TENACE DIFESA DELLA LIBERTÀ ISTITUZIONALE TRA INSICUREZZE E CONTESTAZIONI (1874-1878)
2. Per le vocazioni ecclesiastiche la protezione di Maria Ausiliatrice
In armonia col significato ecclesiale della divozione a Maria sotto il titolo di Auxilium Christianorum don Bosco intitolava al suo nome un’opera di Chiesa che gli stava sommamente a cuore: l’Opera di Maria Ausiliatrice per le vocazioni allo stato ecclesiastico31. Il vasto mondo della gioventù povera e abbandonata o, meglio, della povera e abbandonata gioventù e la penuria di sacerdoti erano per lui problemi interconnessi, che ponevano alla Chiesa seri compiti operati-vi. Pur valorizzando al massimo i laici, egli riteneva impossibile un’educazione cristiana compiuta senza l’attiva presenza dell’ecclesiastico dispensatore dei misteri e guida spirituale. Perciò, intensificando a metà degli anni ’70 la campagna per la ricerca e la formazione di buone vocazioni estesa anche alle età più elevate, egli metteva la soluzione del problema sotto la protezione di Maria. Tra Maria e la Chiesa egli trovava, infatti, un vincolo indissolubile:
“Quest’opera è posta sotto agli Auspizi della Santa Vergine Ausiliatrice, perché Maria essendo dalla Chiesa proclamata Magnum et singulare in Ecclesia praesi-dium, si degnerà certamente proteggere un’opera che mira a procacciare buoni ministri alla Chiesa”32.
Anche per questa iniziativa don Bosco compilava un essenziale “statuto”, disorganico ma limpido, con aggiunte nell’edizione del 1877. Al seguito di un denso proemio comparivano i seguenti titoli: Primi esperimenti, Mezzi, Osser-vazioni, Vantaggi spirituali, Programma suddiviso nei quattro segmenti, Scopo dell’Opera, Accettazione, Studio, Corredo.
Nel proemio era tentata una diagnosi dello stato delle vocazioni nelle dio-cesi e degli Istituti religiosi in Italia, in Europa, nelle missioni. Aumentavano i bisogni e diminuivano le vocazioni. In varie nazioni erano sorte “opere di beneficenza a questo fine e se ne ottennero buoni effetti, ma insufficienti ai molti ed urgenti bisogni”. Egli ne proponeva un’altra più funzionale e pratica, e cioè “un corso di studio per giovani adulti che intendono consacrarsi nello stato Ecclesiastico”. Nelle condizioni di accettazione era stabilito che ogni allievo doveva “appartenere ad onesta famiglia, essere sano, robusto, di buon carattere, nell’età dai 16 ai 30 anni”33. Ne dimostrava statisticamente i vantaggi: mentre solo il 20% dei fanciulli “vocati” arrivavano al sacerdozio, vi perveniva invece l’80% dei grandicelli, per di più in tempi più brevi. Risultava, quindi, somma-mente appropriato “un corso di studi secondari” funzionali a “giovani adulti”,
31 Cfr. [G. BOSCO], Opera di Maria Ausiliatrice per le vocazioni allo stato ecclesiastico bene-detta e raccomandata dal Santo Padre Pio Papa IX. Fossano, tip. Saccone 1875, 8 p., OE XXVII 1-8; [G. BOSCO], Opera di Maria Ausiliatrice... ecclesiastico. Eretta nell’Ospizio di S. Vincenzo de’
Paoli in San Pier d’Arena. San Pier d’Arena, tip. e libr. di san Vincenzo de’ Paoli 1877, 28 p. Si cita da questa edizione.
32[G. BOSCO], Opera di Maria Ausiliatrice..., p. 17.
33[G. BOSCO], Opera di Maria Ausiliatrice..., pp. 3-4 e 25.
che intendevano “esclusivamente di percorrere la carriera ecclesiastica”34. Era lo Scopo dell’Opera: “Raccogliere Giovani grandicelli, che abbiano decisa volontà di fare gli studi letterari mercé corsi appropriati per abbracciare lo stato eccle-siastico”35.
Prima di proporre le forme di collaborazione – in massima parte di ordine finanziario – don Bosco rispondeva all’eventuale (o effettiva, come a Torino) obiezione di qualche vescovo. “Quest’opera – si chiedeva e rispondeva – non reca danno ad altre già esistenti? Non solo non reca danno, ma le sostiene.
