Al di là della superficie dell’ultimo scattering si svolgono eventi di capitale im-portanza, che indirizzeranno l’intera storia evolutiva dell’Universo. Se quella fase primordiale fosse durata più a lungo, oppure se fosse stata più breve, se l’andamento della temperatura in funzione del tempo fosse stato diverso da quello che fu, ne avrebbero risentito la composizione chimica dell’Universo, il tempo di formazione delle prime stelle, il tempo e il modo d’aggregazione delle galassie negli ammassi.
Se fosse andata diversamente, con ogni probabilità non avremmo potuto essere qui a parlarne. È perciò più che giustificata la curiosità dei cosmologi nei riguardi di tutto ciò che si svolse nei primi 380mila anni del Cosmo, al di là di quel “tendale”
incandescente, opaco, impenetrabile allo sguardo. Poiché squarciare il velo è im-possibile, se l’occhio è impotente, ancora una volta si cercherà di ricostruire la se-quenza degli eventi per via teorica, con gli occhi della mente.
Il punto di partenza del nostro ragionamento è sempre la radiazione cosmica di fondo, in particolare la sua densità energetica, pari a ρCBR= 4,2 × 10–14J/m3, che metteremo a confronto con quella della materia, sia luminosa che oscura, ρm= 2,4 × 10–10J/m3. Questi sono i valori che si ricavano dalle misure per l’epoca cosmica attuale. Pur tenendo pre-sente che sono valori approssimati, e suscettibili di aggiustamenti e revisioni a seguito
di nuove e più precise misure, bastano a segnalarci che la densità materiale è attualmente la componente di gran lunga maggioritaria, superando di circa 6mila volte quella della CBR: questo è il motivo per cui, in prima approssimazione, il contributo della radiazione può essere trascurato quando si esprime l’equazione di Friedmann nella forma (6.4), che infatti si riferisce a un “fluido” di sola materia, a pressione nulla.
Ma non è sempre stato così. Attualmente, un metro cubo di spazio contiene in media due protoni insieme con 400 milioni di fotoni della CBR*2. Se immaginiamo di risalire indietro nel tempo fino a quando il fattore di scala era, diciamo, 5 volte più piccolo, il contenuto di particelle e di fotoni del nostro cubo spaziale covariante sarà sempre lo stesso in termini numerici, ma, occupando ora un volume 125 (53) volte minore, la densità sarà maggiore. La densità della materia sarà 125 volte mag-giore. Quella della radiazione, invece, sarà 625 (54) volte maggiore, perché abbiamo visto che con la riduzione del fattore di scala cresce la temperatura della CBR, e quindi la frequenza dei suoi fotoni, ossia la loro energia (l’energia di un fotone è proporzionale alla sua frequenza). In numero, i fotoni sono sempre quelli, ma cia-scuno di essi ora ha un’energia 5 volte maggiore. In definitiva, mentre la ρmvaria come 1/R3, la ρCBRvaria come 1/R4.
La radiazione ha, per così dire, una marcia in più: la sua densità energetica cresce più vigorosamente di quella della materia a mano a mano che si risale indietro nel tempo. È perciò inevitabile che prima o poi si entrerà in una fase in cui il rapporto di forza tra le due componenti risulta ribaltato, con la radiazione che si impone come la componente energetica più importante dell’Universo. Ciò si verificò quando il fattore di scala R era all’incirca 1/6000 del suo valore attuale, quindi ben al di là del “tendale” della superficie dell’ultimo scattering, che è posto a circa R = R0/1090, ove R0è il valore attuale del fattore di scala.
Ma non stiamo trascurando un terzo contributo alla densità energetica dell’Uni-verso, quello della costante cosmologica? Sarebbe una grave dimenticanza, visto che, nella fase attuale, essa è la voce di gran lunga più significativa nel bilancio dell’energia del Cosmo: grosso modo, dalle misure risulta ρΛ= 6,4 × 10–10J/m3, che è più del doppio della densità energetica della materia.
Nel capitolo precedente, abbiamo riportato l’espressione analitica di questa gran-dezza (ρΛ= Λc4/8πG): come si vede, essa contiene solo costanti numeriche e fisiche ed è indipendente dal fattore di scala. La densità ρΛresta dunque costante nel tempo. Oggi è dominante perché l’espansione cosmica ha enormemente diluito la densità della materia e in misura ancora maggiore quella della radiazione, ma nel lontano passato era una componente del tutto trascurabile rispetto alle altre, come si vede dal grafico della pagina a fronte, che mostra l’andamento delle tre densità in funzione del fattore di scala.
Quando l’Universo era circa seimila volte più piccolo di oggi, e per tutta la fase precedente, il “fluido” maggiormente rappresentativo del suo contenuto era la ra-diazione. Non la materia, né la costante cosmologica. Nelle condizioni proprie di quella che è detta era radiativa, ossia l’era cosmica dominata dalla radiazione, l’equazione di Friedmann è diversa dalla (6.4) e, una volta risolta, fornisce una semplice relazione analitica tra il fattore di scala e il tempo, con il primo che cresce come la radice quadrata del secondo: R = cost. · √t.
