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Per l’Istituto FMA la convergenza di due esperienze autonome

E CONSOLIDAMENTO COSTITUZIONALE DEI SDB (1870-1874)

1. Per l’Istituto FMA la convergenza di due esperienze autonome

In anni nei quali don Bosco incominciava a dare forma alla Società salesiana, curando lo spirito salesiano dei primi giovani aderenti anche col racconto di sogni, ne compariva uno, singolare, preludio lontano ad un’iniziativa analoga per le giovani. Era da lui collocato nella notte tra il 5 e il 6 luglio 1862, ridotto a rapi-de battute: “Mi trovava in una granrapi-de pianura. Io verapi-deva i giovani rapi-dell’Oratorio a correre e saltare, e ricrearsi allegramente. Io poi passeggiava colla marchesa Barolo, la quale mi diceva: «Lasci a me soltanto la cura delle giovani; egli [piemontesismo, chiel = Lei] si curi soltanto dei ragazzi». Io le rispondeva: «Ma mi dica un poco:

Gesù ha soltanto redento i giovani e non le ragazze?». «Lo so», ella mi rispondeva,

«che ha redenti tutti». «Allora io debbo procurare che il suo sangue non sia inutil-mente sparso tanto pei giovani quanto per le fanciulle»”1.

Non erano, quindi, assenti dal suo orizzonte la possibilità e la necessità di iniziative in favore della gioventù femminile analoghe a quelle maschili. Questo impegno, però, sarebbe avvenuto non con un inizio assoluto, ma grazie al-l’incontro con un gruppo già costituito di giovani, in qualche modo consacrate, in una particolare missione, al servizio di Dio e del prossimo. Perciò, se non è compito del biografo di don Bosco fare la storia delle origini e dei primi sviluppi dell’Istituto FMA, è, tuttavia, suo dovere rievocare la parte che egli ebbe nel suo costituirsi e nel suo primo consolidarsi, diventandone fondatore. Infatti, è certa-mente da prendere in seria considerazione la base rilevante, che alla fondazione offrì il gruppo di giovani associate, che ne costituirono il primo nucleo, con la direzione e l’animazione di Maria Domenica Mazzarello (1837-1881) e il comune padre spirituale, don Domenico Pestarino (1817-1874). Ma è altrettanto necessa-rio approfondire le ragioni storiche che ne hanno fatto di don Bosco il fondatore a tutti gli effetti2e non solo per gli aspetti formalmente giuridici3.

1 G. BONETTI, Annali III 1862, pp. 31-32; cfr. anche D. RUFFINO, Cronaca. 1861 1862 1863 1864 Le doti grandi e luminose, 5 giugno [= luglio] 1862, p. 23.

2Sulla complessa interazione, cfr. P. STELLA, Le Figlie di Maria Ausiliatrice, in ID., Don Bosco nella storia della religiosità cattolica I..., pp. 187-208; M. E. POSADA, Significato della “validissima cooperatio” di S. Maria Domenica Mazzarello alla fondazione dell’Istituto delle Figlie di Maria Ausi-liatrice, in M. E. POSADA(Ed.), Attuale perché vera. Contributi su S. Maria Domenica Mazzarello.

Roma, LAS 1987, pp. 53-68; P. CAVAGLIÀ, Il rapporto stabilitosi tra S. Maria Domenica Mazzarello e S. Giovanni Bosco. Studio critico di alcune interpretazioni, ibid., pp. 69-98; A. DELEIDI, Don Bosco e Maria Domenica Mazzarello: rapporto storico-spirituale, in Don Bosco nella storia, pp. 205-216;

M. E. POSADA, L’Istituto delle Figlie di Maria Ausiliatrice in rapporto a don Bosco..., in Don Bosco nella storia, pp. 217-229; M. E. POSADA, Don Bosco fondatore dell’Istituto delle Figlie di Maria Ausiliatrice, in M. MIDALI (a cura di), Don Bosco Fondatore della Famiglia Salesiana. Atti del Simposio, Roma-Salesianum (22-26 gennaio 1989). Roma, Editrice S.D.B. [1989], pp. 281-303;

A. DELEIDI, Il rapporto tra don Bosco e madre Mazzarello nella fondazione dell’Istituto delle FMA (1862-1876), in M. MIDALI(a cura di), Don Bosco Fondatore della Famiglia Salesiana..., pp. 305-321; P. CAVAGLIÀ e A. COSTA(a cura di), Orme di vita tracce di futuro. Fonti e testimonianze sulla prima comunità delle Figlie di Maria Ausiliatrice (1870-1881). Roma, LAS 1996.

