E CONSOLIDAMENTO COSTITUZIONALE DEI SDB (1870-1874)
7. Il raggiungimento del traguardo (3/13 aprile 1874)
La pratica presso la Curia romana non si fermava. Con lettera del 19 maggio 1873, il segretario della Congregazione dei VV. e RR., mons. Salvatore Nobili Vitelleschi, comunicava a don Bosco che il Consultore della Congrega-zione, il domenicano p. Raimondo Bianchi, aveva depositato il suo “voto” sul testo delle Costituzioni, proponendo “molte modificazioni”. Preannunciando l’invio del loro compendio ufficiale, anticipava un’informazione che avrebbe dovuto allarmare e rendere più arrendevole il destinatario: “Ciò che intanto posso accennarle è che l’affare delle dimissorie è contrariato quasi da tutte le parti”105. Alla fine di luglio perveniva a don Bosco il compendio previsto, con 28 “animadversiones” ricavate dalle 38 che il Consultore aveva formulato106. Il Vitelleschi suggeriva con amichevole franchezza di aderirvi di buon grado. Del resto, uomo di Curia e con la nobile famiglia simpatizzante per don Bosco, era il più indicato per informarlo sui termini giuridici oltre i quali non era conces-so né produttivo avventurarsi. “Io conces-sono di avviconces-so – scriveva – ch’Ella dovesse accettarle senza difficoltà, inserirle nelle Costituzioni, e poi nuovamente rimandare queste alla S. Congr. Sono nella maggior loro parte quelle animad-versioni l’applicazione delle massime stabilite da Roma per i nuovi Istituti: io mi avveggo che quanto si vuole per i Noviziati e per gli Studii e per le Ordina-zioni è ciò che da Lei si desidererebbe o modificato o eliminato; ma d’altra parte è precisamente tutto questo su cui gli Ordinarii hanno sempre insistito, e la S. Sede ha tenuto per fermo ed inconcusso”107.
Quale fosse la posizione della Congregazione dei VV. e RR. sui vincoli giurisdizionali tra l’Ordinario diocesano e la Società salesiana emergeva dalla risposta – datata proprio al 26 luglio – al quesito posto da mons. Gastaldi: la Congregazione di S. Francesco di Sales “è soggetta direttamente alla S. Sede ed
83 Cap. XIX: Fondazione dell’Istituto FMA e consolidamento costituzionale dei SDB (1870-1874)
105Lett. cit. in MB X 726.
106 Cfr. il testo in Congregazione particolare dei Vescovi e Regolari..., pp. 37-40, OE XXV 373-376; Cost. SDB (Motto) 244-245.
107Lett. del 26 luglio 1873, cit. in MB X 728.
è immune dalla Giurisdizione del Vescovo, sì o no?”. La Congregazione dei VV. e RR. era in grado di significare – veniva risposto in data 8 agosto – che la Società salesiana “non è che un istituto di voti semplici; e che tali istituti non sono esenti dalla giurisdizione vescovile, salvo le Costituzioni quando sono state approvate dalla S. Sede, ed i privilegi particolari dalla medesima ottenu-ti”; “pur tuttavia non è da dissimularsi che più d’un privilegio particolare ha il Sacerdote Bosco ottenuto da Sua Santità circa le dimissorie da rilasciarsi ad un certo numero di alunni; ed ultimamente, nell’Udienza dell’8 corrente Agosto ne ha ottenuto un altro simile per sei alunni”108.
