UN PROGETTO DI SOLIDARIETÀ CATTOLICA NELLA MISSIONE TRA I GIOVANI (1873-1877)
3. Vicende dell’istituzione canonica
Dell’Associazione Salesiana don Bosco faceva parola per la prima volta a Pio IX nell’udienza del 22 febbraio 1875. Su suggerimento del papa egli chiedeva commendatizie a vari vescovi sia per l’Opera di Maria Ausiliatrice che per i salesiani associati, due progetti “distinti l’uno dall’altro”. Per ambedue egli pregava il card. Berardi di “supplicare che le indulgenze e la benedizione del S.
Padre” fossero “appropriate a ciascun progetto per poterle comunicare secondo le opportunità”42.
Ottenute le commendatizie di vari vescovi, in data 4 marzo 1876 egli si rivolgeva direttamente al papa. “La Santità Vostra – ricordava in riferimento ai Cooperatori Salesiani – degnavasi di far esaminare tale progetto, benedirlo e commendarlo”. “Molti Vescovi furono solleciti di accoglierlo per le rispettive Diocesi”43. Dall’apertura del “tesoro delle Sante indulgenze” – aggiungeva –
“ognuno può essere assicurato che l’Opera degli Oratorii è da V. S. benedetta e commendata”44.
I favori spirituali erano concessi con un Breve del 9 maggio 1876. Prima che per la concessione delle indulgenze il documento era secondo don Bosco fondamentale per il connesso riconoscimento di fatto dell’Associazione. Nella prima conferenza ai cooperatori a Torino del 16 maggio 1878 proclamava apertamente: “È morto in questo anno l’incomparabile nostro benefattore Pio IX: quel Pio IX che approvò la associazione dei Cooperatori e la arricchì di tanto insigni indulgenze, quel Pio IX che volle essere ascritto pel primo tra i Cooperatori Salesiani”45. In realtà, il papa aveva elargito le indulgenze poiché – era detto nel Breve – “come ci è stato riferito, è stato canonicamente eretto un Pio sodalizio, denominato Associazione o Unione dei Cooperatori Salesiani”.
Agli aderenti, nel presente e nel futuro, Pio IX concedeva, anzitutto, due indulgenze plenarie, a loro riservate. Nella seconda parte aggiungeva: “Volendo
40Il testo è aggiunto alle pagine 8 e 9 dello stampato con le materie da trattarsi nel Capito-lo generale; è trascritto in bella copia in fogli a parte da don Berto, segretario di don Bosco, il quale per sua parte rilegge, rivede e corregge.
41Cfr. Deliberazioni del Capitolo generale della Pia Società Salesiana tenuto in Lanzo-Torinese nel settembre 1877. Torino, tip. e libr. Salesiana 1878, pp. 91-93, OE XXIX 467-469, appendi-ci, IV. Associazioni varie - I Cooperatori Salesiani.
42Lett. del 18 aprile 1875, Em IV 452.
43 Si riferisce alla prima edizione del 1876 del progetto Cooperatori salesiani ossia un modo pratico per giovare al buon costume ed alla civile società. Torino, tip. salesiana 1876, 16 p., OE XXVIII 255-271.
44E III 25-26.
45G. BARBERIS, Cronichetta, quad. 13, p. 58.
dare un segno di speciale benevolenza ai sopraddetti soci, elargiamo loro tutte le indulgenze tanto plenarie quanto parziali, che i Terziari di s. Francesco d’As-sisi possono lucrare per concessione Apostolica”; essi le avrebbero potuto conseguire nelle feste di s. Francesco di Sales e nelle chiese salesiane come i Terziari le lucravano nelle feste di s. Francesco e nelle chiese francescane46.