Senza preti, senza predicazione, senza sacramenti, che diverrebbero l’opera del-la Propagazione deldel-la Fede, deldel-la s. Infanzia e di tutte le altre opere pie?”36. In realtà – era stabilito –, “terminati i corsi letterari ogni allievo è libero di farsi religioso, recarsi nelle missioni estere o ritornare nella rispettiva Diocesi per chiedere al proprio Vescovo la facoltà di vestire l’abito chiericale. In questo ultimo caso il Direttore dell’Opera si farà premura di raccomandare umilmen-te i candidati al rispettivo ordinario affinché secondo il merito si degni pren-derli in benevola considerazione”37.
Il supporto finanziario era assicurato da tre categorie di “contribuenti”:
oblatori, che si obbligavano a dare due soldi (=10 centesimi: 0,35 euro) al mese o, i sacerdoti, la limosina di una Messa; corrispondenti, “capi di una o più dodi-cine di oblatori”; benefattori con offerte più consistenti, fino a 300 [946 euro]
lire annue con il diritto di “inviare gratuitamente un allievo all’Istituto”
(l’Ospizio s. Vincenzo de’ Paoli a Sampierdarena) o fino a 800 lire [2.524 euro], sufficiente per l’intero corso letterario. Oltre alla partecipazione a vari beni spirituali e indulgenze, un preminente “vantaggio spirituale” era ritenuto
“il merito d’aver contribuito ad una grande opera di carità”. Concludeva: “Non si può fare opera migliore, dice S. Vincenzo de’ Paoli, che contribuire a fare un prete”38.
In un anno intensissimo, nel quale don Bosco stava progettando l’Asso-ciazione dei Cooperatori salesiani e preparando il lancio della Congregazione e delle sue opere in Francia e in America, l’impianto dell’iniziativa trovava a Roma facile e pronta accoglienza. Appena ritornato dalla capitale, dopo il soggiorno del 1875, nella riunione dei capitolari e dei direttori del 14 aprile egli raccontava di essersi trattenuto a lungo sull’Opera con il papa in una delle udienze concesse il 22 febbraio e il 12 marzo. L’8 agosto ne scriveva al card.
Antonelli come di progetto noto anche a lui: “Ne feci eziandio parola col S.
Padre che mi consigliò dargli tutto per iscritto, come feci; e la S. S. incaricava l’Em.mo Card. Berardi a far relazione, che tornò di gradimento al S. Padre.
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34[G. BOSCO], Opera di Maria Ausiliatrice..., p. 4.
35[G. BOSCO], Opera di Maria Ausiliatrice..., p. 25.
36[G. BOSCO], Opera di Maria Ausiliatrice..., p. 17.
37[G. BOSCO], Opera di Maria Ausiliatrice..., pp. 25-26.
38[G. BOSCO], Opera di Maria Ausiliatrice..., pp. 3-4.
Benedicendo lo scopo lo commendò, esortandomi e facendomi ancora più tardi esortare a porlo quanto prima in esecuzione”39. Quando ne parlava ai suoi, don Bosco ne aveva già spedito a una decina di vescovi lo statuto o rego-lamento a stampa, ossia il fascicolo Opera di Maria Ausiliatrice, non ancora edito40. Tra il 12 e il 18 aprile 1875 aveva ricevuto le commendatizie dei vesco-vi di Albenga, Vigevano, Acqui, Alessandria, Tortona, Casale, Genova, che raccomandavano ambedue le iniziative, dei Cooperatori e delle vocazioni adul-te41. Inviava al card. Berardi le quattro pervenute a lui con il duplice progetto delle vocazioni ecclesiastiche e dei cooperatori, chiedendo la sua intermediazio-ne e quella di mons. Nobili Vitelleschi per otteintermediazio-nere dal S. Padre indulgenze
“appropriate a ciascun progetto”42. Altre commendatizie gli rimetteva dopo pochi giorni, chiedendo che i favori spirituali fossero concessi distintamente a ciascuno dei due progetti e venissero comunicati con particolare urgenza quelli relativi all’Opera di Maria Ausiliatrice43.
Ambedue assicurarono il loro sostegno. Però, il Berardi raccomandava
“prudenza e circospezione” con mons. Gastaldi e il Vitelleschi pregava di accet-tare una sua “insinuazione” e cioè di “considerare bene se l’opera per le voca-zioni ecclesiastiche fosse meglio impiantarla fuori della diocesi di Torino”44.
Gastaldi, infatti, avrebbe voluto coinvolgere tutti i vescovi delle province ecclesiastiche di Torino, Vercelli e Genova perché l’iniziativa venisse attenta-mente ponderata45.