Don Bosco non conosceva la domanda né la risposta intervenute, quando il 4 agosto rispondeva alla saggia lettera di mons. Vitelleschi del 26 luglio. Osser-vava che le attuali animadversioni portavano “le cose molto più indietro di quelle che erano prima”, ossia nel 1864; che la “facoltà illimitata delle dimisso-rie” era assolutamente necessaria perché la Società salesiana non restasse “una congregazione diocesana”; che quanto “allo studio, al noviziato ed altre cose simili” avrebbe esposto quanto era già stato concordato con mons. Svegliati, il card. Quaglia e lo stesso Pio IX. Confessava, infine: “Se non contassi sopra il suo valente patrocinio io suonerei pronta ritirata”109. Nonostante ciò, era una risposta a caldo ancora piena di speranza in un positivo ascolto. Lo stato d’ani-mo mutava profondamente, quando dal prid’ani-mo “colpo d’occhio” era passato ad una più attenta lettura del documento. Ne scriveva al solito autorevole uomo di fiducia, mons. Vitelleschi. All’atto pratico – gli scriveva il 25 agosto – aveva trovato “gravi difficoltà”, nel modificare le Costituzioni secondo quanto indi-cato dalle animadversioni proposte. Riesumava, quindi, argomenti già logori, fuori tempo o poco credibili: avrebbe dovuto togliere cose “che in generale sono già state approvate in altri Ordini Religiosi e congregazioni ecclesiasti-che”, ossia Gesuiti, Redentoristi, Oblati, Rosminiani110; avrebbe dovuto “inol-tre variare radicalmente – precisava – le basi stabilitemi dal santo Padre cui ho procurato di coordinare tutte le Regole Salesiane”; la Congregazione – prose-guiva – “non esisterebbe come tale, perché avendo case in diverse diocesi, deve dipendere soltanto dagli ordinari nell’esercizio esterno di quanto si riferisce alla religione”; “inoltre – concludeva – ho procurato di non variare e non distrug-gere quello che sembrava già stabilito nelle due date dei decreti 1864-1869”.
Ne deduceva sfiduciato e risoluto: “Qualora Ella vedesse essere assolutamente necessario adottar tutte le osservazioni, io desisterei da ogni ulteriore dimanda giacché una approvazione in questo senso deteriorerebbe di assai l’attuale condizione della società salesiana”111. Naturalmente, non aveva interesse a
108Lett. riportate in MB X 729-730.
109A mons. S. Nobili Vitelleschi, 4 agosto 1873, Em IV 138-139.
110 Dalla cronaca romana del segretario di don Bosco, Gioachino Berto, risulta che nella prima decade di febbraio 1874 don Bosco incontrò, in particolare, Redentoristi, Passionisti e Preti della Missione.
111Lett. del 25 agosto 1873, Em IV 151-152.
richiamarsi alle animadversioni che avevano accompagnato il decreto del 1864, mai però obliate dalla Congregazione dei VV. e RR. È ovvio che alcune delle
“animadversiones” dell’estate 1873 non potevano che contrastare radicalmente con le antiche essenziali attese di don Bosco, anzi le aggravavano con nuove richieste: in particolare, la 4.a (diritti civili), la 5.a (voto di povertà), la 16.a (noviziato), la 17.a (tempo e luogo per gli studi filosofici e teologici), la 25.a (acquisti e alienazioni, cause civili), la 28.a (la facoltà delle dimissorie). La Consultazione preparata per i membri della Congregazione particolare del 1874 avrebbe sottolineato questi medesimi punti, ritenuti fondamentali dal richiedente e inammissibili dai destinatari112.
Le nuove più ampie e obbliganti osservazioni portavano don Bosco ad approntare la difesa su un fronte più esteso e alla elaborazione di documenti supplementari. Erano le Osservazioni sulle Costituzioni della Società di S. Fran-cesco di Sales e loro applicazione113 e un Cenno istorico, che ne avrebbe dovuto costituire la giustificazione storica e giuridica114. A Roma don Bosco sarebbe stato sconsigliato di allegare il Cenno alla pratica ufficiale; perciò l’avrebbe distribuito ai membri della Congregazione particolare in forma privata.
Il 30 dicembre era a Roma col segretario, prezioso amanuense, don Gioachi-no Berto per seguire le ultime fasi dell’anGioachi-nosa pratica. Subito si incontrava con mons. Vitelleschi e con il card. Berardi, ritenuti amici fidati e influenti. Ricevu-to in udienza dal papa il 5 gennaio 1874 parlava tra l’altro di trattative per l’im-minente fondazione di una scuola d’arti e mestieri a Hong-Kong e di altre cose concernenti la vita della Congregazione115. Effettivamente già nei primi giorni del soggiorno romano don Bosco incontrò mons. Simeoni, Segretario di Propa-ganda, e il card. Prefetto, Alessandro Barnabò manifestò il desiderio di riveder-lo. Don Bosco disse che gli avrebbe fatto visita dopo aver parlato con mons.
