geva di sua mano al fascicolo di preparazione per un’eventuale seconda edizio-ne, non realizzata, un nuovo titolo Associazione di Maria e dei Coop. Sal., con una descrizione della figura del cooperatore più flessibile di quella del regola-mento già pubblicato. “Una Associazione per noi importantissima – scriveva – che è l’anima [“braccio forte”, 1878] della nostra Congregazione e che ci serve di legame ad operare il bene d’accordo e coll’aiuto de’ buoni fedeli che vivono nel secolo, è l’opera dei Cooperatori Salesiani”. Abbiamo – precisava – i religiosi salesiani e le suore dell’Istituto FMA, che hanno come destinatari della loro missione i “ragazzi pericolanti” e le “ragazze povere ed abbandonate”. “Ora – continuava – è necessario che abbiamo nel secolo degli amici, dei benefattori, di gente che praticando tutto lo spirito dei Salesiani, vivano in seno alle proprie famiglie, come appunto fanno i Cooperatori Salesiani. Sono essi il nostro aiuto nel bisogno, il nostro appoggio nelle difficoltà, nostri collaboratori in quello che si presenta da farsi per la maggior gloria di Dio e per cui mancano a noi le necessarie relazioni, oppure non abbiamo i mezzi personali e materiali. Questi
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36Unione cristiana..., p. 7, OE XXV 409.
37Associazione di opere buone..., p. 14, OE XXV 494.
38Cooperatori salesiani ossia un modo pratico per giovare al buon costume ed alla civile società.
San Pier d’Arena, tip. e libr. di S. Vincenzo de Paoli 1877, p. 39, OE XXVIII 377.
39Cfr. i discorsi ai pellegrini francesi dell’11 maggio 1880 e del 15 dicembre 1881: “Bulletin Salésien” 2 (1880) n. 1, janvier, pp. 8-10 e BS 6 (1882) n. 1, gennaio, pp. 17-20.
Cooperatori devono moltiplicarsi quanto è possibile”40. Nel Capitolo generale il testo veniva abbreviato, perdendo in spontaneità e flessibilità41.