Forte del Breve di Pio IX, don Bosco preparava una nuova edizione, inte-grata e modificata, del precedente fascicolo. Il 12 luglio 1876 ne inviava copia a stampa all’arcivescovo Gastaldi. Lo informava sull’iniziativa con il minimo di parole: “Questa mattina si è terminata la stampa e composizione [raccolta, messa insieme dei fogli stampati per la legatura] del libretto Cooperatori Sale-siani”. Al 12 luglio era precisamente firmata da don Bosco la presentazione Al lettore. “È una specie di terziario – chiariva – con cui il S. Padre concede ai nostri benefattori alcuni favori spirituali”. Faceva, quindi, “umile preghiera di voler impartire pure la sua benedizione come Arcivescovo della casa principale”
e, “se non [gli] dispiaceva”, di essere annoverato “dopo il S. Padre” “nel catalo-go di questi promotori”. Aggiungeva con dubbio diplomatico distacco: “Le fo queste due proposte per dovere e se Ella aderisce le avrò come due favori segnalati. Ma in ogni caso La prego di accogliere questo scritto come segno di alta stima e di profonda ammirazione verso la E. V.”47.
La reazione del Superiore ecclesiastico non poteva essere particolarmente benevola di fronte a fatti compiuti, su cui si chiedeva semplicemente la benedi-zione. Due cose gli erano spiaciute – rispondeva il segretario, teol. Chiuso –: che egli avesse pubblicato “il libro Cooperatori Salesiani senza averlo sottoposto alla revisione ecclesiastica e di aver rese pubbliche in esso indulgenze e una pia Società, della cui istituzione canonica non risulta[va] all’autorità ecclesiastica di Torino”48. Don Bosco non riscontrava subito la lettera. Dal 20 al 29 luglio era in Liguria, probabilmente anche per poter dare un risposta plausibile. Gli interessa-va soprattutto Alassio, diocesi di Albenga. Non mancainteressa-vano motivi per andarvi: il nuovo grande fabbricato in costruzione (1875-1877), i contatti col benefico can.
Edoardo Martini, la ricerca di personale per la seconda spedizione missionaria e, perché no?, la soluzione del problema dell’edizione del fascicolo sui Cooperatori Salesiani. Il vescovo diocesano, mons. Pietro Anacleto Siboni, uno dei nomi che comparivano in liste proposte alla S. Sede nel 1871 da don Bosco49, poteva dare e dava la copertura dell’approvazione ecclesiastica e del luogo di edizione: infatti, il 26 luglio la Curia diocesana rilasciava l’Imprimatur50. Ritornato a Torino, il 1°
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46Cooperatori salesiani..., 1877, pp. 7-9, OE XXVIII 345-347.
47E III 71-72.
48Lett. del 16 luglio 1876, Documenti XVI 413-414.
49Cfr. F. MOTTO, L’azione mediatrice di don Bosco nella questione delle sedi vescovili vacanti..., in Don Bosco nella Chiesa, pp. 312 e 314.
50 Cfr. Cooperatori salesiani ossia un modo pratico per giovare al buon costume ed alla civile società. Albenga, tip. vescovile di T. Craviotto 1876, 34 [6] p., OE XXVIII 255-271; seguiva una ristampa con l’indicazione editoriale: S. Pier d’Arena - Torino, tip. e libr. salesiana 1876, 36 [4] p.
agosto don Bosco faceva pervenire al segretario dell’arcivescovo la risposta alla lettera del 16 luglio, non senza qualche azzardo dialettico. “Giunto dalla visita fatta alle case di Liguria – scriveva –, trovo la tua lettera del 16 scaduto luglio, cui, sebbene in ritardo, mi affretto di rispondere. L’Opera dei Cooperatori Salesia-ni non fu pubblicata. La prima copia fu mandata a S. E. Rev.ma Mons. Arcive-scovo, copia non ancora tutta stampata – spiegava –, perché se tu la guardi la 38 pagina la trovi in bianco, e là io divisava fosse stampata la benedizione del-l’Arcivescovo nostro, se avesse giudicato di darla”: invero, una collocazione anomala, tra la fine del testo e l’indice, per la benedizione di un arcivescovo che si voleva associare a Pio IX tra i promotori dell’Associazione. Seguiva la franca dichiarazione: “L’Opera dei Cooperatori non è diocesana, ma generale”. Aggiun-geva svariate considerazioni sullo stile a cui erano ormai improntate le reciproche relazioni tra mons. Gastaldi e lui: dell’Opera egli avrebbe parlato con l’arcivesco-vo, “se non fossi costretto – si giustificava – a trattare per persona intermediaria, per cui difficilmente le cose possono farsi intendere nel loro vero senso”; “finché ho potuto aprire il mio cuore a S. E., io non moveva un dito senza il suo dotto, prudente ed accorto parere. Ho dovuto amaramente cessare, quando non ho più avuto libertà di parlare, oppure non era più creduto”51.