Raimondi, Prefetto Apostolico della missione di Hong-Kong. Lungo il mese di gennaio questi si incontrò con lui più volte116, arrivando ad una convenzione, che però non sarebbe giunta a felice esito, sebbene don Bosco avesse già previsto come direttore della nuova opera, l’economo generale, don Angelo Savio117.
Più incontri, personali e per lettera, ebbe con don Bosco anche il missionario bresciano don Giovanni Bertazzi, che, a nome del vescovo di Savannah, il reden-torista William Gross, per più mesi, a Roma e a Torino, trattò la fondazione e gestione di un’opera complessa: il seminario diocesano, un collegio, un ospizio
85 Cap. XIX: Fondazione dell’Istituto FMA e consolidamento costituzionale dei SDB (1870-1874)
112Cfr. Consultazione per una Congregazione particolare, pp. 7-13, OE XXV 393-399.
113Sono edite in Cost. SDB (Motto) 245-247.
114 Cfr. [G. BOSCO], Cenno istorico sulla Congregazione di S. Francesco di Sales e relativi schiarimenti. Tip. Poliglotta della S. C. di Propaganda 1874, 20 p., OE XXV 231-250. Sulla sua redazione e i suoi contenuti, cfr. P. BRAIDO, L’idea della Società Salesiana nel “Cenno istorico”
di don Bosco del 1873/1874, RSS 6 (1987) 245-331.
115Cfr. lett. a don M. Rua, 5 gennaio 1874, Em IV 194-195.
116 Cfr. G. BERTO, Brevi appunti…, pp. 14, 27, 35, 38, 40.
117 Cfr. lett. a don M. Rua dell’11 gennaio, Em IV 203: “Di’ a D. Savio – scriveva – che si prepari a farsi santo per andare a santificar quelli di Hong Kong”.
per orfani, due scuole libere118. Il 6 marzo avevano avuto, insieme, anche un’u-dienza dal Segretario di Propaganda Fide Simeoni119. Don Bertazzi fu anche più giorni ospite all’Oratorio, con la speranza addirittura di ritornare negli Stati Uniti alla fine di maggio con due salesiani: tra essi aveva in mente come uomo guida don Bosco o don Rua, conoscitore dell’inglese, o don Giovanni Cagliero, oppure don Angelo Savio. Ma il grande progetto, formulato in un diffuso memoriale, datato “Torino, 9 aprile 1874”, si rivelò irrealizzabile120.
In ogni caso, alle soglie dell’approvazione delle Costituzioni l’una e l’altra proposta erano ancora oggetto di trattative serie, non un’utopia o uno specchio per le allodole. Per don Bosco era, dunque, giustificato ad insistervi, con la parola e gli scritti, seppure per forzare la concessione di facoltà vitali per il più efficiente operare del suo Istituto religioso121.
Non meno insistenti erano, però, le remore. Fin dai primi di gennaio era giunta al card. Bizzarri una lettera particolarmente forte dell’arcivescovo di Tori-no, che ribadiva la necessità di “rendere obbligatorio un Noviziato di due anni”, con una seria formazione all’umiltà e alla sottomissione. Aggiungeva due proposte inedite: dare agli Ordinari delle diocesi in cui si trovavano opere salesiane la facoltà di ingerirsi nella promozione agli Ordini sacri dei membri della Società,
“sicché nessuno dei detti membri potesse esservi promosso senza l’assenso positi-vo ed esplicito del Vescopositi-vo Diocesano”; ancora, dare ai medesimi Vescovi “la facoltà di esaminare i detti membri prima di ammetterli ai voti perpetui”. Inoltre venivano ripetute e appesantite le accuse sulle carenze della formazione ecclesiasti-ca data all’interno della Società salesiana con la denuncia della situazione proble-matica di due ecclesiastici, uno della diocesi di Saluzzo, l’altro dell’archidiocesi torinese, formati nell’Oratorio di don Bosco122. Rispetto alle lettere precedenti mons. Gastaldi faceva un ardito passo in avanti: sembrava proporsi come col-laboratore di don Bosco nel dare stabilità e consistenza culturale e spirituale alla Società salesiana, quasi tutore di un organismo senza padre o con un padre tanto inadeguato alla formazione di religiosi, quanto eccezionale educatore di giovani.
