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Gestore e provveditore delle opere (1870-1874)

Con l’espansione delle opere il governo di don Bosco si estendeva geografi-camente e nelle modalità rispetto al controllo più diretto che egli poteva avere fino allora mantenuto sull’Oratorio e sulle case vicine.

Quanto allo stato delle opere e dei salesiani addetti ad esse, per il settennio si ha un buon riferimento nel catalogo ufficiale della Società salesiana del 1870. Nel 1870 erano registrati 28 salesiani professi perpetui, di cui 18 sacer-doti, 7 chierici, 3 coadiutori; 33 professi triennali, di cui 8 sacerdoti; 42 ascrit-ti. Nel 1874 i salesiani erano 251: i professi perpetui 42, di cui 30 sacerdoti, 3 chierici, 9 coadiutori; i professi triennali 106, di cui 16 sacerdoti, 4 diaconi o suddiaconi, 57 chierici, 28 coadiutori; gli ascritti 103.

Fino a novembre 1875 le opere giovanili restavano quelle fissate nel 1872:

Oratorio di S. Francesco di Sales a Torino-Valdocco, ancora a Torino l’oratorio di S. Luigi, i collegi S. Carlo a Borgo S. Martino, S. Filippo Neri a Lanzo Torine-se, Madonna degli Angeli ad Alassio, S. Giovanni Battista a Varazze, S. Vincenzo de’ Paoli a Sampierdarena-Genova, Immacolata Concezione di Torino-Valsalice.

Il ponte di comando era sempre nella casa madre di Valdocco, di cui don Bosco rimaneva il direttore o, dall’anno scolastico 1879-1880, “rettore”

coadiuvato da un direttore. Era il suo normale recapito per i numerosi corri-spondenti, spesso anche quando scriveva lontano da Torino. In realtà si tratta-va di un ponte mobile. Le assenze da Valdocco del direttore si facetratta-vano sempre più frequenti. Occuparono larghi spazi di tempo i viaggi a Roma, spesso con fermate intermedie sulle linee di Bologna e Firenze, Milano o Genova. Nel quinquennio furono ben cinque: 20 gennaio-25 febbraio 1870 in occasione del concilio ecumenico; 22 giugno-4 luglio 1871 per la celebrazione del 25° di pontificato di Pio IX; 9-16 settembre 1871 per la questione delle nomine vescovili; 18 febbraio-29 marzo 1873 per il problema degli exequatur; 29 dicembre 1873-15 aprile 1874 per l’approvazione delle Costituzioni e, ancora, per il problema degli exequatur.

Altre assenze erano dovute a visite alle case salesiane del Piemonte e della Liguria, oltre alla sede delle Figlie di Maria Ausiliatrice a Mornese. Altre molte erano dedicate al molteplice elemosinare presso case di benefattori fuori Tori-no, in particolare nei mesi estivi e autunnali. Si aggiungevano ogni anno le due settimane di luglio trascorse agli esercizi dei preti e dei laici a S. Ignazio sopra Lanzo; e 15-20 giorni passati in settembre dal 1870 nella casa di Lanzo per gli esercizi spirituali dei salesiani. La malattia a Varazze lo teneva lontano due mesi e mezzo da Valdocco, da cui era partito per la Liguria il 2 dicembre.

Anche per questo l’epistolario da solo offre un materiale quanto mai ricco ed eterogeneo sull’arte di governo di don Bosco, specchio di un’attività di un uomo che anche lontano aveva la memoria sveglia per le più diverse pratiche d’ufficio, capace dei più rapidi passaggi in poche decine di righe di lettere, sempre concise, da un problema all’altro: spirituale, educativo, organizzativo, finanziario, disciplinare, amministrativo, caritativo. Ciò risalterebbe ancor più

29 Cap. XVIII: L’espansione interregionale dei collegi e la gestione delle opere (1869-1874)

se si esaminassero in particolare le lettere indirizzate a don Michele Rua, prefetto della Congregazione, cioè incaricato della disciplina generale e del-l’amministrazione, e fino al 1875 vicedirettore dell’Oratorio: egli vigila, ammi-nistra e sa interpretare con intelligenza la volontà del superiore, con una parte-cipazione non semplicemente umbratile al governo della Società salesiana.

