UN PROGETTO DI SOLIDARIETÀ CATTOLICA NELLA MISSIONE TRA I GIOVANI (1873-1877)
1. Progetti intravisti o appena abbozzati
Nell’Introduzione del 1854 al Piano di regolamento per l’Oratorio maschile di S. Francesco di Sales don Bosco esprimeva la speranza che il regolamento potes-se “potes-servire di norma – scriveva – ad amministrare questa parte di sacro ministe-ro, e di guida alle persone ecclesiastiche e secolari che con caritatevole sol-lecitudine in buon numero ivi consacrano le loro fatiche”3. Effettivamente era stato folto lo stuolo dei collaboratori ecclesiastici e laici, che amava ricordare4. Il progressivo dilatarsi delle collaborazioni, prima di ecclesiastici per la cura pastorale dei giovani oratoriani, poi di “signori” per le scuole domenicali e serali, per i catechismi e l’assistenza, poi di signore per riassettare gli indumenti dei giovani ricoverati nell’ospizio, di tutti col sostegno finanziario, don Bosco rievocava nella prima assemblea dei cooperatori e cooperatrici di Torino nel pomeriggio del 16 maggio 18785. Una mobilitazione ideale dei Pastori di anime, dei Parroci delle città e delle campagne, dei Maestri, dei Padri di fami-glia, di tutti coloro che amavano di cuore il miglioramento religioso del popo-lo don Bosco aveva tentato di realizzare intorno all’Amico della gioventù6. Analoga fisionomia presentavano il piccolo esercito di corrispondenti e propa-gandisti organizzato e animato per la diffusione delle Letture Cattoliche7 e gli aderenti alla Società per la diffusione delle “Letture Cattoliche” e alla Società per la diffusione dei buoni libri progettate nel 1859 e nel 1866, con fini in parte identici a quelli che venivano poi proposti ai Cooperatori8. Temporaneamente organizzati erano anche i membri delle Commissioni, i Promotori e le Promo-trici delle lotterie. Non è escluso che per più anni don Bosco abbia coltivato l’idea di una qualche congregazione o associazione, insieme articolata e diffe-rentemente vincolante, di operatori stabili nell’opera degli oratori,
comprensi-1Cfr. P. BRAIDO, L’idea della Società Salesiana nel “Cenno istorico”..., RSS 6 (1987) 254-258.
2Cfr. BS 3 (1877) n. 6, settembre, pp. 1-2.
3[G. BOSCO], Introduzione al Piano di Regolamento per l’Oratorio maschile di S. Francesco di Sales in Torino nella regione Valdocco, in Don Bosco nella Chiesa, pp. 36-37.
4Cfr. cap. 7, § 1.
5Cfr. G. BARBERIS, Cronichetta, quad. 13, pp. 48-52.
6È parte del Programma messo a capo del 1° numero, del 21 ottobre 1848; cfr. circolare di gennaio 1849, Em I 83.
7Cfr. cap. 8, § 7.
8Cfr. circolare del 6 marzo 1860, Em I 397; MB VI 487-489; cfr. cap. 9, § 6.
va anche di pensionati per lavoratori9. I giovani particolarmente coltivati tra il 1849 al 1857, a un certo punto vestiti dell’abito chiericale, probabilmente potevano essere previsti quale piattaforma di questa costruzione10.
Quando, negli anni ’60 la congregazione o associazione era ormai pensata come Società religiosa, s’imponeva la distinzione tra soci interni, ossia religio-si veri e propri, ed altri aderenti. In realtà, al momento della prima richiesta di approvazione della Società del 1864, il testo delle Costituzioni presentava un ultimo titolo sui soci Esterni. Era costituito da quattro articoli: “1.
Qualunque persona anche vivendo nel secolo, nella propria casa, in seno alla propria famiglia può appartenere alla nostra società. 2. Egli non fa alcun voto;
ma procurerà di mettere in pratica quella parte del presente regolamento che è compatibile colla sua età e condizione”; in una redazione effettuata tra il 1862 e il 1864 don Bosco aggiungeva: “Come sarebbe fare o promuovere catechismi a favore de’ poveri fanciulli, procurare la diffusione di buoni libri;
dare opera perché abbiano luogo tridui, novene, esercizi spirituali ed altre simili opere di carità che siano specialmente dirette al bene spirituale della gioventù o del basso popolo”. “3. Per partecipare dei beni spirituali della società bisogna che faccia almeno una promessa al Rettore di impiegare le sue sostanze e le sue forze nel modo che egli giudicherà tornare a maggior gloria di Dio. 4. Tale promessa però non obbliga sotto pena di colpa nemmeno veniale”. In una seconda redazione del testo don Bosco aggiungeva un quinto articolo: “Ogni membro della società che per qualche ragionevole motivo uscisse dalla medesima è considerato come membro esterno e può tuttora partecipare dei beni spirituali della intera società, purché pratichi quella parte del regolamento prescritta per gli esterni”11. La Congregazione dei VV. e RR.