È da notare che nel frattempo don Bosco si stava occupando con straordina-ria solerzia anche del problema degli exequatur123. Nei primi due mesi del soggiorno romano, delle alterne vicende della questione egli informava il suo
118 Cfr. G. BERTO, Brevi appunti…, pp. 64, 70, 72; lett. di don Bosco a don M. Rua, 4 aprile 1874, Em IV 275.
119G. BERTO, Brevi appunti…, p. 73.
120Cfr. MB X 1270-1272, 1358-1371.
121 Cfr. [G. BOSCO], Cenno istorico sulla Congregazione di S. Francesco di Sales..., p. 20, OE XXV 250 e P. BRAIDO, L’idea della Società Salesiana nel “Cenno istorico”..., RSS 6 (1987) 309-310, 318; Riassunto della Pia Società di S. Francesco di Sales nel 23 Febbraio 1874, in Congregazione particolare dei Vescovi e Regolari..., p. 47, OE XXV 383; lett. a Pio IX, marzo 1874, Em IV 252.
122 Lett. del 9 gennaio 1874, riportata in MB X 757-758. I due preti erano don Luigi Chiapale e Giovanni Battista Anfossi.
123Cfr. cap. 18, § 7.
arcivescovo, desiderando che per primo potesse fruire della soluzione tanto controversa. Le quattro lettere inviate al Gastaldi dall’11 gennaio all’8 febbraio sono uno specchio del tortuoso percorso alla ricerca delle formule gradite sia al governo italiano che alla Santa Sede: “La pratica sul noto affare progredisce bene”124; “il noto affare è ultimato. Un formolario è accettato da ambe le parti125;
“sembrava tutto conchiuso: oggi un incaglio”126; pareva fosse arrivata la soluzio-ne, ma la “pubblicità alle cose”, attribuita all’arcivescovo di Torino, aveva suscita-to vaste contrarietà; “ma tutsuscita-to ciò era un pallio per coprire la realtà” – riteneva don Bosco –. “Il fatto vero – spiegava – sta che il giorno prima si era ricevuta una violenta lettera di Bismarck protestando contro alle voci di conciliazione, e specialmente contro ai Vescovi che, etc. La pratica non è rotta; ma è sospesa”127.
Della lettera dell’arcivescovo al card. Bizzarri del 9 gennaio don Bosco veniva a conoscenza qualche settimana dopo, ma in tempo per redigere una propria difesa. Essa però veniva ricopiata, fatta propria e firmata da uno degli accusati, don Giovanni Battista Anfossi, ex-alunno dell’Oratorio, e aveva come destinata-rio don Bosco stesso, il quale, a sua volta ne faceva avere copia a ciascun cardina-le della Congregazione particolare128. In gennaio dava pure alle stampe presso la Poliglotta Vaticana il testo delle Costituzioni. Vi restavano immutati gli articoli che toccavano i diritti civili e l’inesistenza della Congregazione come ente mora-le. Erano aggiunti due capitoli: il XIV sul Noviziato, però concepito piuttosto come tirocinio di vita attiva (art. 8); e il XV De studio in quattro articoli generici ed elusivi. Restava immutato quanto statuito circa le dimissorie e gli esterni. In marzo, sperando di attenuare le opposizioni, don Bosco faceva ristampare un testo costituzionale dal quale scompariva l’appendice sugli esterni e che accoglie-va talune correzioni piuttosto formali129. Non era del tutto sbagliato il giudizio che, secondo mons. Vitelleschi, formulavano su don Bosco in quelle settimane i cardinali da lui visitati e richiesti di protezione: “D. Bosco scioglie tutte le diffi-coltà, le fa scomparire tutte. Egli accetta tutto, e accetta niente”130.
Su consiglio del sommista don Carlo Menghini, che aveva congegnato il documento illustrativo della richiesta di approvazione, don Bosco preparava un Riassunto della Pia Società di S. Francesco di Sales nel febbraio 1874, da unire, in luogo del Cenno istorico, ai quattordici documenti della “posizione della causa”. Il 7 marzo erano recapitati a ciascuno dei cardinali componenti la
87 Cap. XIX: Fondazione dell’Istituto FMA e consolidamento costituzionale dei SDB (1870-1874)
124Lett. dell’11 gennaio 1874, Em IV 200.