L’attivismo di don Bosco vi appare dettato da qualità congenite, rafforzate da una tipica percezione del tempo e della società in cui si muove. Egli si può considerare un liberista in campo socio-politico ed ecclesiastico, a suo agio nel-l’operare nelle strutture esistenti. Scarsamente sociale, lo Stato liberale lascia aperti vasti spazi alle iniziative assistenziali e caritative private e guarda con simpatia determinate attività di supplenza. Don Bosco vi si inserisce, sottoli-neando a governanti e amministratori la rilevanza sociale ed anche politica del-la propria opera educativa e religiosa. È, quindi, ovvio per lui richiedere aiuti concreti, esenzioni da carichi fiscali, fattive collaborazioni.

In questa prospettiva si sentiva autorizzato anche a chiedere all’am-ministrazione ferroviaria biglietti o viaggi gratuiti per sé, per i salesiani, per i giovani, in particolare raccomandati dalla questura, e a insistere per riaverli in caso di ritiro per accertate irregolarità da parte dei beneficiari84. Come si è visto, egli, addirittura, osava rivolgersi al rigido ministro delle Finanze Quinti-no Sella per ottenere “se Quinti-non un condoQuinti-no totale, almeQuinti-no parziale, della tassa sul macinato”, ovviamente rifiutato85. A Cesare Correnti, ministro della Pubblica Istruzione dal 1869 al 1872, chiedeva di voler soccorrere nel modo che gli era “più beneviso” alle eccezionali strettezze, da cui era angustiato l’Ora-torio, decisamente sovrappopolato: “circa cinquecento giovani ricoverati appar-tenenti alla classe più povera del popolo, che attendono agli studi classici; inol-tre – scriveva – circa cinquecento altri, tra interni ed esterni, che frequentano le scuole elementari che si fanno a favore della povera gioventù tanto nei dì feriali che ne’ festivi, non solo di giorno, ma eziandio di sera”86.

Egli si mostrava insieme scrupoloso amministratore di danaro, non suo, ma dei giovani, pur con il franco riconoscimento delle ragioni della controparte, del resto amica. Nell’estate del 1870, dovendo saldare dei debiti contratti con la tipografia dell’Oratorio per lavori da essa eseguiti, il vescovo di Mondovì, mons. Ghilardi, rimeditava sul prezzo di 16.000 lire [61.433 euro], addebita-togli dal cav. Oreglia nel 1868 per una tipografia87. Il vescovo ne faceva un caso di coscienza, che don Bosco, dopo chiarimenti, acconsentiva fosse risolto

84 Cfr. lettere al ministro degli Interni G. Lanza, prima del 22 aprile 1870, Em III 202 e documentazione in MB IX 851-857; al comm. B. Bona, 13 settembre 1870, Em III 248-249;

al ministro dei Lavori Pubblici, 20 novembre 1874, Em IV 357; al Direttore delle Ferrovie del-l’Alta Italia, 6 gennaio 1875, Em IV 388-389; 15 gennaio 1875, Em IV 394-395 (indica 11 linee ferroviarie per le quali intende fruire del libretto di abbonamento concesso).

85Lett. del 15 agosto 1870, Em III 236.

86Lett. dell’11 dicembre 1870, Em III 279.

87Cfr. cap. 16, § 9.

in base alle valutazioni dei teol. Golzio e Bertagna. La vertenza aveva termine il 1° dicembre 1871 con una transazione di comune gradimento, favorita dalla generosità del cav. Oreglia, allora gesuita a Bressanone, che versava 3.000 lire [10.948 euro]88.

Contemporaneamente, don Bosco continuava a chiedere. Per le scuole elementari degli esterni, istituite nell’anno scolastico 1871-1872, egli si rivol-geva per sussidi al sindaco di Torino89. Tornava alla carica, prestigiatore dei numeri – “circa un migliaio” di giovani esterni e 850 interni –, nel 1875, cumulando “scuole diurne e le serali ed anche le scuole autunnali”90.