E siccome la temperatura, come si è già visto, varia in ragione inversa del fattore di scala, il suo valore andrà come l’inverso della radice quadrata del tempo secondo la: T = 1,5 × 1010 / √t; la costante numerica 1,5 × 1010 si ricava dall’equazione di Friedmann. Così, per esempio, all’epoca cosmica t = 0,01s la temperatura era di
*2Per il calcolo del numero dei fotoni abbiamo considerato l’energia media dei fotoni di un corpo nero
150 miliardi di gradi, mentre all’epoca t = 100s il fattore di scala era cresciuto di 100 volte e la temperatura era scesa di altrettanto, a 1,5 miliardi di gradi.
La temperatura è il parametro decisivo per descrivere ciò che succede nell’Uni-verso dei primordi. In quelle condizioni d’altissima densità e temperatura, le inte-razioni sono frequentissime e realizzano un perfetto equilibrio tra materia e radiazione. Così come la temperatura determina la distribuzione dell’energia dei fotoni della radiazione (quella di corpo nero) e la loro energia media, allo stesso modo fissa la distribuzione d’energia delle particelle, e la loro energia media. Che è pressoché identica a quella della radiazione e che si può esprimere approssima-tivamente come: E = 3 × 10–4 · T, con la temperatura T misurata in kelvin e l’energia E in elettrovolt*3.
Dunque, nell’era radiativa possiamo caratterizzare ciascuna epoca cosmica at-traverso tre parametri (il tempo, la temperatura e l’energia media, o energia d’in-terazione) che sono legati tra loro dalle semplici relazioni che abbiamo appena enunciato e che, per comodità, riscriviamo:
T (K) = 1,5 × 1010 / √t E (eV) = 3 × 10–4 · T = 4,5 × 106/ √t.
Per esempio, sarà: (t = 1s; T = 1,5 × 1010K; E = 4,5 MeV); oppure (t = 100s;
T = 1,5 × 109K; E = 450 keV). L’energia d’interazione è quella media che, in ogni epoca specifica, i fotoni e le particelle possono scambiarsi nelle loro reciproche
in-sappiamo bene cosa sia). Dunque, il rapporto tra il numero dei fotoni e quello dei protoni è in realtà 10+11
10+6
10_4
10_9
10_14
10_6 10_4 10_2 1
10
fattore di scala R
densità energetica (J/m3)
costante cosmologica
materia radiazione
oggi
L’andamento della densità energetica delle tre componenti dell’Universo in funzione del fattore di scala. Attualmente (da poco) è dominante la costante cosmologica; in precedenza lo era stata la materia, mentre nell’Universo dei primordi era la radiazione la componente maggioritaria.
(7.3)
terazioni e che, se sufficientemente intensa, può impedire alle particelle di unirsi stabilmente in uno stato legato, come un atomo o un nucleo, oppure può creare nuove particelle, materializzandole a spese dell’energia dei fotoni.
Energia e massa sono infatti grandezze equivalenti, secondo la famosa relazione relativistica E = mc2, tanto che i fisici delle alte energie trovano più comodo espri-mere la massa di una particella in unità energetiche piuttosto che in chilogrammi.
Per esempio, di un protone (mp= 1,67 × 10–27kg) si dice che ha una massa di 938 MeV/c2; la massa di un elettrone (me= 9,1 × 10–31kg) equivale a 0,511 MeV/c2, e così via. Dalle (7.3) vediamo che l’energia d’interazione di 938 MeV corrisponde a una temperatura di 3 × 1012K e a un tempo cosmico t = 2 × 10–5s: prima di que-st’epoca, due fotoni potevano sparire nel corso di un’interazione e dalla loro energia poteva materializzarsi una coppia protone-antiprotone; in seguito, quando la tem-peratura sarà calata e l’energia media disponibile si sarà portata al di sotto di 938 MeV, il processo non sarà più possibile*4. Per gli elettroni, che hanno una massa 1836 volte minore di quella di un protone, l’analogo processo di materializzazione terminerà quando la temperatura sarà 1836 volte minore (circa 1,6 × 109K), corri-spondente a un tempo cosmico 18362volte maggiore (t = 88s).
Ora che padroneggiamo le relazioni fra i tre parametri tempo-temperatura-ener-gia, siamo in grado di individuare alcune epoche particolarmente rappresentative dell’era radiativa, quelle in cui dalla radiazione si generano le particelle microsco-piche costituenti la materia di cui siamo fatti.
Prima, però, conviene richiamare per sommi capi quello che attualmente i fisici sanno della struttura più intima della materia, delle particelle elementari e delle forze che agiscono tra di esse.