125Lett. del 16 gennaio 1874, Em IV 204.
126Lett. del 24 gennaio 1874, Em IV 211.
127Cfr. lett. dell’8 febbraio 1874, Em IV 223.
128Cfr. MB X 759-760.
129Ambedue i testi sono riprodotti anastaticamente in OE XXV 253-292, 295-333. Un’a-nalisi particolareggiata delle modifiche introdotte nell’uno e nell’altro si trova in MB X 746-755, 784-785 e 915.
130 Cfr. G. BERTO, Brevi appunti sul viaggio di don Bosco a Roma nel 1873-1874, ASC A 0040402, p. 83.
Congregazione particolare – Patrizi, De Luca, Bizzarri, Martinelli – il testo dell’edizione di marzo delle Costituzioni, la Consultazione, la supplica di don Bosco al papa inoltrata il 1° marzo dell’anno precedente131. Non era tutto. Il 18 marzo don Bosco inviava in via privata a ciascuno dei membri della Congregazione particolare, al segretario della Congregazione dei VV. e RR., al card. Berardi, a Pio IX un suo promemoria dal titolo eloquente Alcuni pensieri che muovono il Sac. Giov. Bosco a supplicare umilmente per la definitiva approva-zione delle costituzioni della Società Salesiana. In favore della piena legittimazio-ne giuridica della Società salesiana con l’approvaziolegittimazio-ne definitiva delle Costitu-zioni militavano fatti antichi e nuovi: “L’esperimento fatto delle CostituCostitu-zioni per trentatré anni” [ancora il 1841!], “le commendatizie di quarantaquattro vescovi”, “i frutti di benedizione” finora ottenuti, “sedici case aperte in diocesi diverse”, “il numero dei Congregati che [era] di circa 330, e dei fanciulli (circa 7000) loro affidati, le trattative pressoché ultimate di aprire case nell’America, nell’Africa e nella China”, “la necessità di un Direttorio pratico delle Costitu-zioni sia per la parte morale, sia per la parte materiale”, “il vivo desiderio che questo grande atto, il più importante per una Congregazione Ecclesiastica, si [compisse] dagli attuali pii, dotti e caritatevoli Eminentissimii Cardinali” e fosse sancito dal “santo e maraviglioso” Pio IX. Don Bosco pensava, forse, che un po’ di incenso non guastasse, dato che si rivolgeva a persone ecclesiastiche.
Ma poteva apparire del tutto estemporanea ed evasiva la proposta avanzata per sfuggire all’insidia delle “animadversioni”: “Scorgendosi il bisogno di modifica-re qualche articolo delle Costituzioni, ciò si potrà famodifica-re nel modifica-rendiconto che ogni tre anni si presenterà alla S. Sede intorno allo Stato morale, religioso e materia-le dell’Istituto, oppure nei Capitoli Generali che si tengono ogni tre anni”132.
La lunga riunione della Congregazione particolare del 24 marzo restava inter-locutoria. I lavori venivano aggiornati al 31 marzo. Indomito e instancabile, il 29 marzo don Bosco tentava le ultime difese nei confronti della già nota lettera del Gastaldi al card. Bizzarri del 20 aprile 1873. Indirizzava ai cardinali componenti la Congregazione un breve Promemoria sopra una lettera dell’arcivescovo di Torino intorno alla Congregazione Salesiana133. Intendeva esserne una puntuale confuta-zione, su questioni di diritto e di fatto. Ma, se non era del tutto esatta la lettera del Gastaldi, non lo era nemmeno la contestazione di don Bosco. Il 31 marzo, dopo lungo dibattito, alla domanda posta al termine della Consultazione, “Se, e come debbano approvarsi le recenti Costituzioni della Società Salesiana nel caso?”, la Congregazione rispondeva: Affirmative et ad mentem. L’ad mentem significava semplicemente “che s’introducesse nelle Costituzioni le
animadversio-131 L’intera documentazione sulla pratica si trova ristampata anastaticamente in OE XXV 295-400: Regulae Societatis S. Francisci Salesii, pp. 295-333; Congregazione particolare dei Vescovi e Regolari... Relatore Nobili Vitelleschi, pp. 335-385; Consultazione per una Congregazione parti-colare, pp. 387-400.