Per raccogliere danaro organizzava pure una questua, una lotteria camuffa-ta, mettendo in palio la copia della Madonna di Foligno di Raffaello, affissa nella sagrestia della chiesa di Maria Ausiliatrice, con altri 100 doni e spaccia-va al prezzo di 10 lire [32 euro] biglietti da tirarsi a sorte tra gli acquirenti.

Lungo più di un anno ne collocava una gran quantità a mano o per posta, arrivando a raccogliere la ragguardevole somma di 64.000 lire [206.657 euro], in parte inviate direttamente dagli acquirenti all’ospizio di Sampierda-rena91. Per quanto don Bosco parlasse di “cartelline di beneficenza”92, l’inten-dente di finanza configurava l’operazione come illegale “lotteria pubblica” e ordinava il sequestro del quadro, facendovi apporre i sigilli. Lo annunciava don Bosco agli oblatori, convinto – diceva – “non esservi ombra di violazione di legge, giacché trattasi di un’opera di carità”93. Intanto imperterrito conti-nuava a distribuire e a spedire le “pagelline”94. “La necessità fa virtù e la fame fa uscire il lupo dalla tana”, era la sua giustificazione95; “le miserie di quest’anno sono grandi e per poter dare pane ai nostri poveri ragazzi abbiamo iniziato una specie di lotteria”, scriveva alla signora Calosso96. In ottobre, comunicando i numeri estratti, don Bosco stanziava per il vincitore del quadro 4.000 lire [12.183 euro]97. Nonostante la difesa assunta dallo studio legale dell’on. Tommaso Villa il tribunale comminava una pena pecuniaria e

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88Cfr. lett. al teol. F. Golzio e a mons. G. T. Ghilardi del 6 e 12 febbraio 1871, Em III 305 e 311. Si veda la ricostruzione dell’intera vertenza in MB X 191-203.

89 Al co. F. Rignon, 26 agosto 1872, Em III 463-464; insisteva ancora il 12 settembre 1874, Em IV 319.

90Al co. F. Rignon, gennaio 1875, Em IV 384; al prefetto di Torino, presidente del Consi-glio scolastico provinciale, 8 gennaio 1875, Em IV 389-390.

91Circ. senza data, Em IV 35-36; al prefetto di Torino, 5 aprile 1872, Em III 420; circ. del 25 marzo 1873, Em IV 72-73.

92Al co. F. Belletrutti, 26 aprile 1873, Em IV 85; tre giorni dopo al sen. G. Cataldi scrive di “piccola lotteria” (Em IV 86).

93Circ. dell’8 maggio 1873, Em IV 89.

94Due circolari del giugno 1873, Em IV 105-107.

95Lett. a un ecclesiastico, da Roma 31 gennaio 1873, Em IV 48.

96Lett. del 10 febbraio 1873, Em IV 52; da inizio febbraio a inizio maggio 1873, l’Episto-lario è ricco di richieste e notazioni analoghe: Em IV 55, 62, 65, 66, 68, 69, 70-73, 75, 77-79, 81, 83-88

97Em IV 326-327.

la confisca del quadro. Nella sentenza, peraltro, il giudice riconosceva che il fine propostosi dall’imputato “era quanto mai lodevole” e “degno di enco-mio”. Infine, in risposta a una richiesta di grazia, umiliata tramite l’avv.

Vincenzo Demaria, il re concedeva il condono, con un decreto che giungeva all’Oratorio l’11 novembre 1875, il giorno dell’addio ai primi salesiani in partenza per l’America98.

Lungo il 1873 si infittivano le richieste di soccorso alle “stringenti neces-sità” “per l’aumento dei prezzi in ogni genere di commestibili e per la notabile diminuzione di offerte da parte dei privati”: per esempio, al prefetto di Tori-no99 e a un consigliere della Deputazione provinciale100. D’altra parte, non si allarmava né allarmava per la sparizione di un testamento nel quale c’era un legato per il riscatto dei suoi chierici dalla leva, pur cercando vie ragionevoli quanto infruttuose per ricuperare il ricuperabile101.

Più lunga fu la controversia relativa al testamento del conte Filippo Bel-letrutti, morto il 17 settembre 1873, che aveva lasciato don Bosco erede universale ed esecutore testamentario. I nipoti contestarono il testamento. Si concluse con una transazione il 10 gennaio 1875102.

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