3 Su questi aspetti si veda il problema posto dal promotore generale della fede, Salvatore Natucci, al Processo apostolico di beatificazione e canonizzazione di Maria Domenica Mazzarello:

Di fatto, l’Istituto sorgeva e si plasmava grazie a due movimenti autonomi e convergenti, altrettanto storicamente necessari per la sua esistenza e la sua peculiare fisionomia.

In questa prospettiva non sembra possano creare problemi storiografici le testimonianze, pur differenti e non del tutto esatte, rese da don Francesco Cerruti e da don Michele Rua al Processo informativo per la beatificazione e canonizzazione di don Bosco, sull’azione da lui svolta nell’impianto del-l’Istituto FMA. In fondo, esse possono considerarsi complementari.

Francesco Cerruti riferiva ciò che diceva di aver udito da don Bosco stesso.

A Pio IX che gli chiedeva perché non pensasse di estendere alle ragazze quanto faceva per i ragazzi, egli rispondeva che vi aveva già pensato, anzi voleva che la futura “associazione religiosa” fosse “un monumento parlante” di “figliale rico-noscenza” a Maria Ausiliatrice.

Ne sarebbe stata “circostanza propizia”, nel 1872 – [un’evidente imprecisione cronologica] –, l’incontro con don Pestarino e con “le ottime giovani componen-ti la compagnia dell’Immacolata, dallo stesso Pestarino fondata e diretta, le quali poi passarono ad essere e chiamarsi Figlie di Maria Ausiliatrice, secondo Regole date da D. Bosco ed approvate da Mons. Sciandra, Vescovo di Acqui, sicché D.

Bosco fu realmente egli il fondatore delle Figlie di Maria Ausiliatrice”4.

La testimonianza di don Rua nasce da conoscenze personali. Oltre la Società salesiana – attestava – don Bosco “fondò pure quella delle Figlie di Maria Ausiliatrice”; alla morte della madre, Margherita, egli intravvide l’op-portunità di una congregazione religiosa addetta a mansioni casalinghe; “però non venne nella decisione sino a quando la Provvidenza gli aperse essa stessa evidentemente la via”. Essa fu presa, quando don Domenico Pestarino, che a Mornese, nella diocesi di Acqui, “soleva radunare e coltivare alla pietà delle zitelle del suo paese natìo”, “con calde istanze ottenne pure che l’adottasse come sua spirituale famiglia”. Don Bosco, “vedendo il buono spirito, la pietà e la vicendevole carità, che colà regnava” vi lasciò direttore don Pestarino, “non senza però prestargli qualche assistenza di consiglio e di mezzi”. Poi, quando questi morì, “mandò uno de’ suoi sacerdoti, coadiuvato da qualche buon confratello laico, a prendere la direzione spirituale di quella famiglia. Allora questa Congregazione col nome di Figlie di Maria Ausiliatrice, cominciò a prendere lo sviluppo che prendevano tutte le opere di lui”, “a benefizio della gioventù femminile”5.

55 Cap. XIX: Fondazione dell’Istituto FMA e consolidamento costituzionale dei SDB (1870-1874)

cfr. SACRA CONGREGATIO RITUUM, Aquen. Beatificationis et canonizationis Servae Dei Mariae Dominicae Mazzarello, Primae Antistitae Instituti Filiarum Mariae Auxiliatricis. Nova Positio super virtutibus. Romae, Guerra et Belli 1935, pp. 1-2; L. FIORA, Storia del titolo di “Confondatrice”

conferito dalla Chiesa a S. Maria Domenica Mazzarello, nel vol. di M. E. POSADA (Ed.), Attuale perché vera..., pp. 39-47; nel prosieguo della Causa il Factum Concordatum, senza data, che contie-ne le Novissimae Animadversiocontie-nes del Promotore, del 27 novembre 1935 (pp. 5-10) e la Responsio degli Avvocati (pp. 2 e 13): in L. FIORA, Storia del titolo di “Confondatrice”..., pp. 47-51.

4Taurinen. Beatificationis et Canonizationis..., Positio super virtutibus, 1920, p. 141.

5Taurinen. Beatificationis et Canonizationis..., Positio super virtutibus, 1920, pp. 279-281.