faceva proprie le osservazioni del Consultore p. Savini, tra cui quella relativa all’ultimo titolo: “Non è da approvare che persone esterne siano ascritte al Pio Istituto per affiliazione”12. Nelle sue contro-osservazioni don Bosco pregava che il titolo fosse approvato almeno come appendice, poiché – faceva notare –
“quasi tutte le Congregazioni e gli Ordini religiosi hanno dei terziari, che noi diciamo amici e benefattori, i quali aspirano a una vita più santa, particolar-mente promovendo il bene della Società, e cercano di osservare nel mondo, per quanto è possibile, le Costituzioni religiose”13. Infatti, il titolo entrava, con i primi quattro articoli, come appendice del testo latino a stampa del 1867. Nel 1869, al procuratore del re di Torino, Lorenzo Eula, che per il rico-noscimento civile del decreto di approvazione della Società salesiana del 1°
marzo, né utile né desiderato, richiedeva la domanda del regio exequatur, don Bosco rispondeva: La Società è composta da “individui [che] conservano i
175 Cap. XXII: Un progetto di solidarietà cattolica nella missione tra i giovani (1873-1877)
9Cfr. cap. 6, § 5.2.
10Cfr. cap. 11, § 6.
11Cost. SDB (Motto), p. 210.
12Cost. SDB (Motto), p. 231.
13Cost. SDB (Motto), pp. 233-234.
diritti civili”; anzi, “i suoi membri, se vogliono, possono stare alle case loro e prestare l’opera loro per togliere dalle strade e dalle piazze i poveri ragazzi, a fine di avviarli alla moralità, a qualche arte o mestiere”14. Più avanti, benché il consultore p. Bianchi confermasse la negativa precedente15, don Bosco conservava il testo ancora nell’edizione del gennaio 187416. Di fronte alle insuperabili barriere lo eliminava dall’ultima edizione a stampa del marzo 1874 prima dell’approvazione.
Era la preistoria o protostoria più evidente di quella che sarà l’Asso-ciazione o Unione dei Cooperatori Salesiani formalmente costituita. Come si è visto, di “esterni” propriamente tali se ne conoscono solo due: don Ciatti-no, parroco di Maretto, provincia e diocesi di Asti, e don Domenico Pestari-no di Mornese, in data imprecisabile religioso salesiaPestari-no17. Immensa fu, inve-ce, la schiera degli affiancatori, noti e ignoti, ricordati o no, senza i quali l’azione di don Bosco – basata tutta sulla beneficenza – sarebbe rimasta un castello di buone intenzioni, un’anima senza corpo, anche se non si trattava solo di sostegno finanziario, ma di coinvolgimento di pensiero, di cuore, di azione. Vi si esprimevano in differenti misure le varie dimensioni della col-laborazione, che don Bosco avrebbe fatto rientrare a pieno titolo nella figura del cooperatore18. Un anno prima di concedere specifiche indulgenze ai Cooperatori, Pio IX, il 30 luglio 1875, dava ai Superiori generali pro tempore della Società salesiana la facoltà “di comunicare le indulgenze e le grazie spirituali, concesse alla stessa Società, ai Benefattori insigni della medesima Società, non altrimenti che se fossero Terziari”19. Era preludio alle indulgenze concesse il 9 maggio 1876 all’Associazione o Unione dei Cooperatori Salesiani e alla qualifica di “terziario” data spesso ad essi. La denominazione sarebbe stata illustrata in seguito dal Bollettino Salesiano quasi a commento del-l’enciclica di Leone XIII Auspicato concessum del 17 settembre 1882 sul Terz’Ordine francescano20.
14Lett. del 10 giugno 1869, Em III 96.
15Cfr. Cost. SDB (Motto), p. 242.
16 Regulae Societatis S. Fancisci Salesii. Romae, Typis S. C. Propagandae Fide 1874, p. 40, OE XXV 292.
17Cfr. Società di S. Francesco di Sales. Anno 1875. Torino, tip. dell’Orat. di s. Franc. di Sales 1875, pp. 31-36; Brevi biografie dei confratelli salesiani chiamati da Dio alla vita eterna. Torino, tip. e libr. salesiana 1876, pp. 17-22. “Udito a parlar di D. Bosco, s’invogliò di conoscerlo; a tal fine si portò a Torino nel 1862. Rimase talmente innamorato dello spirito della Congregazione Salesiana che volle subito alla medesima dare il suo nome, cominciandone a praticare le regole.
Poco dopo si consacrò totalmente a questa congregazione, ed era uno dei confratelli esemplari.
Il superiore, al quale prestava illimitata obbedienza, in vista del gran bene che faceva nel secolo, volle che egli continuasse a vivere in sua patria” (p. 20).
18Cfr. P. STELLA, Don Bosco nella storia della religiosità cattolica I..., pp. 217-218.
19Documenti XV 216-217; MB XI 546.
20Cfr. I terziarii di S. Francesco d’Assisi e i Cooperatori salesiani, BS 6 (1882) n. 12, dicem-bre, pp. 189-192.