Le remore, però, non l’avevano frenato nel proporre l’associazione ai primi grandi benefattori, i marchesi Fassati: “Mando a Lei ed alla Sig. Marchesa l’ag-gregazione ai Cooperatori Salesiani, di cui abbiamo più volte parlato. Così Ella potrà fruire delle molte indulgenze e grazie spirituali concesse dal benevolo regnante Pio IX”52. Dell’opuscolo Cooperatori Salesiani, testé stampato, inviava copie a don Cagliero e lo incaricava di portarne una all’arcivescovo di Buenos Aires, che avrebbe desiderato comparisse il primo dopo il S. Padre, e di darne agli altri già noti. Lo informava pure che “tutte le indulgenze ivi notate sono eziandio lucrabili da tutti i Salesiani”53. A lui mandava più avanti i diplomi e raccomandava la prudente promozione dell’Associazione54. Personalmente, inve-ce, accompagnava con una lettera le copie dell’opuscolo che faceva spedire alle nobildonne benefattrici di Firenze: “Le mando – scriveva alla contessa Girolama Uguccioni – alcune copie di collaboratori Salesiani da distribuire alla Sig. Gondi, March. Nerli, Digny e ad altri che sa amare le cose nostre. I diplomi li riceverà colle Letture Cattoliche e mi farà soltanto avere il cartellino rosso firmato”55, cioè la scheda del 1876, di cui si è detto. A un giovane salesiano, insegnante nella casa di Trinità di Mondovì, che desiderava farsi terziario francescano per lucrarne le indulgenze, rispondeva: “Non occorre farti Terziario Francescano, perché tutte le Indulgenze di quell’Ordine sono concesse ai Cooperatori Salesiani cui tu appar-tieni. Pertanto leggi il libretto nostro, procura di aumentarne il numero e ne
51Al can. T. Chiuso, 1° agosto 1876, E III 83.
52Lett. del 16 luglio 1876, E III 73.
53A don G. Cagliero, 1° agosto 1876, E III 81.
54A don G. Cagliero, 14 novembre 1876, E III 112.
55Lett. del 2 dicembre 1876, E III 122.
avrai merito”56. A Valdocco il responsabile dell’invio dei diplomi era don Rua, il quale si serviva di don Berto, che ne aveva la cura diretta57.
Ancor più dura della precedente era la reazione di mons. Gastaldi alla pubblicazione dell’edizione del 1877 dell’opuscolo sui Cooperatori. Don Bosco aveva fatto precedere il testo, simile a quello edito ad Albenga nel 1876, dal Breve pontificio del 9 maggio 1876, in latino e in italiano, e dall’elenco delle tante indulgenze concesse ai cooperatori, intesi nel senso più largo, nel 1876, ma anche nel 1875 e già nel 1869 e 187058. Monsignor Gastaldi minac-ciava di rendere pubblico presso i parroci della diocesi il proprio dissenso sulla pubblicazione, secondo lui irrituale. Don Bosco, in una lettera che toccava altri punti di controversia su cui si ritorna più avanti, lo scongiurava di agire in modo da evitare un inutile scandalo, dannoso a tutti, suggerendo di rimettersi ambedue “ai maturi ed autorevoli giudizi delle Romane Congregazioni”59. In compenso, il 12 dicembre poteva dare buone notizie al can. Clemente Guiol, parroco della chiesa di S. Giuseppe a Marsiglia: i missionari di passaggio e suoi ospiti “sono stati tutti entusiasmati della sua benevolenza; ed unanimi scrisse-ro: Il Curato di S. Giuseppe è un vero Cooperatore salesiano; Dio ce lo conser-vi”60. Il 15 dicembre 1877 l’arcivescovo di Genova, Salvatore Magnasco, approvava ufficialmente per la sua archidiocesi la Pia Associazione dei Coopera-tori, “stabilendone il centro” nell’ospizio di S. Vincenzo “eretto in San Pier d’Arena”, “a condizione però – precisava – che Essa si mantenga sempre sotto la nostra Ordinaria dipendenza”61.