Don Rua sottolineava una realtà storica incontrovertibile. Con la direzione di un padre spirituale di alto profilo il gruppo di Mornese non era pura materia prima per il suo costituirsi in istituto religioso di consacrate. In realtà, le giovani che lo componevano, avendo come guida Maria Domenica Mazzarello, erano delle virtuali consacrate nel mondo, a Dio e al prossimo, particolarmente alla gioventù femminile, disponibili ad una forma stabile e strutturata di vita comu-ne. La superiora, vera monaca in casa e poi in comunità, aveva tutte le carte in regola per avere il titolo ufficiale di confondatrice e anche più, rafforzata poi dall’intensa collaborazione con don Bosco per dare forma e sostanza all’Istituto.

Dal punto di vista formale don Bosco è, certamente, fondatore in quanto promuove il loro costituirsi in comunità religiosa vera e propria e propone, fa rielaborare, controlla e promulga costituzioni idonee a garantirne le strutture organizzative e la spiritualità. Però il suo fondare, in concreta prospettiva storica, fu diverso da quello attuato nei confronti della Società salesiana. Per questa egli era partito da ragazzi, che non avevano alcuna idea di vita religiosa, qualcuno anzi, come il giovane Cagliero, piuttosto allergico a “farsi frate”. Tuttavia, proveni-vano in gran parte da buone famiglie cristiane e con più o meno chiara propen-sione alla vita ecclesiastica. Dall’essere nella casa di don Bosco egli li ha gradual-mente indotti al desiderio di vivere e di lavorare stabilgradual-mente, in comunità, con don Bosco, infine alla decisione di condividere la sua stessa missione e legarvisi mediante i voti religiosi, diventando membri di una vera e propria Società di consacrati. La realtà di Mornese, invece, era già una potenziale attesa di una chia-mata, diventata effettiva offerta, quando la previa intenzione fondazionale di lui, non ancora concretata, si metteva in moto. Don Bosco stesso iniziava con parole significative la supplica per l’approvazione diocesana dell’Istituto, presentata a mons. Sciandra, vescovo di Acqui: “È noto a V. E. come in Mornese dallo zelante Sig. D. Pestarino Domenico, di sempre cara memoria, siasi iniziato un Istituto col titolo di Casa o Collegio di Maria Ausiliatrice, collo scopo di educare cristiana-mente le ragazze non agiate, oppure povere ed abbandonate per avviarle alla moralità, alla scienza, ed alla religione sotto la direzione delle Suore dette le Figlie di Maria Ausiliatrice”, evidente sostituzione della formula “Maria Immacolata”6.

Don Francesco Cerruti, nella sua testimonianza, pur non parlando di offer-ta da parte di don Pesoffer-tarino, tutoffer-tavia, riferiva di un don Bosco che, proietoffer-tato a prefigurare un progetto di Congregazione femminile, si era imbattuto in un gruppo predisposto dal prete mornesino ad esserne di fatto la pietra angolare.

Don Pestarino aveva incontrato don Bosco intorno al 1862, probabilmente nel 1863 fu accettato come “socio esterno” della Società salesiana, come don Giovanni Ciattino7 e a partire dal 1865 fu sempre presente alle annuali

Confe-6Lett. del 14 gennaio 1876, E III 11-12.

7Essi compaiono come tali tra i “Membri della Società di S. Francesco di Sales appartenen-ti alla casa madre di Torino anno 1865”: cfr. P. STELLA, Don Bosco nella storia economica e sociale..., pp. 296, 318, 524.

renze di San Francesco di Sales, nelle quali ogni direttore riferiva sull’opera di cui era responsabile. Per vari anni, dunque, egli si trovò nelle condizioni di assimilare tratti significativi della mentalità e dello spirito di don Bosco e di trasmetterli più o meno consapevolmente al gruppo delle Figlie del-l’Immacolata di Mornese. Infine, dal 1870 più esplicitamente egli operò in perfetta sintonia con don Bosco per far convergere allo stesso traguardo la realtà di Mornese e i progetti di Torino. Nella presentazione delle Costituzioni stampate del 1878 don Bosco non mancava di “raccomandare l’anima” di don Pestarino, “primo Direttore delle Suore di Maria Ausiliatrice, del quale il Signore si servì per gettare le fondamenta di questo Istituto”8.

È ovvio che per la ricostruzione di quanto ha operato don Bosco per l’Isti-tuto non si possa prescindere da una sia pur rapida rievocazione delle vicende del gruppo, che con la sua Superiora avrebbe finito con il costituirne il nucleo essenziale.

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