• Non ci sono risultati.

Le argomentazioni di due campioni

Curioso il fatto che le due relazioni ruotarono attorno a due tematiche apparente-mente distinte; anche lo stile e il livello degli interventi furono differenti. Shapley aveva preparato uno scritto con un’impostazione molto divulgativa, forse troppo;

sei pagine per introdurre il concetto di anno luce sembrano davvero eccessive.

Lesse l’intervento e lo centrò sulla discussione delle dimensioni della Via Lattea e sulla nostra posizione decentrata, come discende dallo studio del sistema degli ammassi globulari e dall’uso delle Cefeidi come indicatori di distanza. Curtis in-vece dissertò sulla natura extragalattica delle nebulose spirali, si mantenne a un livello tecnico più elevato e parlò a braccio, aiutandosi con lucidi e con pochi ap-punti schematici.

In realtà, le due tematiche erano strettamente correlate: se la scala delle distanze era quella (enorme) stimata da Shapley, allora non era sostenibile la tesi di Curtis che le nebulose spirali fossero sistemi di pari rango della Galassia, di diametro al-trettanto enorme ed esterne ad essa. Se infatti fossero davvero così grandi, avreb-bero dovuto trovarsi a distanze immense, visto che sulle lastre fotografiche esibiscono diametri angolari molto piccoli; e questo entrava in conflitto con i valori di distanza ricavati dalla magnitudine apparente delle poche novae che erano com-parse in alcune di esse, come la famosa nova del 1885 nella nebulosa in Andro-meda (M31), catalogata con la sigla S And.

Con il termine di nova, alla latina, gli astronomi si riferiscono a un evento esplo-sivo che oggi sappiamo accadere sulla superficie di una nana bianca appartenente a un sistema binario. Nel corso dell’esplosione, che comunque non distrugge il corpo stellare, per qualche tempo la stella viene ad essere centomila volte più lu-minosa del Sole e perciò può rendersi visibile anche a grandi distanze. Come le Cefeidi, anche le novae venivano sfruttate come candele-standard: si supponeva infatti che quelle comparse nelle varie spirali e quelle della Via Lattea fossero di pari luminosità intrinseca. Assumendo questa ipotesi, tutto sommato ragionevole, le distanze delle nebulose spirali risultavano essere grandi, ma non così grandi da rendere conto delle minuscole dimensioni angolari che certe spirali mostravano al telescopio. Detta in altri termini, se le distanze stimate grazie alle novae erano corrette, le estensioni angolari delle spirali corrispondevano a dimensioni lineari decisamente minori di quelle della Via Lattea. Dunque, non erano sistemi di pari rango del nostro, come ritenuto da Curtis.

Questo ragionamento, sviluppato da Shapley in chiusura del suo intervento, era del tutto corretto, come ammise lo stesso Curtis. Del resto, era facile rendersi conto che, attribuendo alla S And la medesima magnitudine assoluta di una nova che era comparsa nel 1901 nella costellazione del Perseo, si poteva calcolare in meno di 10mila anni luce la distanza di M31. La nova del Perseo aveva toccato al picco la magnitudine visuale 0,2; la S And era giunta solo alla 5,8: a parità di luminosità

intrinseca, la seconda doveva essere 13 volte più distante della prima. Bisogna dire che a quei tempi si sottostimava la distanza della Nova Persei 1901, che in realtà si trova a 1500 anni luce da noi, ma, quand’anche si fosse utilizzato il valore corretto, la bella nebulosa in Andromeda non sarebbe risultata essere così lontana da collocarsi al di fuori dei confini della Via Lattea.

Curtis però controbatteva mettendo in dubbio la bontà delle novae quali can-dele-standard. O, meglio, di quella particolare nova del 1885. Tre anni prima erano state scoperte in M31 quattro novae più deboli di S And di ben dieci magnitudini, ossia con un flusso 10mila volte più basso ed erano queste, secondo Curtis, le vere controparti extragalattiche della Nova Persei 1901, mentre la S And doveva essere riguardata come una nova anomala, di luminosità fuori del comune. Usando come candele-standard le quattro novae deboli, la distanza di M31 risultava essere del-l’ordine di mezzo milione di anni luce, o anche qualcosa di più, ciò che la collo-cava ben al di là del confine della Via Lattea.

Curtis si diceva convinto che esistessero due classi distinte di novae, ben di-verse per luminosità intrinseca: quelle osservate nella nostra Galassia appartene-vano alla classe delle novae deboli, mentre nelle spirali poteappartene-vano anche verificarsi esplosioni stellari di gran lunga più potenti, capaci di sviluppare al picco tanta luce quanta quella dell’intera nebulosa cui appartenevano. Affermazione da far tremare i polsi, poiché se davvero, come Curtis sosteneva, le spirali erano oggetti lontani, la loro luminosità intrinseca doveva essere assai elevata, miliardi di volte

La freccia indica la posizione in cui comparve la S And, la supernova del 1885 in M31. La foto e la curva di luce sono prese da un articolo di Gerard de Vaucouleurs (l’astronomia, 50, pag. 8).

Ritenendo che l’esplosione stellare si riferisse a una nova, e attribuendole uno splendore intrinseco molto minore del vero, Shapley sottostimò la distanza di M31.

X X

X X

X XX X

6

14

0 50 100 150

tempo (g)

magnitudine

200 12

10 8

quella del Sole, e tale sarebbe dovuta essere anche la potenza delle novae lumi-nose. Una stella che brilla come miliardi di volte il Sole! In un’epoca in cui non si sapeva ancora nulla dei meccanismi di produzione dell’energia delle stelle, più che un’intuizione coraggiosa questa era un’ipotesi di una spregiudicatezza estrema. Cionondimeno, si rivelò poi corretta: la stella esplosa in M31, la S And, non era stata una nova, ma un’assai più brillante supernova, come W. Baade e F.

Zwicky avrebbero chiarito quattordici anni dopo.

C’era poi un altro argomento su cui Curtis puntò. Anche ammettendo che fosse giusta la stima della distanza delle spirali più vicine, come M31, dell’ordine di 10mila anni luce (ciò che ne testimonierebbe la natura galattica), si deve conside-rare che sulle lastre fotografiche compaiono anche spirali che hanno diametri an-golari fino a mille volte minori. Appartengono anch’esse alla Via Lattea? Se così fosse, bisognerebbe ammettere che le dimensioni lineari degli oggetti di questa classe possono variare di un fattore mille, il che pare francamente implausibile stante la notevole omogeneità di forma e di struttura che si osserva al telescopio.

Molto più verosimile è invece ipotizzare che tutte le spirali abbiano diametri

com-In cielo si osservano spirali con un’ampia gamma di dimensioni angolari, come nel caso di NGC 4911, al centro di questa foto, e delle numerose piccole galassie che la contornano. Secondo Cur-tis, le dimensioni lineari sono suppergiù le stesse per tutti i sistemi: i più piccoli ci appaiono tali solo perché stanno a distanze enormemente maggiori. (HST)

parabili, e che le più piccole ci appaiono tali solo perché sono molto lontane. Se si fanno i conti, concludeva Curtis, esse risultano stazionare ad almeno 10 milioni di anni luce da noi, bene al di fuori dei confini della Galassia. E allora convincia-moci una volta per tutte che le nebulose spirali non sono piccoli oggetti vicini, ma sistemi stellari extragalattici, universi-isole grandi e luminosi come la nostra Via Lattea.