Contemporaneamente scriveva al card. Bizzarri perché fermasse un proget-to inutile e dannoso, poiché le diocesi avevano già i loro seminari e c’era il pericolo che don Bosco sottraesse loro i potenziali candidati46. Ancor più nega-tivo si mostrava, in una lunga lettera al medesimo cardinale, mons. Luigi Moreno47.
Don Bosco si adoperava, anzitutto, a chiarire lo stato delle cose con due lettere ravvicinate al segretario dell’arcivescovo: le indulgenze concesse non erano state ancora comunicate, erano riservate ai promotori dell’opera, prima di stampare qualsiasi cosa sarebbe stata presentata all’arcivescovo48; da nessun organo vaticano era stato richiesto a don Bosco di mettersi d’accordo con l’ar-civescovo di Torino, essendo l’Opera “indirizzata al bene generale della
39Lett. dell’8 agosto 1875, Em IV 496-497.
40 Il regolamento uscì ai primi di agosto nel 2° numero del Bibliofilo, un catalogo della Libreria salesiana, preludio al Bollettino Salesiano.
41Documenti XV 92-97.
42Al card. G. Berardi, 18 aprile 1875, Em IV 452.
43Lett. del 22 aprile 1875, Em IV 453.
44Lett. del 7 e 11 giugno 1876, Documenti XV 168-169; cfr. MB XI 37-38.
45Cfr. lett. del can. T. Chiuso a don Bosco, 29 luglio 1875, Documenti XV 209.
46Cfr. lett. del 25 luglio 1875, Documenti XV 207-209; MB XI 40-42.
47Lett. del 7 agosto 1875, Documenti XV 221-224; cfr. MB XI 42.
48Al teol. T. Chiuso, 29 luglio 1875, Em IV 493.
Chiesa”49. Nella lettera dell’8 agosto al card. Antonelli, già citata, lo informava degli ostacoli posti a Torino e chiedeva se fosse corretta la sua intenzione “di troncare ogni difficoltà e cominciar l’Opera nella diocesi di qualcuno dei molti Vescovi che l’hanno commendata”50. Il 10 confessava a mons. Vitelleschi:
“Avessi un po’ seguito il suo consiglio per l’Opera di Maria Ausiliatrice e cominciarla in altra diocesi, avrei guadagnato un quaterno”; ma la soluzione era già in atto: “Mi sono accordato con Monsig. Manacorda e farò stampare tutto a Fossano, e il primo esperimento lo farò nella diocesi di Genova col pieno gradimento di quel Vescovo, con cui era già preventivamente concerta-to”51. Dell’idea di “trasferire altrove” “l’impianto del progetto”, se avesse avuto luogo, informava il teol. Chiuso, ribadendo il carattere universale del-l’iniziativa: “Chi volesse un’Opera diocesana è libero all’Ordinario di proporla, ammetterla, modificarla a piacimento; ma qui è cosa generale”; era un’Opera che tendeva a “venire in aiuto degli Ordini religiosi, delle Missioni ed anche crearne qualcheduno da presentare agli Ordinari, senza dare ai medesimi alcun disturbo né materiale né morale”. Alla comunicazione fattagli che nel-l’archidiocesi di Torino non gli sarebbe stato “permesso né stampa né diffusio-ne del progetto o programma, né l’appello alla bediffusio-neficenza”, replicava difen-dendo il diritto di stampa, salva la revisione ecclesiastica, e di questua.
Comunque assicurava che si sarebbe astenuto dal farlo, se ciò gli fosse stato negato. Non dimenticava, tuttavia, di ricordare quanto l’Oratorio avesse meri-tato nell’archidiocesi quanto a vocazioni ecclesiastiche e lavoro tra la gioventù52. A mons. Vitelleschi, che in quei giorni lo informava delle lettere dell’arcivescovo e di mons. Moreno, a cui la Congregazione dei VV. e RR.
avrebbe dovuto dar riscontro, il 24 agosto don Bosco inviava un promemoria, nel quale riassumeva la genesi e i successivi sviluppi dell’Opera, rievocava le difficoltà poste dall’arcivescovo, manifestava il proposito – “ora avrei deliberato – di fare esperimento della Opera di Maria Ausiliatrice nella casa di S. Pier d’Arena diocesi di Genova dove ho il pieno gradimento di quell’Arcivesco-vo”53. Della decisione informava come di cosa fatta l’arcivescovo Gastaldi il 29 settembre: “Affine di non cagionare né dispiacere né disturbo a V. E. R.ma ho cominciato in altra diocesi l’Opera di Maria Ausiliatrice. Ora desidererei diffondere alcuni programmi anche nell’Archidiocesi di Torino; ma ciò non farò se non quando ne abbia avuto il dovuto permesso”54.