132Em IV 263-264.
133Em IV 268-270; cfr. la lettera con la medesima data al card. A. G. Bizzarri, Em IV 267.
ni fatte dal Consultore Padre Bianchi”; quanto poi alla “facoltà di concedere le dimissorie per le ordinazioni, che s’implori dal S. Padre questo Privilegio per un decennio”; “che si possa supplicare il Santo Padre per l’approvazione delle propo-ste Costituzioni così emendate ed epropo-stese, la quale approvazione tre degli Em.mi Padri opinarono concedere definitiva e perpetua”134.
Era soluzione inevitabile. Del resto, don Bosco stesso l’aveva propiziata.
Forse sperando che i membri della Congregazione non l’avrebbero presa trop-po alla lettera, egli aveva concluso la Consultazione con una dichiarazione – di prammatica? – che era una resa a discrezione: “Finalmente il Sacerdote Bosco con iterate suppliche dimanda l’assoluta approvazione dopo vari anni di tratta-tive, e per tale scopo espressamente dichiara, che terrà eziandio conto di ogni correzione, modificazione, consiglio che nella Loro alta ed illuminata saviezza si degnassero proporre, o semplicemente consigliare a maggior gloria di Dio, ed a vantaggio delle Anime; così spera di porsi in regola coi rispettivi Ordinari, e proseguire pacificamente le sue trattative a pro delle Missioni straniere”135.
Nell’udienza a mons. Nobili Vitelleschi del 3 aprile, venerdì santo, Pio IX confermava e approvava il parere della Congregazione particolare, ordinando di dare il via al decreto per l’approvazione definitiva delle Costituzioni e, a parte, alla concessione dell’indulto ad decennium di rilasciare le lettere dimisso-riali per gli ordini sacri136.
Il decreto del 13 aprile e il rescritto sulle dimissorie conferivano ai due atti il sigillo della pubblicità giuridica137. Lo stesso giorno don Bosco, da Roma, infor-mava l’arcivescovo di aver ritirato “il decreto dell’approvazione definitiva delle nostre regole”138. Il destinatario annotava nel verso del foglio, sottolineando le ultime parole: “1874 – 13 aprile – Don Bosco – notizia dell’approvazione defi-nitiva del suo Istituto, che però non è defidefi-nitiva”139. Aveva torto – era infatti defi-nitiva – e un po’ di ragione – non era del tutto “compiuta” –, poiché le facoltà dell’esenzione e delle dimissorie a qualsiasi vescovo restavano escluse dal testo costituzionale. Per esse sarebbero state necessarie concessioni specifiche. Per ottenerle don Bosco avrebbe continuato a lottare dal 1875 al 1884.
Ritornato a Torino, scriveva una familiare lettera di ringraziamento a mons.
Salvatore Nobili Vitelleschi, a cui primo su tutti attribuiva il merito della felice conclusione della pratica: era gratitudine che pregava di estendere a tutta la nobile famiglia “per la grande cortesia e benevolenza” usatagli nel corso del soggiorno romano140. A lui avrebbe dovuto riscrivere presto per risolvere una
89 Cap. XIX: Fondazione dell’Istituto FMA e consolidamento costituzionale dei SDB (1870-1874)
134Verbale delle due riunioni della commissione cardinalizia del 24 e 31 marzo redatto da Mons. Nobili Vitelleschi, MB X 795.
135Consultazione per una Congregazione particolare, p. 13, OE XXV 399.
136Dichiarazione di mons. Vitelleschi in calce al verbale precedente, MB X 796.
137 Cfr. MB X 802-805.
138Em IV 277.
139Cfr. MB X 808, 821-827.
140Lett. del 28 aprile 1874, Em IV 281.
questione sollevata dall’arcivescovo Gastaldi. L’Ordinario diocesano – scriveva – voleva vedere “il decreto di concessione delle dimissorie”: era condizione inderogabile per l’ammissione agli ordini dei salesiani presentati da don Bosco.
questione sollevata dall’arcivescovo Gastaldi. L’Ordinario diocesano – scriveva – voleva vedere “il decreto di concessione delle dimissorie”: era condizione inderogabile per l’ammissione agli ordini dei salesiani presentati da don Bosco.