L’Opera decollava felicemente sia a Sampierdarena che all’Oratorio di Valdocco nel settembre del 1875. Don Luigi Guanella, giunto alla fine di
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49Al teol T. Chiuso, 8 agosto 1875, Em IV 495.
50Em IV 496-497.
51Lett. del 10 agosto 1875, Em IV 501.
52Lett. del 14 agosto 1875, Em IV 505-506.
53Em IV 509.
54Em IV 525.
gennaio a Torino, ne fu nominato responsabile a Valdocco. Di lui esiste una splendida lettera di aprile 1876, scritta a nome di tutti, umiliata da don Bosco personalmente a Pio IX, che vi appose la sua firma, preceduta dalla data (die 16 aprilis 1876) e da parole di benedizione: Benedicat vos Deus et dirigat vos in viis suis55. Insieme don Bosco chiese al papa per l’Opera speciali indulgenze, che vennero concesse con un generoso Breve56.
La questione era risolta di fatto e di diritto. Un piccolo strascico lo provocò don Bosco stesso, un anno dopo, inviando un articolo sull’Opera, sul suo scopo e l’esperimento del primo anno felicemente riuscito a San Pier d’Arena, a L’Unità Cattolica, che lo pubblicava il 17 settembre 187657. Don Bosco ne faceva seguire un secondo il 19 settembre, ma il direttore teol.
Margotti gli rispondeva, mandandogli la “paternale” che l’arcivescovo gli aveva fatto pervenire tramite il segretario teol. Chiuso, con precisazioni di fatto e di diritto, tutto sommato corrispondenti a verità. “In quell’articolo – era scritto – si pubblica un Breve Pontificio di cui non si è ancora comunica-to all’Arcivescovo di Torino, come era di dovere, alcuna copia autentica; si parla di una Associazione di fedeli canonicamente instituita di cui l’Arcivesco-vo di Torino non conosce per nulla l’istituzione canonica; si pubblicano indul-genze ignorate affatto dallo stesso Arcivescovo, e ciò contro il precetto del Concilio di Trento; insomma si disconosce l’ordine gerarchico della Chiesa, si ledono le prerogative e le incombenze che l’Autorità Arcivescovile ha per diritto Divino ed Ecclesiastico”. Ritornava il principio già noto, non si sa se rivolto al direttore del giornale o a don Bosco o ad ambedue: “Non basta – ribadiva – fare il bene: questo va fatto bene. Bonum ex integra causa, malum ex quocumque defectu”58. Il 5 ottobre don Bosco inviava all’arcivescovo una lette-ra di spiegazioni, che difficilmente potevano risultare persuasive, soplette-rattutto quando avrebbe voluto fargli passare per una formale istituzione canonica dell’Opera la pura concessione di indulgenze59. Il Breve papale del 9 maggio 1876 supponeva l’istituzione, non la creava: “Essendosi canonicamente isti-tuita, come ci fu esposto, una associazione di fedeli, ossia, come dicono, Pia Opera, sotto il titolo della B. Maria Vergine Ausiliatrice, (...) affinché tale società prenda ogni dì maggiore incremento (...) concediamo indulgenza plenaria (...)”60.
Non era il momento più propizio per il conseguimento dei privilegi e della facoltà delle dimissorie, su cui doveva esprimersi contemporaneamente la
55 La lett. di L. Guanella è del 1° aprile 1876, MB XI 60-61. Don Bosco ne scrive al Guanella da Roma, Pasqua 1876, E III 39-40.
56Supplica in data 4 marzo 1876, il Breve 9 maggio 1876, MB XI 533-535.
57Analogo articolo era stato inviato a Il Cittadino di Genova e forse ad altri giornali cattoli-ci (cfr. MB XI 62-63).
58Lett. del 17 settembre 1876, in MB XI 65.
59Lett. del 5 ottobre 1876, E III 100-101.
60[G. BOSCO], Opera di Maria Ausiliatrice..., pp. 11-12.
Congregazione dei VV. e RR. Si poteva “privilegiare” don Bosco dinanzi al-l’arcivescovo chiaramente contrario a queste e ad altre concessioni?